PER LA RASSEGNA OPERA E BALLETTO
"IL BARBIERE DI SIVIGLIA"
AL TEATRO COCCIA DI NOVARA
Sabato
14 novembre 2015
ore 20.30 – Turno A
Domenica
15 novembre 2015 ore 16.00 – Turno B
Atto
primo:
Il conte d’Almaviva intona una serenata al balcone della bella
Rosina la quale tuttavia non si degna di rispondere. Quando
sopraggiunge Figaro, furbo barbiere, lo convince ad aiutarlo nel suo
tentativo di conquistare la donna. Dietro consiglio di Figaro, il
conte dovrà travestirsi da soldato e ottenere alloggio presso Don
Bartolo, tutore della ragazza e intenzionato a sposarla. Almaviva,
facendosi passare per un certo Lindoro canta un’altra serenata al
balcone della fanciulla che, questa volta, risponde e anzi sente in
cuor suo un’attrazione per lo sconosciuto e consegna a Figaro un
biglietto per Lindoro. Entra in scena il maestro di musica, Don
Basilio che rivela a Don Bartolo la presenza in città del conte
d’Almaviva;
il vecchio tutore, temendo che il conte possa esercitare il suo fascino sulla ragazza, decide di stendere subito il contratto di nozze. Accortosi poi che manca il foglio dalla scrivania, le fa una scenata. Entra il conte, fingendosi ubriaco e travestito da soldato, chiedendo ospitalità. Don Bartolo rifiuta e invoca il soccorso di un ufficiale il quale, riconosciuto in Lindoro nientemeno che il conte d’Almaviva, si allontana ossequioso (e con lui i soldati), suscitando lo stupore dei presenti.
Nicola Paszkowski
Direttore d’orchestra
Il barbiere di Siviglia ovvero come costruire “Una follia organizzata” come ebbe a dire Stendhal a proposito del capolavoro rossiniano…
Alessio Pizzech
Regista
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Pier Paolo Bisleri
Scenografo e costumista
da «Le barbier de Seville ou l’inutile precaution» di P.de Beaumarchais
Prima rappresentazione: Roma, Teatro Argentina, 20 febbraio 1816
Regia di Alessio Pizzech
Direzione d’orchestra di Nicola Paszkowski
Scene e costumi Pier Paolo Bisleri – Luci Claudio Schmid
OGI Orchestra Giovanile Italiana – Ensamble LTL Opera Studio
il vecchio tutore, temendo che il conte possa esercitare il suo fascino sulla ragazza, decide di stendere subito il contratto di nozze. Accortosi poi che manca il foglio dalla scrivania, le fa una scenata. Entra il conte, fingendosi ubriaco e travestito da soldato, chiedendo ospitalità. Don Bartolo rifiuta e invoca il soccorso di un ufficiale il quale, riconosciuto in Lindoro nientemeno che il conte d’Almaviva, si allontana ossequioso (e con lui i soldati), suscitando lo stupore dei presenti.
Atto
secondo:
Si presenta a Don Bartolo un certo Don Alonzo, dicendo di essere
allievo di Don Basilio, ammalato, e venuto a sostituirlo nella
lezione di musica. Il tutore non si fida; soltanto quando Don Alonzo
(si tratta in realtà del conte travestito) gli mostra un biglietto
di Rosina intercettato e diretto ad Almaviva, Don Bartolo si
convince. Ha inizio la finta lezione di musica durante la quale
Rosina e Lindoro si accordano per fuggire insieme, disturbata solo
dall’imprevisto arrivo di Don Basilio, subito allontanato grazie ad
una cospicua somma di denaro. Don Bartolo vuole celebrare le nozze la
sera stessa, fa convocare il notaio e convince Rosina che Lindoro non
l’ama ma vuole solo il tramite per darla nelle mani del potente
conte di Almaviva. Rosina si chiude in camera in attesa delle nozze,
decisa a sposare il tutore. Nella stanza riescono a penetrare Figaro
e Lindoro, che rivelano alla fanciulla la verità. Pronti a fuggire,
i tre scoprono che la scala che doveva servire alla fuga è stata
sottratta. Quando entra in scena Don Basilio col notaio preposto alla
celebrazione delle nozze, l’astuto Figaro fa credere allo stesso
notaio che i nubendi siano Almaviva e Rosina: viene così celebrato
il rito nuziale fra i due; a Don Bartolo, disperato perché ormai non
c’è più nulla da fare, il Conte, con generosità, decide di
lasciare in regalo la dote di Rosina.
Con
Il barbiere di Siviglia, quattordicesima produzione del progetto LTL
Opera Studio, i tre Teatri di Tradizione della Toscana (Teatro
Goldoni di Livorno, Teatro del Giglio di Lucca e Teatro di Pisa) con
il Teatro Coccia di Novara, rafforzano il loro impegno per un
progetto ormai divenuto momento centrale all’interno della loro
programmazione.
Il
“Laboratorio Toscano per la Lirica” è un’esperienza unica nel
panorama nazionale di perfezionamento ed alta formazione per i
giovani cantanti e per le professioni legate al teatro musicale, a
cui nel 2013 è stato tributato il prestigioso Premio della critica
musicale “Franco Abbiati” per la categoria “migliore
iniziativa”.
Oggi
più che mai si conferma la volontà di investire su di un percorso
progettuale che ha maturato negli anni risultati tangibili, con
l’importante apertura di fronti coproduttivi nazionali e
internazionali. Attraverso il “Laboratorio Toscano per la Lirica”
è stato avviato un processo di scoperta e di valorizzazione di
giovani talenti vocali tramite un lavoro accurato di selezione,
formazione e preparazione legato alla dimensione di laboratorio e di
teatro studio. I giovani sono selezionati ogni anno attraverso un
percorso formativo sui temi del titolo prescelto, ma corredato da
lezioni generali sul rapporto gestuale, interpretativo, sulla
consapevolezza del rapporto artista lirico e spazio scenico.
Siamo
convinti che l’opera lirica possieda ancora oggi una funzione
culturale ed un linguaggio che la rende attuale per il pubblico dei
nostri giorni. L’impegno per la cultura e per le nuove generazioni
di artisti unisce le nostre città e siamo convinti che il pubblico
saprà apprezzare questo nuovo allestimento de Il barbiere di
Siviglia, un’edizione rispettosa della dimensione giocosa e del
sapore spagnolo della partitura, che esalterà quell’idea di
macchina musicale e teatrale che sta nel cuore stesso della
drammaturgia musicale rossiniana.
Scrivere
sul Barbiere
Scrivere
sul Barbiere è forse... più difficile che dirigerlo. Dirigere il
Barbiere è indubbiamente una grande impresa, ci si trova a tu per tu
con l’opera più eseguita e quindi più famosa al mondo, la sua
“carriera” non ha conosciuto interruzioni da ormai duecento anni!
Solo la data della sua creazione ci allontana dal Barbiere, opera
modernissima senza tempo e per questo ancora capace di donarci
emozioni e divertimento.
Il
mio lavoro è partito (come sempre nel caso dell’opera) dalla
lettura del libretto di Cesare Sterbini, usato per la prima
rappresentazione. È nel libretto che nasce la prima spinta alla
composizione rossiniana. È lì che il mondo di Beaumarchais filtrato
sapientemente dallo Sterbini suggerisce al genio di Rossini la musica
da partorire. Da questa attenta lettura accompagnata dallo studio
sulla bellissima ultima edizione critica a cura di Alberto Zedda
edita dalla Fondazione Rossini Pesaro - Ricordi del 2009, mi si sono
presentati subito tre punti di grande riflessione.
Il
primo: tagli sì o tagli no. Come tutti sappiamo la vita del
capolavoro rossiniano ebbe fin dall’inizio una molteplicità
impressionante di “riletture” e questo soprattutto nei
recitativi. Si pensi che a Napoli nel 1818 si usava sostituirli con
dialoghi in prosa narrati da Bartolo in dialetto napoletano! Spesso e
volentieri, probabilmente per via del fatto che il pubblico del tempo
si distraeva immediatamente appena la musica si fermava, si tendeva
(pare anche con l’avvallo del autore stesso) di ridurre
drasticamente i recitativi. Questa “tradizione” la possiamo
notare anche se si ascoltano le decine di registrazioni più o meno
storiche, costatando tra l’altro che è molto difficile trovarne
una simile all’altra. Ho studiato le varie alternative o meglio i
vari tagli possibili e sono arrivato alla conclusione che per la
comprensione reale e completa del testo originale usare la forbici
non è consigliabile, quindi niente tagli nei recitativi! In fondo
sono certo che si possano capire i Promessi Sposi anche se si salta
qualche pagina, ma quale pagina saltare è il punto di domanda, e
quindi...
Rimanendo
nel mondo della tradizione e dei tagli (che strana coincidenza con i
tagli alla cultura diventeranno mica di tradizione anche questi...?)
chi studia il Barbiere si imbatte nel “grande” dilemma togliere o
tenere la “grande aria”del tenore nel finale del secondo atto
Cessa di più resistere. Questo ulteriore “dilemma” apre la porta
al terzo mio personale punto di riflessione: Barbiere di Siviglia o
Almaviva o sia l’inutile precauzione. Mi spiego: come sappiamo
l’opera debuttò con il titolo Almaviva o sia l’inutile
precauzione, pare però che già dalla seconda recita si iniziò a
chiamare l’opera Il barbiere di Siviglia. Credo fortemente, che
l’opera è stata scritta per il tenore il Conte d’Almaviva e
l’aria in questione ne è la riprova. La fi gura del Conte vive
all’interno dell’opera di un crescendo di carattere e di peso
strutturale e musicale evidente, cosa che l’esuberante Figaro vive
esattamente all’incontrario.
Notiamo
che tutte le brillanti trovate di Figaro per aiutare il Conte
naufragano tristemente una dopo l’altra, Figaro a un certo punto
diventa spettatore dei voleri del Conte. Come dicevo l’opera è
stata concepita sul tenore, ma forse è il caso di dire che Figaro ha
preso di sorpresa lo stesso Rossini. È qui che avviene il
“miracolo”: Rossini stesso “forse” non pensava che Figaro con
la sua folle cavatina iniziale e con la sua esuberanza e simpatia
viscerale potesse entrare così immediatamente nei cuori della gente,
in maniera così irruenta fi n dalla prima esecuzione. Figaro è
colui che con successo o meno muove la scena, dà vita alle maschere
della tradizione dell’opera buff a donando loro ombre e luci, così
da suggerire forse a quel grandissimo uomo di teatro che era Rossini
di cambiare subito il titolo all’opera e di dedicarlo al
personaggio che rimane uno dei personaggi più attuali che il mondo
dell’opera ci ha donato.
Nicola Paszkowski
Direttore d’orchestra
Il barbiere di Siviglia ovvero come costruire “Una follia organizzata” come ebbe a dire Stendhal a proposito del capolavoro rossiniano…
Come
frammenti di un gioco i personaggi entrano in scena ed allo stesso
tempo fanno la loro irruzione la porta, la finestra, il balcone, la
sedia da barbiere, la scala: come un quadro astratto ed infantile,
nel senso più alto di tale termine, questi elementi, oggetti e
personaggi, ricostruiscono il racconto scenico. Ed ecco che Barbiere
diventa un gioco preciso, ritmico, poetico fino a divenire una
sublime partitura tra scena e musica, cercando una sincerità, un
sorriso che nasca dalla meraviglia.
Con
gli interpreti di Opera Studio sta nascendo uno spettacolo leggero,
che faccia sognare, guidato dalla mano di Rossini che spinge sul
palcoscenico le sue creature, beffando i vecchi rappresentanti di una
società che sta morendo ed esaltando l’energia giovanile di un
mondo che sta nascendo.
Un
Barbiere di Siviglia, quindi, fatto di colori che si stagliano sulla
scena a ridefinire abiti e parrucche che prendono forma dalla
contaminazione tra lo stile del settecento e l’iconografia del
mondo rock degli anni sessanta del novecento. Un Barbiere che vuole
restituire alla scatola magica del palcoscenico la luce della
fantasia, il gioco dell’abito/oggetto.
Un
Barbiere giovane, fatto da giovani con gli occhi rivolti al futuro;
un Barbiere intelligente ed elegante, fatto di sogni e di illusioni,
capace di rivelare la macchina scenica ed allo stesso tempo
restituirla nella sua potenza immaginifica.
Un
Barbiere fatto di personaggi che sono pezzi di un carillon, istanti
di un gioco scenico, personaggi/maschera che viaggiano
funambolicamente tra l’essere guidati dalla mente del compositore
ed una loro autonoma volontà di personaggio: marionette che si
staccano dai fili immaginari del teatro ed impongono la loro
intelligenza, il loro spudorato coraggio nell’opporsi al vecchio
mondo oramai vuoto e finito. Certo si respira nel Barbiere di Rossini
e prima nella piece di Beaumarchais, un mondo nuovo che però in
Rossini è più raccontato dalla freschezza del gioco, del lazzo, di
un teatro che, capace di affrancarsi dall’opera buffa del
settecento, costruisce un paradigma del teatro comico che talora usa
il grottesco ma che fa dell’intreccio della commedia la sua
scoperta più grande. Come a dire che comici non sono gli uomini ma
le situazioni che essi si trovano, più o meno consapevolmente ad
agire; e queste situazioni (la lettera che cade/il fazzoletto che
copre il biglietto/la lezione di musica/la fuga) sono il focus dello
spettacolo, strappate dallo spartito, queste situazioni emergeranno
con tutta la loro forza, con tutta la loro capacità di stupirci per
la semplicità della narrazione e la compiutezza della forma. A noi
non resta che ingigantirle queste situazione ed alla maniera
“surrealista” metterle nello spazio.
Ho
il desiderio di dare una lettura contemporanea di questo capolavoro,
in quanto capace di restituire al racconto la sua verve, la sua
forza: il piacere di regalare un sorriso e seduti nel buio della
platea dare slancio al cuore per la gioia di una sera a teatro.
Alessio Pizzech
Regista
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
LA
SCENA ED I COSTUMI
Uno
spazio vuoto, lineare, che può divenire piazza o interno della Casa
di Bartolo e Rosina.
Sei
grandi veneziane mobili modificano continuamente lo spazio
dell’azione scenica. Scorrono, si spostano, si alzano e si
abbassano per permettere il passaggio dei mobili di scena. Un
continuo danzare d’oggetti improntato sulla vivacissima musica
Rossiniana.
Il
barbiere di Siviglia invoglia a questo gioco e tutto perciò diviene
azione, movimento. L’impianto scenico è una macchina, che
accompagna il passare dell’opera.
Gli
elementi scenici, i mobili, tutti gli oggetti sono bianchi, gessati,
statue-oggetto che aiutano e servono all’azione, ma grazie
all’utilizzo delle coloratissime luci dipingeranno di riflessi la
scena.
Man
mano che il progetto stava crescendo mi rendevo conto che avremmo
fatto uno spettacolo in uno “spettacolo”. Dei cantanti che
recitano la messa in scena del Barbiere di Siviglia durante il
Barbiere di Siviglia.
Nella
nostra fantasia il Settecento Rossiniano si stava spostando verso un
periodo più a noi vicino, legato all’immaginario degli anni ’50.
Un Barbiere di Siviglia più attuale, che si diverte a nascondersi
dietro ai costumi di taglio anni ‘50, ma ambiguamente realizzati
con inserti Settecenteschi. Inquartate di pelle nera e berchiate
simili ai giubbotti di pelle di “Fronte del porto” di Marlon
Brando. Inquartate variopinte, arancione e, volutamente, un po’
kitsch. Ispirate all’abbigliamento così “originale” usato dal
cantante Liberace durante i suoi concerti a Las Vegas. Cosi per un
po’ tutti …. Figaro, Rosina e Berta che daranno vita a questa
nostra particolare edizione dell’opera Rossiniana …. In clima
Rockabilly!
Pier Paolo Bisleri
Scenografo e costumista
Melodramma
buffo in due atti
Musica
di Gioachino Rossini, su libretto di Cesare Stermini
da «Le barbier de Seville ou l’inutile precaution» di P.de Beaumarchais
Prima rappresentazione: Roma, Teatro Argentina, 20 febbraio 1816
Regia di Alessio Pizzech
Direzione d’orchestra di Nicola Paszkowski
Scene e costumi Pier Paolo Bisleri – Luci Claudio Schmid
OGI Orchestra Giovanile Italiana – Ensamble LTL Opera Studio
PERSONAGGI
E INTERPRETI
Il
Conte d’Almaviva (tenore) Bechara Moufarrej / Alfonso Zambuto
Don
Bartolo (basso) Diego Savini / Davide Franceschini
Rosina
(mezzosoprano) Laura Verrecchia / Alessia Martino
Figaro
(baritono) William Hernandez
Don
Basilio (basso) Eugenio Di Lieto
Berta
(soprano) Simona Marzilli / Máriam Guerra Chamorro
Fiorello
(basso) Lorenzo Malagola Barbieri / Federico Cucinotta
Ambrogio
Andrea Gambuzza
Notaio
Davide Franceschini / Diego Savini
Un
ufficiale Massimiliano Svab
Edizioni
Casa Ricordi - Edizione critica della partitura a cura di Alberto
Zedda
Coproduzione
Fondazione Teatro Goldoni di Livorno, Azienda Teatro del Giglio di
Lucca,
Fondazione
Teatro Verdi di Pisa e Fondazione Teatro Coccia Onlus di Novara
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