AL TEATRO DELL'OROLOGIO DI ROMA
"PADRE FIGLIO E SOTTOSPIRITO"
REGIA MAURO SANTOPIETRO
La vicenda si svolge in una provincia
dimenticata dove i Paesi hanno nome di Santi, l’Italia. In questa
terra tre ragazzi, fratelli, abbandonati, vittime e carnefici a loro
volta, vivono in crisi ai margini di una crisi. Spinti dal bisogno di
soldi e dalla necessità di scoprirsi finalmente adulti si rendono
tutti e tre martiri. Il fratello più grande, Nino, decide di
arruolarsi come militare, certo di ottenere uno stipendio che sarebbe
difficile da conquistare per qualsiasi ragazzo oggi. La sorella,
Alessia, decide di prestare servizio volontario in qualche
associazione di aiuti umanitari, con l’intento di scoprirsi
finalmente utile a qualcuno. Simone invece, il protagonista di questa
vicenda, rimane. I tre fratelli si dividono, perdendosi per qualche
tempo. Avviene poi che Nino ed Alessia, gli unici ad aver avuto il
coraggio di allontanarsi dalla loro terra, vengono uccisi, lì dove
la guerra però si fa per davvero. Sarà Simone a doverli seppellire,
lui che per mancanza di spirito è stato l’unico a rimanere nel
Paese in cui è nato e cresciuto, il solo a poterli seppellire, a
poter fare i conti con le scelte fatte, le sue e quelle dei fratelli.
Sceglie di farsi prete, perché si guadagna circa mille euro al mese
e si ha diritto a vitto e alloggio gratuito; perché facendosi prete
ha l’occasione di rivedere almeno le salme dei fratelli. Quella di
Simone diventa così una discesa agli inferi, forse inevitabile, che
viene raccontata riavvolgendo il nastro dei ricordi quando ormai
tutto è già stato compiuto.
produzione Indigena Teatro
residenza artistica Errare Persona/Casa D’Arte sostenuta da MIBACT e Regione Lazio
00186 - Roma
NOTE DI REGIA
Scelgo di scrivere queste note di regia
come se avessi la possibilità di scriverle sotto forma di pagina di
diario. Scelgo di farlo perché trovo sia più consono al tipo di
operazione che siamo riusciti a portare avanti, attraversando un
percorso di residenza in una provincia, insistendo su un concetto di
onestà, non di artificio estetico. Poche luci, una scena reale che
riesca a raccontare però anche altro, un lavoro fatto da Antonio di
reale connessione con il contenuto del testo più che della forma
della drammaturgia; tutti ingredienti, parentesi in cui sospendere
questo spettacolo. La volontà è stata quella di voler entrare in
una stanza emotiva, sconosciuta a noi come a chi vedrà il frutto di
questo lavoro. Varchiamo la soglia del quotidiano per ritrovarci in
un mondo molto simile, ma comunque differente al conosciuto e per
questo ancora protetto mondo teatrale; e scopriamo subito che la
voce, speravamo di trovarne o ritrovarne almeno una, è differente
rispetto a quella che ascoltiamo ogni giorno. Quale voce parla?
Quante voci ascoltiamo? Per entrare siamo costretti a riavvolgere il
nastro dei ricordi, abbandonandoci alle suggestioni di ciò che
potrebbe accadere in quel momento. Forse le emozioni e la memoria
emotiva se stuzzicata fa si che i sentimenti siano sempre
contrastanti e paradossali gli uni agli altri. Motore portante di
questo nostro viaggio è quindi la storia, raccontarla nel modo più
semplice, renderla affascinante certo, ma soprattutto fruibile.
Questa per me è la vera arma del teatro e della drammaturgia
contemporanea. Tornare a raccontare delle storie con un inizio, un
centro e una fine. Questo è stato l’intento con cui si è rimesso
mano alla drammaturgia e la base su cui costruire l’intera messa in
scena. I temi affrontati non sono però solamente il ricordo, bensì
il presente e la speranza del futuro. Del futuro della mia
generazione. Non posso certo parlare per tutti, ma come tutti anche
io soffro quotidianamente le criticità del mio contemporaneo e del
mio comportamento. Questo spettacolo è stato l’occasione, forse
più di altre, di fare un sano esame di coscienza, artistico e non.
Probabilmente nel guardarmi indietro, nel riavvolgere il nastro della
vita ho cercato di compiere un primo passo di maturazione.
Probabilmente negare il movimento di proiezione in avanti attraverso
un movimento rivolto al passato è un processo inevitabile per
crescere, per camminare in avanti. Un prendere la rincorsa e
scontrarsi con il reale, accettandone i limiti, ma senza
lamentarsene. Non c’è morale. Non c’è nemmeno ideologia, ma
domande. Così è nata una preghiera.
Mauro Santopietro
MAURO SANTOPIETRO
Mauro Santopietro si diploma in
qualità di attore nel 2005 presso l’Accademia Nazionale
e continua il suo percorso artistico con Anton Milenin, Saverio
La Ruina, Nicolaj Karpov, Juri Alschitz, Bruno de
Franceschi ed altri. Nel 2008 comincia la sua formazione in
drammaturgia, vince una borsa di studio europea in scrittura
e si forma con insegnanti quali Vincenzo Cerami, Ruggero
Cappuccio, Diego de Silva e Raffaele La Capria. Nel 2010
partecipa ad un “laboratorio di drammaturgia permanente”
in qualità di attore diretto da Fausto Paravidino e Letizia
Russo. Come attore partecipa a produzioni di teatri stabili
e compagnie private, ed è diretto da Giles Smith, Attilio
Corsini, Luca Ronconi, Daniele Abbado, Giancarlo Sepe, Luca
Barbareschi ed altri. Nel 2005 comincia invece la sua
collaborazione con la regista Loredana Scaramella, partecipando
a diverse produzioni per il Globe Theater di Roma (direzione
Gigi Proietti) con cui firma anche l’adattamento di tre
testi teatrali. Nel 2011 è finalista al premio scenario con il
testo “RaeP” di cui è anche autore, ottenendo la
produzione del Teatro stabile d'innovazione di Orvieto,
partecipando poi a numerosi festival Nazionali ed
Internazionali. Nel 2013 vince un bando di produzione della
regione Lazio per il testo “Adamo & Eva” e la produzione
del Teatro Stabile d’Abruzzo.
ANTONIO TINTIS
Si diploma come attore all'Accademia
Nazionale d'Arte Drammatica “Silvio D'Amico”, e perfeziona la sua
formazione con Rena Mireczka, Roberta Carreri, José Sanchis
Sinisterra, Emma Dante. Lavora con numerosi registi, tra i quali
Domenico Polidoro, Roberto Cavosi, Claudio Longhi, Massimiliano
Farau, Viktor Bodo, Walter Le Moli, Luciano Colavero (con il quale
fonda la compagnia La Fiera), Gigi Dall'Aglio, Peter Stein. Dopo aver
fatto parte della compagnia stabile del Teatro Stabile di Torino e
del Teatro Due di Parma, prende parte ad alcuni degli spettacoli
recentemente più premiati in Italia, quali "La resistibile
ascesa di Arturo Ui" e "Il ratto d'Europa" per la
regia di Claudio Longhi, e "Il ritorno a casa" per la regia
di Peter Stein. Ha partecipato in qualità di insegnante a numerosi
laboratori sulle tecniche attoriali.
Drammaturgia e regia Mauro Santopietro
con Antonio Tintisproduzione Indigena Teatro
residenza artistica Errare Persona/Casa D’Arte sostenuta da MIBACT e Regione Lazio
SALA GASSMAN
da martedì a sabato ore 20 | domenica
ore 17
INFO E PRENOTAZIONI
La prenotazione è vivamente
consigliata
06 6875550 |
biglietteria@teatroorologio.com
le prenotazioni possono essere
effettuate dal lunedì al venerdì dalle 11:00 alle 19:00
INTERO // 15 euro
RIDOTTO // 12 euro
ingresso consentito ai soli soci:
tessera associativa annuale 3 euro
Teatro dell’Orologio
Via dei Filippini 17/A
00186 - Roma
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