"BESTIE DI SCENA"
UMANITÀ' IN FUGA SENZA VIA D'USCITA
TEATRO STREHLER DI MILANO
Un ciclo di incontri in programma per
approfondire i temi dello spettacolo
Nel girone dell'inferno un gruppo di
anime espia la colpa: camminano in cerchio, avvinghiati gli uni agli
altri, nudi, lenti; prigionieri delle convenzioni, dei tic, delle
nevrosi collettive, non riescono più a uscire di scena.
I successi straordinari di Le sorelle
Macaluso nel 2014 e del dittico Sorelle Macaluso-Operetta burlesca
nel 2015 sono il segno di una affinità piena e viva tra il Piccolo,
il suo pubblico, e il mondo espressivo di Emma Dante.
Era dunque maturo il tempo per una
nuova produzione pensata per lo spazio del Teatro Strehler.
Nel suo
grande palcoscenico si iscrive la rappresentazione di una comunità
in fuga, un corteo di creature primitive e fragili, una ronda
silenziosa che muove i primi incerti passi, che non ha via d’uscita
ma che immagina, si illude, lotta, vibra, indifesa, di vita. Li
illumina lo sguardo della regista (e autrice), donna di teatro, che
plasma fino al possesso il corpo vivo di chi è in palcoscenico.
Bestie di scena ha assunto il suo vero
significato nel momento in cui ho rinunciato al tema che avrei voluto
trattare. Volevo raccontare il lavoro dell'attore, la sua fatica, la
sua necessità, il suo abbandono totale fino alla perdita della
vergogna e alla fine mi sono ritrovata di fronte a una piccola
comunità di esseri primitivi, spaesati, fragili, un gruppo di
“imbecilli” che, come gesto estremo, consegnano agli spettatori i
loro vestiti sudati, rinunciando a tutto. Da questa rinuncia è
cominciato tutto, si è creata una strana atmosfera che non ci ha più
lasciati e lo spettacolo si è generato da solo.
In Bestie di scena c’è una comunità
in fuga. Come Adamo ed Eva cacciati dal paradiso, le bestie finiscono
su un palcoscenico pieno d’insidie e di tentazioni, il luogo del
peccato, il mondo terreno. Lì c’è tutto ciò che serve: la casa,
la stanza dei giochi, l’odio, l’amore, il sentiero, il rifugio
dove trovar riparo, la paura, il mare, il naufragio, la trincea, la
tomba dove piangere i morti, i resti di una catastrofe…
Le bestie di scena non fanno altro che
immaginare. S’illudono di vivere, tenendo tra le mani oggetti in
prestito, nutrendosi di poltiglie, farfugliando brandelli di storie.
Come i bambini credono nei giochi e, alienati da tutto, se ne
lasciano incantare fino agli eccessi della demenza. Ballano, cantano,
urlano, litigano nei dialetti del sud, seducono, impazziscono, amano,
ridono, combattono…
In Bestie di scena c’è un meccanismo
segreto che svela il processo con cui nasce e si forma un individuo.
Al centro c’è lui con i suoi movimenti scoordinati e selvaggi, lui
che traccia percorsi più importanti della meta, che cerca strade non
ancora battute. È lui il cuore pulsante dell’esercizio, il
pilastro della giostra, colui al quale rivolgere tutta l’attenzione
per una possibile interpretazione di ciò che siamo. Senza storie da
raccontare, né costumi da indossare, le bestie di scena si muovono
maldestramente come al principio di tutto, obbligandoci a dare peso,
volume e ingombro al nostro sguardo. Siamo noi a scegliere sin
dall’inizio se accoglierli o rifiutarli. Gli “imbecilli” che ci
stanno di fronte non fanno altro che partecipare istintivamente a
movimenti scanditi dal ritmo in cui i muscoli e i riflessi sono
sollecitati e tesi a raggiungere uno stadio in cui è il corpo a
pensare. Sul palco vuoto, dentro una scatola nera delimitata da un
fondale e sei quinte, il corpo di queste anime avvinghiate in una
ronda silenziosa diventa il custode di un segreto. L’uscita è
vietata, dalla quinta arrivano segnali di fuoco e da questo recinto
le bestie non potranno più uscire. Dopo aver affrontato svariate
prove, dalla quinta arriverà l'ennesimo comandamento, l’ultimo, il
più terribile. Solo allora gli “imbecilli” disubbidiranno.
Sceglieranno di restare nudi in schiera davanti a noi. La loro
scoperta sarà di essere sempre stati nudi e di non essere stati
altro che quello. Non avrà più senso raccogliere, coprirsi,
compiere altre azioni ma semplicemente stare, e guardare.
Emma Dante
Emma Dante era già stata al Piccolo
con due suoi spettacoli, Le sorelle Macaluso e Operetta burlesca.
Oggi è al Teatro Strehler con una prima assoluta, uno spettacolo,
per “necessità” artistiche, poetiche, pensato per debuttare su
questo grande palcoscenico, prima di proseguire il cammino a Palermo
e al Festival di Avignone. È un lavoro concepito all’interno di
uno spazio dilatato, ma delimitato e al tempo stesso infinito, privo
di parole, ma scosso da suoni (anche le poche parole pronunciate sono
in funzione di suono e non di senso), rumori assoluti – ab-soluti,
essenziali – di attrezzeria, di elementi esterni che arrivano dalle
quinte. Ma non è un’installazione: è un vero e proprio
spettacolo, giocato lungo la linea dello spazio e del tempo, con un
prima e un dopo, senza però appoggiarsi su alcuna storia raccontata,
ma in uno scavo nel profondo del corpo vivo del teatro, e non solo.
Il nudo in teatro è innaturale, suona falso come un cavallo vero in
palcoscenico. È innegabile, crea, tranne in pochi casi, un rapporto
imbarazzante con lo sguardo dello spettatore. Lo spinge a rivestire
l’attore con la coperta dello scandalo, ben diverso dallo scandalo
vero, intrinseco nel teatro e nell’attore, che è quello di
mostrarsi sempre attraverso un inganno, del dire l’indicibile,
oltre le parole, oltre la maschera del costume, in uno spazio, in un
tempo finito, qui e ora.
Bestie di scena di Emma Dante sottrae
la finzione, arriva “semplicemente” (ma con quanto lavoro!) ai
corpi, scardina lo sguardo, va alla ricerca disperata ed esaltante
dell’inizio, come nelle incisioni rupestri – per usare le sue
parole – in un continuo gioco di sguardi verso e con il pubblico.
Non a caso, parlando nelle brevi pause delle prove, l’argomento più
caro a Emma Dante era un Pirandello senza pirandellismi, capace di
spogliare i personaggi di ogni difesa, di ogni maschera.
Le “bestie di scena” non sono
attori che agiscono in palcoscenico, ma corpi agiti da forze che
arrivano dall’esterno, improvvise dalle quinte, reazioni di “corpi”
che trasmettono insieme il senso della claustrofobia e
dell’infinitezza dello spazio in cui si muovono. Corpi che via via
si compattano in un corpo solo per poi frammentarsi, scontrarsi, sino
al pudore di rinunciare a rimettersi, al termine di tutto, lo scudo
dei propri vestiti. Si mostrano semplicemente allo sguardo
trasformato, commosso e non scandalizzato del pubblico. Rinunciando
ad ogni mascheramento.
Potrebbe apparire un gioco crudele, ma
Emma Dante non osserva mai con distacco o con lo sguardo
dell’entomologo distante, bensì con la pietas che il corpo, senza
l’ipocrisia dello scudo del vestito, del costume, della
convenzione, riesce a restituire allo sguardo, nel misterioso spazio
fra palcoscenico e pubblico.
Sergio Escobar
Bestie di scena: il discorso dello
sguardo
di Giorgio Vasta
Tu, lì, che cerchi e non trovi una
posizione comoda, sei lo spettatore, e tu, spettatore, mi hai fatto
del male, per nessun’altra ragione se non per il fatto di essere
chi sei; percepirai pure, adesso, lo sguardo pesarti negli occhi (del
resto sei qui per questo: per mettere in crisi il tuo sguardo), ma se
anche ti senti turbato ricordati sempre che te ne stai nella tua
poltroncina, nel tuo posto assegnato, insieme ai tuoi compagni, uno
accanto all’altro, compatti, radunati a testuggine, protetti in
platea dal semibuio. Io invece sono l’attore, e a me tocca stare
qui, nella scena nera, all’inizio e alla fine di tutto, a
vagabondare in uno spazio senza posto (io, l’attore, non ho mai il
mio posto), qualcosa di cui non solo io ma nessuno sa niente, dove
potrebbe accadere di tutto (e di tutto è accaduto e ancora
continuerà ad accadere), e dunque, per queste ragioni, io non posso
che esserti ostile, spettatore; non, come potresti pensare, perché
tra la mia e la tua esperienza c’è uno scarto irriducibile, ma
proprio perché tra me e te non c’è nessuna differenza, eppure io
sono qui e tu sei lì. A te è concesso il privilegio – tra poco,
quando le luci si riaccenderanno – di prendere congedo e andare
via: io invece da questo rettangolo nero non posso andarmene perché
io qui ci vivo. Ogni spettacolo non fa che ribadire l’impossibilità
della mia fuga. Tutto ciò – quello che sono, dove sono, quello che
faccio, come lo faccio – riguarda te. Accade in tua funzione. Io,
l’attore, servo a questo: a concederti l’illusione che tu, solo
spostandoti da un posto assegnato a un altro posto assegnato, possa
davvero tornare a casa. Avere luogo. Io servo a farti immaginare che
a separare me da te sia una soglia certa, e che l’andirivieni, la
vulnerabilità, il fallimento, il tragicomico, l’ambiguità siano
ciò che mi è toccato in sorte e non il modo in cui tu, io, tutti
esistiamo. Io dunque ammetto qualcosa che tu neghi. Ma tu vieni qui –
perché sei curioso e vuoi capire se ancora una volta riuscirai a
farla franca (nonostante dentro di te ci sia anche il desiderio,
almeno per una volta, di non farla franca) – e mi guardi, e ti fai
guardare, perché ti piace immaginare che le cose stiano in un altro
modo. Ti sta bene trascorrere un po’ di tempo nel gioco del teatro
sapendo che a un certo punto potrai andartene. Stai tranquillo, è
quanto succederà a breve; in quel momento – questo è il mio
consiglio – non voltarti; perché osservandoti lasciare la sala, la
schiena che oscilla piano nella conversazione con chi ti sta a fianco
(commentami, spettatore, commentami), io, il corpo dell’attore che
non smette mai di naufragare in scena, ti starò odiando (c’è però
una cosa che vorrei proporti, ma lo faccio piano, sottovoce, tra
parentesi: tra poco, dopo che le luci si saranno accese, invece di
girarti per lasciare la sala dallo stesso varco attraverso cui sei
entrato, vieni avanti, sali sul palco, percorri lo spazio, vieni a
vedere che cosa c’è qui: esci entrando in scena; raggiungimi: non
per consolarmi – non te lo chiedo e in ogni caso non è possibile –
ma solo per capire se il tuo posto, qui, riesci ancora a trovarlo;
questo è quanto ti propongo, e nel farlo so già che non accadrà:
attenderai che le luci si accendano e te ne andrai via).
Il mio unico conforto è sapere che
quando fuori di qui ti starai dirigendo verso casa ti verrà il
dubbio (e al suo interno, mescolati, ci saranno panico ed euforia)
che in realtà tra me e te non c’è nessuno scarto: siamo entrambi
bestie di scena. Il tuo basto è il tuo stesso sguardo, mentre il mio
ce l’ho sotto i piedi, sopra la testa e tutt’intorno – ed è il
teatro.
Le bestie di scena sono ciò che siamo.
C’erano prima del nostro arrivo, persisteranno tenaci sul palco
quando ce ne saremo andati. Per questo, nel momento in cui usciamo
dalla sala Bestie di scena è ancora lì. Non è ancora finito: non
può finire mai.
(estratto dal programma di sala)
Piccolo Teatro Strehler (Largo Greppi –
M2 Lanza), dal 28 febbraio al 19 marzo 2017
Bestie di scena
ideato e diretto da Emma Dante
con Elena Borgogni, Sandro Maria
Campagna, Viola Carinci,
Italia Carroccio, Davide Celona, Sabino
Civilleri, Alessandra Fazzino,
Roberto Galbo, Carmine Maringola, Ivano
Picciallo, Leonarda Saffi,
Daniele Savarino, Stephanie
Taillandier, Emilia Verginelli
Daniela Macaluso, Gabriele Gugliara
elementi scenici Emma Dante
luci Cristian Zucaro
direttore di palcoscenico Gabriele
Gugliara, assistente di produzione Daniela Gusmano
coordinamento e distribuzione Aldo
Miguel Grompone, Roma
coproduzione Piccolo Teatro di Milano -
Teatro d’Europa,
Atto Unico / Compagnia Sud Costa
Occidentale, Teatro Biondo di Palermo, Festival d’Avignon
Foto di scena Rosellina Garbo e Masiar
Pasquali
Orari: martedì, giovedì e sabato,
19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16. Lunedì riposo.
Durata: 75 minuti senza intervallo
Prezzi: platea 33 euro, balconata 26
euro
Informazioni e prenotazioni 0242411889
- www.piccoloteatro.org
News, trailer, interviste ai
protagonisti su www.piccoloteatro.tv
Il trailer dello spettacolo sulla webtv
del Piccolo: http://bit.ly/BestiediScena_trailer
Sono presenti scene di nudo integrale:
se ne consiglia la visione a un pubblico maggiore di 16 anni.
Lo spettacolo, che debutta al Piccolo
Teatro di Milano in prima assoluta, sarà in tournée a Palermo e in
altre città italiane e all’estero, toccando, tra le altre piazze
internazionali ancora in via di definizione, il Festival di Avignone
(edizione 2017), Parigi (Théatre du Rond-Point).
Attorno a Bestie di scena
Gli incontri al Chiostro (ore 17, via
Rovello 2)
Martedì 21 febbraio
Il teatro di Emma Dante
incontro con Roberta Carpani,
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Giovedì 2 marzo
Conversazione con Emma Dante
con Natalia Aspesi, giornalista e
scrittrice
Mercoledì 8 marzo
Bestie di scena
incontro con la Compagnia dello
spettacolo
Venerdì 17 marzo
Il corpo che parla. L’arte
dell’attore e le performing arts a confronto
incontro/conversazione con Alessio
Maria Romano (Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro
di Milano e Francesca Alfano Miglietti (Accademia di Belle Arti di
Brera)
Emma Dante - La biografia
Nata a Palermo nel 1967, Emma Dante
esplora il tema della famiglia e dell’emarginazione attraverso una
poetica di tensione e follia nella quale non manca una punta di
umorismo. Drammaturga e regista si è diplomata a Roma nel 1990
all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Nel
1999 costituisce a Palermo la compagnia Sud Costa Occidentale con la
quale vince il premio Scenario 2001 per il progetto mPalermu e il
premio Ubu 2002 come novità italiana. Nel 2001 vince il premio Lo
Straniero, assegnato da Goffredo Fofi, come giovane regista
emergente, nel 2003 il premio Ubu con lo spettacolo Carnezzeria come
migliore novità italiana e nel 2004 il premio Gassman come migliore
regista italiana e il premio della critica (Associazione Nazionale
Critici del Teatro) per la drammaturgia e la regia.
Nel 2005, vince il premio Golden Graal
come migliore regista per lo spettacolo Medea.
Ha pubblicato “Carnezzeria. Trilogia
della famiglia siciliana” con una prefazione di Andrea Camilleri
(Fazi 2007) e il suo primo romanzo “Via Castellana Bandiera”
(Rizzoli 2008), vincitore del premio Vittorini e del Super Vittorini
2009. Nell’ottobre del 2009 le viene assegnato il premio Sinopoli
per la cultura. Il 7 dicembre del 2009 inaugura la stagione del
Teatro alla Scala con la regia di Carmen di Bizet diretta da Daniel
Barenboim.
Sono stati in repertorio dal 2000 al
2010 in Italia e all’estero: mPalermu, Carnezzeria, Vita mia,
Mishelle di Sant’Oliva, Medea, Il festino, Cani di bancata, Le
pulle e tre favole per bambini e adulti pubblicati da Dalai editore:
Le principesse di Emma.
Dal gennaio 2011 gira in Italia e
all’estero lo spettacolo La trilogia degli occhiali, pubblicato da
Rizzoli, costituito da tre capitoli: Acquasanta, il castello della
Zisa e Ballarini. Nell’aprile 2012 debutta a Parigi, al Théâtre
national de l'Opéra-Comique, La muta di Portici di Auber diretta da
Patrick Davin che viene ripresa nel marzo 2013 al Teatro Petruzzelli
di Bari con la direzione di Alain Guingal con grande successo di
pubblico e di critica. Con La muta di Portici vince il premio Abbiati
nel 2014.
Nell’ottobre 2012 debutta, al Teatro
Olimpico di Vicenza, Verso Medea tratto da Euripide, con musiche e
canti composti ed eseguiti dal vivo dai fratelli Mancuso.
Nel 2013 presenta in concorso alla
70esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
di Venezia, il film “Via Castellana Bandiera” tratto dall’omonimo
romanzo, a conclusione della quale Elena Cotta vince la Coppa Volpi
per la miglior interpretazione femminile. “Via Castellana Bandiera”
vince i seguenti premi: Premio Soundtrack alla miglior colonna
sonora, Premio Navicella, attribuito dalla Rivista del Cinematografo,
Premio Lina Mangiacapre.
Il 18 gennaio 2014 inaugura la stagione
del Teatro Massimo di Palermo con Feuersnot di Richard Strauss con la
direzione di Gabriele Ferro.
Nel 2014 riceve l’incarico biennale
di direttrice artistica del 67° ciclo di spettacoli classici al
teatro Olimpico di Vicenza.
Nel 2014 debutta al Teatro Mercadante
di Napoli Le sorelle Macaluso coprodotto dal Theatre National di
Bruxelles e dal Festival d’Avignone all’interno del progetto
“cities on stages”.
Nel 2014 Le sorelle Macaluso vince il
premio “Le Maschere”, come miglior spettacolo dell’anno, e il
Premio della critica 2014. Sempre con Le sorelle Macaluso vince il
Premio Ubu per la regia e il Premio Ubu per il miglior spettacolo
2014. Nel 2014 debutta al teatro Kismet di Bari Operetta burlesca
prodotto dalla Compagnia Sud Costa Occidentale.
Nello stesso anno Emma Dante diventa
regista principale al Teatro Biondo, e direttrice della “Scuola
delle arti e dello spettacolo” costituita all’interno del Teatro
Stabile della città di Palermo.
Alla fine del primo corso della scuola
da lei diretta nasce lo spettacolo Odissea A/R che va in tournée nei
più importanti teatri d'Italia.
Nel 2014 vince il premio De Sica per il
teatro e il Premio Ipazia all’eccellenza femminile.
Il 21 gennaio del 2015 inaugura la
stagione del Teatro Massimo con Gisela! di Hans Werner Henze.
Il 22 gennaio 2016 al Teatro dell'Opera
di Roma firma la regia di La Cenerentola di Rossini diretta da Alejo
Perez. Il 21 gennaio 2017 inaugura la stagione del Teatro Massimo con
Macbeth di Giuseppe Verdi diretto da Gabriele Ferro.
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