AL TEATRO DELL'OROLOGIO DI ROMA
"LOVE BOMBING"
NEST-NAPOLI EST TEATRO
Perché Love Bombing? Perché parlare
di Stato Islamico, di jihad, di resistenza, di sopravvivenza?
Partiamo col dire che il collettivo
Nest ha nel suo dna utilizzare il teatro come mezzo artistico per
denunciare con feroce concretezza le malattie di cui è affetta la
nostra società, con un occhio sempre vigile sulle problematiche
universali di un mondo, geograficamente parlando, sempre più in
difficoltà. Tenta di esprimere attraverso il linguaggio teatrale, un
deciso dissenso verso chi cova il desiderio di lobotomizzare la massa
per indurla più facilmente al proprio tornaconto personale.
L’attenzione all’attualità, alla
cronaca, alle problematiche che attanagliano il nostro spazio vitale
e creativo, sono da sempre spunto di riflessione per il collettivo
Nest, e molto spesso diventano gli argomenti degli spettacoli che si
decide di portare in scena. Sottoporli all’attenzione di un
pubblico che ha voglia di sapere, di scoprire, di riflettere, di
accendere la luce su quello che troppo spesso è volontariamente
tenuto al buio da altri mezzi di comunicazione, diventa per noi una
mission cui tendiamo, linfa vitale che ci fa sentire in grado di
toccare l’animo umano troppo spesso costretto ad assopirsi di
fronte al “niente” proposto.
luci Luigi Biondi e Giuseppe Di Lorenzo
scenografia Carmine Guarino e Dino Balzano
costumi Giovanna Napolitano
grafica e foto di scena Carmine Luino
organizzazione Carla Borrelli
ufficio stampa Valeria Aiello
produzione Napoli Est Teatro
in collaborazione con BluTeatro
«…Finora, comunque, in base a tutto quello che si sa sull’ISIS e sulla sua capacità militare, non rischiamo la distruzione di massa. La rischieremmo se lasciassimo diventare il Califfato molto più potente di quello che è ora.»
00186 - Roma
Ecco, la messa in scena di LOVE BOMBING
va esattamente e precisamente in questa direzione, un progetto che
punta il faro su quella che è la minaccia dello Stato Islamico, ma
soprattutto immagina quello che potrebbe essere in futuro.
Utilizzando il teatro come luogo di ragionamento e approfondimento,
immaginando quello che non c’è ma che potrebbe esserci. Sperando
di aver francamente toppato qualsiasi tipo di previsione.
Collettivo Nest (Napoli est Teatro).
Scritto e diretto da Giuseppe Miale di
Mauro
con Gennaro Di Colandrea, Giuseppe
Gaudino, Antonio Marfella, Adriano Pantaleo, Giovanni Serratore,
Andrea Vellotti
luci Luigi Biondi e Giuseppe Di Lorenzo
scenografia Carmine Guarino e Dino Balzano
costumi Giovanna Napolitano
grafica e foto di scena Carmine Luino
organizzazione Carla Borrelli
ufficio stampa Valeria Aiello
produzione Napoli Est Teatro
in collaborazione con BluTeatro
NOTE DI REGIA
«…Finora, comunque, in base a tutto quello che si sa sull’ISIS e sulla sua capacità militare, non rischiamo la distruzione di massa. La rischieremmo se lasciassimo diventare il Califfato molto più potente di quello che è ora.»
Quando ho letto queste righe in un
articolo di Stefano Magni (L’Opinione – 09/2014), pensai che
sarebbe stato interessante raccontare proprio quel “rischio”.
Pensai che raccontare una distruzione di massa voleva dire raccontare
la degenerazione umana. A quel tempo stavo guardando la serie tv “The
Walking Dead”, e mi parve interessante l’idea drammaturgica che
ne veniva fuori: i morti viventi erano un pretesto per raccontare i
vivi morenti.
Così ho immaginato che il mondo abbia
fatto diventare il califfato molto più potente di quello che è ora,
e che i Mujahideen abbiano conquistato l’occidente sterminando
chiunque non fosse musulmano. Un nuovo genocidio, e come tale, non
diverso da quelli passati.
Lo stato Islamico, quindi, come
pretesto per raccontare il disfacimento dell’umanità.
Ho nascosto cinque uomini in un bunker
(come facevano gli ebrei) nel disperato tentativo di sopravvivenza.
Creando un microcosmo in cui resiste il senso di appartenenza, di
fratellanza, quel briciolo di civiltà che l’attacco islamico
sembra aver sepolto insieme a tutte le teste tagliate, finché uno
del gruppo riesce a catturare un Mujahideen e decide di portarlo
all’interno del bunker per torturarlo e vendicarsi.
È questo l’episodio che scatenerà
un conflitto tra i cinque personaggi e li costringerà a dover
scegliere tra quello che erano e quello che sono diventati. Un ultimo
tentativo di restare umani in un contesto apocalittico che fa perdere
le identità e che trasforma gli uomini in animali. Da qui l’idea
di abbassare scenograficamente il tetto del bunker costringendo gli
attori a non poter assumere più una posizione eretta, come se il
cerchio dell’evoluzione di Darwin si fosse chiuso su se stesso e
avesse ricongiunto l’uomo alla scimmia.
C’è chi sostiene che la guerra sia
insita nell’essere umano come la vita e la morte. Quella guerra che
annulla ogni forma di civiltà, di umanità, e che trasforma gli
uomini viventi in morti viventi.
Giuseppe Miale di Mauro
INFO E PRENOTAZIONI
La prenotazione è vivamente
consigliata
06 6875550 |
biglietteria@teatroorologio.com
le prenotazioni possono essere
effettuate dal lunedì al venerdì dalle 11:00 alle 19:00
INTERO // 15 euro
RIDOTTO // 12 euro
ingresso consentito ai soli soci:
tessera associativa annuale 3 euro
Teatro dell’Orologio
Via dei Filippini 17/A
00186 - Roma
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