"QUALCUNO VOLO' SUL NIDO DEL CUCULO"
REGIA DI ALESSANDRO GASSMAN
TEATRO COCCIA DI NOVARA
Domenica 30 ottobre 2016 ore 16.00 –
Turno B
Qualcuno volò sul nido del cuculo è
il romanzo che Ken Kesey pubblicò nel 1962 dopo aver lavorato come
volontario in un ospedale psichiatrico californiano; racconta,
attraverso gli occhi di Randle McMurphy – uno sfacciato delinquente
che si finge matto per sfuggire alla galera – la vita dei pazienti
di manicomio statunitense e il trattamento coercitivo che viene loro
riservato. Nel 1971 Dale Wasserman ne realizzò, per Broadway, un
adattamento scenico, che costituì la base della sceneggiatura
dell'omonimo film di Miloš Forman, interpretato da Jack Nicholson e
entrato di diritto nella storia del cinema.
Oggi, la drammaturgia di
Wasserman torna in scena, rielaborata dallo scrittore Maurizio de
Giovanni, che, senza tradirne la forza e la sostanza visionaria, l'ha
avvicinata a noi, cronologicamente e geograficamente. Randle McMurphy
diventa Dario Danise e la sua storia e quella dei suoi compagni si
trasferiscono nel 1982, nell'Ospedale psichiatrico di Aversa.
Alessandro Gassmann ha ideato un allestimento personalissimo,
elegante e contemporaneo, e diretto un cast eccezionale. Il risultato
è uno spettacolo appassionato, commovente e divertente, imperdibile,
per la sua estetica dirompente e per la sua forte carica emotiva e
sociale.
Note di regia
La malattia, la diversità, la
coercizione, la privazione della libertà sono temi che da sempre mi
coinvolgono e che amo portare in scena con i miei spettacoli. Temi
tutti straordinariamente presenti nello spettacolo che mi accingo a
mettere in scena, "Qualcuno volò sul nido del cuculo" di
Dale Wasserman, tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey, la cui
versione cinematografica diretta da Miloš Forman è entrata di
diritto nella storia del cinema.
Con Maurizio de Giovanni, che ha curato
l’adattamento del testo, abbiamo deciso di ambientare la vicenda in
una clinica psichiatrica italiana nel 1982. Tutto ha inizio con
l'arrivo di un nuovo paziente che deve essere "studiato"
per determinare se la sua malattia mentale sia reale o simulata. La
sua spavalderia, la sua irriverenza e il suo spirito di ribellione
verso le regole che disciplinano rigidamente la vita dei degenti,
porterà scompiglio e disordine ma allo stesso tempo la sua
travolgente carica di umanità contagerà gli altri pazienti e
cercherà di risvegliare in loro il diritto di esprimere liberamente
le loro emozioni e i loro desideri.
Dario (il mio McMurphy) è un ribelle
anticonformista che comprende subito la condizione alla quale sono
sottoposti i suoi compagni di ospedale, creature vulnerabili, passive
e inerti. Da quel momento si renderà paladino di una battaglia nei
confronti di un sistema repressivo, ingiusto, dannoso e crudele,
affrontando così anche un suo percorso interiore che si concluderà
tragicamente ma riscatterà una vita fino ad allora sregolata e
inconcludente. E, attraverso di lui, i pazienti riusciranno ad
individuare qualcosa che continua ad esser loro negato: la speranza
di essere compresi, di poter assumere il controllo della propria
vita, la speranza di essere liberi.
Un testo che è una lezione d’impegno
civile, uno spietato atto di accusa contro i metodi di costrizione e
imposizione adottati all’interno dei manicomi ma anche, e
soprattutto, una straordinaria metafora sul rapporto tra individuo e
Potere costituito, sui meccanismi repressivi della società, sul
condizionamento dell'uomo da parte di altri uomini. Un grido di
denuncia che scuote le coscienze e che fa riflettere.
Come sempre lavorerò sui complessi
rapporti psicologici tra i vari personaggi, immergendoli in uno
spazio scenico realistico e asettico.
In questo caso, le videografie, che
spesso utilizzo nei miei spettacoli, mi permetteranno di tradurre in
immagini i sogni e le allucinazioni dei cosiddetti "diversi".
L'obiettivo che mi pongo è, come sempre, quello di riuscire a far
emozionare un pubblico di ogni età, soprattutto i più giovani che
forse non conoscono quest’opera che è un vero e proprio inno alla
libertà.
Alessandro Gassmann
Note dell'autore dell'adattamento
Le Grandi Storie si riconoscono subito.
Si possono leggere nei libri o vedere al cinema; si possono
incontrare per caso, nelle parole di un anziano, o ascoltare alla
radio; ci si può imbattere in una di esse in televisione, o intuirne
qualcuna da una notizia su un giornale o sul web. Le Grandi Storie
non necessitano di una forma precisa, perché vanno direttamente a
ferire la superficie dell’anima e lasciano un’indimenticabile,
meravigliosa cicatrice.
Questo accade perché le Grandi Storie
raccontano, in maniera semplice e comprensibile, quello che tutti
abbiamo in comune: sentimenti, passioni. Amicizia, amore,
disperazione. Nessuno può fingere di non sentire quello che le
Grandi Storie riescono a comunicare.
Tuttavia, anche le Grandi Storie oltre
agli elementi universali hanno bisogno di un tempo e di uno spazio.
Devono essere vestite di quotidianità e di musica, di abiti e
dialetto, di cibo e di mobili. Un tempo e uno spazio immediato e
concreto, che se ascoltati a troppa distanza possono appannare gli
elementi vitali e universali che ne costituiscono l’essenza.
Qualcuno volò sul nido del cuculo è una storia fatta, nella sua
originaria meravigliosa fattura, di country e baseball, di slang e
memorie degli anni Cinquanta, di veterani e polverose province
americane.
Un vestito esotico e profumato, che tuttavia non è il
nostro. Io ho provato a trasportarne gli elementi primari in un tempo
e in uno spazio più vicini, per vedere se anche in un luogo
disperato e terribile come un ospedale psichiatrico della nostra
tormentata Campania e in un tempo di urla e silenzi come i primi anni
Ottanta potevano sopravvivere le amicizie, i rancori e le tenerezze
di questa meravigliosa e delicatissima Storia.
Sotto le mie dita e per mio tramite i
personaggi hanno, spero, trovato una perfetta collocazione
sopravvivendo nei sentimenti e nelle passioni senza alcuno sforzo. Mi
sono divertito da morire incontrandone intatte nuove follie, strane
fobie e dolci timori. Ne ho visto nascere le relazioni, ho visto
sorgere rapporti. Ho assistito a grandi sconfitte e a piccole,
meravigliose vittorie. Ho sentito fluire la vita, come se la Grande
Storia fosse stata pensata e voluta proprio là e allora, con
spontanea emozione.
Quando, sorridendo, ho calato il mio
virtuale sipario ho provato una immediata nostalgia dei personaggi;
perché, come sempre accade in questi casi, erano diventati veri, di
carne e di sangue e di passioni e di dolori e gioie, e mi mancano e
mi mancheranno.
Perché questa, sapete, è la forza
delle Grandi Storie.
Maurizio De Giovanni
Note degli autori delle musiche
Conosciamo Alessandro dal 1997, da
quando ci siamo ritrovati coinvolti nella lavorazione del film Hamam
- Il bagno turco di Ferzan Ozpetek. Da allora si è creata una specie
di osmosi reciproca che fa sì che ogni comune esperienza teatrale
diventi per noi lo sprone per spostare un po' più in là l'asticella
sulle proposte musicali. Alessandro ci parlava da tempo di questo
progetto e la sua intuizione iniziale è stata quella di pensare ad
un commento sonoro che partisse dal blues; Napoli è musicalmente
tante cose (come abbiamo cercato di raccontare anche nel film Song 'e
Napule dei Manetti Bros. Con cui, l'anno scorso, abbiamo vinto il
David di Donatello, il Nastro d'argento e il Globo d'oro per la
migliore colonna sonora) ed è anche blues, probabilmente il blues
più autentico che si possa ascoltare in Italia. Per questo, con i
nostri collaboratori storici, ci siamo chiusi in studio per qualche
giorno e ci siamo lasciati andare alla più libera improvvisazione
cercando di immaginare se quello che stavamo suonando potesse avere
un riscontro col testo teatrale che stavamo affrontando... E la
sensazione fortissima che abbiamo ricevuto immediatamente è che
poteva funzionare alla grande. A tutto ciò avremmo poi aggiunto
alcuni momenti elettronici più d'atmosfera per sottolineare
particolari tensioni del testo, ma rimaneva ancora un punto
fondamentale da affrontare: il finale ... Il finale doveva essere
un'esplosione di libertà, ma non avrebbe dovuto esplodere
immediatamente, avrebbe dovuto montare piano piano toccando le corde
più intime e ribelli, qualcosa che ti portasse alla fine ad urlare
"L'ho fatto, Mama, l'ho fatto" ... E ancora una volta la
sensazione è stata che le corde degli archi che crescevano piano
piano fino al gran finale avrebbero potuto colpire al cuore:
"L'abbiamo fatto, l'abbiamo fatto".
Desideriamo ringraziare
tutti i nostri meravigliosi amici musicisti senza i quali tutto ciò
non sarebbe potuto succedere (in ordine rigorosamente alfabetico):
Luca Begonia: trombone
Claudio Capurro: saxes
Luca Cresta: fisarmonica
Marco Fadda: percussioni
Andrea Maddalone: chitarre
Roberto Maragliano: batteria
Roberto Nappi Calcagno: tromba
Claudio Pacini: programmazione
Massimo Trigona: basso
e la Trancendental String Orchestra:
archi
Pivio & Aldo De Scalzi
Note dell'autrice dei costumi
Siamo nel 1982 in una provincia
campana, fra le insormontabili mura di un ospedale psichiatrico che
circonda ed incombe sulle vite di pazienti e personale della
struttura. Colori sbiaditi dal tempo raccontano di pazienti
malinconici logorati dalla monotona routine a cui sono sottoposti, il
bianco accecante delle divise del personale diventa un candido
schermo invalicabile contrastato solo da lampi di rosso e fucsia che
irrompono nella scena, un'energia vitale che accende entusiasmi
apparentemente spenti per sempre. L'utilizzo di abiti originali
dell'epoca fa sì che lo spettatore si trovi di fronte ad una
fotografia vivente, uno spaccato d' Italia che non sembra così
diversa dai giorni nostri.
Chiara Aversano
Di Dale Wasserman
Dall’omonimo romanzo di Ken Kesey
Traduzione Giovanni Lombrado Radice -
Adattamento di Maurizio De Giovanni
Con Daniele Russo, Elisabetta Valgoi
E con: Mauro Marino, Giacomo Rosselli,
Alfredo Angelici, Emanuele Maria Basso, Davide Dolores,
Daniele Marino, Gilberto Gliozzi,
Antimo Casertano, Gabriele Granito, Giulia Merelli
Scene Gianluca Amodio - Costumi Chiara
Aversano
Regia Alessandro Gassmann
Uno spettacolo di Alessandro Gassmann
Produzione Teatro Bellini di Napoli
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