"SALOME'" ALLA SALA FASSBINDER
DEL TEATRO DELL'ELFO DI MILANO
Anarchica, estremistica, insolente la Salomé di Wilde è poco conosciuta in Italia, forse messa in ombra dalla popolarità della versione operistica di Richard Strauss. L’autore inglese l’aveva composta nel 1891 a Parigi, pensando – pare – a Sarah Bernhardt, al suo orientaleggiante esotismo, alla sua voce recitante.
Ferdinando Bruni e Francesco Frongia ne hanno firmato nel 2011 una personale versione (che ora torna in scena con qualche variante), intrecciando al tessuto di questo atto unico brani tratti dalle ultime opere dello scrittore (in particolare dalla Ballata del carcere di Reading e De Profundis) e tratti da testimonianze, interviste e dichiarazioni.
Tra gioco e rito questa inquietante Salomé, interpretata unicamente da uomini, va in scena nel baraccone di un circo o di un luna park di periferia. Mavor Parker (personaggio di fantasia che richiama due amanti di Wilde che divennero suoi accusatori quando fu processato per sodomia) invita il pubblico a entrare “nel serraglio” dove potrà ammirare un prodigio: il Poeta, “il Gran Sacerdote della Corrente Estetica Moderna che raccolse tutti i sistemi in una sola frase, tutta la vita in un epigramma”.
In
uno spettacolo in cui le identità dei personaggi sono destinate a
moltiplicarsi, Ferdinando Bruni si cala inizialmente nei panni dello
scrittore, incatenato in carcere (dove fu effettivamente recluso dal
1895 al 1897), poi in quelli del profeta Iokanaan, anch’egli
prigioniero, e infine dà corpo e voce a Erode, innamorato della
giovane Salomé (che in questa ripresa viene interpretata da
Mauro Bernardi). Enzo Curcurù
è Mavor Parker, il Giovane siriano e Erodiade. Tutti personaggi che,
tra gli eccessi di lustrini, paillettes e gioielli, ritrovano la loro
dimensione tragica: uomini dallo sguardo di fanciulla, satrapi
decadenti, vecchie vogliose, prigionieri da esibire senza pudore ma
capaci di riaffermare la dignità di “un amore che può finalmente
dire il suo nome”. E le parole di dolore che segnano le ultime
opere dello scrittore si intrecciano con le loro battute per
ricordarci che “ognuno uccide ciò che ama”.
Al di là dell'opera di Strauss, è sicuramente Carmelo Bene ad aver fissato, con un film del 1972 che molti giudicano il migliore dei suoi, l'iconografia della danzatrice che ottiene su un vassoio la testa mozzata di Giovanni Battista. Non è meno visionario, anche se di tutt'altro genere e linguaggio, lo spettacolo della compagnia milanese.
Il
tutto, senza mai rinunciare alla drammaticità paradossale della
situazione, ha un andamento ironico e divertente, che cita il teatro
d'antico stile e le contraddizioni di una morale pubblica che
continuamente si rovescia. La vicenda, e le parole di Wilde, ci sono
tutte, insieme però all'amara consapevolezza che quelle
contraddizioni e quelle iperboli allignano ancora volentieri nella
nostra morale, doppia e tripla.
Il
tono D'Origlia-Palmi risulta comico, ma serve anche a rendere
«accettabili» i paradossi di una storia d'amore letale. Mentre i
tentativi da parte del monarca Erode di evitare la propria rovina
politica, rifiutando di concedere alla regale escort ballerina quella
testa del Battista, sono degni di un grande illusionista della
politica di oggi, tra iperboli e bugie capaci di sfidare ogni
tribunale, giudiziario o morale. Quell'estremismo grottesco ci
consente di ridare dignità a quella famiglia sgangherata e di
vedere, sotto i sette veli, il niente.
Gianfranco
Capitta, il manifesto
Ferdinando
Bruni è Wilde, il profeta Jokanaan e un pavido Erode, tutti e tre
prigionieri: di un carcere il primo, della sua intransigenza il
secondo e del desiderio per la figlia della moglie Erodiade il terzo.
Il volitivo Enzo Curcurù è l'imbonitore Mavor, il siriano che
sorveglia il prigioniero e una gelosa vacua Erodiade. Le identità si
moltiplicano e si fondono e, tra proiezioni di foto erotiche,
irruzioni pulsionali di corpi, intesi nella loro dimensione di
significante fluttuante, Eros e Thanatos sembrano danzare insieme in
un tempo senza tempo per irradiarsi nell'ambivalenza irriducibile di
uno spazio metaforico. E si compie, in eterno, tra tragico e
grottesco, il dramma dell'amore come ossessione e come unica grande
libertà.
Magda
Poli, Corriere della Sera
Uno
spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
di
Oscar Wilde
con
Ferdinando Bruni, Enzo Curcurù,
Mauro Bernardi
luci di
Nando Frigerio
produzione
Teatro dell'Elfo
Elfo Puccini, sala Fassbinder, corso Buenos Aires 33, Milano - Mar-sab ore 20.30, dom ore 16.00 – ATTENZIONE: lunedì 9 novembre ore 20.30 / Domenica 15 novembre RIPOSO.
Intero
30.50 € - Ridotto giovani/anziani 16 € - Martedì 20 € - Info
e prenotazioni:
tel. 02.0066.06.06, www.elfo.org
Nessun commento:
Posta un commento