AL TEATRO BIBLIOTECA QUARTICCIOLO
DI ROMA
DOPPIO APPUNTAMENTO
"LA FABBRICA DEI PRETI"
"MIO EROE"
Giovedì 6 / venerdì 7 aprile 2017
Sabato 8 / domenica 9 aprile 2017
Giuliana Musso, una delle più amate
esponenti del teatro italiano di narrazione e d’indagine, presenta
per la prima volta a Roma, sul palcoscenico del Teatro Biblioteca
Quarticciolo, i suoi ultimi successi: La Fabbrica dei Preti - in
scena dal 6 al 7 aprile - che arriva nella capitale dopo anni di
repliche sold out, e Mio Eroe - in scena dall'8 al 9 aprile - il
nuovo spettacolo attualmente in tournée nazionale. Due produzioni
ancora una volta firmate da La Corte Ospitale che vanno a comporre,
in questa speciale occasione, un dittico dedicato agli uomini
sacrificabili. Ispirazione di entrambi i lavori, la poetica del
Teatro del Vivente.
La Fabbrica dei Preti è un tributo
alla dimensione umana ed affettiva dei preti. E con la loro, anche
alla nostra. Ragazzini cresciuti all’interno delle alte mura di un
seminario preconciliare, la “grande fabbrica silenziosa”, che
hanno poi lottato tutta la vita per liberare ciò che del proprio
spirito era stato represso e condizionato. Tre uomini anziani,
combattenti di razza, innamorati della vita, fanno il bilancio di un
esistenza che ha attraversato la nostra storia contemporanea e oggi
assiste al crollo dello stesso mondo che li ha generati. Un racconto
personale ed autentico di bisogni umani insopprimibili letteralmente
sacrificati sull’altare.
Mio Eroe presenta, attraverso la voce
delle madri, il ritratto di tre giovani uomini caduti per la patria.
Oggi: Afghanistan 2010, una campagna militare ancora in corso. Sono
testimonianze travolgenti di un dolore incoercibile che si fa
discorso spirituale, politico ed etico sul tema della guerra
contemporanea. Madri piangenti che non balbettano ma parlano al mondo
con l’intelligenza del sentimento, con lo sguardo di chi sa vedere
nel Cristo in croce un ragazzo massacrato, nell’eroe morto un
figlio che era vivo. Domande che si depositano nelle nostre mani e
pesano sulle nostre coscienze di uomini e cittadini.
“Ho il desiderio di un teatro che ci
guardi negli occhi e che ci ascolti” - dichiara Giuliana Musso -
“di una drammaturgia che nasca dall'indagine e trasferisca sulla
scena la testimonianza di chi vive. So di condividere questo
desiderio con molti altri artisti che resistono spontaneamente alla
seduzione dell'autoreferenzialità per arrendersi con gioia a un
teatro che ama osservare più di quanto ami farsi osservare. Diamoci
occasioni per spostare il baricentro: dal virtuosismo al contenuto,
dal grande teatro a una comunità che si riunisce. Ho scoperto in
questi ultimi dieci anni di lavoro che la cosa che mi interessa di
più è l’ascolto del 'reale'. Reale è l’esperienza concreta
delle singole persone, la vita vissuta, che io amo chiamare il
vivente.”
Info e prenotazioni: tel. 06 98951725 -
promozione@teatrobibliotecaquarticciolo.it
www.teatriincomune.roma.it/teatro-biblioteca-quarticciolo-new/
Orario: giov/sab h 21 – dom h 18
Biglietti: Intero 10€ – Ridotto 8€
(over 65, under 24, possessori di Bibliocard)
Ufficio stampa: Marzia Spanu + 39 335
6947068 – spanumar@gmail.com
Entriamo assieme nella grande fabbrica
silenziosa. Prima, però togliamo
il cappello e fermiamoci un attimo a
pregare per tanta manovalanza
sacrificata e rovinata in tutti questi
anni e secoli. E, facendo uno
sforzo, spendiamo un requie anche per
le maestranze.
da “La Fabriche dai Predis” di Don
Pietrantonio Bellina.
LA FABBRICA DEI PRETI
di e con Giuliana Musso
Assistenza e ricerche fotografiche
Tiziana De Mario
Responsabile tecnico Claudio Parrino
Collaborazione allestimento Massimo
Somaglino
Realizzazione video Giovanni Panozzo e
di Gigi Zilli
Elementi di scena Francesca Laurino
Ricerche bibliografiche Francesca Del
Mestre
Consulenza musicale RiccardoTordoni
Canzoni e musiche di Giovanni Panozzo,
Daniele Silvestri, Marcello Serli, Mario D’Azzo, Tiromancino
Produzione La Corte Ospitale
https://www.youtube.com/watch?v=sXRpDeO2Ug0
I seminari degli anni ’50 e ’60
hanno formato una generazione di preti che sono stati ordinati negli
anni in cui si chiudeva il Concilio Vaticano II e si apriva l’era
delle speranze post-conciliari. Una generazione che fa il bilancio di
una vita. Una vita da preti che ha attraversato la storia
contemporanea e sta assistendo al crollo dello stesso mondo che li ha
generati. La dimensione umana dei sacerdoti è un piccolo tabù sul
quale vale la pena di alzare il velo per rimettere l’essere umano e
i suoi bisogni al centro o, meglio, al di sopra di ogni norma e ogni
dottrina. I seminari di qualche decennio fa hanno operato per
dissociare il mondo affettivo dei piccoli futuri preti dalla loro
dimensione spirituale e devozionale. Molti di quei piccoli preti
hanno trascorso la vita cercando coraggiosamente uno spazio in cui
ciò che era stato separato e represso durante la loro formazione si
potesse riunire e liberare. A questi preti innamorati della vita ci
piacerebbe dare voce e ritrovare insieme a loro la nostra stessa
battaglia per 'tenere insieme i pezzi'.
[Giuliana Musso]
La Fabbrica dei Preti è uno spettacolo
che intreccia tre diverse forme di racconto: un reportage della vita
nei seminari declamato dal “pulpito” (ispirato al racconto di Don
Bellina), la proiezione di tre album fotografici e la testimonianza
vibrante di tre personaggi (un timido ex-prete, un ironico prete
anticlericale ed un prete poeta\operaio). In apertura un prologo che
ci ricorda cosa è stato il Concilio Vaticano II (1962-1965). Sul
palco una serie di schermi di proiezione degli anni ’60 e alcuni
abiti appesi: una tonaca, un vestito da sposo, un clergyman, una tuta
da operaio.
I tre personaggi interpretati da
Giuliana sono uomini anziani che si raccontano con franchezza: la
giovinezza in un seminario, i tabù, le regole, le gerarchie, e poi
l’impatto col mondo e col mondo delle donne, le frustrazioni ma
anche la ricerca e la scoperta di una personale forma di felicità
umana. Lo sfondo di ogni racconto è quella stessa cultura cattolica
che ha generato il nostro senso etico e morale e con esso anche tutte
le contraddizioni e le rigidità che avvertiamo nei nostri
atteggiamenti, nei modelli di ruolo e di genere, nei comportamenti
affettivi e sessuali. Lo spettacolo, mentre racconta la storia di
questi ex-ragazzi, ex-seminaristi, ci racconta di noi, delle nostre
buffe ipocrisie, paure, fragilità... e della bellezza dell’essere
umano. E così mentre ridiamo di loro, ridiamo di noi stessi e mentre
ci commuoviamo per le loro solitudini possiamo, forse, consolare le
nostre.
Non c’è oggi sintomo più
angosciante del carattere irreale dei conflitti emergenti.
da “Non ricominciamo la guerra di
Troia” (1937) di Simon Weil
MIO EROE
di e con Giuliana Musso
Collaborazione alla drammaturgia
Alberto Rizzi
Scene e assistenza Tiziana De Mario
Musiche eseguite da Andrea Musto
Direzione tecnica Claudio "Poldo" Parrino
Foto Adriano Ferrara
Sarta Nuvia Valestri
Organizzazione Miriam Paschini
Scene e assistenza Tiziana De Mario
Musiche eseguite da Andrea Musto
Direzione tecnica Claudio "Poldo" Parrino
Foto Adriano Ferrara
Sarta Nuvia Valestri
Organizzazione Miriam Paschini
Produzione La Corte Ospitale
https://www.youtube.com/watch?v=QVZwknpL8_8
L'unica intelligenza davvero razionale
è quella empatica: l'intelligenza dei sentimenti. Se non ripartiamo
da lì tutto è follia. L'antidoto alla guerra, alla violenza di
sistema, non è l'amore, è l'intelligenza.
[Giuliana Musso]
Il tema generale è la guerra
contemporanea, il soggetto è ispirato alla biografia di alcuni dei
53 militari italiani caduti in Afghanistan durante la missione ISAF
(2001- 2014), la voce è quella delle loro madri.
Le madri testimoniano con devozione la
vita dei figli che non ci sono più, ne ridisegnano il carattere, il
comportamento, gli ideali. Costruiscono un altare di memorie
personali che trabocca di un naturale amore per la vita. Cercano
parole e gesti per dare un senso al loro inconsolabile lutto ma anche
all’esperienza della morte in guerra, in tempo di pace. Nell’alveo
di questi racconti intimi, a tratti lievi a tratti drammatici, prende
però forza e si fa spazio un discorso etico e politico. In Mio Eroe,
la voce stigmatizzata della madre dolorosa, da sempre sequestrata
nello spazio dei sentimenti, si apre un varco, esce dagli stereotipi,
e si pone interrogativi puntuali sulla logica della guerra,
sull’origine della violenza come sistema di soluzione dei
conflitti, sul mito dell’eroe e sulla sacralità della vita umana.
Il dolore delle madri può superare la
retorica militaristica che ci impedisce di ragionare sulla guerra
quando siamo difronte al feretro coperto dal tricolore e affonda con
la forza dei sentimenti in una più autentica ricerca di verità. In
queste testimonianze femminili il tema della pace e il tema della
maternità risuonano per quello che ancora sono: pubblicamente
venerati e segretamente dileggiati.
Solo alla fine del monologo sarà forse
visibile, come una filigrana in controluce, che la voce delle madri
piangenti è la voce della razionalità umana.
Tournée in corso: 15 marzo Teatro Cà
Foscari – Venezia; 24 marzo Teatro Busan - Mogliano (TV); 25 marzo
Teatro Bon - Colugna (UD): 29 marzo Teatro Cristallo – Bolzano; 31
marzo Teatrorsaria Orsaria - Premariacco (UD); 1 aprile Teatro
Filarmonico - Piove di Sacco (PD); 2 aprile Teatro Auditorium –
Bergamo; 4 aprile Cinema Teatro San Giuseppe - Brugherio (MB); 8-9
aprile Teatro Biblioteca Quarticciolo – Roma; 21 aprile Il Maggiore
Centro polifunzionale – Verbania.
TEATRO DEL VIVENTE
Ho scoperto in questi ultimi dieci anni
di lavoro che la cosa che mi interessa di più è l’osservazione, o
meglio, trattandosi di testimonianze orali, l’ascolto del “reale”.
Reale è l’esperienza concreta delle singole persone, la vita
vissuta, che io amo chiamare il vivente. La testimonianza del vivente
mi consegna un dato che non è già stato tradotto o trasferito sul
piano teorico e che quindi non è stato ripulito da quei dettagli che
rivelano la complessità delle vicende, la vulnerabilità e l’unicità
degli esseri umani. Quando il testimone riporta la sua esperienza del
reale, nel suo racconto fluiscono e si intersecano in un unico
processo cognitivo l’aspetto razionale (la cronaca), quello
intellettuale (il giudizio) e quello emotivo (il dramma personale).
Il linguaggio della testimonianza
consente allo spettatore di comprendere il reale con tutti i mezzi
che ha a disposizione: mente, corpo, emozione. Si tratta di un
analisi che si muove contemporanea su questi diversi piani,
razionale, intellettuale ed emotivo.
La sola analisi intellettuale, tecnica
o scientifica, purtroppo non tiene mai insieme i pezzi, ma li separa,
privilegiando la mente, la nozione scorporata dal suo essere
esperienza, corpo ed emozione. Nel discorso intellettuale quasi
sempre i dettagli dell’esperienza vivente scompaiono come scompare
il soggetto che la esperisce. Certo, l’analisi scientifica di un
fenomeno rimane indispensabile nel percorso di studio, mi fornisce
strumenti di comprensione, mi aiuta a collegare cause e nessi e alla
fine spesso diventa lo sfondo sul quale il personaggio si colloca, è
l’ambiente storico, politico, sociale nel quale l’individuo
vivente fa la sua esperienza. Ma non è la mia analisi o quella degli
specialisti a poter generare da sola la materia vivente che serve al
teatro. Non amo le citazioni, non le so usare, ma ricordo un pensiero
attribuito a Shakespeare che mi è rimasto impresso: la verità
risiede nel paradosso.
Cosa fa il teatro del vivente? Si
infila nelle pieghe, nelle crepe del racconto, crea uno spazio negli
interstizi e va a scovare il paradosso, le contraddizioni. Questo
processo mi è stato molto chiaro durante lo studio per Nati in casa
e ancor di più per Tanti saluti. In Tanti saluti io do voce alle
infermiere e ai medici. E quelli che apprezzano di più lo spettacolo
sono proprio medici e infermieri perché conoscono meglio di me
quello che racconto ma lo sentono raccontare da qualcuno che si
permette di fare ciò che a loro nella vita non è concesso: tenere
insieme i pezzi, parlare con la testa e con il cuore. Il proprio
cuore.
Ecco cosa mi piace del teatro civile,
che ci fornisce un analisi del reale senza mai mettere il vivente
sullo sfondo ma tenendolo in primo piano. Ne ho la conferma tutte le
volte che i miei spettacoli vengono organizzati in seno a convegni,
congressi o a giornate di studio: il teatro non viene a dire nulla
che non si sappia già ma lo dice in un modo che attiva una
comprensione dei fati più completa, più profonda, che non esclude
le contraddizioni, gli interrogativi, i paradossi.
Nella fase di ideazione e di ricerca
spesso per me il valore della testimonianza viene addirittura prima
del pensiero sul linguaggio teatrale. Intendo dire che il contenuto
di una testimonianza reale, che si fa drammaturgia, viene prima anche
dell’urgenza estetica e formale del prodotto teatrale. L’abilità
sta nel trovare ogni volta quel linguaggio estetico e compositivo che
difende e valorizza il contenuto. Un linguaggio che si mette a
servizio del contenuto e mai viceversa.
Questa pratica di scrittura per me
distingue quello che possiamo chiamare teatro civile da quello che
non lo è. Civile è un teatro che si mette a disposizione di un
contenuto. La difficoltà compositiva sta tutta lì: nell’urgenza
di coniugare i contenuti del reale con poesia, pathos, comicità,
divertimento, ritmo, musica, gesto, ecc. ecc.
Forse per questi motivi il teatro
“civile” non è molto amato dai professionisti del teatro tanto
quanto lo è dal pubblico “civile”. Eppure in Italia esiste una
piccola comunità di artisti che resiste spontaneamente alla
seduzione dell’autoreferenzialità e si arrende con gioia a un
teatro che ama “osservare” più di quanto ami “farsi
osservare”.
BIOGRAFIA
Giuliana Musso, classe 1970, vicentina
d’origine e udinese d’adozione. Attrice, ricercatrice, autrice,
Premio della Critica 2005, è tra le maggiori esponenti del teatro di
narrazione e d’indagine: un teatro che si colloca al confine con il
giornalismo d’inchiesta, tra l’indagine e la poesia, la denuncia
e la comicità. Una poetica che caratterizza tutti i suoi lavori: una
prima trilogia sui “fondamentali” della vita, Nati in casa,
Sexmachine e Tanti Saluti (nascita, sesso e morte), e poi un
impegnativo viaggio nella distruttività del sistema patriarcale con
La città ha fondamenta sopra un misfatto (ispirato a Medea Voci di
Christa Wolf), La Fabbrica dei preti (sulla vita e la formazione nei
seminari italiani prima del Concilio Vat. II) e Mio Eroe (la guerra
contemporanea nelle voci di madri di militari caduti in Afghanistan).
Dal 2008 la sua “casa” artistica è La Corte Ospitale, Rubiera
(RE). Diplomata presso la Civica scuola d’Arte Drammatica “Paolo
Grassi” di Milano. Durante gli anni della sua formazione predilige
lo studio dell’improvvisazione comica, della maschera e della
narrazione. In qualità di attrice lavora in diverse produzioni di
prosa contemporanea e di Commedia dell’Arte. Dal 2001 si dedica
esclusivamente a progetti di teatro d’Indagine, firmando tutti i
testi che porta in scena.
2001 - Nati in casa, scritto con
Massimo Somaglino, sulla nascita di ieri e di oggi. Il monologo,
ospitato nel nella trasmissione Rai Report (2004), è stato
pubblicato da L’Unità nella collana di dvd “Teatro in-civile”
(2005) e nell’antologia di teatro contemporaneo “Senza Corpo”
Ed. Minimum Fax a cura di Deborah Pietrobono (2009). Nel 2010 “Nati
in casa” è uno dei testi del programma Face à Face – Parole
d’Italia per le scene di Francia e viene rappresentato in forma di
lettura presso il Théâtre de la Ville di Parigi.
2005 - Sexmachine (2005), monologo per
più personaggi maschili sulla sessualità commerciale. Musiche in
scena di Gianluigi Meggiorin. Nel 2005 riceve il Premio della Critica
dell’ANCT.
2008 - Tanti saluti, spettacolo di
teatro clownesco e teatro d’indagine sul tema della morte. Con
Beatrice Schiros e Gianluigi Meggiorin. Tanti saluti è stato
pubblicato nel cofanetto dvd “Storie Necessarie” (2010) edito da
Rai Cinema e Argot Produzioni.
2012 - La fabbrica dei preti,
sull’educazione impartita nei seminari italiani degli anni ’50 e
’60. Produzione La Corte Ospitale. Nel novembre 2013 l’audio
integrale viene trasmesso nel programma Tutto esaurito! Di Rai Radio
3.
2015 - Wonder woman, scritto e
interpretato con Marta Cuscunà e Antonella Questa. Wonder Woman è
una drammaturgia originale che intreccia dati statistici, racconti
biografici e schetch satirici sull’economia al femminile.
2016 - Mio eroe, monologo.Il tema
generale è la guerra contemporanea, il soggetto è ispirato alla
biografia di alcuni dei 53 militari italiani caduti in Afghanistan
durante la missione ISAF (2001- 2014), la voce è quella delle loro
madri.
Altri progetti e scritture:
2007 – Indemoniate, testo di Carlo
Tolazzi e Giuliana Musso, ispirato ad un episodio di isteria
collettiva femminile avvenuto alla fine dell’800, produzione Teatro
Stabile del Friuli Venezia Giulia e Teatro Club Udine, regia M.
Somaglino.
2010 - Medea. La citta’ ha fondamento
su un misfatto, libero adattamento da Medea Voci di Christa Wolf,
presentato in forma di lettura presso Università Ca’ Foscari,
Venezia. Nel 2013 è oggetto di studio in residenza artistiche
promosse da Progetti Carpe Diem, Cagliari ed Echidna Cultura, Mirano
(VE).
2011 - La base Esito di laboratorio sul Teatro d’Indagine per il Progetto Giovani a Teatro, Fondazione Venezia. Tema: la costruzione della contestata base militare U.S.A. “Ederle 2” di Vicenza.
Dreams, con Silvia Gribaudi. Performance di teatro-danza civile sulle nuove povertà e il fenomeno dell’eccessivo indebitamento. Indagine e drammaturgia di Giuliana Musso. Con la collaborazione di Mag-Venezia.
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