"IL RITRATTO DELLA SALUTE"
AL TEATRO RINGHIERA DI MILANO
Sabato 12 dicembre 2015 ore 20.45
Chissà
com’è essere malati? Malati di tumore? Un giorno me lo chiesi. E
poi...
Quando i medici mi dissero che avevo pochi mesi di vita, iniziai a pensare a cosa dire ai miei amici, alle persone a me care, per un degno saluto. Poi decisi che era meglio alzarsi dal letto, era meglio stare meglio, era meglio vivere no? E... ad ogni modo, ora, dopo molto più che pochi mesi, sono qui. In piedi, con una storia da raccontare.
E sono qui per questo. Dopo la mia guarigione, la gente mi cercava. Amici e sconosciuti. Mi chiamavano. Volevano sapere. Conoscere la mia storia. Che non è molto diversa da quella di altri. Ma unica in quanto personale.
Quando i medici mi dissero che avevo pochi mesi di vita, iniziai a pensare a cosa dire ai miei amici, alle persone a me care, per un degno saluto. Poi decisi che era meglio alzarsi dal letto, era meglio stare meglio, era meglio vivere no? E... ad ogni modo, ora, dopo molto più che pochi mesi, sono qui. In piedi, con una storia da raccontare.
E sono qui per questo. Dopo la mia guarigione, la gente mi cercava. Amici e sconosciuti. Mi chiamavano. Volevano sapere. Conoscere la mia storia. Che non è molto diversa da quella di altri. Ma unica in quanto personale.
Ho
incontrato molte persone. Ho parlato con loro. Ai tavolini di un bar.
Per strada. Al parco. Parlavo. Raccontavo. Di me. Con la difficoltà
di ripetere ogni volta la mia storia. Ma intravvedendo negli occhi
degli altri la luce della speranza. Si sentivano capiti, protetti,
ascoltati.
E
così ogni volta che mi cercavano, ripetevo, parlavo, raccontavo. Ma
non è poi questo il mio lavoro? Faccio l'attrice. Racconto e faccio
vivere ogni volta una storia. Questa volta è semplicemente la mia
storia. Il problema di scriverla è stato superato aspettando la
persona giusta. Mattia Fabris, amico e compagno della compagnia ATIR
mi lesse alcune cose scritte da lui. Belle. Divertenti. Mi
accendevano la fantasia. Gli parlai e accettò questa sfida.
Darmi una voce scritta. Capire come raccontare e cosa raccontare
della mia storia. Che vuole parlare a tutti. Scriverla per
portarla in giro con me. Incontrare le persone. Tramite il teatro,
che è il tempio dell’incontro. Nessun elisir di lunga vita,
nessuna formula magica. Solo una ragazza di 25 anni che affronta una
malattia. E quando le dicono che sta per morire decide di
affrontare sé stessa.
La
malattia come passaggio. Come un viaggio in una terra lontana. Un
viaggio dal quale a volte si torna indietro. Almeno per me è stato
così e, come scrive Carver in una sua poesia: “...e che te ne sono
grata, capisci? E te lo volevo dire.”
Chiara
Stoppa
Spettacolo
vincitore del “Concorso di Giovane Teatro Contemporaneo"
regia di Mattia Fabris
con
Chiara Stoppa
produzione
ATIR
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