GIUSEPPE CEDERNA IN
"L'ULTIMA ESTATE DELL'EUROPA"
AL TEATRO INDIA DI ROMA
GIUSEPPE CEDERNA |
«E' uno spettacolo necessario per
affrontare l'orrore ed esorcizzare le nostre paure. – commenta
Giuseppe Cederna - La scena che apre lo spettacolo, il racconto
minuto per minuto dell'attentato di Sarajevo ad opera di giovani
kamikaze, viene seguita dal pubblico in un silenzio impressionante.
Sembra la cronaca di un evento appena successo. Ed è appena
successo.»
«Cederna non fa la storia e non
descrive battaglie. – commenta Osvaldo Guerrieri - Parla di uomini
inghiottiti dal fango della guerra, ne assume le voci, ne ruba le
parole e ce le porge al modo di una Spoon River delle trincee.
Sarebbe bello vedere una platea tutta di ragazzi.»
«Siamo in trincea, in bilico tra vita
e morti. – commenta Mauro Sesia - Ed è il disequilibrio, il perno
su cui per paradosso si fonda l’ottimo monologo di un ispirato
Giuseppe Cederna.»
Sarajevo 28 giugno 1914. Sono le dieci
del mattino di una splendida domenica di giugno. Fra quarantacinque
minuti due colpi di pistola sconvolgeranno il mondo. Un tumulo
informe di sacchi e legni anneriti dal fuoco- che diventerà fiume,
trincea, montagna, cimitero- è la zattera a cui si aggrappa il
protagonista dello spettacolo, un naufrago della Grande Guerra. Un
sopravvissuto. Posseduto dall’implacabile progressione della
memoria e incalzato dai temi musicali dei luoghi e dei personaggi,
Giuseppe Cederna dà voce e corpo a quell’umanità di vittime e di
carnefici che trasformarono l’Europa in un immenso mattatoio. Dai
Futuristi ai Generali, dai fanti mandati a morire sul Carso e
sull’Isonzo ai loro compagni di naufragio, quegli spettri usciti
dalle trincee austriache, fino agli scrittori e ai poeti le cui
parole, ancora oggi, ci illuminano e ci commuovono: Owen, Stuparich,
Gadda, Ungaretti, Trilussa, Rumiz. Dall’esaltazione alla
consapevolezza. Dalle “Radiose giornate di Maggio” alla notte di
Caporetto.
«La guerra è molto più vicina di
quello che pensiamo - commenta Giuseppe Cederna - la guerra dorme
dentro di noi. Per questo, raccontarne gli orrori ma anche il
desiderio e la capacità di riscatto, è doloroso e necessario. Con
la pietà della memoria e la miracolosa potenza delle storie, l’uomo
riesce a ribellarsi all’umiliazione del corpo e dell’anima. Anche
nell’orrore, talvolta, riusciamo a trovare la nostra umanità e
dignità più profonde.»
Di Giuseppe Cederna e Augusto Golin
Regia di RUGGERO CARACon GIUSEPPE CEDERNA
Musiche originali eseguite dal vivo di
Alberto Capelli e Mauro Manzoni
GIUSEPPE CEDERNA debutta nel 1977 a
Piazza Navona come clown di strada. Nel ’78 fonda con Memo Dini la
compagnia Anfeclown dove si metterà in luce per una comicità
surreale e principalmente fisica. Conclusa la vena autarchica, in
teatro lo ricordiamo nel “Sogno di una notte d’estate” del
Teatro dell’Elfo, regia di Gabriele Salvatores; in “Amadeus” di
P. Shaffer a fianco di Umberto Orsini regia di Mario Missiroli; ne
“Il giardino dei ciliegi” di A. Cechov regia di Gabriele Lavia;
in “Puntila e il suo servo Matti” di B. Brecht regia di Pino
Micol; ne “La Febbre” di W. Shawn regia di Giorgio Gallione; ne
“Il grande viaggio” di Giuseppe Cederna e Francesco Niccolini. Al
suo impegno teatrale alterna, dagli esordi, un’interessante
attività cinematografica. Premio oscar con il film “Mediterraneo”
di G. Salvatores nel 1991 nel cinema ha lavorato, tra gli altri, con
Scola, Bellocchio, Comencini, Monicelli, i fratelli Taviani, Soldini,
Brizzi e Rob Marshall. Ha pubblicato con Feltrinelli “Il Grande
Viaggio”, un pellegrinaggio alle sorgenti del Gange; “Piano
Americano”, lezioni di sopravvivenza nella giungla dorata di un set
Hollywoodiano e, con il fotografo Carlo Cerchioli, “Ticino, le voci
del Fiume - Excelsior 1881”.
www.artupart.com;
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