RASSEGNA FUORI STAGIONE
"FEDRA. DIRITTO ALL'AMORE"
TEATRO COCCIA DI NOVARA
Matinée per le scuole, eccezionalmente
aperta al pubblico.
FEDRA. IL MITO
… purtroppo, le conoscenze che
possediamo, non ci consentono di stabilire con precisione come e
quando le figure del Mito furono ‘declassate’ dal rango di
divinità a quello di eroine, conservando solo labili tracce della
loro originaria natura.
Possiamo unicamente prendere atto che
il processo di antropomorfizzazione caratteristico della cultura
ellenica venne talvolta portato alle sue estreme conseguenze, non
limitandosi solo a immaginare dei fatti a immagine e somiglianza
degli uomini, ma trasformando addirittura in esseri mortali alcuni di
essi.
In certi casi il culto eroico celebrò
la passione e la morte di questi personaggi fino a divinizzarli: così
avvenne ad Arianna, mutata in costellazione dopo l’unione con
Dioniso, sorella di Fedra, la protagonista della saga cretese che
aveva il suo fulcro nel bestiale accoppiamento di Pasifae col toro e
nella nascita del Minotauro, destinato a perpetuarsi nella rovinosa
lussuria delle sue due figlie.
LO SPETTACOLO
LA TRAMA
Regia e immagini di Consuelo Barilari
Consulenza drammaturgia e testi greci Marco Avogadro
Musiche Andrea Nicolini
Luci Liliana Iadeluca – Editor video ed immagini Angela Di Tomaso
Creazione oggetti di scena Paola Ratto – Sarta Umberta Burroni
Suono Rinaldo Compagnone
La canzone finale è di Carmen Consoli
Produzione Compagnia Schegge di Mediterraneo
www.fondazioneteatrococcia.it – info@fondazioneteatrococcia.it – PEC ftcoccia@pec.fondazioneteatrococcia.it
La prima, Arianna, aiuta Teseo, l’eroe
straniero di cui si è perdutamente innamorata, a uccidere il suo
mostruoso fratellastro e a uscire indenne dalle inestricabili
tortuosità del Labirinto; ma poi ne viene ricambiata con l’abbandono
in un’isola deserta e, secondo un’inquietante versione del mito,
si impicca per la vergogna e la disperazione.
La seconda, Fedra, nel Mito si fa
strumento inconsapevole della maledizione lanciata dalla sorella
contro l’amante fedifrago: divenuta a sua volta sposa di Teseo,
concepisce una passione inconfessabile per il figliastro Ippolito e,
alla rivelazione del proprio segreto, si suicida come Arianna, ma
trascina nella sua distruzione anche il giovane amato, inducendo lo
stesso Teseo a provocarne la morte.
Questo è il Mito della Fedra ‘umana’,
reso immortale da tanti poeti antichi e moderni che lo hanno
rivisitato, arricchendolo ognuno di diverse sfumature e facendo della
principessa cretese una delle figure chiave del teatro europeo.
Eppure i tratti dell’antica divinità,
resi sbiaditi dal processo di umanizzazione, si intravedono nel
dramma che ha per protagonista la sventurata matrigna di Ippolito; ma
solo in tempi a noi molto vicini, con la nascita dell’antropologia
e della psicanalisi, il dramma di Fedra è stato riproposto in base a
chiavi di lettura diverse da quelle tradizionali, In principio fu
Fedra, «la luminosa», uno dei tanti nomi dietro cui si cela «la
Dea Bianca», la stessa antichissima figura divina dietro i nomi di
sua madre Pasifae, «colei che a tutti appare», e di sua sorella
Arianna, «la purissima», ma prima ancora in quello di Europa,
«dall’ampio volto», che era stata rapita da Zeus in sembianza di
toro e che dal dio aveva generato Minosse, padre delle due
principesse cretesi: tutti nomi che rivelano il luminoso astro della
notte, adorato come divinità femminile celeste.
«Questi nomi ci parlano di un volto
largo, purissimo, splendente, che rischiara da lontano, che rischiara tutti, come la luna…….».
LO SPETTACOLO
LA TRAMA
Fedra è la moglie in seconde nozze di
Teseo, reggente di Atene, che, in prime nozze,ha avuto un figlio,
Ippolito. Il giovane, che vive lontano dalla famiglia, quando ritorna
a casa richiamato dal padre, incontra per la prima volta la matrigna,
scatenando in lei una violenta passione. L’amore per Ippolito,
bellissimo, giovane e “selvaggio” nella sua caparbietà e
passione per la vita, travolge Fedra fino al suicidio e porta il
giovane alla morte.
[…] figure solo a metà conosciute,
per metà sempre straniere, significati afferrati solo un istante, e
presto svaniti […]. Ma in chi legge risuona d’un tratto un tempo
diverso, un timbro cultuale e religioso, attraverso cui affiora la
memoria di un simbolismo già antico quando venne raccolto dal poeta
tragico.
FEDRA "LA LUMINOSA"
Galatea Ranzi è l’interprete di
Fedra “la luminosa” (questo è il significato del nome), la nuova
Fedra, consapevole anche se tormentata, ribelle e determinata nella
trasgressione, pronta a sfidare nella ricerca della libertà la
condanna morale della famiglia e della società, capace di rompere
gli schemi e l'ordine della cultura patriarcale antica. Non c'è
predestinazione divina né maledizione genetica in questa nuova
Fedra; passione e intelligenza la spingono a trasgredire; il
cambiamento è l'esigenza a cui lei risponde con il proprio istinto:
bellissima e misteriosa, amata e rispettata, Fedra muore suicidandosi
con il veleno, e in questo modo rivendica la libertà di amare e
diventa paladina dei diritti e della libertà della donne.
UNA MESSA IN SCENA CHE SI ISPIRA A UN GRANDE FILM.
La scrittura qui si fonde con una messa
in scena moderna e multimediale che fa riferimento visivo
all’atmosfera “noir” del cinema di A. Hitchcock e che colloca
l’eroina di Euripide, in una “altra” dimensione immaginaria che
si ispira al glamour degli anni sessanta.
La messa in scena gioca
drammaturgicamente sull’impatto e il coinvolgimento emotivo
attraverso la costruzione del processo d’identificazione dello
spettatore, con l’uso strumentale delle proiezioni video, grafich
emotion e cinematografiche che inducono i meccanismi della suspence,
esaltando la forza drammatica e misteriosa della vicenda umana di
Fedra.
Lo spettacolo si ispira agli scenari
del film Phedra che Jules Dassin, negli anni ’50 assistente alla
regia dello stesso Hitchcoock, girò nel 1961 con l’attrice Melina
Mercuri, e Anthony Perkins nel ruolo di Ippolito.
Lo spettacolo rompe lo schema temporale
della storia che tutti conosciamo; la scena si apre quando il fatto è
già avvenuto proprio con l’elaborazione di una sequenza
cinematografica presa dal film di Dassin: l’incidente di macchina
in cui Ippolito muore scomparendo tra i flutti del mare.
SUGGESTIONI DAL FILM
Fedra rivive un tormentato flash-back
di tutta la vicenda, prigioniera di uno spazio scenico delimitato da
due grandi thulle, una “quarta parete” e un fondale; la scena è
costruita da immagini filmiche, video scenografie, “emotional
video” in sovrapposizioni 3D visive e sonore che si fondono in
effetti multimediali con la recitazione. Fedra si muove quasi fosse
di fronte a un terzo occhio, una immaginaria telecamera fissa che la
spia costantemente nel profondo delle emozioni. Intorno a lei le
ombre.
I fantasmi dei personaggi del dramma:
la nutrice, Ippolito Teseo, il Minotauro, Arianna, Pasifae, diventano
frammenti del suo corpo, della sua voce, che si moltiplicano in
continuo scambio tra Mito, contemporaneità e altro reale.
La tecnica delle proiezioni e del
multimediale supporta il testo classico con un nuovo livello
drammaturgico, in un carosello di linguaggi che si intrecciano e
compenetrano con l’attore e la parola.
La Nuova Fedra nasce dal cambiamento,
ovvero dalle ceneri della Fedra prigioniera della classicità, la
Nuova Fedra nella trasfigurazione della morte diventa simbolo della
libertà e del Diritto universale all’amore Il risultato è
un’operazione molto attuale.
Nel tentativo di cogliere una moderna
verità dall’eroina tragica di Euripide, si raccolgono i retaggi
della più moderna visione poetica della classicità. (Consuelo
Barilari)
IL TESTO
Eva Cantarella, tra le più grandi
studiose contemporanee della classicità, grecista da sempre attenta
al femminile, docente di Diritto Greco e Romano, ci restituisce una
versione drammaturgica moderna, che intende comunicare al pubblico
l’importanza dell’influenza delle eroine classiche
nell’immaginario collettivo anche contemporaneo.
“Ripensare alle idee dei Greci aiuta
a ragionare sul peso e sugli aspetti della loro eredità nella
cultura contemporanea”. Eva Cantarella sostiene che “la nascita
della discriminazione di genere sia da ricercare nell’antica Grecia
insieme alla democrazia, al teatro, all’arte e che all’età
classica sia dovuta la nascita della differenza sessuale, fondata
soprattutto sul Mito come differenza non soltanto naturale, ma
accompagnata a caratteristiche sociali, culturali”.
Questa nuova, moderna Fedra scritta
appositamente da Eva Cantarella, avvalendosi di diverse
interpretazioni mutuate da Euripide, dall’opera di D’Annunzio, da
Seneca, da Racine, apre squarci molto interessanti per una
riflessione sulla vita e sulla condizione delle donne dai tempi
dell’antica Grecia ai nostri giorni e mette in luce l’importante
funzione sociale del Teatro inteso come strumento anche di creazione
giuridica, oltre che poetica in materia di Diritti.
Il testo nasce da un lavoro preliminare
sperimentato dall'autrice in letture a più voci, sulle due tragedie
di Euripide Ippolito Velato e Ippolito Incoronato.
Il personaggio di Fedra che appare in
“Ippolito Incoronato” è messo a confronto con quello che appare
nell’altra tragedia, anch’essa di Euripide di cui rimangono pochi
frammenti superstiti. Questa tragedia è andata in scena alcuni anni
prima. La figura di Fedra nel primo scritto appare molto diversa da
quella che nel secondo tragicamente si suicida travolta all’amore
incestuoso, e non corrisposto, per il figliastro Ippolito. Qui
troviamo una Fedra volubile ma conscia del suo sé, forte e
combattiva. Tuttora ci si interroga sul perché Euripide abbia
sentito il bisogno, pochi anni dopo averlo rappresentato, di tornare
sul personaggio di Fedra.
LA PROTAGONISTA
Galatea Ranzi è apprezzata attrice
teatrale, cinematografica e di fiction televisiva.
Nel 1988 vince il Premio Ubu come
migliore attrice giovane, e nello stesso anno riceve una menzione
speciale per il Premio Eleonora Duse. Nel 2012 per l’interpretazione
di “Mistero doloroso” tratto da un’opera di Anna Maria Ortese
le viene assegnato il Premio Eleonora Duse.
Molti sono gli spettacoli che Galatea
interpreta da protagonista con la regia di Luca Ronconi, tra cui
ricordiamo “Re Lear” di Shakespeare, “Il sogno” di
Strindberg, “Lolita” di Nabokov, “Quel che sapeva Maisie” di
James, “Le baccanti” di Euripide, “Prometeo incatenato” di
Eschilo.
È attrice nei film “Caterina va in
città” di Virzì, “Il pranzo della domenica” di Vanzina, “La
vita che vorrei” di Piccioni, “Tre metri sopra il cielo” di
Lucini, e il recentissimo “La grande bellezza” di Sorrentino.
LA REGIA
Consuelo Barilari regista, è ideatrice
e Direttrice del Festival dell’Eccellenza al Femminile che ha avuto
il riconoscimento di tre Medaglie del Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano e il Patrocinio dell’Unesco peri Beni
Immateriali.
Si occupa dal 2003 di creazione e regia
di spettacoli teatrali prevalentemente da opere di nuova drammaturgia
italiana, attenta ai temi del Mediterraneo e del “femminile”.
Dal 2006 è regista di svariati
spettacoli tra cui di “I Templari. Ultimo atto” con Paolo
Graziosi e Sergio Romano, da cui è stato tratto l’omonimo film per
RAI 2; “Matilde di Canossa” con Manuela Kustermann e R.
Alinghieri; “Le Crociate viste dagli Arabi” con Elia Shilton e
una compagnia internazionale composta da 22 interpreti (tre
coreografi, attori e ballerini) con cui vince il progetto Europeo
Schegge di Mediterraneo; “Federico. Notte di presagi” con Paolo
Bonacelli; “Io Federico” con Massimo Venturiello; “Albert Camus
e Jean Grenier. La fortuna di trovare un maestro” con Flavio
Parenti e Roberto Alinghieri; “La Duchessa di Amalfi” di J.
Webster con Marangela D’Abbraccio e Toni Bertorelli; nel 2012
“Camille Claudel” di Dacia Maraini con Mariangela D’Abbraccio;
“Fool. I comici in Shakespeare” di Masolino D’Amico con il
Globe Theatre di Roma.
RICERCA FONTI NEL MONDO GRECO
Marco Avogadro, studioso di lingua e
letteratura greca, attore e regista, collabora negli anni a numerose
messe in scena di Teatro Classico da Bolognini, Ronconi a Otomar
Krejca e dal 2007 nei vari ruoli alla realizzazione dei più
importanti spettacoli del Teatro Stabile di Genova.
Con Galatea Ranzi nel ruolo di Fedra
Testo originale di Eva CantarellaRegia e immagini di Consuelo Barilari
Consulenza drammaturgia e testi greci Marco Avogadro
Musiche Andrea Nicolini
Luci Liliana Iadeluca – Editor video ed immagini Angela Di Tomaso
Creazione oggetti di scena Paola Ratto – Sarta Umberta Burroni
Suono Rinaldo Compagnone
La canzone finale è di Carmen Consoli
Produzione Compagnia Schegge di Mediterraneo
FONDAZIONE TEATRO COCCIA ONLUS
Via f.lli Rosselli, 47 - 28100 Novara
(NO) – P. Iva 01980910036 – Tel. +39.0321.233200 – Fax
+39.0321.233250www.fondazioneteatrococcia.it – info@fondazioneteatrococcia.it – PEC ftcoccia@pec.fondazioneteatrococcia.it
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