PICCOLO TEATRO GRASSI DI MILANO
"IL DECAMERON DELLE DONNE"
UNA STORIA LUNGA TRENT'ANNI
Nel trentennale del debutto, il 10 e l’11 novembre, al
Piccolo Teatro Grassi, va in scena Il Decameron delle Donne, scritto e diretto
da Donatella Massimilla, direttrice artistica del CETEC Dentro/Fuori San
Vittore.
Debuttava trent’anni fa Il Decameron delle donne,
liberamente ispirato al romanzo della scrittrice russa Julia Voznesenskaja:
alcune donne, rinchiuse in un reparto maternità e allontanate dai loro bambini
per un’infezione della pelle, raccontano, ispirandosi a Boccaccio, storie di
vita e di amore. Una metafora della dura realtà del gulag, vissuta dalla
scrittrice prima dell’esilio in Germania.
Da qui parte il lungo viaggio teatrale “al femminile” che ha
portato alla creazione del CETEC e di una compagnia teatrale Dentro/Fuori San
Vittore. Donatella Massimilla, regista e drammaturga, adatta, allora come oggi,
i testi originari per la compagnia di San Vittore, includendo nuove storie
delle attrici del CETEC e dando corpo così ai loro sogni, desideri, visioni.
Anche le musiche, originali ed eseguite dal vivo da
Gianpietro Marazza, sono arricchite da canzoni scritte dalle stesse interpreti.
CETEC Dentro/Fuori San Vittore – La compagnia teatrale che
integra attori ex detenuti e non, è nata nel 1999 dall’esperienza portata
avanti da Donatella Massimilla con Ticvin Teatro all’interno del carcere di San
Vittore, insieme ad altre compagnie europee e al coordinamento nazionale
Altermusa carcere e arti sceniche. Il teatro del CETEC è da sempre
caratterizzato da tematiche sociali forti e da un legame con le situazioni
liminali, quali il carcere, le periferie delle città, il disagio psichiatrico,
giovanile, la migrazione, l’handicap. Dal 2005 il CETEC ha portato in Italia
l'Edge Festival – le Arti nel sociale, nato a Cambridge. Promuove una serie di
incontri e meeting tra festival e realtà che ora aderiscono ad un vero e
proprio Edge Network, dando valore e dignità artistica ad esperienze teatrali e
artistiche europee di integrazione, ricerca della memoria e inclusione sociale.
Nel 2018 Donatella Massimilla è insignita dell’ Attestato di Benemerenza Civica
Ambrogino, per il suo lavoro artistico innovativo con il CETEC e il suo impegno
civile nel sociale.
Il teatro in carcere è uno dei linguaggi trasformativi per
eccellenza.
Siamo perciò colpiti quando da una delle poche carceri che
non ha un teatro si riesce a produrre in modo così continuativo un’esperienza
artistica che da Dentro approda a un Fuori come il Piccolo Teatro di Milano.
Inoltre è un gruppo di donne recluse che pratica il teatro
anche come forma di riscrittura dei propri vissuti, la compagnia del CETEC
Dentro/Fuori San Vittore, regalerà, ne siamo sicuri, momenti di emozioni e di
arte come solo la “materia viva” del teatro può realizzare.
Auguri a chi festeggia trenta anni di attività teatrali, non
solo nel carcere milanese, ma anche in quelli europei e recentemente, con il
progetto dedicato a Frida Kahlo, a Città del Messico.
Che il viaggio continui...
Dr. Franco Basentini
Direttore del Dipartimento dell’Amministrazione
Penitenziaria
Da oltre vent’anni il Piccolo Teatro collabora con la
regista e drammaturga Donatella Massimilla e con CETEC Centro Europeo Teatro e
Carcere, condividendo un’esperienza artistica unica: portare il teatro, i suoi
autori – classici e contemporanei –, le sue forme, in un “non luogo”, il
carcere, in cui le categorie di spazio e tempo assumono valore altro rispetto
all’esperienza di allestimento degli spettacoli nei luoghi “deputati”, le sale
teatrali.
I giorni delle prove “dentro” il perimetro del carcere
trovano la loro naturale destinazione nel “fuori dello spazio scenico”, al
Piccolo, offrendo alle detenute la possibilità di “uscire”, in una dimensione emotivamente straordinaria com’è quella del “mostrarsi”,
come attrici, al pubblico di una sala teatrale.
Teatro pubblico, il Piccolo ritiene fondamentale essere
luogo di espressione della società in tutte le sue forme, spazio di
cittadinanza per costruire, riscrivere i codici di convivenza all’interno della
comunità civile, codici che contemplano la possibilità di un reinserimento
umano ed emotivo, prima ancora che lavorativo e sociale, attraverso un
linguaggio universale e partecipativo come quello del teatro. Una
responsabilità che il Piccolo ha voluto negli anni condividere anche con altre
realtà del mondo carcerario. Una responsabilità che sentiamo ancor più
necessaria e urgente quando l’idea di giustizia per il recupero della società è
troppo spesso spodestata da quella di vendetta. Quando si sente come ancor più
necessario leggere, o rileggere, almeno gli scritti dell’illuminista milanese,
europeo, Cesare Beccaria.
Sergio Escobar
Direttore Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Ho incontrato il CETEC in carcere a San Vittore anni fa,
quando ero consigliera provinciale. Il Laboratorio Teatrale diretto da
Donatella Massimilla presentava La casa di Bernarda Alba, ultimo dramma del
poeta spagnolo García Lorca, che rispecchiava in modo struggente la vita delle
detenute in carcere, come mi disse una delle attrici. Fui colpita
dall’intensità dell’interpretazione delle detenute, dalla professionalità e
sensibilità della regista che era riuscita a trasformare spazi della vita in
carcere in un luogo di cultura, di socialità e di reinserimento lavorativo.
Sono diversi i progetti del trattamento rieducativo e il teatro è uno di
questi, patrimonio ormai consolidato di un percorso formativo.
«In un luogo dove anche la dilatazione del tempo che non
passa mai può impedirti di pensare a un futuro migliore, il teatro diventa uno
spazio di libertà in un luogo di reclusione» come testimoniò una delle
detenute. «Devi rispettare le regole che l’attività teatrale ti impone,
rifletti sul senso della disciplina, perché devi provare anche quando non te la
senti e devi metterci la testa» altre affermazioni raccolte in quel primo
incontro.
Abbiamo portato La casa di Bernarda Alba in libera uscita
nel cortile di Palazzo Isimbardi, dove sia lo spettacolo, sia il successivo
dibattito hanno creato tra attrici e pubblico una relazione di emozioni,
riflessioni e confronto importanti per il progresso della nostra società.
Non ci siamo più lasciate e abbiamo proseguito su percorsi
di contrasto alla violenza di genere, con detenute ed ex-detenute, che ci hanno
permesso di creare una rete di collaborazione con diverse istituzioni e associazioni che stanno rendendo le nostre
azioni contro la violenza più efficaci e ci permettono una diffusione più ampia
e in costante evoluzione. Penso al progetto Le Sedie, diretto da Donatella e nato dal Posto Occupato, campagna nazionale
di Maria Andaloro, che ho portato a Palazzo Marino. Questo work in progress si
trasforma continuamente e coinvolge di volta in volta, quartiere per quartiere, donne diverse con le loro storie,
grazie alle quali realizziamo insieme momenti di responsabilizzazione per
costruire relazioni rispettose tra donne e uomini.
Abbiamo superato l’indifferenza e creato ponti tra donne
Dentro e donne Fuori dal carcere, abbattendo muri per vivere nel rispetto della
dignità di tutte le persone. Sono molto grata a Donatella Massimilla per
l’opportunità di proseguire questo obiettivo insieme al CETEC, con le detenute
ed ex detenute, che ha arricchito il nostro impegno e continua ad aprirci nuove
strade che percorreremo insieme.
Diana De Marchi
Presidente Commissione Pari Opportunità del Comune di Milano
Reinventare storie di donne, Dentro e Fuori San Vittore.
Trenta anni fa, dopo aver incontrato la scrittrice russa Julia Voznesenskaja
esule a Monaco di Baviera, mi ero innamorata dell’idea di trasporre per la
scena un suo romanzo, Il Decamerone delle Donne, che attraverso la metafora
felice di un reparto maternità isolato per un’infezione della pelle, raccontava
di quando era stata al confino in un gulag siberiano.
Julia, che da giovane era anche stata regista teatrale,
affida al personaggio di Emma, regista a sua volta, l’idea di passare dieci
giorni di isolamento raccontandosi a turno delle storie su grandi temi, dal
primo amore ai soldi, dall’infelicità alla vendetta, dall’infedeltà alla
felicità.
Dopo il debutto dello spettacolo al Teatro Verdi di Milano,
io e Olga Vinyals Martori abbiamo chiesto all’allora Direttore del carcere di
San Vittore, Luigi Pagano, di lavorare con le donne detenute, di condividere
con loro un percorso di ricerca e di sperimentazione teatrale.
Non sapevo che il nostro viaggio recluso sarebbe durato bene
o male trent’anni, attraversando i confini di San Vittore, per arrivare poi a
conoscere realtà carcerarie anche straniere e lontane.
Così, trent’anni dopo, volti, storie e talenti incontrati si
incarnano in un nuovo affresco teatrale di donne non solo sovietiche, ma
animate da colori e voci di tutto il mondo.
L’amore per un teatro che intreccia trame teatrali ai propri
vissuti aiuta a condividere e ricordare, in modo comunitario e al femminile, le
proprie storie e quelle di altre donne. Storie che donano emozioni, rinforzano
dentro di noi la voglia di farcela e di ricominciare davvero. Come una ninna
nanna russa, ci siamo fatte cullare in questi anni di tempo sospeso dalla
voglia di mettere al mondo nuove persone per un mondo migliore... un mondo che
non escluda nessuno ma sostenga sempre e accompagni, attraverso il Teatro
d’Arte Sociale, la rinascita a nuova vita.
In uno spazio scenico neutro, intriso dell’esperienza dentro
le mura, storie che mutano forma dal buio alla luce creando atmosfere vicine al
mondo che ogni persona-personaggio ci dona. Arte come luogo di cambiamento,
teatro come balsamo dell’anima, medicina del cuore, che sicuramente cura e si
prende cura, di attori e spettatori. Infine, per una condivisione ancora più
duratura, il testo originario dello spettacolo è arricchito da scritti e
canzoni delle attrici detenute, in particolare di quelle che ancora non possono
uscire in permesso. A far rivivere l’arco temporale dei trenta anni le immagini fotografiche di Maurizio Buscarino dell’‘89 e
quelle di oggi di suo figlio Federico, Dentro e Fuori il carcere di San
Vittore.
Donatella Massimilla
Piccolo Teatro Grassi
(via Rovello 2 – M1 Cordusio), 10 e 11 novembre 2019
Il Decameron delle Donne
regia e drammaturgia Donatella Massimilla
liberamente ispirato al Decamerone delle donne di Julia
Voznesenskaja
con Gilberta Crispino, Paola D'Alessandro, Jaksom Do Liete,
Mariangela Ginetti, Olga Vinyals Martori, Dalia Nieves, Betsy Subirana, Irene
Arpe
e con Antonella, Claudia, Daniela, Elena, Jacqueline,
Kristal, Marta, Martina, Solange, Sonia
interprete LIS Mita Graziano
scene Alessandro Franco
costumi Susan Marshall
assistente scene e costumi Riccardo Filograna
trucco Tania Sartini
light designer Massimo Consoli
musiche dal vivo Gianpietro Marazza
coordinamento di produzione Gaia Fossati
comunicazione Maria Lucia Tangorra
organizzazione Roberta Curia
una produzione CETEC Dentro/Fuori San Vittore
in collaborazione con Edge Festival 2019 Teatri Oltre le
Barriere,
Fondazione Donna a Milano Onlus, Pio Istituto dei Sordi
Si ringraziano le Direzioni e il Personale tutto della Casa
Circondariale di Milano San Vittore e della Casa di Reclusione di Bollate.
Orari: domenica, ore 16; lunedì, ore 20.30.
Durata: 70 minuti senza intervallo
Prezzi: posto unico platea e balconata 10 euro
Informazioni e prenotazioni 0242411889 -
www.piccoloteatro.org
News, trailer, interviste ai protagonisti su
www.piccoloteatro.tv
Voci di dentro
Testi e canzoni per lo spettacolo dalle attrici di San
Vittore
Felicità
La felicità, cos’è la felicità, come è fatta e quando si è
felici.
Una persona è sempre in cerca della felicità, la desidera
sempre e fa di tutto per raggiungerla.
Lavora sempre per sentirsi appagato e si compra la casa dei
sogni e dice: «sono felice» e poi non basta. E lavora sempre notte e giorno,
raggiunge tutto, una buona posizione…
Soldi, macchine, gioielli, pellicce, si sposa, vede tutti i
posti più belli che una persona possa sognare e tutto va a mille.
Ma non si accorge che la felicità, quella vera, ti gira
intorno e una piccola luce ti cresce dentro ma tu non lo sai e non ti rendi conto
che forza ha quel piccolo raggio di luce.
E sei in quattro mura fredde e buie che ti entrano nel
cuore, quel freddo che ti entra nell’anima.
Quel buio che ti avvolge e dici: «ma cos’è la felicità?» E
pensi che non esiste.
Ma poi viene venerdì e si apre la porta e vedi quel raggio
di luce che ha due occhi come fari che ti scaldano il cuore e la annusi come se
fosse una rosa.
Ma che rosa? una rosa magica. Lei è la figlia dell’amore,
una creatura piccola ma potente come un uragano che ha la forza di spazzare via
tutto il male, tutto il dolore che hai nel cuore, le tenebre che ti stanno
avvolgendo e non ti fanno respirare, che ti fanno pensare di lasciarti andare e
non lottare più. Ma quella figlia dell’amore, quel raggio di luce, quando ti
abbraccia e ti bacia,
quell’uragano ha la potenza di spazzare via tutte le tenebre
e il dolore
e rimangono solo tanta tenerezza e amore che ti danno tanta
felicità.
Una felicità semplice ma potente.
Lei è la figlia dell’amore…
e ti accorgi che hai la felicità.
Jacqueline
Infelicità
L’ attesa, aspetti una risposta, preghi che un giorno arrivi
e un giorno ti chiamano, per cognome «In matricola!» E tu vai, cammini per un
corridoio che sembra infinito, più cammini e più sembra che non finisca, pensi
a mille cose che ti passano in testa. Neanche tu sai cosa pensare. I pensieri
sono tanti e confusi senza nessun senso. Poi entri in una stanza della matricola
e alla fine le parole magiche: «prepara la tua roba, vai a casa» arrivano.
E torni indietro per quel corridoio, questa volta in pochi
minuti, e pensi: vedrò i miei figli, abbraccerò mio marito e ringrazi Dio per
tanta felicità. Ti immagini davanti la tua casa bianca, con il cancello che si
apre.
Senza sapere che Dio, quando sei passata, Lui ha girato la
testa, forse perché in quel momento c’era
un’altra persona che aveva più bisogno di me.
Mi chiamano di nuovo, faccio in fretta…risono in matricola.
Silenzio nella stanza. «C’è stato uno sbaglio»
Io rido, non capisco cosa mi dicono.
Penso sia uno scherzo, ma mi dicono di nuovo: «è uno
sbaglio, non esci più»
Il sangue smette di circolare nel corpo, il cuore non batte
più nel petto, non riesco più a pensare, respirare.
La mente è rimasta davanti alla mia casa bianca,
dietro a quel cancello,
che non si apre più.
Jacqueline
Il mio primo grande amore
Il mio primo grande amore era un uomo bellissimo fuori e
fantastico dentro.
Era innamorato di me, ancor prima che solo sapessi
dell’esistenza dell’amore,
ed io gli ero devota.
Non mi voleva cambiare,
avrebbe cambiato il mondo per farlo uguale a me:
mi ha cresciuta, insegnato a non arrendermi, seduta sulle
scale ad aspettare con il cuore in gola.
Anche quando ci hanno diviso molti anni e molti muri sapeva
che c’ero, sapevo che c’era.
Non c’è limite o distanza che può dividere ciò che l’amore
ha unito, del quale siamo costantemente alla ricerca.
Dal mio primo amore oggi mi divide solo il cielo,
non lo dico poi spesso papà… sei l’unico amore per me.
Elena
Lo spettacolo di me
Non c’è arrivo se non c’è partenza
che sia per scelta o per conseguenza
come quel sogno per cui io ho lottato
che la realtà invece ha cambiato.
Si può capire tutto da uno sguardo
che non vedevi nel tuo gioco d’azzardo
e allora prendi e ribalti la tua vita
cambiando i sogni che avevi tra le dita.
Lo spettacolo di me
racchiude in sé ciò che non è
storie vissute… vissute veramente
le tiro fuori, le porto alla gente.
Io sono questa non mi vergogno a dirlo
Avevo un sogno, restate per sentirlo?
Un palcoscenico per essere regina…
No! Meglio sta vita di cui sono l’ eroina.
Non puoi volare se ti spezzano le ali
non puoi se ci credono irreali
ma posso io decidere qual è
oggi e domani lo spettacolo di me.
Elena (canzone per il CETEC)
La Fabbrica d’Amore
Ero giovane, bella, sognatrice
lavoravo duro
e mai sono stata traditrice.
Il mio primo amore lavorava
fabbricava l’amore
Ma solo quello non bastava.
Poteva nascere una vita
nella fabbrica d’amore
ma è finita.
Solo l’amore a volte non basta
ci vuole il coraggio, la passione, verità
un figlio che ci contrasta.
Amore mio ti ho lasciato
tra un ingranaggio e l’altro
Che nel frattempo si è spezzato
Poteva nascere una vita
nella fabbrica d’amore
ma è finita.
Solo l’amore a volte non basta
Ci vuole il coraggio, la passione, verità
Un figlio che ci contrasta.
Amore mio ti ho lasciato tra un ingranaggio e un altro
Che nel frattempo si è spezzato.
Oggi sono nuda, vestita solo dei ricordi,
una pelliccia, un corredino.
Riaccordano le note degli accordi
faccio festa alla mia nuova vita
canto, ballo, mi ubriaco, sono ancora lì
in quella fabbrica d’amore… smarrita.
Martina (canzone per
il CETEC)
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