MONI OVADIA IN
"IL NOSTRO ENZO"
RICORDANDO JANNACCI
7 - 10 gennaio, sala Shakespeare
«Come si fa a cadere nel pessimismo quando c’è la musica?», diceva Enzo Jannacci cantautore, cabarettista e attore ma anche cardiochirurgo, tra i maggiori protagonisti della scena musicale italiana del Dopoguerra. Fin dagli anni ‘50, ha lavorato insieme agli amici Dario Fo e Giorgio Gaber, passando dalla canzone dialettale al rock al jazz, fornendo l’ispirazione anche a personaggi come Renato Pozzetto, Diego Abatantuono, Massimo Boldi.
Tra i suoi brani più noti: Vengo
anch’io. No tu no, El portava i scarp del tennis, Ho visto un re,
Quelli che. La vita l’è bela... Alcune di queste canzoni,
diventate oramai dei classici, sono reinterpretate da Moni Ovadia -
artista versatile e curioso sperimentatore – che le propone in
un’inedita veste.
Promo music
Lo spettacolo ha debuttato al Festival
Astiteatro il 2 luglio 2014, in una versione con la musica dal vivo
eseguita dalla Filarmonica Toscanini.
Nella ripresa della stagione 2015/16 le
musiche sono eseguite dal vivo da Alessandro Nisi.
Questo l’articolo scritto da Moni
Ovadia per la Stampa in occasione della morte di Enzo Jannacci
nell’aprile 2013:
Il bardo dei poveri cristi
Il grande, grandissimo Enzo Jannacci ci
ha lasciati. Oggi noi milanesi siamo diventati orfani e insieme a noi
l'Italia intera ha perso uno dei suoi figli più autentici. È stato
in assoluto, a mio parere, il più originale poeta della canzone che
abbiamo avuto il privilegio di ascoltare e insieme un artista della
scena e del cinema inarrivabile nel suo essere stralunato e surreale.
Il suo talento di musicista si esprimeva al meglio nel jazz come nel
rock, ma la fonte più intima della sua prodigiosa ispirazione era
l'humus poetico-culturale delle periferie urbane e specificamente
quelle della sua Milano. La "capitale morale", quando
Jannacci fece la sua comparsa sulle scene della canzone e del
cabaret, era una metropoli industriale in pieno e impetuoso sviluppo,
dava lavoro, chiamava gli immigrati dalle periferie meridionali
orientali ed isolane dello Stivale. Ma la stessa orgogliosa città,
albergava nei suoi interstizi e nei suoi sottofondi, la povera gente,
i disperati, i fuori di testa, gli esclusi, i sognatori senza voce,
i terroni, gli abbandonati dall'amore e dalla vita, le puttane navi
scuola da strada e da cinema. Di tutti questi poveri cristi, lui è
stato il cantore assoluto. Jannacci ne ha colto, incarnato e
raccontato la storia, le emozioni, i sentimenti e la vita vera. Di
quel popolo ha interpretato la malinconica, maleducata e balorda
grazia, ha rivelato che la poesia dei luoghi, fiorisce nei gesti
impropri e sgangherati degli ultimi fra gli ultimi, nella loro
grandiosa lingua gaglioffa e sfacciata.
Enzo non era nato povero cristo, aveva
fatto ottimi studi in ogni senso, ma quella condizione l'aveva
incorporata con arte alchemica. L'aveva assunta nel volto fisso alla
Buster Keaton, nei gesti liricamente scomposti, nel modo di suonare
la chitarra tenuta bloccata sotto il mento, nella fibra e nel canto
della lingua vernacola di cui esprimeva l'anima e di cui aveva
trasferito l'umore triste e gagliardo anche nell'italiano. Tutta
questa sapienza confluiva nella sua inimitabile voce sguaiata e sul
crinale precario della sua intonazione che dava vita ad un capolavoro
espressivo e stilistico. Jannacci è stato un caposcuola e il
caposcuola di se stesso. Con lui se ne va la Milano più struggente e
necessaria. Sarà difficile andare avanti.
Con Moni Ovadia e
Alessandro Nidi al pianofortePromo music
ELFO PUCCINI, SALA SHAKESPEARE corso
Buenos Aires, 33, Milano
GOVEDì/SABATO ORE 21.00, DOMENICA ORE 16.30
- Intero 30.50 € - Ridotto giovani/anziani 16 € - Martedì 20 €
- Info e prenotazioni: tel. 02.0066.06.06, www.elfo.org
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