"FAME MIA-QUASI UNA BIOGRAFIA"
DI E CON ANNAGAIA MARCHIORI
BRANCACCINO DI ROMA
Lo studio dello spettacolo è stato riconosciuto vincitore
del premio “L’Alba che verrà” 2016 e del Premio “Giovani Realtà del Teatro”
2015 dell'Accademia d'Arte Drammatica Nico Pepe di Udine.
"La storia di una donna che aveva fame, che aveva così
tanta fame, da smettere di mangiare. Quella donna ero io ed era anche Amélie
Nothomb, e i tanti Giada, Marika, Riccardo e altri infiniti nomi. La fame è un
paesaggio che ci accomuna tutti. Belli, brutti, storti, compiuti o incompiuti.
La fame è un sentimento universale. La fame, ovviamente, non è solo di cibo, ma
di amore, di vita, di storie, di riconoscimento".
Un percorso di formazione, dall'infanzia all'età adulta alla
ricerca di sé, una strada piena di curve e di salite, ma anche di prati su cui
riposare. Dedicato a tutte quelle persone che non si sentono abbastanza belle,
che non si sentono abbastanza amate, che non credono di bastarsi per essere
felici. Uno spettacolo un po' per tutti: chi è senza peccato, scagli la prima
pietra.
NOTE DI REGIA
“Esiste una fame che è solo di cibo? Esiste una fame del
ventre che non sia indizio di una fame più generalizzata?” Amélie Nothomb,
Biografia della fame.
Due signore si incontrano.
Una è una scrittrice belga, l’altra è
un’attrice veneziana.
Si assomigliano queste due donne. Sono vivaci, curiose, un
po’ matte (nel senso più bello della parola), sono eccentriche, decisamente
imprevedibili e piene di talento.
Hanno fame di vivere, hanno fame di
esserci.
Due
vulcani. In continua eruzione.
La prima, la scrittrice, scrive un piccolo romanzo
biografico. L’altra, l’attrice, dieci anni dopo, se ne innamora perdutamente e
comincia a sognare di farne una versione tutta sua.
La scrittrice si chiama
Amélie Nothomb. Non ha bisogno di presentazioni.
L’attrice si chiama Annagaia
Marchioro.
Trentenne, diplomata alla Paolo Grassi, autrice oltre che
interprete, anima del gruppo “Le brugole”.
Passa il tempo.
Il
sogno dell’attrice diventa sempre più pressante, un’ossessione.
Finalmente
un bel giorno un produttore la nota, la ascolta, decide di darle fiducia, le
dice sì, gran sogno il tuo, può funzionare, facciamolo questo spettacolo.
Il
romanzo di Amélie è “Biografia della fame”. Lo spettacolo di Annagaia è “Fame
mia, quasi una biografia”.
Del romanzo, nella versione di Annagaia, non c’è quasi
nulla, eppure tutto il lavoro deve la sua più profonda ispirazione alla
Nothomb.
La
malattia intesa non come un marchio infamante o una sospensione dalla vita, ma
semplicemente come un inciampo o meglio un inceppo comunicativo. Malattia è
“male a dire”, non riuscire a dire qualcosa che preme e non trova la sua giusta
espressione.
L’anoressia
e i disturbi alimentari intesi come un’eccessiva brama di vivere, non una
stortura vergognosa e sbagliata. Mangi e smetti di mangiare perché vuoi
sbranare la vita, perché non accetti il compromesso, perché brami l’assoluto.
La
leggerezza, l’ironia, la levità con cui ogni disgrazia è affrontata. Senza mai
prendersi troppo sul serio, senza enfasi e alcuna retorica, con la semplicità e
la schiettezza dei migliori racconti biografici. Il lieto fine che seppur
sbilenco e imperfetto sopraggiunge e ci conforta. Si può guarire. Si può trovare
un senso a questa vita “anche se un senso questa vita non ce l’ha”. Ci vuole
passione, fiducia ed un pizzico di tenacia.
Annagaia ruba alla Nothomb queste
premesse per cucirsi addosso un altro racconto, il suo. Non potrebbe essere
diversamente, trattandosi di un’ispirazione biografica.
Siamo a Venezia, nel
pieno degli anni ‘80. Da qui procede, scorrendo come l’acqua nei canali, il
racconto di Annagaia. Veneziano e italiano si alternano, passandosi la
staffetta linguistica e segnando l’identità dei personaggi che affollano la
memoria della protagonista.
E qui interveniamo io e il mio staff, ospiti graditi di
questa strampalata gita in barca. Maria Spazzi alle scene, Erika Carretta ai
costumi, Roberta Faiolo alle luci. Un team consolidato in molti anni di
collaborazioni e spettacoli.
Sono sempre stata convinta che un monologo, per avere senso,
debba essere profondamente aderente all’attore che lo recita. Scritto da lui o
scritto su di lui, non importa, ciò che importa è che l’attore sia il vero
autore. Una messa in gioco rischiosa e coraggiosa, un darsi totalmente, un
banco di prova. Io sostengo, aiuto, proteggo, valorizzo, faccio del mio meglio
perché l’attore superi la prova. Più che regista mi sento un compagno, un
amico, un fratello al suo fianco.
Annagaia, con l’aiuto prezioso di Gabriele Scotti, scrive la
sua storia di “affamata”. Ci racconta momenti comici, esilaranti e altri
struggenti e drammatici.
Vedremo l’infanzia felice e bulimica, la distruzione
psichica e fisica dell’adolescenza, gli anni dell’anoressia e infine la
guarigione, un nuovo equilibrio, precario e sbilenco, ma pur sempre equilibrio.
“Picà a un ciodo, ma qua”, ripete spesso la sua nonna, “Attaccata ad un chiodo
ma qua”. È una storia umana, umanissima, alla quale finisci per aderire anche
tu.
È una storia di disturbi alimentari ma non parla di disturbi
alimentari.
Parla di fragilità̀ e riscatto. Dolce, dolcissimo, umile e
fresco riscatto.
Un inno alla vita che ti riporta alla vita e ti fa sentire
meno solo, meno spaventato, meno infelice. E di questi tempi non è poco, non
è affatto poco.
Serena Sinigaglia
dal 24 al 27 gennaio 2019
dal giovedì al sabato ore 20; domenica ore 18.45
BRANCACCINO
Via Mecenate 2, Roma - www.teatrobrancaccio.it
Biglietto: 18€ - ridotto 12,50€
card open 5 ingressi: 55 €
Prevendita su Ticketone.it e presso i punti vendita
tradizionali
BOTTEGHINO DEL TEATRO BRANCACCIO
Via Merulana, 244 | tel 06 80687231 |
botteghino@teatrobrancaccio.it
http://www.teatrobrancaccio.it/
Nessun commento:
Posta un commento