"AFGHANISTAN: IL GRANDE GIOCO"
AL TEATRO DELL'ELFO PUCCINI DI MILANO
7/19 febbraio | Teatro delle Passioni,
Modena
14/18 giugno | Arena del Sole, Bologna
The Great Game - Afghanistan è un
affresco teatrale diviso in tredici stazioni che il Tricycle Theatre
di Londra ha commissionato ad altrettanti autori per raccontare il
rapporto complesso e quasi sempre fallimentare che l’Occidente ha
avuto con l’Afghanistan, stato che per la sua posizione geografica
riveste un’importanza fondamentale nello scacchiere mondiale. Il
progetto ha debuttato nell’aprile 2009 e ha riempito il teatro per
tre mesi, elogiato dal Daily Telegraph come dal Guardian (“qualcosa
di importante è accaduta al Tricycle dove la storia e la cultura
dell’Afganistan sono state portate in scena in un modo emozionante
e provocatorio”). L’anno seguente è stato replicato anche negli
Stati Uniti (Washington, Minneapolis e New York).
Il Tricycle Theatre ha suddiviso questo
spettacolo in tre capitoli: Invasione e indipendenza 1842 – 1930,
Il comunismo, i Mujaheddin e i Talebani 1979 – 1996 ed Enduring
Freedom 1996 – 2010.
Il Teatro dell’Elfo continua la sua
indagine sulla drammaturgia anglosassone e trova in questa grande
epopea, che copre un arco di tempo che va dal 1842 ai giorni nostri,
una nuova e irrinunciabile occasione di teatro che racconta il
presente. Il progetto, suddiviso in due parti, viene realizzato in
coproduzione con Emilia Romagna Fondazione Teatro, già partner
dell’Elfo nel progetto pluriennale di Angels in America.
Per la prima parte, che debutta a
Milano il 17 gennaio 2017, i registi Ferdinando Bruni ed Elio De
Capitani hanno scelto tre testi che riguardano il periodo 1842 –
1930: Trombe alle porte di Jalalabad di Stephen Jeffreys (ambientato
nel corso della prima guerra anglo-afgana), La linea di Durand di Ron
Hutchinson (protagonisti l’emiro Abdhur Raham e Sir Henry M. Durand
che discutono sull’opportunità di tracciare un confine tra
l’Afghanistan e l’India Britannica) e Questo è il momento di Joy
Wilkinson (protagonisti il re Amannullah Khan e la regina Soraya in
fuga dall’Afghanistan verso l’Europa). Oltre a questi hanno
scelto due testi che raccontano il periodo 1979 – 1996: Legna per
il fuoco di Lee Blessing (una spy story che contrappone il direttore
della CIA a Islamabad e il direttore dell’Intelligence del
Pakistan) e Minigonne di Kabul di David Greig (che mette in scena
un’intervista immaginata o sognata tra una scrittrice e Najibullah,
presidente dell’Afghanistan tra il 1987 e il 1992).
Queste cinque storie notturne, sospese
tra realismo e sogno, vedono materializzarsi personaggi che
attraversano due secoli: semplici soldati, nobili e diplomatici senza
scrupoli, spie, emiri, giovani re e regine, comandanti e mujaheddin.
La seconda parte debutterà nel 2018.
«Il londinese Tricycle Theatre diretto
da Nicolas Kent e Indhu Rubasingham - spiega Bruni - è la più
grande officina di teatro politico inglese; nel 2004 ha messo in
scena Guantànamo (per citare il testo più famoso, rappresentato
anche nel West End, a New York e al Congresso degli Stati Uniti). Il
progetto The Great game è però un caso clamoroso: il generale David
Richards, capo delle Forze armate in Afghanistan, l’ha talmente
apprezzato da obbligare i reduci di quella guerra e i soldati in
partenza ad assistere allo spettacolo. Se l’avessi visto prima,
scrisse sul Times il 3 agosto 2010, sarei stato un generale migliore.
Era così convinto che organizzò due recite per il personale del
Pentagono».
«Il primo atto, Trombettieri alle
porte di Jalalabad di Stephen Jeffreys – continua Bruni - è la
storia di quattro trombettieri che scrutano l’orizzonte: il figlio
del khan ha promesso agli inglesi un ritiro in pace, ma su 220 mila
uomini ne arriveranno in India solo 70, gli altri verranno trucidati.
È metafora e parabola del disastro: questa terra è una trappola
geografica dalla quale non puoi più uscire». L’ultimo capitolo in
scena quest’anno è Minigonne di Kabul di David Greig «che
racconta di Najibullah, l’emiro filosovietico che negli anni
Ottanta fece una fine orrenda per colpa degli integralisti talebani.
Greig ci parla di quella Kabul frequentata anche da italiani (tra cui
il pittore Alighiero Boetti) di quell’albergo chiamato One perché
costava un dollaro. La prima parte del nostro spettacolo arriva alla
fine dell’influenza occidentale; i capitoli sui talebani e su
Enduring Freedom saranno allestiti l’anno prossimo».
Bruni conclude: «Afghanistan, il
Grande Gioco fa parte di quel teatro anglosassone che ci piace. La
storia dei rapporti tra Occidente e Afghanistan è metafora di tutti
gli errori fatti in Medio Oriente e Asia anche per ignoranza: ci
piace che venga raccontato un periodo di cui si sa poco ma ci
coinvolge tanto, riaffermando l’idea di un teatro che parla di
civiltà continuando a essere vivo». E aggiunge De Capitani:
«Vorremmo trasmettere anche noi la coscienza di quanto sia
paradigmatica la storia di 180 anni di rapporti tra Occidente e
Afghanistan».
L’espressione ‘il grande gioco’ è
stata utilizzata per la prima volta nel 1827 da un ufficiale
britannico per definire il conflitto, caratterizzato soprattutto
dall'attività delle diplomazie e dei servizi segreti, che
contrappose Gran Bretagna e Russia in Medio Oriente e Asia centrale
nel corso di tutto il XIX secolo. Rudyard Kipling ha introdotto
l’espressione ‘the great game’ nel racconto Kim facendola
diventare di uso comune.
Di Stephen Jeffreys, Ron Hutchinson,
Joy Wilkinson, Lee Blessing,
David Greig traduzione Lucio De
Capitani
regia Ferdinando Bruni ed Elio De
Capitani
con Claudia Coli, Michele Costabile,
Enzo Curcurù, Leonardo Lidi, Michele Radice, Emilia Scarpati
Fanetti, Massimo Somaglino, Hossein Taheri
scene e costumi di Carlo Sala
video Francesco Frongia
luci Nando Frigerio, suono Giuseppe
Marzoli
coproduzione Teatro dell’Elfo ed
Emilia Romagna Teatro Fondazione
ELFO PUCCINI, sala Fassbinder, corso
Buenos Aires 33, Milano - Martedì-sabato ore 20:00 / domenica ore
15:30 - Info e prenotazioni 02/0066.06.06 - www.elfo.org – PREZZI:
Intero 32.50 € - Martedì 21.50 € - Ridotto giovani e anziani 17
€
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