NUOVE STORIE IN SALA BAUSCH
"BILAL-NESSUN VIAGGIATORE E' STRANIERO"
ALL'ELFO PUCCINI DI MILANO
BILAL è uno spettacolo di teatro di narrazione, il racconto delle storie di uomini e donne che Gatti ha incontrato nel suo viaggio dentro l'orrore dell'emigrazione clandestina. È la denuncia del mancato rispetto al diritto di perseguire ambizioni e progetti. È la denuncia della violenza, del sopruso, della violazione di ogni legge di diritto internazionale che riguardi la tutela dell'Uomo, e di ogni principio morale. Sono le storie di uomini e donne in fuga dalla miseria, che con ogni mezzo cercano di difendere la loro dignità, i loro corpi torturati le loro intelligenze umiliate, le loro ambizioni negate con ferocia.
Note di regia
Il progetto nasce dall'incontro tra
Annalisa Bianco, regista e responsabile della compagnia EGUMTEATRO e
Luca Fusi, regista e attore italiano ma di formazione internazionale,
attualmente direttore degli studi dell'Ecole de Théatre du
C.F.R.A.V. (Centre de Formation e de Recherche en Art Vivants), con
sede a Ouagadougou in Burkina Faso.
con Leonardo Capuano
audio e luci Andrea Guideri
Egumteatro
Il testo scelto come fonte di
ispirazione è il libro del giornalista Fabrizio Gatti BILAL.
Viaggiare, lavorare, morire da clandestini, premio Tiziano Terzani
2008, documentazione unica di una gravissima emergenza umanitaria,
quella dell’emigrazione clandestina. Fabrizio Gatti è “uno di
noi” che mette la sua vita in pericolo travestendosi da
"straniero", recitando una parte, per capire le motivazioni
e per ricordarci l’assurdità ontologica di qualsiasi separazione
fra “noi” e “loro”.
La tecnica di rappresentazione
utilizzata è quella del teatro di narrazione, la più adatta a
ricreare le emozioni e le sensazioni che scaturiscono dalle
drammatiche storie presentate e insieme a stabilire un
imprescindibile legame tra attore e pubblico.
Lo spettacolo, pensato come strumento
di sensibilizzazione alla questione dell'immigrazione clandestina e
dello sfruttamento che ne deriva, è adatto ad ogni genere di
pubblico ma rivolto in particolare ai ragazzi perché il linguaggio
teatrale è diretto e coinvolgente, e si offre come spunto per una
riflessione più ampia sulle tematiche trattate.
Da Bilal-Viaggiare, lavorare, morire da
clandestini di Fabrizio Gatti
uno spettacolo di Annalisa Biancocon Leonardo Capuano
audio e luci Andrea Guideri
Egumteatro
Dalla rassegna stampa
Quanto costa una vita? Se lo chiede
Bilal, se lo chiede chiunque abbia una minima coscienza di ciò che
sta avvenendo a chi perde il proprio nome lungo un viaggio ignoto,
disperato. Quanto costa una vita? Beh, in Africa ha un prezzo ben
definito, l’ha scoperto Fabrizio Gatti, giornalista de L’Espresso
che qualche anno fa si è finto migrante per attraversare il
Mediterraneo e venire in Italia, viaggio di ritorno travestito da
viaggio di andata, scoprendo pratiche infami e una sorta di
burocrazia dell’aberrazione. Ché l’ordine, in fondo, fa comodo
in tutti gli ambiti. Bilal è il nome del protagonista e del libro
reportage tratto da questi racconti (Bilal. Il mio viaggio da
infiltrato nel mercato dei nuovi schiavi, Rizzoli, 2007), ma anche il
nome dello spettacolo che ne ha tratto Annalisa Bianco, regista per
Egumteatro, con in scena un solo attore: Leonardo Capuano.
La fase scenica rispetta l’ordine del
viaggio, quello dall’Africa sahariana fino alle coste italiane,
attraverso il quale Gatti ha scoperto il confine tra l’umano e il
disumano, quello che tutti i giorni le immagini ci propongono e che
non siamo più in grado di riferire alla nostra vita se non per
rigetto, se non considerando il migrante “altro”, invece che
specchio di sé stesso. E invece Gatti l’ha fatto, si è chiesto
cosa spingesse a un viaggio impossibile e si è immedesimato al punto
di diventare Bilal, esserlo nella pratica e nell’essenza, caricarsi
allora il peso delle nostre percezioni più distorte e farne
racconto, davvero, di ritorno. Lo spettacolo di Bianco è un monologo
(la ricordiamo alle prese già con Il giocatore di Dostoevskij con
Massimiliano Poli o Bellas Mariposas di Sergio Atzeni con una
energica Monica Demuru) capace di costruire un’atmosfera grazie
alla presenza di un attore intenso come Capuano, grazie alla scena
spoglia con solo alcune valigie a luci e musica ben dosate perché
l’interezza della proposta non si prestasse a pertugi di
distrazione. Se davvero si può dire che del racconto sappiamo tutto
perché tutto vediamo, quando esso ha modo di passare in veste e
parole d’attore in un teatro ecco che scopriamo come il teatro
sappia fare quell’informazione sensibile ormai impermeabile nei
canali mediatici. Se allora il teatro civile, spesso restio al
passaggio in arte, mantiene una necessità espressiva, è nella
capacità di restituire una materia fin troppo nota, come se così
nota non fosse. Insomma, quanto costa una vita? Quanto una costa,
costa, la vita.
Simone Nebbia, Teatro e critica
ELFO PUCCINI corso Buenos Aires 33 -
POSTO UNICO NUOVE STORIE € 15
Orario spettacoli: mar-sab ore 19.30 /
dom ore 15.30 – www.elfo.org
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