PICCOLO TEATRO STREHLER DI MILANO
"PROCESSO A GALILEO"
REGIA ANDREA DE ROSA E CARMELO RIFICI
Fisico e filosofo della natura, Galileo è considerato il padre della scienza moderna, segnando uno spartiacque per la nostra cultura. Tanto il suo contributo scientifico quanto la sua abiura hanno dato vita a un’onda lunga che è arrivata fino a noi: un big bang la cui espansione si mostra oggi nella sua forma più realizzata e problematica. Galilei è colui che spezza definitivamente i cieli aristotelici, rompendo un modello di raffigurazione del mondo che per secoli aveva rincuorato l’uomo: scienza e teologia, rappresentazione e verità si dividono definitivamente.
Processo Galileo si compone di tre storie, tre momenti uniti in un unico spettacolo. Un prologo, ambientato nel passato storico in cui avviene l’abiura: le parole del processo a Galileo del 1633, con i suoi personaggi e il suo linguaggio, fungono da punto di partenza e di irradiazione dei diversi temi in gioco – il rapporto tra la scienza e il potere, la tradizione, la coscienza. Un presente, nel quale una giovane donna, madre e intellettuale, è chiamata a raccontare per una rivista divulgativa il nuovo paradigma che la scienza sta ponendo oggi; il lutto familiare che sta elaborando provoca un cortocircuito con i dialoghi che intrattiene con uno scienziato e con sua madre, costringendola a intraprendere un viaggio più vasto, che mette in discussione la sua visione del mondo. Un futuro, nel quale ogni realismo si sgretola e i personaggi diventano le voci di un’invettiva contro un Galileo che non è più visto come solo l’imputato di un tribunale ecclesiastico, ma come il portavoce di un processo storico e culturale che ha congiunto in maniera indissolubile la ricerca scientifica alla capacità tecnica, saldando per sempre l’idea di progresso di una società alla potenza dei suoi dispositivi tecnologici.
Il cannocchiale di Galileo diventa così lo strumento di una rivoluzione che, iniziata nel XVII secolo, proietta il mondo in un futuro per molti versi inquietante. Tre sequenze che corrispondono ad altrettanti processi che – con diversi linguaggi e modalità espressive – indagano i destini e gli interrogativi del mondo contemporaneo e di quella che oggi chiamiamo modernità.
L’origine di questo lavoro è singolare: la forte esperienza vissuta a causa della pandemia aveva spinto entrambi a lavorare sul nostro rapporto con la scienza, ma eravamo del tutto ignari del fatto che stavamo svolgendo parallelamente una ricerca sullo stesso argomento. Quando scoprimmo il “curioso accidente”, la logica avrebbe voluto che uno dei due rinunciasse al progetto ma, contro ogni consuetudine, abbiamo invece deciso di provare a lavorarci insieme. Al di là di ogni risultato, ciò che ci ha spinti su questa strada, con timore ed entusiasmo, era il desiderio di mostrare, soprattutto a noi stessi, che due registi, con stili ed estetiche diverse, potessero abdicare alla loro totale autonomia per addentrarsi in un territorio della regia nel quale l’attenzione per l’argomento fosse più forte delle istanze individuali. Per indagare il nostro rapporto con la scienza, siamo partiti da Galileo Galilei, dagli atti del suo processo, dalla sentenza della Santa Inquisizione e dall’abiura cui fu costretto lo scienziato, per approfondire i rapporti che, oggi più che mai, legano la scienza alla società e al potere. Che cos’è cambiato da quel lontano 2 giugno 1633? La scienza, che allora era stata costretta ad abiurare, che cosa è diventata? Dove si spingerà in futuro la sua ricerca? Affinché tutte queste domande trovassero una “forma scenica”, abbiamo scandito la drammaturgia e la regia in tre parti. Nella prima, Angela – una giovane ricercatrice che è il nostro alter ego in scena – analizza il materiale storico che documenta il processo a Galileo da parte dell’Inquisizione, insieme a frammenti del “Dialogo dei massimi sistemi” e alle lettere, bellissime e appassionate, che Virginia scriveva dal convento a suo padre; nella seconda (scritta da Angela Demattè) Angela affronta il drammatico tentativo di mettere insieme il suo desiderio di conoscenza con il suo essere figlia e madre; nella terza (scritta da Fabrizio Sinisi) la giovane ricercatrice dà infine voce alle inquietudini filosofiche e politiche rispetto ad un futuro in cui le “macchine” saranno parte sempre più integrante delle nostre vite. Abbiamo deciso di mettere un pianoforte al centro di uno spazio scenico libero e aperto, perché si tratta di uno degli “strumenti” più perfetti e sofisticati che l’uomo abbia mai inventato, una macchina capace di generare bellezza pur essendo il suo funzionamento regolato da rigide e fredde regole meccaniche. L’abbiamo scelto come simbolo e trait d’union fra le tre parti che compongono lo spettacolo perché ci sembrava il simbolo perfetto per rappresentare quella simbiosi tra tecnica e creatività, tra cultura scientifica e umanistica, che ha caratterizzato la cultura occidentale fino al rinascimento e che, da Galileo in poi, sembra smarrirsi o diventare problematica.
Andrea De Rosa e Carmelo Rifici
Dovendo affrontare una scrittura a quattro mani, il punto di partenza del nostro lavoro era rappresentato dalla necessità di conciliare due linguaggi, due codici, due “approcci” e di farli confluire in un unico spettacolo. Abbiamo deciso, aiutati da Simona Gonella e dai registi, di non sciogliere le differenze derivanti dalle nostre specificità autoriali, immaginando una drammaturgia capace di contenerle entrambe. Abbiamo provato così a costruire una drammaturgia composta da due atti che – pur nella loro diversità – potessero vivere in un dialogo continuo, attraverso un processo creativo individuale ma anche continuamente condiviso e, quindi, collettivo. Abbiamo voluto far precedere i nostri testi da un prologo comune, nel quale emergesse la figura storica di Galileo Galilei – il suo percorso, le sue ricerche e, soprattutto, il suo processo, lasciando quasi intatto il linguaggio seicentesco. Temi, figure e interrogativi risuonano come onde lunghe da un testo all’altro, instaurando una parentela fatta di echi, rimandi, connessioni. In questo modo le strutture si sono lentamente ma naturalmente compenetrate. Se la presenza dello Scienziato/Galileo era già decisa come costante in tutti i capitoli del testo, si è aggiunta in modo preponderante la figura della Madre, una donna sapiente ma conservatrice e terrena, custode di una conoscenza arcaica e contadina.
Si è aggiunta poi la figura problematica di un ragazzo rivoluzionario, vittima e carnefice dell’evoluzione tecnica. Abbiamo infine immaginato, come trait d’union dell’intero percorso, il personaggio di Angela, una giovane ricercatrice che sta svolgendo una ricerca su Galileo e sui processi culturali e filosofici innescati a partire dalla sua abiura nel 1633. In questo personaggio abbiamo proiettato anche le nostre fragilità e i nostri errori: il senso di inadeguatezza che inevitabilmente colpisce scrittori di formazione umanistica quando si ritrovano a fronteggiare il linguaggio scientifico.
Angela Dematté e Fabrizio Sinisi
Piccolo Teatro Strehler (Largo Greppi – M2 Lanza), dal 10 al 15 gennaio 2023
Processo Galileo
di Angela Dematté, Fabrizio Sinisi
dramaturg Simona Gonella
regia Andrea De Rosa, Carmelo Rifici
con Luca Lazzareschi, Milvia Marigliano
e con (in ordine alfabetico) Catherine Bertoni de Laet, Giovanni Drago, Roberta Ricciardi, Isacco Venturini
scene Daniele Spanò
costumi Margherita Baldoni
progetto sonoro GUP Alcaro
disegno luci Pasquale Mari
assistenti alla regia Ugo Fiore, Marcello Manzella
produzione LAC Lugano Arte e Cultura, TPE - Teatro Piemonte Europa, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
in collaborazione con Associazione Santacristina Centro Teatrale
partner di ricerca Clinica Luganese Moncucco
Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16.
Prezzi: platea 33 euro, balconata 26 euro
Informazioni e prenotazioni 02.21126116 - www.piccoloteatro.org
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