"IO NON SONO UN GABBIANO"
ISTPIRATO A IL GABBIANO DI A. CECHOV
TEATRO MENOTTI DI MILANO
Dal 15 al 18 FEBBRAIO al Teatro Menotti
Un funerale, quello di Arkadina, la
celebre protagonista del Gabbiano, il capolavoro di Cechov, dà
inizio a: Io non sono un gabbiano, una drammaturgia originale, frutto
del lavoro di scrittura della Compagnia Oyes, che si confronta per la
seconda volta con un testo dell’autore russo, dopo il successo di
Vania. Un inizio sconcertante per uno spettacolo che utilizza
l’artificio del “teatro nel teatro” per raccontare la vicenda
cechoviana (ma, d’altra parte, Il Gabbiano non è forse il più
metateatrale dei testi di Cechov?).
Durante il funerale di Arkadina le
orazioni dei presenti assumono l'aspetto di performance artistiche,
dato che quasi tutti i partecipanti sono, o si sentono, artisti o
aspiranti tali: dal logorroico maestro Medvedenko, sedicente stand-up
comedian a tempo perso, a Nina e Kostja. Lei sogna di raggiungere la
fama come attrice, lui è ossessionato dalla ricerca di “forme
nuove” nel teatro e nella vita. Quello che comincia come un omaggio
sotto forma di monologo da parte di Nina viene però improvvisamente
interrotto da Kostja che si “mette a nudo” nello sconcerto dei
presenti.
Solo Dorn, dottore emotivamente “anestetizzato” dalla
razionalità, ha parole d'elogio per il gesto provocatorio. Toccherà
a Trigorin, famoso scrittore, ristabilire l'ufficialità della
situazione con un commovente discorso dedicato alla defunta compagna.
Dopo il funerale, la vita procede tra
amori non corrisposti e chiacchiere vane. Masha accetta di sposare
Medvedenko e, durante il matrimonio, tutti i personaggi si
ritrovano nuovamente, “felici”, come fa notare lo sposo in un
discorso per le nozze che trasuda sconfitta e tristezza.
Apparentemente tutti hanno realizzato i propri sogni: Nina è
un'attrice professionista, Kostja ha raggiunto la fama al prezzo
della propria libertà creativa, gli sposi si baciano. Evviva gli
sposi. Eppure tutti sono spenti, soli, forse morti. Nell'aria ora si
sentono le note di “Felicità” di Albano e Romina, al posto del
requiem iniziale, ma la differenza è impercettibile.
Note di regia
“Una commedia con poca azione e un
quintale d’amore” così Anton Cechov presenta il Gabbiano al suo
editore Suvorin. Nella nostra rivisitazione del classico cechoviano è
sempre l’amore a dominare le relazioni e i conflitti tra i
personaggi, un amore inquinato dal bisogno di essere considerati e
apprezzati, tra narcisismo e rappresentazione, un amore performativo
che reclama attenzione e originalità.
“Sono necessarie forme nuove, e se
non ce ne sono allora niente è necessario” questo è l’assunto
che muove Kostia. Il giovane artista prova a sganciarsi dalle
convenzioni di cui la madre è simbolo sgretolando i confini tra
finzione e realtà con una sovrapposizione di piani che stravolge
qualsiasi rapporto interpersonale. Ogni personaggio è pedina più o
meno consapevole di questa dinamica e tutto diventa performance:
dalle più semplici e “banali” dichiarazioni d’amore al momento
della morte, ultimo grande show.
Sembra che i personaggi di questa
commedia facciano di tutto per non essere felici, come se ci fosse
una inesorabile tensione al fallimento. I pochi che provano a
togliersi la morte di dosso risultano patetici, ridicoli o si
scoprono già morti. Non sarà né il successo né l’illusione di
una vita migliore a salvarli dalla melma in cui galleggiano. Forse
solo la consapevolezza, la capacità di sopportare una vita infelice,
mettendo da parte quei sogni di gloria così tremendamente vivi in
gioventù.
Un quadro spietatamente tragicomico di
una società devitalizzata senza azione e senza speranza.
“Voi rimproverate la mia obiettività”
scriveva Cechov a Suvorin “la chiamate indifferenza al bene e al
male, mancanza di ideali e via dicendo. Vorreste che, descrivendo i
ladri di cavalli, dicessi “rubare è male”. Ma questo è già
noto anche senza di me. Per condannarli ci sono i giudici, a me
spetta di mostrarli come sono e basta”.
Stefano Cordella
Teatro Menotti dal 15 al 18 febbraio
2018
Io non sono un gabbiano
Da Anton Cechov | ideazione e regia
Stefano Cordella | con Francesco Meola, Camilla Pistorello, Umberto
Terruso, Dario Merlini, Dario Sansalone, Camilla Violante Scheller,
Daniele Crasti, Fabio Zulli |disegno luci Giuliano Almerighi | sound
design Gianluca Agostini |costumi Stefania Coretti e Simone Pisani
|assistente alla regia Noemi Radice | organizzazione Valeria Brizzi
produzione Oyes con il sostegno di NEXT
– Laboratorio di idee per la produzione e la distribuzione dello
spettacolo dal vivo – con il sostegno di Armunia- Centro di
Residenze Teatrali
un sentito ringraziamento a Maurizio
Porro.
ORARI DEGLI SPETTACOLI
Giovedì, Venerdì: h. 20.30 |
Sabato: h. 19.30 |Domenica: h. 16.30
biglietto unico 16,50€
Biglietteria Teatro Menotti - via Ciro
Menotti 11 – Milano
tel. 02 36592544
biglietteria@tieffeteatro.it
tel. 02 36592544
biglietteria@tieffeteatro.it
Rassegna Stampa
[…] Interessante la
ricostruzione, in Cechov solo raccontata nel quarto atto da Kostja,
del loro amore infelice: in effetti un bel materiale su cui
improvvisare. Insomma uno spettacolo con molti spunti stimolanti e
una compagnia affiatata, energica, dinamica […].
Fausto Malcovati, Hystrio, luglio 2017
(3.2017)
Dopo l’esito fortunato di “Vania”,
Oyes si misura con una nuova avventura cechoviana, proponendo una
riscrittura in chiave contemporanea de “Il Gabbiano” con
risultati ancora, nel complesso, felici. […] Insomma, nessuno di
loro riesce a volare come un gabbiano, e lo spettacolo di Oyes
accentua la disperazione intrisa di melanconia di ogni personaggio,
[…] benvenga una giovane compagnia capace di misurarsi con un
classico che ancora oggi si presta ad interpretare le disillusioni
del presente.
Mario Bianchi, Krapp’s last post, 14
giugno 2017
[…] Tutti insieme, concorrono
come meglio non si sarebbe potuto alla riuscita dell’operazione:
che è quella, e scusate se è poco, d’immaginare quanto Cechov non
ha scritto e, invece, ha pensato mentre s’accingeva a mettere sulla
carta il plot e i personaggi del capolavoro in questione.
Enrico Fiore, Controscena.net, 5 giugno
2017
[…] con l’autore russo non basta
mai, riscrivere s’intende. Perché sembra non servire. E lo sa bene
la Compagnia Oyes che evita rocamboleschi miracoli creativi, ma
procede dritto, senza interruzioni e trovate astruse. Io non
sono un gabbiano è Čechov allo stato puro, non è pretesto per
parlare di storie proprie, è pretesto per parlare di un autore.
Doriana Legge, Teatro e Critica, 23
giugno 2017
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