“Una grande economia circolare e un'intera filiera cooperativa. Invitro è un prodotto della cultura collaborativa - dalla creatività alla produzione fino alla prima platea di spettatori - con cui sperimentiamo una nuova dimensione del teatro, un nuovo modo di essere utili ai lavoratori dello spettacolo e una proposta culturale alternativa per le nostre comunità”. (Attilio Dadda, Presidente Legacoop Lombardia).
Il progetto, sviluppato e coordinato da Coopservizi, è nato nell’ambito delle iniziative di innovazione digitale promosse da Fondazione Pico, Digital Innovation Hub di Legacoop, e nello specifico dal nodo territoriale di Pico Lombardia, con Legacoop Lombardia, in collaborazione con partner appartenenti al mondo cooperativo lombardo: Gnucoop, Hagam, Multimagine, Genera e Smart.
“Siamo orgogliosi di aver costruito un ‘progetto speciale’ con i teatri cooperativi: un'occasione per mantenere saldi, pur in un momento tanto difficile, i rapporti con il proprio pubblico, guardando anche oltre i soliti confini e avvicinando nuovi possibili spettatori” (Luca Conte, presidente Coopservizi).
I Teatri Cooperativi Lombardi (e non solo) vivono da tempo una situazione economicamente instabile a causa di diversi fattori, che l’emergenza sanitaria ha gravemente accentuato. Invitro vuole essere uno strumento utile per affrontare il presente e al contempo, un’occasione per ripensare il futuro.
“Crediamo fortemente in questo progetto e stiamo lavorando affinché questa piattaforma evolva a tutti gli effetti in una prima sperimentazione di piattaforma digitale cooperativa; una piattaforma in cui la condivisione dei dati tra i fruitori del servizio ne permetta anche la condivisione equa di tutti i vantaggi generati. Invitro rappresenta un modello dal grande potenziale e presto ci auguriamo, con il contribuito di PICO Lombardia, di poterlo estendere su base nazionale”. (Giancarlo Ferrari, Presidente Fondazione PICO)
OBIETTIVO SOCIALE
Alla piattaforma Invitro è abbinata una campagna di raccolta fondi a favore dei lavoratori dello spettacolo (il 5% sugli incassi - vendita di spettacoli e abbonamenti, sponsorizzazioni).
ALCUNI NUMERI
Teatri coinvolti: 7
Spettacoli rappresentati: 7
Persone che hanno collaborato a Invitro: 138
Artisti in scena: 16
Durata totale degli spettacoli (in minuti): 420
Parole nei copioni: 42.817
Poltrone vuote: 1741
Siti coinvolti: 22
Account social coinvolti: 72
Riunioni fatte su Zoom: 80
Soci dei teatri: 81
Soci degli sponsor: 826.360
Tamponi effettuati: 85
Bozze della locandina ufficiale: 19
Sostenitori: 8
Partner: 5
GLI SPETTACOLI
“Far finta di essere sani” di G. Gaber e S. Luporini Teatro Menotti“Janis - Take Another Little Piece of My Heart” Teatro del Buratto
“Nome di Battaglia Lia” Teatro della Cooperativa
“Cyrano sulla Luna” MTM Manifatture Teatrali Milanesi
“Mary, una sarta per Shakespeare” Teatro dell’Elfo
“SN|1604 – Corpo Celeste” Teatro Magro
“WEBulli” Industria Scenica
TEMI SOCIALI CULTURALI
“Ogni teatro è stato lasciato libero di portare in scena uno spettacolo a sua scelta, senza un coordinamento artistico iniziale. Eppure, dopo aver visto tutti e 7 gli spettacoli, ci siamo accorti che esistono dei fili conduttori… dei temi trasversali, che attraversano e uniscono gli spettacoli tra loro, offrendo un percorso non solo artistico, ma anche culturale e sociale” (Paola Leati, vice Presidente Coopservizi)
Alcuni dei temi trasversali:
Bullismo / cyber bullismo (Janis, Cyrano, WEBulli)
La scoperta dello Spazio (SN 1604 / Cyrano)
Teatro nel teatro (Janis, Mary, Cyrano)
Diritti delle donne (Janis, Mary, Lia)
Rock (Janis, SN 1604, WEBulli)
Musica live (Janis, Far finta)
Filmati storici (Janis, SN 1604, Lia)
“I teatri sono chiusi da un anno, cerchiamo di lavorare, facciamo rete… stiamo cercando nuovi linguaggi, ci mancate… siamo bravissimi!” (Davide Del Grosso, Janis)
“Penso che a casa ci siano tante persone che hanno voglia di ritornare a teatro e questo è un compromesso per farlo, un bellissimo modo, perché è stata fatta rete da sette teatri, che hanno creduto in questa cosa e hanno portato il loro lavoro, si sono adattati, si sono riscoperti, stanno provando nuove strade…” (Marta Mungo, Janis)
È importante trovare nuovi modi, soprattutto per sostenere il teatro in questo momento di grande difficoltà, perché il teatro non apre da 12 mesi a questa parte, …, quindi se dovesse esserci qualche modalità nuova, anche per il teatro, che in qualche modo lo aiuti, lo sostenga, ben venga!” (Pietro De Pascalis, Cyrano)
(Elia Grassi , SN 1604)
“L’abbonamento a Invitro è molto importante per gli addetti ai lavori, per me e i tecnici che hanno lavorato alla messa in scena di Mary è un’occasione per rimettersi in gioco, riprendere a lavorare, tornare ad allenarsi. Per il pubblico è importante ricordarsi che il teatro esiste. Io amo il teatro dal vivo, ma è importante che si possa vedere anche su queste piattaforme, dove si vedono anche dei dettagli che magari dal vivo non si vedono” (Elena Russo Arman, Mary)
“Un abbonamento a Invitro potrebbe essere un modo per avere ancora un contatto con la cultura, con noi artisti, un modo per stare ancora insieme.” (Luca Pirozzi, Far finta)
“Il Teatro alimenta l’anima, e dato che ci manca tanto ‘dal vivo’ questa è un’opportunità per potersi curare l’anima, perché tutti curano il corpo, ma al resto si pensa poco e invece è fondamentale” (Andrea Mirò, Far Finta)
“In un momento in cui il teatro e tutta la cultura non sono fruibili nello loro ‘stato naturale’, questo quello che ora possiamo fare e cerchiamo di farlo con la stessa passione, se non addirittura di più, e quindi vale la pena nutrirsi di questa energia che noi cerchiamo di manifestare.” (Enrico Ballardini, Far finta)
“Perché rappresenta una delle tante iniziative che fa di ‘Milano teatrale’ un’eccellenza. È una collaborazione dei teatri dal vivo… si cerca di dare un’opportunità a coloro che non hanno la possibilità di vedere gli spettacoli di mantenere un rapporto con l’amore per quest’arte magnifica” (Renato Sarti, Lia)
“Invitro rappresenta un modo per tenere accese le luci sui teatri e anche uno strumento per spingere chi prima non andava abitualmente a teatro a conoscerlo, a vivere lo schermo di casa in un modo diverso.” (Rossana Mola, Lia”)
“È un modo per vedere il teatro, anche per chi magari non è abituato normalmente a frequentare le sale teatrali… ed è un modo per noi lavoratori dello spettacolo per continuare a fare il nostro lavoro e tenerci in contatto con il nostro pubblico.” (Marta Marangoni, Lia)
“Perché è importante sostenere il teatro, questo sempre, ma soprattutto in questo momento. Perché è un progetto che è molto sfidante e per questo lo dobbiamo sostenere… e dobbiamo vedere tutti gli spettacoli che sono molto belli. Per mantenere viva la voglia di tornare a teatro.” (Ermanno Nardi e Marzia Gallo, WEBulli)
Visti i temi culturali e sociali trattati dai vari spettacoli, di cui alcuni ideati e prodotti proprio per un pubblico di giovani, anche se coinvolgenti per tutti, Invitro propone convenzioni a Scuole (secondarie), Enti e Istituti Universitari, Associazioni / Enti e Fondazioni Culturali.
E’stato possibile realizzare il progetto Invitro – teatro on demand anche grazie al sostegno di Coop Lombardia, Gruppo Unipol, Abitare, CAA, CLO, Fondazione Unipolis, UniAbita e al contributo di Coopfond.
INFORMAZIONI:
Accesso singolo spettacolo - € 8,00
Abbonamento 7 spettacoli - € 30,00
TEATRO MENOTTI
Il Teatro Menotti ha compiuto da poco quarant’anni di attività teatrale ed è uno dei luoghi più amati della città, un consolidato punto di riferimento culturale per i cittadini, un luogo ormai “storico” della mappa culturale della città. Il teatro Menotti non solo è un centro di produzione e programmazione di spettacoli, ma un luogo che lo spettatore oramai percepisce come familiare, in cui incontrarsi, socializzare e dialogare. Un luogo dove le persone si incontrano per davvero come persone. Nel 2018 Il teatro ha rischiato di chiudere a causa di dinamiche imprenditoriali legate alla ristrutturazione del complesso immobiliare di via Ciro Menotti 11 e di diventare un garage. La compagnia Tieffe Teatro, che dal 2010 gestisce la sala di via Menotti, ha accettato la sfida di provare a difendere uno spazio cittadino, decidendo di impegnarsi economicamente e non solo, in una misura oggettivamente superiore alle proprie forze, ma con uno sguardo fiducioso verso il futuro. La salvezza del teatro richiedeva inevitabilmente il suo acquisto, la strada era molto difficile, pochi mesi per raggiungere un obiettivo che appariva lontanissimo. Parte così la prima campagna di raccolta fondi destinata a salvare un teatro, una pazzesca mobilitazione che coinvolge enti e istituzioni del territorio, personaggi della cultura, del teatro, della musica e dello spettacolo, ma anche tantissime persone che impediscono di trasformare via Menotti 11 in un rimpianto.
La svolta arriva con un mecenate, il Trust Filippo Perego di Cremnago, molto attivo in importanti progetti di solidarietà e iniziative culturali, che decide di acquistare il teatro e garantisce fino al 2036 lo svolgimento delle attività teatrali. Il teatro diventa Teatro Menotti Filippo Perego. Il 24 febbraio 2020 il Teatro Menotti chiude le porte per più di tre mesi a causa del Coronavirus e un minuto dopo la mezzanotte del 15 giugno è il primo teatro in Italia a riaprirle.
di Giorgio Gaber
In concerto
in collaborazione con la Fondazione Giorgio Gaber
con Andrea Mirò, Enrico Ballardini e i Musica da Ripostiglio
di Giorgio Gaber e Sandro Luporini
adattamento e regia Emilio Russo
produzione TieffeTeatro
Sono passati quasi 50 anni, sono tanti. Ma lo spettacolo del signor G è ancora terribilmente d’attualità. Stupisce e rincuora il fatto che Gaber sia riuscito ad anticipare i tempi, a raccontare la realtà come pochi altri al mondo, ma – allo stesso tempo – di andare oltre.
Una versione in forma di concerto dello spettacolo FAR FINTA DI ESSERE SANI di Giorgio Gaber, monologhi e canzoni per riscoprire quel percorso narrativo con cui Gaber e Luporini nel 1973 affrontavano i temi universali del disagio sociale e generazionale, puntando l’attenzione sull’essere schizoide dell’uomo contemporaneo.
Da una parte pronto agli slanci ideali, dall’altra tenuto a terra dal proprio egoismo e dai finti bisogni materiali. Temi e contenuti quanto mai attuali in questo tempo post Covid.
Sul palcoscenico Andrea Mirò, un’artista eclettica come pochissimi altri in Italia, polistrumentista, autrice, cantante e direttore d’orchestra e Enrico Ballardini, attore,
musicista e cantautore.
Le musiche sono arrangiate dalla travolgente band Musica da Ripostiglio, presente da anni sui palchi dei festival di jazz e sui palcoscenici teatrali di tutta Italia.
TEATRO DEL BURATTO
Nato nel 1975, il Teatro del Buratto – oggi cooperativa sociale - ha da sempre orientato la produzione a un'attenzione particolare al momento musicale, all'aspetto pittorico, grafico e di immagine, nella direzione di un “teatro totale", dove alle consuete tecniche d'attore, che fanno uso di linguaggi verbali e gestuali, si accompagna una ricerca nel teatro d'animazione (pupazzi, oggetti, forme) secondo le tecniche più diverse: teatro su nero, pupazzo indossato, ecc. Gli spettacoli sono rappresentati a Milano, in tournée su tutto il territorio nazionale e all'estero. Accanto alla produzione artistica il Buratto ha sempre rivolto ampia attenzione alle ricadute sociale ed educative del proprio lavoro nel confronto con il mondo della scuola, di reti associative, di attività sul territorio, anche per fasce deboli o per la riqualificazione professionale dei giovani, in rapporto con Istituzioni (Ministero Regione Comune ecc) e con altri Enti ( Fondazione Cariplo; Lega Cooperative, Camera di commercio ecc.) adempiendo con sempre maggior completezza e articolazione al proprio mandato
come Centro di Produzione per l’infanzia e i giovani. Il Teatro del Buratto è riconosciuto e sostenuto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Regione Lombardia, dalla Provincia e dal Comune di Milano, in un rapporto istituzionale di reciproca collaborazione.
Gli spettacoli di teatro su nero, terreno di ricerca artistica della compagnia, privi di testo e ricchi di quadri scenici, consentono allo spettatore una lettura attraverso immagini, forme, oggetti, suoni e per queste caratteristiche trovano nel mercato estero un largo interesse. Significativo anche il repertorio di teatro d’attore, con anche il realizzarsi di un progetto produttivo dedicato a temi vicini all’adolescenza, che vede nello spettacolo “Janis” del 2020 una nuova importante tappa. Attenzione specifica anche alla primissima infanzia (fascia 2-4 anni) con proposte di allestimenti interattivi, tra gioco e narrazione, per avvicinare all’ascolto teatrale, con attenzione alla relazione genitore/bambino .
Formazione e attenzione al sociale sono attività che vedono il Buratto protagonista.
Con i corsi di formazione sul teatro di figura e su nero - dall’originale scuola YORIK all’inizio anni 80, ai Corsi professionalizzanti per Animatori su nero finanziati da Regione Lombardia/FSE, alla più recente partnership pluriennale per il corso ANIMATERIA ( finanziato da Regione Emilia Romagna), a molte altre proposte, tra cui la partecipazione a Master Universitari sul teatro per l’infanzia e sul Teatro sociale. Da segnalare anche gli storici corsi di Corsi di scrittura creativa (ideati a fine anni ’80 al Teatro Verdi da Raffele Crovi e sviluppati e a lungo condotti da Giuseppe Pontiggia).
Contribuendo a nuove reti sul territorio - anche grazie al teatro Munari in area di Municipio 9 a Milano – il Buratto aderisce a diversi progetti e interventi sul sociale, anche di sostegno alla povertà economica ed educativa.
All'attività di produzione si affianca un'intensa attività di ospitalità con rassegne per bambini e famiglie e per le Scuole, che si svolge dalla stagione 2017/2018 nella nuova casa del Teatro del Buratto a Milano: il Teatro Bruno Munari, struttura del Comune di Milano - 2000mq su progetto di Italo Rota e realizzata da Generali Estate - la cui gestione è stata affidata al Buratto attraverso un bando di evidenza pubblica. Il Teatro del Buratto continua a gestire anche il Teatro Verdi dove propone una stagione per il pubblico di giovani e adulti, operando in storica convenzione con il Comune di Milano.
Il Buratto propone anche specifici festival, come lo storico festival Segnali (nato sul finire anni ’80 in collaborazione con Regione Lombardia e con Elsinor Teatro) e punto di riferimento nazionale (e per operatori internazionali) del nuovo teatro per l’infanzia e i giovani, che ora include anche altri progetti come NEXT/Infanzia di Agis e Regione Lombardia e gli Eolo Awards, riconoscimenti per il Teatro ragazzi. Dal 2007/08 organizza e promuove IF Festival Internazionale di Teatro di Immagine e Figura in un’articolata definizione che comprende le forme artistiche della tradizione, dell’innovazione e della contemporaneità. Proposta che nel 2010 ha ricevuto il Premio Hystrio Provincia di Milano. Nel 2015 il Buratto è stato insignito, per la sua specifica e diversificata proposta culturale e teatrale, dell’onorificenza dell’Ambrogino d’Oro da parte del Comune di Milano.
Ideazione: Luca Cecchelli
Testo, video e regia: Davide del Grosso
Luci: Marco Zennaro
In scena: Marta Mungo e Davide del Grosso
Direttore di produzione: Franco Spadavecchia
Take another little piece of my heart è un viaggio alla scoperta di una delle più grandi figure del rock and roll, Janis Joplin, seguendo l’intuizione che a cinquant’anni dalla
sua scomparsa possa essere un’interlocutrice straordinaria per le nuove generazioni.
Sulla scena un’attrice e un attore evocano, in un dialogo metateatrale, il mondo della Joplin attraverso articoli, pagine intime di diario, lettere e ovviamente musica. Lo sguardo non è tanto però storiografico, quanto connesso al contemporaneo. Janis ci è apparsa come come un emblema dell’adolescenza, capace di portarsi addosso tanto l’incredibile potere di curiosità ed espansione dell’età giovanile, quanto le domande, il disagio, la malinconia e i rischi inevitabilmente ad essa legate.
Smontando il mito di eccessi e sregolatezze della rockstar dalla voce inarrivabile, riconsegnandolo ad una dimensione più umana, compare il volto di un’adolescente timida vittima dei bulli del suo tempo, di una ragazza in cerca della propria identità artistica e sessuale, di una donna in contrasto con i dogmi maschilisti del suo tempo,
che vuole emanciparsi, ma allo stesso tempo ricerca l’approvazione della famiglia.
Una teenager di straordinario talento che, coltivando il desiderio di essere vista e amata dal mondo, corre il rischio di essere fagocitata tanto dal mercato, quanto dai propri eccessi. Una little girl blue che, nel suo sapersi incamminare verso il futuro con incertezza e speranza, con rischio e desiderio, sembra l’avanguardia di ogni gioventù.
TEATRO DELLA COOPERATIVA
Drammaturgia contemporanea, impegno civile, memoria storica e una comicità mai fine a se stessa, ma utilizzata soprattutto per veicolare contenuti “alti” e ridurre la distanza che a volte separa il teatro dalla vita di tutti i giorni, sono da sempre la cifra stilistica del Teatro della Cooperativa, che racconta storie ricorrendo a registri differenti e fondamentalmente legata all’idea di un “Teatro d’Arte per tutti”.
Un teatro di qualità, capace di far dialogare generazioni differenti e di valorizzare il potenziale creativo dei nuovi talenti, attento ai bisogni e alle istanze delle periferie, come quella in cui il Teatro ha la sua sede dal 2002: il combattivo quartiere di Niguarda. La sala di via Hermada, dedicata alla partigiana Gina Galeotti Bianchi (nome di battaglia “Lia”) che ospita il teatro fin dalla sua nascita è di proprietà della Società Cooperativa Abitare, da sempre grande sostenitrice del teatro grazie alla comunanza di intenti basati sullo spirito cooperativo e di collaborazione, votato al coinvolgimento del pubblico.
Con l’obiettivo di rendere lo spettacolo un’occasione di incontro, di crescita condivisa e di integrazione, il Teatro della Cooperativa, fondato e diretto da Renato Sarti, si impegna a tradurre in espressioni teatrali problematiche che riguardano il lavoro, la dignità umana, il disagio psichico e l’integrazione sociale, accogliendo nel corso degli anni attori e artisti di diverse nazionalità e valorizzando la creatività emergente. Le produzioni del teatro, molto spesso firmate dallo stesso Sarti, si caratterizzano per la volontà di far emergere realtà sociali e umane poco conosciute, dimenticate, a volte distorte dall’informazione mediatica e di raccontare la “grande storia” tratteggiandola attraverso le “piccole storie”.
Tra gli spettacoli realizzati Muri - prima e dopo Basaglia (Premio Anima 2012 e finalista al Premio Riccione per il teatro) con Giulia Lazzarini, Premio Maschere del Teatro 2015 come miglior interprete di monologo; La Nave Fantasma (Premio Gassman Città di Lanciano - Miglior Testo Italiano del 2005); Mai Morti, con Bebo Storti nei panni di un fascista mai pentito; I me ciamava per nome: 44.787 - Risiera di San Sabba (Segnalato Speciale e Premio Produzione Riccione per il Teatro 1995 e sostenuto da ANED - Associazione Nazionale Ex Deportati e ANPI - Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia), rappresentato presso la Sala della Lupa di Palazzo Montecitorio, stesso onore riservato a Nome di Battaglia Lia, insignito di una Medaglia Commemorativa dalla Presidenza della Repubblica; Gorla fermata Gorla con Giulia Lazzarini e Matilde e il tram per San Vittore che ha coinvolto Maddalena Crippa, Arianna Scommegna e Debora Villa; Il rumore del silenzio, realizzato in occasione
del 50° anniversario della strage di Piazza Fontana, ha visto in scena Laura Curino al fianco di Renato Sarti, è stato tra i finalisti del 55° Premio Riccione per il Teatro.
Le varie produzioni del Teatro della Cooperativa hanno debuttato e sono state ospitate da Festival nazionali e internazionali (Mittelfest, Santarcangelo, Asti, Festival della mente …) e da tutti i più importanti teatri italiani (Teatro Greco di Siracusa, i Teatri Stabili di Trieste, Genova, Roma, Torino…) e nel territorio milanese vanta collaborazioni durature con tantissime realtà cittadine, tra cui il Piccolo Teatro, il Teatro dell’Elfo, il Teatro Franco Parenti, ATIR - Teatro Ringhiera… Il Teatro della Cooperativa, nel corso della sua storia, ha ospitato e collaborato con alcuni tra i più importanti protagonisti della scena teatrale italiana, sia per quanto riguarda il genere comico (Dario Fo e Franca Rame, Franca Valeri, Paolo Rossi, Roberto Brivio, Max Pisu, Ale e Franz, Flavio Oreglio, Mago Forrest, Alessandra Faiella...) che per quello “serio” (Omero Antonutti, Elio De Capitani, Paolo Bonacelli, Moni Ovadia, Gianfranco Berardi, Roberto Castello, Veronica Cruciani, Davide Enia, Stefano Massini, Saverio La Ruina, Milvia Marigliano, Daniele Timpano …).
testo e regia Renato Sarti
con Marta Marangoni, Rossana Mola, Renato Sarti
musiche originali Carlo Boccadoro
video BUZZ 2001
produzione Teatro della Cooperativa
con il patrocinio di
Associazione Nazionale Partigiani Italiani
Associazione Nazionale Ex Deportati
Istituto Nazionale Ferruccio Parri
Federazione Italiana Associazioni Partigiane
Laboratorio Nazionale per la Didattica della Storia
MEDAGLIA COMMEMORATIVA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
Molte volte, quando si pensa alla Resistenza, l’immagine più usuale a cui si fa riferimento è quella del partigiano combattente e spesso ci si dimentica delle storie apparentemente periferiche. Ci si dimentica che, al di là dei momenti alti e celebrativi, esiste un mondo fatto di episodi che fanno parte di una quotidianità ai più sconosciuta ma dal valore estremamente significativo.
All’interno della grande pagina della Resistenza, il quartiere di Niguarda a Milano e le donne dei suoi cortili ebbero un ruolo particolare. Niguarda si liberò il 24 aprile 1945, con un giorno di anticipo sul resto d’Italia. E fu proprio in quel giorno che si consumò uno degli episodi più tragici della liberazione della città: colpita al ventre da una raffica di mitra di nazisti ormai in fuga, moriva – incinta di otto mesi – Gina Galeotti Bianchi, nome di battaglia “Lia”, una delle figure più importanti del Gruppo di Difesa della Donna. Quest’ultimo vantava a Milano ben quarantamila aderenti, di cui oltre tremila attiviste: assisteva i militari abbandonati da un esercito allo sbando; aiutava economicamente le famiglie in cui il marito, o il padre, era nei lager o in carcere; era parte integrante dei Gruppi Volontari della Libertà e del comitato cittadino del C.L.N.; organizzava manifestazioni e comizi improvvisati nei mercati rionali o in altre zone della città; forniva staffette in operazioni delicate; stampava “Noi Donne”, un foglio
clandestino precursore del movimento femminista.
Nome di battaglia Lia nasce da un attento lavoro di ricerca e raccolta di testimonianze dirette del nostro recente passato: Renato Sarti costruisce un testo che, usando le parole di Lia e delle sue compagne di lotta, racconta degli eroismi anonimi delle donne, sulle quali ricadeva anche gran parte del peso di una realtà quotidiana fatta di bambini e anziani da accudire nel freddo, nella fame e nelle malattie senza però dimenticare quelle “piccole cose” che in quegli anni bui rendevano più lieve la vita.
Come ebbe a dire Nori Brambilla Pesce, una delle più intrepide gappiste milanesi: «È stato proprio così, eravamo giovani, ci sentivamo belle, allegre. È giusto che venga fuori anche questa nostra normalità. Non eravamo incoscienti, sapevamo di correre dei rischi. Ma volevamo un’Italia diversa, libera, e non c’era altra scelta oltre a quella di resistere e combattere».
Uno spettacolo che attraverso la riscrittura drammaturgica, si fa tragedia, dolore antico, arcaico. Emblematiche le ultime parole di Lia prima di morire: «Quando nascerà il bambino non ci sarà più il fascismo».
Una frase e una speranza che il lavoro di Sarti vuole riattualizzare, al di là di ogni retorica, perché non se ne perda il senso più profondo, per far conoscere (soprattutto alle nuove generazioni) le vicende storiche, il sacrificio e le passioni politiche che animarono gli uomini e le donne della Resistenza, per divulgare il ruolo che Milano ha avuto nella lotta al nazifascismo.
Nell’aprile del 2010 la Camera dei deputati ha ospitato, presso la Sala della Lupa a Palazzo Montecitorio Nome di Battaglia Lia. Per questo spettacolo la Presidenza della Repubblica ha conferito una medaglia commemorativa al Teatro della Cooperativa.
MTM MANIFATTURE TEATRALI MILANESI
La Fondazione Palazzo Litta per le Arti Onlus è nata nel 2009 da alcuni soci della Cooperativa Teatro Litta – Teatro degli Eguali, che gestiva tutta l’attività teatrale e di
spettacolo del Teatro Litta. La Cooperativa, nello specifico, era titolare di tutti i contributi economici e i rapporti con le Istituzioni: Ministero dello Spettacolo, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano. Nel 2012 la Fondazione è
diventata titolare presso tutte le Istituzioni locali e nazionali dei contributi economici e i rapporti che prima erano della vecchia Cooperativa Teatro Litta – Teatro degli Eguali, fondata nel 1976 da Gaetano Callegaro, oggi unico rimasto dei soci storici, che nel 2018 ha lasciato la Presidenza della Fondazione a Gaia Calimani. Nel 2015 la Fondazione ha rilevato tutta l’attività di spettacolo e di formazione della Cooperativa Quelli di Grock di Milano, unendo così due poli produttivi molto importanti del sistema teatrale di Milano, entrambi operanti da 40 anni a livello locale e nazionale. Da quella data la Cooperativa QDG è stata messa in liquidazione e i soci che ne facevano parte sono diventati soci partecipanti della Fondazione e soci della Teatro Litta Cooperativa Sociale Teatro degli Eguali Onlus, continuando a svolgere le loro attività di formazione e spettacolo e mantenendo la loro linea produttiva artistica.
La nascita di MTM
Tale unione ha generato un progetto artistico denominato MANIFATTURE TEATRALI MILANESI – abbreviato in MTM – che non è in alcun modo un soggetto giuridico.
Tutta l’attività culturale e di spettacolo di MTM continua a essere gestita direttamente dalla Fondazione Palazzo Litta per le Arti Onlus, che ha in carico i rapporti con tutte le Istituzioni locali e nazionali preposte al settore cultura e spettacolo. Sempre nel 2015 la vecchia Cooperativa Teatro Litta-Teatro degli Eguali è stata trasformata in Teatro Litta Cooperativa Sociale Teatro degli Eguali Onlus con lo scopo di organizzare e gestire economicamente tutta l’attività di formazione di MTM: dalla storica compagnia Quelli di Grock, oggi Grock Scuola di Teatro in via Muzio a Milano ai Corsi di Teatro del Teatro Litta. MTM è un progetto artistico e operativo aperto che vuole inaugurare a Milano un nuovo percorso e nuove modalità per produrre cultura e spettacolo dal vivo. Tra il 2016 e il 2018 MTM ha accolto in residenza la storica Compagnia Corrado d’Elia e ha iniziato una stretta collaborazione con Paolo Scotti, che è sfociata nel suo inserimento all’interno del team di MTM in qualità di responsabile artistico del Teatro Leonardo.
I Teatri di MTM
MTM svolge il suo programma di spettacoli e iniziative culturali in 3 sale teatrali cittadine: Il Teatro Leonardo in Piazza Leonardo da Vinci, il Teatro Litta e la Sala la Cavallerizza in corso magenta 24, diventando così unico esempio a Milano – insieme al Piccolo Teatro – di multisala teatrale con una dislocazione in differenti distretti urbani della città.
La filosofia, in breve
La filosofia di MTM è quella di essere principalmente un progetto artistico aperto nato per incentivare e mettere in atto un reale e fattivo lavoro di equipe, inaugurando un nuovo modello organizzativo economico di produzione, gestione e promozione che vuole far confluire i saperi e le poetiche di singoli soggetti produttori in MTM, conservando l’originalità e la mission culturale di ogni singolo soggetto.
Il progetto è nato per creare sinergie con altri poli produttivi storici della città e rappresentare un possibile futuro per quanti vogliano condividere e/o associare in MTM il proprio operato artistico e organizzativo. Allo stesso modo MTM sponsorizza una nuova idea di cura artistica del programma di spettacoli e dei progetti affidando le scelte di programmazione a un tavolo di responsabili artistici (Gaetano Callegaro, Valeria Cavalli, Antonio Syxty) ai quali si aggiungono i curatori di HORS – House Of The Rising Sun (Filippo Renda e Stefano Cordella) e produzione di spettacoli per le nuove generazioni (Claudio Intropido). MTM rappresenta una novità storica nel panorama del sistema teatrale milanese perché guarda al futuro, all’allargamento delle fasce di pubblico alle quali rivolgersi, alla pluralità dei linguaggi, delle culture, delle poetiche, integrando in un sistema virtuoso le economie di singoli soggetti e progetti che altrimenti esaurirebbero il loro percorso perseverando in un’ostinata solitudine, in un contesto economico globale sempre meno favorevole.
Per scoprirne di più: https://www.youtube.com/watch?v=WolQo60xAEE&t=5s
CYRANO SULLA LUNA
di Luca Chieregato
regia Luca Chieregato, Pietro De Pascalis
con Pietro De Pascalis
scene e costumi Anna Bertolotti
disegno luci Monica Gorla
consulenza musicale Gipo Gurrado
produzione Compagnia Facchetti De Pascalis
“Eccomi. Amare davvero è dire: eccomi. Lo senti? Che è un cadere.”
Abbiamo preso Cyrano, quello del naso, quello dell'apostrofo rosa tra le parole ti e amo, quello di Rossana, il poeta spadaccino, e l'abbiamo mandato sulla Luna. Lui ha sempre sognato di andarci, lassù. Ora che è morto da poco, le sue parole ancora sfiorano l'eco dell'aria... e finalmente è arrivato lì. Lei, la Luna, non lo riconosce e fa domande bambine: che cos'è il teatro? E la verità? Cos'è il vento? Hai amato davvero?
A riascoltarla così, questa storia, non sembra nemmeno la stessa. A riannodare il filo tessuto dalle parole, una per una... Le parole, appunto. Quante parole, in amore. Cyrano ripercorre tutta la sua storia, naviga lieve nella memoria e ricorda, dimentica, rivive. Si trova costretto a dire tutta la verità, alla Luna, se no lei non risponde. E la verità, cosa dice? Che noi tutti abbiamo paura. Abbiamo così paura dell'amore che ce ne teniamo lontani: lo diciamo, lo scriviamo e lo cantiamo per tenerci al riparo, lasciando che le parole dicano per noi. Ma noi, dove siamo?
In scena c'è solo lui, Cyrano; gli altri sono fantasmi, ombre, guizzi di luce. A fargli compagnia c'è una luce di Luna, una Terra azzurra immersa nel buio da spiare da lontano, e le sue parole: amate, gridate, tenute tra le labbra. Prima di diventare stelle lucenti bisogna tornare indietro, rivivere ancora l'ultima scena, dire la verità. Bisogna cantare le lacrime perché piova su Parigi, per diventare stelle.
Note di regia
Nell'immaginare Cyrano che vola sulla Luna pochi minuti dopo aver respirato l'ultima battuta, “il mio pennacchio”, ci siamo ispirati al testo originale. Una scia trasparente e luminosa che lo porta fino a su; “mi è rimasto qualche pelo di pianeta”, dice a De Guiche quando si tuffa dall'albero e dice che è appena precipitato dalla Luna. E per trattenere il rivale, e per consentire che l'amico/rivale Cristiano sposi la sua amata Rossana, Cyrano inventa all'improvviso, come amava fare, sette modi per salire fin lassù. E ancora: il “vero” Cyrano de Bergerac era scrittore, già. Non era forse un poeta spadaccino, ma scrisse un unico lungo racconto in cui immaginava, appunto, di salire sulla Luna. Insomma, dovevamo mandarlo lì. Ma piuttosto che scrivere una nuova storia sull'eroe romantico che finisce all'altro mondo, abbiamo preferito dire ancora, per l'ennesima volta, la sua storia. Perché tutti sanno chi è lui, sanno del naso, sanno di Rossana, sanno che tirava di spada e poco più. Abbiamo deciso che valeva la pena, ancora, parlare di lui e del suo amore tormentato, del suo amore nascosto.
Perché questa è una storia di luce e di ombra: io non sono che un'ombra, e voi un chiarore, dice a Rossana dal balcone. Il coraggioso Cyrano è un eroe che si nasconde, e che davanti alla verità il suo cuore, come il nostro, trema. Certo, combatte contro cento uomini e manifesta il suo sdegno contro i calcoli, le mosse compiacenti e tutto il resto, no, grazie! Ma quando si tratta di amare davvero anche lui indugia, balbetta, inciampa e cade.
Mandarlo sulla Luna significa per noi toglierlo dai rumori del mondo, guardare Parigi e la sua storia da lontano, da un punto così distante da permettere di vedere la verità brillare come una stella lontana. Una panchina nel deserto, questa è la Luna per noi.
Briciole di stelle precipitate vagano al suolo e nell'aria, e lui come un fantasma danza tra le sue stesse luci e ombre. Sono una galassia piena di buchi neri, dice alla Luna. C'è un testo importante, scritto in versi, cento anni fa. Un testo che sembra più vecchio di quello che è. Un oceano di parole musicali che ha retto, come pochi, la sfida della scena teatrale laddove altri testi fatti di poesia hanno fallito, e Ibsen lo sapeva bene. Negli stessi anni nasce il teatro contemporaneo, Čechov e Strindberg per intenderci. Cyrano è una storia già vecchia, appena nata. Eppure. Eppure piace a tutti, resiste, non ferisce nessuno e questo non è un buon segno, dice Luigi Lunari, non ha cambiato il mondo. Eppure. Eppure ancora oggi è tra le opere più rappresentate nel pianeta. Ma perché? Cosa cela? Per noi, racchiude un mistero. Un'ombra che si aggira intorno al rifiuto del naso, un rifiuto che sa di antico, “ebbi ostile mia madre a cui non piacqui mai”, dice quando sta per morire. Ecco, il rifiuto. Non è di Rossana, che stiamo parlando. È qualcosa di più profondo, e forse lo sentiamo. E poi, quella foga. Quella furia. Quella smania di combattere, di mettere a tacere il frastuono interiore che tanto ci riguarda. E infine, quella paura di amare. Cristiano è un uomo onesto, non è sciocco, dice ancora Lunari, e quando Rossana gli chiede cosa prova, lui risponde “soltanto” che la ama. Ricamate, insiste lei. Ma cosa deve dire, questo povero Cristiano? L'unica cosa che conta: ti amo. La verità è dire ti amo, la verità è dire non ti amo più, confessa Cyrano alla sua amata Luna. Per noi la Luna è un deserto, una piuma, un palloncino. Una bambina che fa domande invisibili e difficilissime: che cos'è la verità? E il vento? E un bacio? Hai amato davvero? Cyrano siede sulla panchina dell'infinito, in attesa di diventare stella. Manca poco, ormai. Basta dire tutta la verità, e poi succederà. Lo sapremo là, nell'azzurro, come una stella polare da seguire da lontano, come una dolce costellazione da ammirare, da imitare, da raccontare ancora, e ancora, e ancora. (Luca Chieregato e Pietro De Pascalis) La compagnia Facchetti De Pascalis nasce dal desiderio di Pietro De Pascalis e Gianfelice Facchetti di provare a produrre nuova drammaturgia ufficialmente e legalmente costituita dal 2010. Produce e mette in scena Bundesliga ‘44, spettacolo finalista al premio Ustica per il teatro nel 2005. Nel numero dei più (+), Icaro e Dedalo srl in scena al CRT di Milano mentre Aumma e C’era una volta un Re in scena al Teatro Leonardo da Vinci. Pietro De Pascalis, attore e formatore storico di Grock Scuola di Teatro. Allievo di Claudio Orlandini. Da anni porta avanti un processo di ricerca che affonda le radici nel processo organico dell’attore, un lavoro tuttavia che spazia dalla maschera, nelle sue più svariate declinazioni caratteristiche, al realismo scenico. Negli anni seminari di approfondimento con varie personalità del panorama teatrale italiano da Claudio Marconi a Danio Manfredini, da Emma Dante a Luca Micheletti. Ha collaborato per molti anni con Andrea Narsi della Compagnia Teatro de Gli Incamminati di Franco Branciaroli. È socio fondatore e produttore della compagnia Facchetti De Pascalis ed è socio fondatore di Manifatture Teatrali Milanesi. Luca Chieregato, scrittore, autore di teatro, attore e regista. Ha lavorato per molti anni presso il Comteatro e collabora con altre realtà teatrali. Si forma artisticamente studiando con Claudio Orlandini e seguendo vari seminari. Si occupa di scrittura teatrale e narrativa, conducendo laboratori e seminari nelle scuole e nelle biblioteche; scrive storie e favole per bambini e cura il progetto Scatofavole in collaborazione con Alessia Bussini. Nel 2012 ha fondato il gruppo teatrale Comenoi, una piccola realtà con cui realizza spettacoli leggeri e poetici, che si prestano a essere rappresentati anche in spazi non teatrali.
Teatro dell’Elfo
Il Teatro dell’Elfo è stato fondato nel 1972 da un gruppo di attori che ancora oggi costituiscono l’anima della cooperativa e ancora oggi lo guidano: Corinna Agustoni, Ferdinando Bruni, Cristina Crippa, Elio De Capitani, Ida Marinelli e Luca Toracca, a cui si sono aggiunti Elena Russo Arman e Francesco Frongia. Una comunità di lavoro artistico, legata a una precisa tradizione di teatro d'attore, che in cinquant’anni è stata capace di evolversi in accordo con i tempi, non solo sul fronte dei linguaggi della scena, ma anche dei modelli gestionali. E che è stata capace di perseguire e realizzare un grande ‘sogno’ (oltre quello shakespeariano): creare a Milano un grande teatro d'arte sul modello dei più prestigiosi teatri europei. Nel 2010 ha inaugurato la nuova sede, il novecentesco Elfo Puccini di corso Buenos Aires, sostenendo i costi di progettazione del restauro e ripensandolo radicalmente come Teatro d'arte
contemporanea. Le tre sale, dedicate a Shakespeare, Fassbinder e Bausch, esemplificano il manifesto artistico e programmatico dell’Elfo: la pratica convinta della drammaturgia contemporanea, la programmazione interdisciplinare, la compattezza del nucleo artistico e il lavoro con e per le nuove generazioni di artisti e di spettatori.
Il Teatro dell’Elfo è oggi una ‘fabbrica’ che produce arte e teatro (non un negozio o una vetrina), una ’casa’ aperta alla città dove incontrarsi e condividere pensieri ed emozioni.
Diretto da Ferdinando Bruni, Elio De Capitani e Fiorenzo Grassi, l’Elfo è una cooperativa ed la prima istituzione teatrale italiana ad aver ottenuto il riconoscimento di Impresa Sociale (nel 2011), con il coinvolgimento dei lavoratori e di tutti gli stakeholder, spettatori e cittadini. È un esperimento artistico d'avanguardia, ma anche un esperimento economico e sociale, un'impresa retta da principi etici e partecipati che mette al centro del suo agire la tutela del lavoro.
scritto diretto e interpretato da Elena Russo Arman
suono di Giuseppe Marzoli
luci di Giacomo Marettelli Priorelli
voce registrata Francesco Gagliardi
produzione Teatro dell'Elfo
Una nuova edizione di un successo del 2014, Shakespeare a merenda, spettacolo scritto, diretto e interpretato da Elena Russo Arman, che è stato definito dalla stampa “un vero piacere per bambini e adulti”. Una versione ripensata guardando alle potenzialità registiche del video per una fruizione alternativa a quella teatrale ‘dal vivo’, che ne vuole esaltare tutta la coinvolgente vitalità.
Il testo è ambientato all’epoca di Elisabetta I d’Inghilterra. C’è grande attesa per il nuovo spettacolo di Sir William Shakespeare in scena al Globe, il famoso teatro di Londra. Il più grande interprete del teatro elisabettiano, Mr Goodwin, è appena entrato in scena tra le grida e le ovazioni del suo variopinto e adorante pubblico. Dietro le quinte c'è la sua sarta tuttofare, Mary, che ha seguito ogni prova, cucito ogni abito, pettinato, truccato e sistemato il grande attore affinché egli possa interpretare magistralmente il ruolo di Giulietta. Questo fa Mary prima di ogni spettacolo, anche se il suo sogno è interpretare la parte di Giulietta, che ormai conosce a memoria; pur sapendo che non lo potrà mai fare perché è una donna, e le donne non possono recitare.
Mary ha un segreto: quando si ritrova sola, in camerino, lontana da occhi indiscreti, indossa un costume e si diverte a dar sfogo alla sua passione. Ben presto il suo gioco è destinato a interrompersi, Mary deve tornare al lavoro ma continuerà a sognare di poter recitare, e chissà che un giorno non troppo lontano questo sogno possa avverarsi…
Attraverso lo sguardo ironico e scanzonato di Mary, Elena Russo Arman offre agli spettatori grandi e piccoli un modo diverso di scoprire il gioco teatrale, i mestieri di chi sta "dietro le quinte", la magia del palcoscenico. È un testimone privilegiato che, da un punto di osservazione particolare - un camerino ingombro di costumi, parrucche, manichini, teschi, spade, pugnali e oggetti di ogni tipo - rievoca i più celebri successi del Bardo, le scene più commoventi e quelle più divertenti e "spettegola" sui protagonisti della compagnia del Lord Ciambellano, con cui lavora ogni giorno. Così ripercorre le storie affascinanti ed eterne raccontate da Shakespeare, storie “da grandi”, che da secoli fanno sognare spettatori di tutto il mondo e di tutte le età.
«Shakespeare a misura di bambino. Ma raccontato con tale grazia, arguzia e passione teatrale da essere vivamente consigliato a tutti. È Shakespeare a merenda spettacolo scritto, diretto e interpretato da Elena Russo Arman, qui nei panni della giovane Mary, sarta tuttofare nel dietro le quinte del celeberrimo Globe Theatre, dove assiste Mr Goodwin, star del teatro elisabettiano impegnato nel ruolo di Giulietta. Lui è in scena accolto da ovazioni e applausi, lei lo attende in camerino, ogni tanto sbircia sul palco mentre sogna di poter un giorno anche lei interpretare l’infelice amante di Verona.
Peccato che non possa, perché ai tempi di Shakespeare alle donne il teatro era vietato ed erano gli uomini a fare le parti femminili.
Ma Mary non si scoraggia: ha a sua disposizione tutti gli strumenti del mestiere, trucchi, parrucche, costumi, oggetti di scena, con cui provare in segreto i grandi personaggi delle tragedie e delle commedie, Amleto, Sogno di una notte di mezza estate, Otello. E mentre gioca a fare Ofelia o Titania, parla e racconta della regina Elisabetta che invitava Shakespeare per il il tè, di come era fatto e funzionava il Globe Theatre, del pubblico che lo affollava mangiando e bevendo, delle rivalità tra gli attori della compagnia dei Lord Chamberlain`s Men, adorati da tutti ma trattati da mascalzoni pericolosi a cui era negato persino un posto al cimitero.
Ne viene fuori un affresco avvincente e ammaliante che attraverso Shakespeare racconta la magia del teatro, il suo mistero, il suo artigianato amorevole e senza tempo. Uno spettacolo per bambini ma non da bambini. Loro se ne vanno felici, mentre gli adulti, oltre a divertirsi, si fanno anche un bel ripasso shakespeariano».
Sara Chiappori, TuttoMilano
TEATRO MAGRO
Teatro Magro nasce a Mantova sotto la direzione artistica del regista Flavio Cortellazzi. Attento ai temi della contemporaneità, il team ha creato e sviluppato un'offerta culturale multidisciplinare, divulgativa, sociale ed educativa. La sua attività si muove tra spettacoli e performance teatrali; performance per enti pubblici e società private, come evoluta forma spettacolare conforme alle specifiche esigenze del committente e realizzabile anche in contesti tradizionalmente non deputati alla cultura; laboratori teatrali, nelle scuole di ogni ordine e grado, per adulti, dilettanti e professionisti, persone diversamente abili; progetti territoriali in coordinamento con enti territoriali sia nazionali, sia internazionali.
Ogni creazione di Teatro Magro è il risultato di un lavoro di équipe in cui soci e collaboratori uniscono le proprie competenze e i propri percorsi formativi in modo sinergico, dando origine a un prodotto che si caratterizza per l’alta qualità e la cura del dettaglio, per la costante messa in campo di processi d’innovazione, per l’attenzione alla contemporaneità, uniti alla simultanea capacità di mantenere e restituire il proprio stile.
Uno stile fatto di un’estetica, unica, ben definita e immediatamente riconoscibile, e soprattutto di una sostanza: essenziale, pulito, che arriva dritto al contenuto. MAGRO.
Adamo è stato il primo uomo quaggiù
E Yuri Gagarin il primo lassù
E tutto il mondo con la testa all’insù
Pensa all’uomo che è volato nel blu
Lassù nel ciel,
Nell’infinito spazio cosmico.
Dieci, nove, otto, sette, sei, cinque
quattro, tre, due uno, Partenza
Sono qui che galleggio
attorno al mio barattolo di latta,
Lontano sopra la Luna,
Il pianeta Terra è blu
E non c’è niente che io possa fare
Crescendo in numeri
crescendo in velocità
le persone si uniscono
le persone si dividono
nessuno può fermarci ora
perché siamo tutti fatti di stelle
In tutto quel chiarore sterminato,
dove ogni lontananza si disperde,
guardando quel silenzio smisurato
l’uomo…
si perde…
stupito dallo stupore: io
un universo di atomi
un atomo nell’universo.
regia Flavio Cortellazzi
con Elia Grassi
scenografie, musiche, costumi Teatro Magro
video e allestimento tecnico Zero Beat
grafica e foto Barbara Rondini
consulenza scientifica e distribuzione Alkémica Cooperativa Sociale onlus
con il contributo di Fondazione Cariplo
produzione Pantacon
Nell’universo sono emersi molti fenomeni affascinanti: mostruosi buchi neri del peso di un miliardo di soli che mangiano le stelle e vomitano getti di gas; stelle di neutroni che ruotano su se stesse mille volte al secondo, la cui materia è compressa a un miliardo di tonnellate per centimetro cubo; particelle subatomiche così inafferrabili che potrebbero penetrare anni luce di piombo solido; onde gravitazionali il cui flebile passaggio non lascia alcuna impronta percettibile. Un punto microscopico brilla, poi un altro, poi un altro: è l’impercettibile, è l’enorme. Questo lumicino è un focolare, una stella, un sole, un universo; ma questo universo è niente. Ogni numero è zero di fronte all’infinito. L’inaccessibile unito all’impenetrabile, l’impenetrabile unito all’inesplicabile, l’inesplicabile unito all’incommensurabile: questo è il cielo. In un universo infinito, qualsiasi cosa possa essere immaginata potrebbe esistere da qualche parte.
Nulla-Tutto si crea, si distrugge, si trasforma. Di fronte al mare stupito dallo stupore.
Io. Un universo di atomi. Un atomo nell’universo.
SN | 1604 corpo celeste è uno spettacolo multidisciplinare che coinvolge ragazzi e adulti nella scoperta dell'astronomia e degli oggetti d’indagine scientifica, ponendo e proponendo domande continue per stimolarne la curiosità. Grazie al lavoro teatrale dell’attore, alla progettazione audiovisiva ed allo studio specifico e strutturato delle luci, didattica della scienza, teatro e multimedialità si fondono per la creazione di performance che sappiano stimolare la necessità della ricerca, lo stupore della scoperta, lo sforzo della teoria.
Industria Scenica
Industria Scenica nasce nel 2012 con l’idea di progettare e realizzare percorsi che integrano le arti performative con il sociale, la formazione con lo sviluppo personale e ricreativo del singolo e della collettività. Negli anni è rimasta coerente con il suo percorso, creando progetti di drammaturgia di comunità e producendo spettacoli teatrali a partire da tematiche sociali. Per farlo si serve di uno spazio storico e alternativo, una balera rigenerata situata nel centro storico di Vimodrone (MI). L’Everest - Spazio alla Cultura dal 2014 ospita una Stagione Teatrale e una Stagione di Teatro Scuola, è una delle sedi del Centro di Residenza “Intercettazioni” di Regione Lombardia e offre ai cittadini serate danzanti, corsi e laboratori, mostre e seminari. Industria Scenica, inoltre, lavora su progetti di peer e media education, percorsi di formazione teatrale e video, visite di tourism theatre. Nel 2018, la compagnia di Industria Scenica, Elea Teatro, è stata riconosciuta dal MiBACT come impresa di produzione teatrale under 35 grazie al progetto SHARE3.
di e con Serena Facchini ed Ermanno Nardi
supervisione drammaturgica e registica Renata Ciaravino
progetto video Elvio Longato
produzione Industria Scenica
con il supporto produttivo di Next Laboratorio delle Idee - Regione Lombardia
con il sostegno di Fondazione della Comunità Bresciana, Fondazione ASM
con il patrocinio di Amnesty International Italia
Spettacolo finalista al FIT/Fringe L’altroFestival di Lugano 2014
Spettacolo selezionato per InScena! di New York 2015
Spettacolo semifinalista In-Box Verde 2017
Spettacolo vincitore del Bando Teatro delle Differenze 2018
Anna ha 14 anni, fa le superiori in una cittadina alle porte di Milano. Ha una migliore
amica, ha anche un ragazzo. È carina, è popolare.
Un giorno si fa un video. Lo fa per il suo fidanzato. Ma quel video inizia a saltare da
uno schermo all’altro, non tornerà più indietro.
Il bullismo a scuola c’è sempre stato, come anche il bisogno di farsi notare. Ma come sono cambiati oggi questi fenomeni tra social network e nuove tecnologie? Oggi gli “schiaffi” sono diventati intangibili, sono video pubblicati online, messaggi anonimi, foto rubate, false identità. Fisicamente fanno meno male, ma quanto feriscono nell’anima?
Confessioni intime e la propria immagine sono diffusi sul web spesso senza filtro e, a volte, senza consapevolezza delle possibili conseguenze. WEBulli indaga i fenomeni di cyberbullismo e sexting, ossia gli atti di bullismo e molestia e lo scambio di contenuti espliciti di carattere sessuale effettuati tramite i nuovi media digitali. Il video si incrocia con il teatro diventando elemento fondamentale in scena, fungendo da scenografia, da scansione temporale degli eventi e da parte integrante della narrazione.
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