"IL TROVATORE" DI GIUSEPPE VERDI
IL MELODRAMMA ROMANTICO PER ECCELLENZA
TEATRO CARLO FELICE DI GENOVA
Per la Genova musicale Il trovatore di
Giuseppe Verdi è un simbolo di rinascita e rinnovamento: con questo
titolo, infatti, il 18 ottobre 1991 il nuovo Teatro Carlo Felice
apriva per la prima volta le porte al pubblico. Ventotto anni dopo è
di nuovo il secondo capitolo della “trilogia popolare” verdiana
ad inaugurare una Stagione d’Opera e Balletto del Teatro Carlo
Felice che guarda al futuro, quella 2019/20, la prima con Claudio
Orazi come nuovo Sovrintendente della fondazione lirico-sinfonica
genovese.
Di prim’ordine il cast, formato da
voci verdiane tra le migliori oggi in attività: Massimo Cavalletti e
Sergio Bologna (Conte di Luna), Vittoria Yeo e Rebeka Lokar
(Leonora), Violeta Urmana e Maria Ermolaeva (Azucena), Marco Berti e
Diego Cavazzin (Manrico), Mariano Buccino (Ferrando), Marta
Calcaterra (Ines) e Didier Pieri (Ruiz).
Lo spettacolo è in memoria del Maestro
Peter Maag, nel centenario della nascita, ed è dedicato a Rolando
Panerai, da tutto il Teatro Carlo Felice, con affetto e riconoscenza.
INTORNO A IL TROVATORE
- Sabato 9 novembre, Auditorium E.
Montale, ore 16
Conferenza illustrativa su Il trovatore
di Verdi, dal titolo Amore e odio: la vendetta di Azucena. Relatore:
Lorenzo Costa. In collaborazione con l’Associazione Amici del
Teatro Carlo Felice e del Conservatorio N. Paganini. Ingresso libero.
- Domenica 17 novembre, Teatro Carlo
Felice, Open day
Ore 11:30: prova d’assieme de Il
trovatore, nell’ambito del ciclo “Domenica in musica”. Al
termine, un aperitivo informale. Ingresso con biglietto: intero €
8, ridotto (under 26) € 6.
Visite guidate gratuite agli spazi del
Teatro dalle ore 13:30 alle ore 14:30. Partenza ogni 15 minuti per
gruppi di massimo 30 persone; ultima partenza ore 14:15. Ingresso
libero.
- Lunedì 18 novembre, Spazio Eventi
della Libreria Feltrinelli, ore 16
Incontro con i protagonisti de Il
trovatore nell’ambito dell’iniziativa Un pomeriggio all’opera.
Modera: Massimo Pastorelli. Ingresso libero.
- Venerdì 22 novembre, Teatro Carlo
Felice, piazza coperta, ore 18
Intervento canoro del Coro di Voci
Bianche del Teatro Carlo Felice, diretto da Gino Tanasini, in
occasione dell’accensione delle luminarie che dà inizio
al periodo natalizio in occasione della prima de Il trovatore.
Saranno presenti le autorità cittadine. In collaborazione con CIV
Sestiere Carlo Felice.
COLLABORAZIONI
- In occasione de Il trovatore, visite
guidate agli appartamenti verdiani di Villa del Principe a prezzo
ridotto per i possessori di biglietto e/o abbonamento. Date delle
visite: venerdì 22 novembre, ore 15; sabato 23 novembre, ore 11;
domenica 24 novembre, ore 11; domenica 1 dicembre, ore 15:30. Per
informazioni: info.ge@trustfdp.it
- Il trovatore è la prima delle
quattro opere della Stagione 2019/20 del Teatro Carlo Felice oggetto
di approfondimento da parte del corso AUSER, docente Elisabetta
Valerio. I corsisti titolari di AUSER-CARD, come ulteriore percorso
di avvicinamento all’opera, vengono invitati alle conferenze stampa
dei titoli in abbonamento.
- Con Il trovatore riprende la
collaborazione con Monica Frisone, artista che realizza gioielli
ispirati ai singoli titoli della Stagione.
- Per la promozione del titolo si
ringraziano i CIV di via XX Settembre, via Galata, Quadrilatero, via
Colombo, Erbe.
- In occasione della prima de Il
trovatore gli addobbi floreali sono curati e offerti da Silvana
Gianotti, arredatrice floreale.
IL TROVATORE
Dramma in quattro parti di Salvatore
Cammarano
Musica di Giuseppe Verdi
Direttore d’Orchestra
Andrea Battistoni
Regia
Marina Bianchi
Scene e costumi
Sofia Tasmagambetova
Pavel Dragunov
Luci
Luciano Novelli
Maestro d’Armi
Corrado Tomaselli
Scenografo collaboratore
Leila Fteita
Assistente alla regia e coreografie
Tiziana Colombo
Nuovo allestimento Fondazione Teatro
Carlo Felice
Conte di Luna
Massimo Cavalletti
Sergio Bologna (23, 26, 1/12)
Leonora
Vittoria Yeo
Rebeka Lokar (23, 27, 1/12)
Azucena
Violeta Urmana
Maria Ermolaeva (23, 26, 1/12)
Manrico
Marco Berti
Diego Cavazzin (23, 26, 1/12)
Ferrando
Mariano Buccino
Ines
Marta Calcaterra
Ruiz
Didier Pieri
Un vecchio zingaro
Filippo Balestra (22, 23, 24)
Roberto Conti (26, 27, 1/12)
Un messo
Antonio Mannarino
Orchestra e Coro del Teatro Carlo
Felice
Maestro del Coro Francesco Aliberti
Date e turni
Novembre 2019: venerdì 22, ore 20:00
(A); sabato 23, ore 15:00 (F); domenica 24, ore 15:00 (C); martedì
26, ore 15:00 (H); mercoledì 27, ore 20:00 (B).
Dicembre 2019: domenica 1, ore 20:00
(L).
Appunti di regia per Il trovatore
Marina Bianchi
Nel mezzo di un’estate infuocata ho
cominciato a pensare approfonditamente a questo Trovatore che mi era
stato proposto da Giuseppe Acquaviva qualche mese prima, e ho
percorso e affrontato l’opera come fosse la prima volta.
Il progetto possiede un’immagine
forte, una relazione totale con la drammaturgia dell’opera, e nasce
dalla collaborazione di due artisti kazaki, Pavel Dragunoff e Sofia
Tasmagambetova, che firmano insieme scene e costumi.
L’impianto scenico, oltre ad essere
in perfetto accordo con la mia idea di Trovatore, offre la
possibilità di misurarmi con una delle opere più spettacolari di
Verdi in modo “narrativo”, addentrandomi nella storia scura di
questa Spagna romantica e possente con la facilità di passare da un
ambiente a un altro, da una scena intima a una in “esterni” resa
possibile dal meccanismo scenico di un girevole, un impianto fisso
che, girando su se stesso, offre mille possibilità e visioni dello
stesso dramma.
Trovatore è come una grande fiction,
ha continui cambi d’intreccio con minimi spostamenti di gradi, in
ogni scena troviamo un personaggio già presente nella scena
precedente (puntata…) e che si sviluppa in quella seguente insieme
a un altro nuovo personaggio, esattamente come succede nelle fiction
così seguite dal pubblico in questi anni; mi ha ricordato
immediatamente “Trono di spade”.
Il girevole che vedremo sulla scena
assomiglia al mondo di Trovatore, un mondo che continua a girare su
se stesso avviluppandosi senza respiro, non c’è apertura, è una
storia chiusa che non ha punti di fuga o risoluzioni; ciascun
personaggio all’inizio ha solo apparentemente in mano il proprio
destino, ma è un destino già contaminato da quello degli altri, non
esiste nessun carattere positivo e solare. I protagonisti sono tutti
immersi in una strana foschia, tra il destino, i ricordi, le
reminescenze, la paura, le streghe, i riti e le classiche situazioni
da melodramma, da romanzo gotico: fratelli scomparsi, streghe, madri
che non sono le vere madri di quel figlio, padri che morendo affidano
un compito di riscatto e di vendetta al figlio, madri ossessive che
vivono dentro le figlie. Abbiamo il vecchio Conte di Luna e la madre
di Azucena che riversano sui discendenti un desiderio di vendetta di
cui prendersi carico: Azucena per la madre che vuole essere vendicata
e il Conte di Luna per il padre che gli chiede di ritrovare il
fratello e di vendicarlo a sua volta.
In Trovatore ci sono personaggi
magnifici, come nella grande tradizione verdiana, ma soprattutto due
figure femminili meravigliose: Leonora è una donna di grandissima
dignità, sceglie chi amare, che per l’epoca, sia quella raccontata
nella storia a tinte forti del romanzo di García-Gutiérrez sia
quella vissuta da Verdi in prima persona, non era banale. Un Conte la
pretende, lei per lignaggio, per educazione, per tradizione, per
casta dovrebbe assecondarne le pretese, invece ama uno straniero, un
esterno al suo gruppo, alla sua tribù, qualcuno che lei ha solo
intravisto come si intravvede in sogno, è una donna libera, una
donna di grande coraggio e personalità. Fino in fondo Leonora
lotterà per questo amore, da perfetta eroina romantica. L’altro
personaggio fondamentale dell’opera è Azucena: affascinante in
senso diverso, mantiene in sé tutti i caratteri del femminile
oscuro, della stregoneria, la conoscenza delle erbe, la cura fatta
con sapienza ancestrale (pensiamo a come guarisce Manrico ferito).
In un tempo non troppo lontano da noi
succedeva di allevare figli non propri, era la normalità per le
donne delle generazioni passate, i figli erano un’unica tribù, non
c’era una “paternità” accertata, soprattutto in una comunità
come quella gitana, i figli erano di tutti, erano di chi li allevava.
Questo è un altro elemento molto interessante, Manrico viene
cresciuto da Azucena come fosse suo figlio, che lei ne sia cosciente
o no, o solo a tratti, e che non sia il suo non è così importante.
Abbiamo qui un “esempio” di maternità allargata, che esula dai
codici di comportamento tradizionali.
Nelle pieghe della storia troviamo
anche una sorta di incubo del “materno”, la maternità divorante,
per cui il figlio, quello vero, viene ucciso bruciato nel fuoco
(purificatore?) e quello acquisito diventa solo strumento della
propria vendetta (realizzazione?). Le madri sono pericolose, lo sanno
i figli, lo sanno le figlie, dentro questa storia ci sono dei nodi
antichissimi, nodi psicologici profondi. Leonora totalmente e
liberamente amante e Azucena completamente madre. Due facce della
vita delle donne, così violenta da togliere il respiro.
Io amo appassionatamente Verdi perché
sceglie delle storie che parlano al mio Io profondo, che raccontano
ancora oggi qualcosa delle nostre vite, per la sua cultura che
rispetta e dà forza ai personaggi femminili. Tutte le donne delle
sue opere sono eroine affascinanti, la letteratura che lo permea e
che gli ispira i libretti e la musica gli suggerisce caratteri forti,
ribelli, intelligenti (dell’intelligenza del cuore), in ciascuna di
loro trovi uno stimolo, un insegnamento, la possibilità
d’immedesimazione. Caratteri molto diversi dalle protagoniste dei
lavori di altri compositori di opere popolari dell’Ottocento e
dell’inizio del Novecento in cui il “femminile” è così
retrogrado, triste, banale, così vittima, figlio di una visione
maschile del mondo. Penso a Puccini, soprattutto, e non parlo del
punto di vista musicale ma drammaturgico, alle figure di donne
raccontate nelle sue composizioni.
Verdi d’altronde è riconosciuto come
il più grande scrittore-drammaturgo dell’Ottocento in Italia, un
caposaldo della letteratura popolare. Questo Trovatore mi trova
avviluppata nell’oscurità, è un’opera “noir”, il cielo che
fa da sfondo alla storia di Leonora, Manrico, Conte di Luna e
Azucena, come l’hanno disegnato scenografo e costumista, è un
cielo esplosivo di nuvole minacciose e lune velate. Un ambiente
lunare in cui l’oscurità avvolge le diverse scene, siamo in un
mondo notturno dove le passioni appaiono enormi e struggenti, solo
raramente intravvediamo l’alba, ma il rosso dello sfondo è un
riverbero del fuoco che brucia la vendetta della zingara. Il girevole
che racconta la sequenza delle scene di questo Trovatore sfonda su un
cielo tempestoso che Luciano Novelli, light designer, ha curato in
maniera efficacissima.
La mia passione per le battaglie, le
armi, il mondo degli uomini che esprime i più forti sentimenti
eroici attraverso il codice dell’onore, il valore sul campo di
battaglia, la difesa, ha trovato una formidabile “spalla” in
Corrado Tomaselli, Maestro d’armi dalle profonde conoscenze
storiche e consulente tecnico con il quale abbiamo costruito la base
per i combattimenti. Il grande movimento di masse che attraversa le
scene (uomini in arme, felicità gitana, processione religiosa) ha
visto l’apporto fondamentale di Tiziana Colombo, coreografa e
responsabile per i movimenti.
Tutta l’opera si svolge in un
ambiente guerresco, con sempre in sottofondo un rumore di battaglia,
lo stesso Manrico ha conquistato in un torneo l’amore di Leonora.
Nel duello in cui Manrico risparmia il Conte di Luna, non sapendo di
avere di fronte il fratello, egli dichiara che una forza arcana gli
ha impedito di ucciderlo. Il Conte di Luna e Manrico si sfidano a
duello per ottenere l’amore di Leonora. La scena dell’accampamento
all’inizio del 3° Atto è una delle più belle scene “maschili”,
con gruppi di soldati che si apprestano alla battaglia. Il
matrimonio tra Manrico e Leonora avviene con la percezione in secondo
piano di rumori guerreschi. E potrei continuare…
Poi arriva il FUOCO, il tema
sotterraneo e centrale di tutta la drammaturgia del Trovatore. Il
fuoco che brucia di passione insana il Conte di Luna, il fuoco
amoroso che lega Manrico e Leonora e che trascinerà lei al
sacrificio estremo, il fuoco delle battaglie, ma soprattutto il fuoco
della pira, incubo di Azucena durante le sue veglie funestate da
visioni, il fuoco che ha ucciso la madre di lei e che scatena l’amore
filiale di Manrico nella famosa aria, snodo centrale del dramma. Il
fuoco è purificatore e distruttore e resta l’elemento più forte
del dramma, a sottolineare l’irrazionale che permea tutto il
racconto. E forse possiamo dire che da Trovatore si esce soli, tutto
l’amore, gli affetti, l’amicizia che hanno disegnato i personaggi
dell’opera vengono travolti dalla fiamma distruttiva. Siamo
sull’avviso: i sentimenti e le passioni possono travolgerci se non
riusciamo a contenerli, ma è pur vero che forse preferiamo
dissolverci e bruciare dopo aver vissuto almeno un grande giorno da
eroe romantico.
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