TEATRO CARCANO DI MILANO
STAGIONE TEATRALE 2023/2024
Con il Gruppo Sosia & Pistoia che ho fondato ci siamo lanciati. Abbiamo scelto di condividere quest’avventura con Lella Costa e Serena Sinigaglia chiamandole a dettare la linea della nuova direzione artistica e mai scelta fu più oculata. Con Mariangela Pitturru, che cura la programmazione, stanno traghettando il Teatro Carcano verso lidi inconsueti, talvolta apparentemente azzardati per un teatro di mille posti. Ma sono le sfide quelle che fanno crescere e assumersi i rischi è nella natura dell’imprenditore.
Stiamo rinnovando profondamente i sistemi gestionali, operativi, organizzativi di un teatro che affonda orgogliosamente le radici nel lontano 1803, aggregando nuove risorse, spesso giovani, per condurlo al centro della contemporaneità.
Siamo un Centro di Produzione tra i primi in Italia; godiamo di un ottimo riconoscimento da parte del Ministero; con il Comune di Milano stiamo avviando progetti e belle collaborazioni; con la Regione confidiamo di fare presto altrettanto.
Diverse aziende private cominciano a darci fiducia. Abbiamo aumentato il numero delle recite sia in teatro che in tour attraverso le nostre produzioni, incrementando le giornate lavorative dei soggetti coinvolti.
Il Carcano adesso è un vecchio teatro che corre veloce.
Carlo Gavaudan
Presidente Teatro Carcano
Grazie.
Non è soltanto quello che mi sento innanzitutto di dire a tutte le persone che in questi due anni si sono fidate di noi, ci hanno seguite, sono tornate a teatro (e non è stato un passaggio semplice né scontato, dopo la pandemia, il distanziamento sociale, la paura dei luoghi chiusi e affollati).
È anche quello che mi sono sentita dire ogni volta che sono venuta al Carcano per vedere qualche spettacolo o per partecipare a qualche evento: grazie.
Non potete immaginare la sorpresa, la gioia, l’orgoglio che ho provato: grazie per quello che fate. Grazie perché avete ridato vita a questo teatro senza snaturarlo. Grazie perché posso portarci anche mio figlio senza puntargli una pistola alla tempia e alla fine anche lui è contento. Grazie perché ho scoperto spettacoli che mai avrei immaginato mi potessero interessare. Grazie per gli incontri, grazie per le sorprese.
Non era scontato che succedesse, anzi. E non potrebbe esserci conferma migliore, stimolo più efficace per noi impavide direttrici innamorate del Teatro, e non solo del nostro.
C’è una frase del Pranzo di Babette di Karen Blixen che amo moltissimo: “In tutto il mondo risuona un grido che nasce dal cuore dell’artista: consentitemi di fare il meglio che posso”.
È precisamente il nostro progetto, il nostro sentimento, e faremo di tutto perché diventi anche il vostro.
Intanto, grazie.
Lella Costa
Direttrice artistica Teatro Carcano
Eccoci di fronte ad una nuova stagione.
La terza per noi.
Ancora troppo presto per trarre conclusioni ma sufficienti per condividere con voi e con la città le molte soddisfazioni che il Carcano ci ha regalato in questi primi due anni della nuova direzione artistica.
Lo sappiamo, il teatro oggi è una faccenda complessa. Se voglio ascoltare una storia, farmi due risate, approfondire un tema, svagarmi o aggiornarmi, posso farlo in mille modi, di fatto più semplici e più rapidi e talvolta più economici dell’andare a teatro. Dunque non di “storie” si occupa il teatro, le racconta, certo, ma non è più questo il punto.
È il modo unico di raccontarle le storie, questo è il teatro. Un modo unico, che suona paradossalmente inedito nella nostra società. È l’esercizio all’esserci, alla presenza, al profondo radicamento dei vissuti. È riappropriarsi di una dimensione spirituale, talvolta è persino rito. È storia che si fa carne nell’incontro dell’istante condiviso.
Sinceramente amo il teatro per questo e credo che sia quanto mai necessario di fronte all’analfabetismo relazionale dilagante. Un antidoto, un bell’antidoto agli effetti conosciuti e ancora (e sono molti) sconosciuti della digitocrazia. Non voglio sembrarvi fanatica ma una parte di me, in certe giornate di preoccupazione e spavento, si risolleva pensando: finchè c’è teatro, c’è speranza!
Ed è alla speranza che dedichiamo questa nuova stagione. Alla speranza che si possa insieme ritornare ad immaginare un futuro, senza paura, senza quei dubbi angosciosi che affliggono così pesantemente il nostro tempo.
Le cose buone, quelle che lasciano una traccia e che impattano positivamente sulla realtà, richiedono tempo, tenacia, perseveranza. Così questa nostra terza stagione si colloca in assoluta continuità con le due precedenti, cercando di consolidare quanto costruito e svelando quanto ancora si ha da costruire. Saremo ancora trasversali, incrociando generi e forme diverse, avremo ancora quella particolare attenzione allo sguardo femminile, lavoreremo ancora per e sul territorio costruendo reti di collaborazione con istituzioni e realtà associative. E incroceremo ancora una volta le questioni più urgenti di attualità con i pensieri e le azioni che il passato ci ha lasciato in eredità, in quel dialogo costante tra classico e contemporaneo così prezioso per definire i contorni del presente.
Vogliamo che questo teatro di 1000 posti divenga giorno dopo giorno un luogo o meglio ancora una polis dove la città si racconta alla città.
E quindi sì, questa sera ti porto al Carcano perché voglio guardare al mondo con occhi meno soli.
Serena Sinigaglia
Direttrice artistica Teatro Carcano
Dopo due anni i tempi sono maturi per un primissimo, timido, bilancio.
Il Teatro Carcano è stato rilevato nel 2021, con la pandemia ancora in corso. Abbiamo gettato tutti il cuore oltre l’ostacolo e cominciato a ripensarlo, a riempirlo delle nostre visioni e delle nostre passioni, cercando già per la prima nuova stagione spettacoli che ci assomigliassero. Era una sfida impegnativa, mi ha fatto tremare le vene ai polsi avere la responsabilità di coordinare il cambiamento.
Oggi possiamo affermare con orgoglio che in così poco tempo il Teatro Carcano si è riposizionato in città con un progetto diverso: naturalmente orientato al femminile, più inclusivo, attento a quanto accade nella società civile e nel sociale, sensibile alle contaminazioni coi nuovi media, alle connessioni intergenerazionali e ai modi nuovi di fruire lo spettacolo.
Accanto alla stagione di prosa sono nati i Follow the Monday, gli incontri del lunedì, più interattivi, dedicati all’approfondimento, alla divulgazione, allo scambio di vedute: un’iniziativa che ci ha portato moltissimi giovani ed è diventata un appuntamento imprescindibile.
Abbiamo cominciato a frequentare con occhi attenti i luoghi milanesi, a dialogare con gli artisti, gli operatori, le istituzioni e sono cominciate a fiorire belle collaborazioni.
Con ATIR, sorelle e fratelli che ci accompagnano dall’inizio e che ci piace pensare ci vivano un po’ come una casa; con l’Università degli Studi di Milano, di cui ospitiamo il progetto teatrale La Repubblica curato da Omar Nedjari; con il Piccolo Teatro che, nel periodo natalizio, ospiterà il debutto della nostra produzione L’asino e il bue di e con Ascanio Celestini (repliche al Carcano); con il Conservatorio G. Verdi, che ci ha consentito di riallestire La tragédie de Carmen di Peter Brook diretta da Serena Sinigaglia; con il centro Humanitas per lei dell’ospedale San Pio X per il progetto Svelarsi di Silvia Gallerano e con la NABA - Nuova Accademia di Belle Arti, i cui studenti ci hanno regalato lo slogan di questa terza stagione.
Ci pare di essere sulla strada giusta.
Tanta esperienza e quello che si suole definire intuito femminile ci guidano.
Mariangela Pitturru
Responsabile dei progetti live del Gruppo Sosia & Pistoia e della programmazione del Teatro Carcano
BPER Banca si conferma anche quest’anno Main Sponsor del Teatro Carcano; Federico Furlotti, Area Manager Milano, commenta così il rinnovato sostegno: “La forte crescita dimensionale degli ultimi anni di BPER, che la vede oggi posizionata tra le prime banche nazionali e molto presente anche a Milano, non le ha fatto perdere uno dei valori fondanti, ovvero la vicinanza ai territori e alle persone. L’Istituto, infatti, ha sempre affiancato progetti in ambito culturale e il sostegno al Teatro Carcano è frutto di una precisa scelta di
“Responsabilità sociale d’impresa”, che considera la promozione della cultura come un fattore decisivo di sviluppo economico e sociale”.
Federico Furlotti
Area Manager Milano BPER Banca
Anche quest’anno ATM è Partner Tecnico del Teatro Carcano per la stagione 2023/2024, una rinnovata collaborazione che si inserisce all’interno di una strategia più ampia per promuovere le eccellenze della città. Grazie a questa partnership gli abbonati annuali Atm potranno acquistare i biglietti per la stagione teatrale a prezzi agevolati. Un’iniziativa che ha l’obiettivo di favorire l’accesso alla cultura e che vuole contestualmente promuovere il trasporto pubblico come forma di mobilità sostenibile, determinante per lo sviluppo della città.
Atm S.p.A
Stasera ti porto al Carcano
Il claim della nuova stagione del Teatro Carcano nasce grazie alla collaborazione con NABA - Nuova Accademia di Belle Arti. Circa 100 studenti del Biennio Specialistico in Visual Design e Integrated Marketing Communication hanno svolto un’esercitazione didattica lavorando alla progettazione di una nuova brand identity del teatro. Dopo aver indagato la storia, l’identità, gli aspetti architettonici e gli elementi di comunicazione del Teatro Carcano, ci hanno sottoposto molti progetti interessanti dai quali abbiamo tratto svariate suggestioni e accolto uno dei claim suggeriti, fresco e immediato: STASERA TI PORTO AL CARCANO!
L’immagine grafica coordinata della nuova stagione teatrale, realizzata da F205 Design Studio (che ci accompagna per il secondo anno), allude, reinterpretando ancora una volta il fregio che compare sul frontone dell’ingresso del Carcano, a un simbolico abbraccio. Il teatro è luogo di socializzazione, occasione per incontrarsi e consolidare i legami. L’invito rivolto al pubblico è di tornare a scoprire il piacere di stare insieme, vicini, partecipi di un’esperienza che, pur replicata, resta ogni volta unica.
Stagione 2023/24
Il cartellone di questa nuova stagione, che comincia l’11 ottobre, si compone di 28 titoli in cui trova ampio spazio la drammaturgia contemporanea, oltre ai classici rivisitati in chiave attuale, spettacoli al femminile per interpretazione e tematica, incursioni musicali, un’opera d’arte partecipata dai cittadini e un’opera lirica con orchestra dal vivo. Tutte occasioni accomunate dalla qualità e dal richiamo di protagonisti e registi.
Proseguono i Follow the Monday, i talk del lunedì dedicati all’ascolto critico, al pensiero, alla discussione, in compagnia di personaggi carismatici; la programmazione dedicata alle scuole, per la quale il Carcano detiene un bel primato di affluenza da molti anni; i Fantaweekend a cura di Fantateatro.
Le produzioni
Torna ad essere importante l’impegno produttivo del Teatro Carcano che nella stagione 2023/2024 si declina in ben undici titoli, tra produzioni e coproduzioni.
L’inizio di stagione è affidato all’inedito riallestimento de La tragédie de Carmen (coproduzione Teatro Carcano, Conservatorio G. Verdi di Milano in collaborazione con NABA - Nuova Accademia di Belle Arti) di Peter Brook, Jean-Claude Carrière, Marius Constant a cura di Serena Sinigaglia. L’orchestra, i cantanti, il direttore d’orchestra, i maestri accompagnatori, tutte le figure artistiche sono giovani diplomandi del Conservatorio G. Verdi di Milano, istituzione con la quale è stato avviato negli scorsi mesi un percorso di formazione teatrale, attoriale e musicale per gli allievi che saranno coinvolti in quest’opera. Un allestimento site specific per omaggiare la forte vocazione musicale del Carcano che, già dall’800, era solito ospitare sul palcoscenico le opere di Donizetti, Bellini e molti altri (non dimentichiamo che il teatro fu realizzato da Luigi Canonica su modello del Teatro alla Scala). Un’apertura di stagione che annuncia subito i temi cari alla direzione artistica: centralità dello sguardo femminile, trasversalità di generi e forme artistiche, partecipazione, formazione, esercizio e stimolo della libertà di pensiero.
Il programma prosegue infatti con l’interpretazione di Lella Costa di Giovanna: la pulzella, la fanciulla, l’allodola, testo scritto da Gabriele Scotti con Lella Costa, realizzato lo scorso anno per il Festival Verdiano (coproduzione Teatro Carcano / Società dei Concerti di Parma). Un lavoro di tessitura delle tante biografie, anche molto discordanti tra loro, che hanno ritratto Giovanna d’Arco, per arrivare alla sintesi più inconsueta, anche dal punto di vista musicale, delle partiture verdiane, affidata a una coppia di virtuosi del piano, il Faccini Piano Duo.
Inizieranno poi le prove per portare in scena in dicembre la seconda parte dell’opera partecipata El Nost Milan, progetto triennale coprodotto insieme a ATIR, ispirato all’omonima commedia di Carlo Bertolazzi, un classico del teatro milanese che debuttò nel 1893 proprio al Carcano. Lo spettacolo, ideato e diretto da Serena Sinigaglia con 160 cittadini in scena e la partecipazione di Lella Costa, diviene un’opera colossale, coraggiosa e coinvolgente, quasi una guida all’ascolto e alla scoperta di Milano. Dopo l’intensa esperienza umana vissuta lo scorso anno con La povera gente, ad essere indagati stavolta saranno I Signori.
In occasione delle celebrazioni degli ottocento anni, per iniziativa del Comitato Greccio 2023, Ascanio Celestini con L’asino e il bue (prodotto da Fabbrica srl, Fondazione Musica Per Roma, Comitato Greccio 2023, Teatro Carcano) affronta la narrazione di Francesco, il santo che nel 1223, a Greccio, creò il Presepe. In scena le parole e le gesta di Francesco incontrano quelle degli abitanti del paese umbro: storie di vita che Celestini è andato ad ascoltare per immaginare che tipo di Presepe avrebbe fatto Francesco se fosse nato ai giorni nostri.
Continua la collaborazione con LAC - Lugano Arte Cultura con una nuova coproduzione scespiriana, La dodicesima notte (o quello che volete), commedia surreale e divertente diretta dal giovane Giovanni Ortoleva, menzione speciale nel concorso “Registi under 30” della Biennale di Venezia 2018.
E a fine stagione torna Lella Costa con il debutto del nuovo spettacolo scritto con Gabriele Vacis che ne firma anche la regia, Cuore di burattino. I due affrontano ancora un grande classico, questa volta il Pinocchio di Collodi, ma con un orecchio teso a Cuore di De Amicis. Analizzando, scomponendo e ricomponendo la storia per cercarne i temi profondi che la rendono universale e paradigmatica, offriranno numerose chiavi di lettura del nostro quotidiano, a partire da quelle bugie che oggi si chiamano fake news fino a tutte le sfumature della menzogna.
La centralità dell’universo femminile, come si è detto, è un leitmotiv della direzione artistica del Teatro Carcano. Stai zitta! (co-prodotto insieme a SCARTI e LaQ-Prod), tratto dall’omonimo testo di Michela Murgia, affronta con la credibilità data dall’impegno delle attrici/attiviste Antonella Questa, Valentina Melis e Teresa Cinque, le tematiche femministe, invitando a combattere gli stereotipi di genere. Le “frasi che non vogliamo più sentirci dire” contenute nel libro offrono l’occasione di raccontare la società contemporanea attraverso una carrellata di personaggi e di situazioni surreali. Regia di Marta Dalla Via.
E sono molte altre frasi di questo stesso tipo l’oggetto della satira del format ideato e condotto da Serena Dandini Vieni avanti, cretina. Next!, dove attrici di collaudata comicità come Martina Dell’Ombra/Federica Cacciola, Annagaia Marchioro, Germana Pasquero e Rita Pelusio celebrano la “cretineria” al femminile, un’esclamazione che può sembrare audace di questi tempi ma perfettamente in linea con la lunga strada in salita dell’emancipazione delle donne.
Completa l’elenco delle produzioni Carcano Il Sen(n)o di Monica Dolan (titolo originale The b*easts) ospitato a Milano dal Teatro Menotti: un monologo intenso sulla sessualizzazione precoce cui siamo esposti e sulle sue nefaste conseguenze, interpretato da Lucia Mascino per la regia di Serena Sinigaglia.
Il Teatro Franco Parenti ospiterà The Sound Inside di Adam Rapp per la regia di Serena Sinigaglia, tradotto da Monica Capuani, con Marina Sorrenti e Alessio Zigulia (Premio Hystrio 2021), una coproduzione con il Campania Teatro Festival 2022. Si tratta di un testo americano di straordinaria forza, inedito in Italia. Una storia che racconta la magia dell’esistenza, la possibilità della salvezza, della rinascita, la forza delle parole e della letteratura.
Riprenderà in autunno anche la tournée de Le nostre anime di notte, una produzione tutta targata Carcano dedicata al capolavoro di Kent Haruf, interpretato da Lella Costa ed Elia Schilton con la regia di Serena Sinigaglia. Un romanzo delicato, profondo, che rinfranca l’anima. Un balsamo che sa di rinascita, di rigenerazione.
Le ospitalità
Anche tra le ospitalità, naturalmente, sono molti gli spettacoli che celebrano il femminile, interpretati o diretti da donne. Maria Stuarda (coproduzione di Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Torino e Centro Teatrale Bresciano) vede due mattatrici a confronto, Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni, lottare per contendersi la corona sotto la direzione di un istrione della regia come David Livermore.
Di Caryl Churchill, la drammaturga inglese nota per le sue commedie storiche e di costume non convenzionali e aliene da ogni forma di didatticismo, vedremo Top Girls (produzione Fondazione Teatro Due di Parma), con Sara Putignano, Valentina Banci, Sandra Toffolatti, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Paola De Crescenzo, Martina De Santis, Corinna Andreutti, Simona De Sarno, regia di Monica Nappo. Il testo affronta in modo strutturale l’ineludibilità del confronto con il modello maschile nell’esercizio del potere e le sue contraddizioni.
Il classico di Genet Le serve (produzione CMC-Nidodiragno / Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano) rivive nella contemporaneità valorizzando i temi del potere, del genere e della devianza psichica. Veronica Cruciani guida la sfida con l’icona transgender Eva Robin’s e le attrici Beatrice Vecchione e Matilde Vigna.
Ne La madre (Compagnia Moliere in coproduzione con Teatro di Napoli – Teatro Nazionale e Accademia Perduta Romagna Teatri) Lunetta Savino presta corpo, voce e anima al capolavoro di Florian Zeller, che indaga in forma di black comedy il tema dell’amore materno e le possibili derive patologiche a cui può condurre. Con lei Andrea Renzi. Regia di Marcello Cotugno.
Si muovono a ritmo di jazz, eseguito dal vivo da Renato Cantini e Michele Staino, gli otto ritratti di persone normali alla deriva raccontati da Arianna Porcelli Safonov in Omeophonie (Omeofonìe): favole omeopatiche per adulti in cui la morale torna di moda perché fa ridere.
Ed è un vero e proprio spettacolo-concerto Cetra…una volta, che omaggia il quartetto più celebre del palcoscenico e della televisione italiana dagli anni ’40 agli anni ’80, i Cetra. Il loro è il trio Favete Linguis: con Emanuela Fresi e Toni Fornari c’è Stefano Fresi, attore tanto appassionato di canto dal volersi dilettare, appena cinema e tv glielo consentono, con la musica, le canzoni e le parodie.
Alla luce della nostra produzione con Ascanio Celestini, abbiamo pensato di creare un piccolo progetto dedicato a San Francesco, quasi un esercizio di stile. Il professor Alessandro Barbero terrà una lectio dal titolo San Francesco: un santo scomodo. A seguire, laudi medievali e strumenti antichi accompagneranno il lavoro di Giovanni Scifoni, Frà - San Francesco, la star del Medioevo (produzione Mismaonda), che, interrogandosi sull’enorme potere persuasivo che ha generato Francesco, quasi quanto una pop star, percorre la vita del poverello di Assisi e il suo sforzo ossessivo di raccontare il mistero di Dio in ogni forma. Poi, appunto, L’Asino e il Bue di Ascanio Celestini. Tre sfaccettature del santo: dotta, religiosa, apocrifa.
Tra i titoli classici rivisitati in chiave contemporanea Arturo Cirillo firma Ferdinando (produzione Marche Teatro, Teatro Metastasio di Prato, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini), capolavoro della drammaturgia di Annibale Ruccello (1956-1986), mentre Rocco Papaleo, diretto da Leo Muscato, si confronta con Gogol ne L’ispettore generale (produzione Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale e Teatro Stabile del Veneto - Teatro Nazionale), commedia satirica fra le più divertenti e attuali della drammaturgia russa che si prende gioco della piccolezza morale di chi detiene un potere.
Si deve alla sapiente scrittura di Ugo Chiti, che firma anche la regia, Falstaff a Windsor, l’adattamento shakespeariano de Le allegre comari di Windsor, che vede protagonista Alessandro Benvenuti (produzione Arca Azzurra).
E si continua a ridere ne I maneggi per maritare una figlia di Niccolò Bacigalupo (produzione Teatro Sociale Camogli, Teatro Nazionale di Genova, CTB - Centro Teatrale Bresciano) dove ritroviamo Elisabetta Pozzi in compagnia di Tullio Solenghi (attore e regista) che restituisce a Gilberto Govi la valenza di maschera della storia del teatro comico: quasi un Arlecchino, uno Zanni, Totò.
Corrado Nuzzo e Maria di Biase, diretti da Giorgio Gallione, prestano la loro naturale bizzarria a Delirio a due (produzione AGIDI e CMC-Nidodiragno), irresistibile scherzo teatrale tipico del miglior teatro dell’assurdo di Eugène Ionesco.
Dopo la full immersion dantesca dello scorso anno, arrivano a grande richiesta Elio Germano e Teho Teardo, voce e musica che avvicinano al mistero e all’indicibile cercato da Dante nei versi del Paradiso XXXIII (produzione Infinito Produzioni e Argot Produzioni).
È un’ossessione politica invece quella che anima l’Alcide De Gasperi interpretato da Paolo Pierobon. De Gasperi: l’Europa brucia (produzione Teatro Stabile di Bolzano e LAC Lugano Arte e Cultura), scritto da Angela Demattè, restituisce la statura e la complessità dello statista, un uomo d’altri tempi che aderisce totalmente al suo compito politico.
Ancora una riflessione sulla contemporaneità è quella cui porta Le verdi colline dell’Africa (produzione Infinito Teatro e Argot Produzioni), scritto e diretto da Sabina Guzzanti e interpretato insieme a Giorgio Tirabassi. Un gioco metateatrale per uno spettacolo divertente e innovativo, che ruota intorno a un confronto sul teatro e la sua essenza.
Le collaborazioni
SVELARSI
Lo scorso anno decidemmo di fare un esperimento con il Teatro di Dioniso: proporre uno spettacolo con otto attrici in scena che si svelano, anche fisicamente, alla visione di chi le osserva. Fu un atto un po’ carbonaro, la drammaturga e regista Silvia Gallerano capì da subito che in sala non sarebbero potute entrare che donne, per non contaminare il rito del comune sentire da cui nasce la catarsi propiziata dal teatro.
L’esperimento fu un successo, un momento liberatorio necessario. Quest’anno lo riproponiamo in quattro repliche e un laboratorio condotto da Silvia Gallerano all’interno del centro Humanitas per lei dell’ospedale San Pio X che si inserisce nel progetto “La salute femminile va in scena”, attivando un parallelismo che ci è parso lampante: svelarsi per le donne prelude alla cura. Dai tabù che ammalano l’anima, dalle malattie che aggrediscono i corpi. A suggello, Silvia Gallerano riproporrà il suo spettacolo storico La merda che ha riempito per 10 anni i teatri di tutt'Italia.
La salute femminile va in scena
Laboratori teatrali ma in ospedale, dedicati ai tabù sulla salute femminile, per promuovere una maggiore consapevolezza di sé. E uno spettacolo teatrale, Svelarsi, che porta sul palco il corpo delle donne. Teatro e salute femminile si incontrano per sensibilizzare sull’importanza di stili di vita sani e prevenzione, e sul ruolo della donna nella società attuale, oltre ogni pregiudizio. Accanto alle attrici, gli specialisti di Humanitas per lei: il centro dell’ospedale Humanitas San Pio X di Milano dedicato alla salute femminile in ogni fase della vita, con team multidisciplinari e percorsi clinici personalizzati per garantire qualità e sicurezza delle cure, un’attenzione ai bisogni specifici di salute delle donne dall’adolescenza all’età fertile fino alla gravidanza e menopausa.
Centro Humanitas per lei - ospedale San Pio X
LA REPUBBLICA
In collaborazione con Università degli Studi di Milano porteremo in scena La Repubblica con la Compagnia Università degli Studi - ARCUS e in collaborazione con ATIR. Una commedia moderna che prende ispirazione dai testi di Platone, Aristofane, Eschilo e Euripide, fatta di momenti coreografici e sonori dove il conflitto si svolgerà prima di tutto nello spettatore.
La Repubblica è un progetto artistico e formativo che coinvolge lavoratori dello spettacolo, studenti, professori e dipendenti dell’Università Statale di Milano. Centro del progetto è lo spettacolo a partire dall’opera di Platone Repubblica, dove sei attori professionisti, guidati dal regista Omar Nedjari, condurranno il dialogo, circondati da dodici allievi attori, studenti dell’Università degli Studi di Milano che, da studiosi delle parole di Platone, attraverso un percorso laboratoriale lungo più di un anno, presteranno il loro corpo e la loro voce al pensiero del grande filosofo.
Lo spettacolo, che già nel taglio drammaturgico vede un approccio critico originale all’opera di Platone, vuole essere pensato anche come strumento e occasione di dialogo sulle molte tematiche sollevate dall’opera filosofica. Pertanto sarà organizzato un ciclo di conferenze (gratuite e aperte al pubblico) in cui interverranno professori esperti del pensiero platonico e artisti.
Eventi e Family Show
Il 9 ottobre il Teatro Carcano parteciperà a VajontS23, un evento di teatro civile corale voluto da Marco Paolini per ricordare, a distanza di 60 anni, quel disastro purtroppo ancora così attuale che fu il crollo della diga del Vajont. Sarà con noi il geologo Mario Tozzi che ne ripercorrerà le dinamiche in modo scientifico prefigurando gli scenari prossimi.
Il Capodanno del Teatro Carcano è affidato quest’anno al mattatore Enrico Bertolino, che nella triplice veste di comico, narratore ed esperto di comunicazione racconterà i paradossi e le contraddizioni dell’anno che ci lasciamo alle spalle. Il suo format Instant Theatre, che si rinnova a ogni edizione, condurrà al ripasso delle notizie più curiose che hanno caratterizzato l’anno che ci lasceremo alle spalle. Con lui i due musicisti polistrumentisti Roberto Antonio Dibitonto e Tiziano Cannas Aghedu.
Il 6 dicembre il comico, scrittore, attore e cantautore Dario Vergassola approda per la prima volta al teatro ragazzi in Malefici di Fondazione Aida, un inedito Family Show con I Muffins che svelerà come erano, da bambini, i cattivi delle fiabe.
Nelle feste di Natale arriva invece il musical Pippi Calzelunghe, un’edizione “dal vivo” vivace ed esuberante della favola dedicata alla celebre eroina ribelle e anticonformista. Lo spettacolo nasce da un’idea di Gigi Proietti, quella di trasformare la celebre favola di Astrid Lindgren in uno spettacolo dai tratti unici, grazie alla versione italiana di Sagitta Alter e Carlotta Proietti e alla regia di Fabrizio Angelini con un cast di attori, cantanti, ballerini-acrobati per raccontare sul palco la storia di un’icona senza tempo.
Fantateatro
Testi e regia Sandra Bertuzzi
Scene Federico Zuntini
Costumi Atelier Fantateatro
Di casa al Teatro Carcano dal 2015, dove ha raccolto crescenti successi, anche in questa stagione torna Fantateatro con gli ormai abituali appuntamenti del fine settimana per le famiglie, uno dei quali in collaborazione con il Conservatorio G. Verdi di Milano per avvicinare nuovo pubblico al linguaggio dell’opera lirica.
La Compagnia Fantateatro, nata a Bologna nel 2008 dall’incontro di registi, pedagogisti, attori ed educatori, si è guadagnata una posizione di primaria importanza a livello nazionale nell’ambito del teatro ragazzi grazie ai suoi spettacoli coloratissimi, vivaci e pieni di passione che attingono a piene mani ai più disparati linguaggi artistici (arti figurative, musica, teatro di figura, cinema di animazione, lirica). Di rilievo anche la sua attività in campo discografico (Fantafavole, realizzato in collaborazione con Daniele Silvestri, Max Gazzè e Niccolò Fabi; Un mondo fantastico; Insegui i tuoi sogni) ed editoriale (si segnalano gli audiolibri L’Orco Puzza, La regina Carciofona, Tato Lupo e i fumetti tratti dagli spettacoli Peter Pan, La spada nella roccia e Il Canto di Natale).
I FANTAWEEKEND
Sabato 21 ottobre 2023 ore 15.00
I TRE MOSCHETTIERI (dai 4 anni)
Tratto dal romanzo ottocentesco di Alexandre Dumas padre, lo spettacolo ripropone in forma ridotta la complessità della storia e delle sue sottotrame. Il romanzo d’avventura viene così rappresentato per una fruizione dinamica con una messa in scena fastosa, impreziosita dalle videoproiezioni animate e dai duelli di fioretto.
Sabato 25 novembre 2023 ore 15.00
In collaborazione con Conservatorio G. Verdi di Milano
L’ELISIR D’AMORE (dai 6 anni)
Cantanti, attori e un pianista per un divertente adattamento dell’opera buffa composta da Gaetano Donizetti su libretto di Felice Romani. Uno spettacolo pieno di sorprese e colpi di scena, in grado di coinvolgere il giovane pubblico attraverso un linguaggio semplice e comprensibile, conservando le arie più significative dell’opera e trasformando il resto del libretto in parti recitate.
Sabato 13 gennaio 2024 ore 15.00
I TRE PORCELLINI (dai 3 anni)
Una rivisitazione del grande classico, passando dal tema dell’ecologia a quello dell’amicizia in un’ora di puro divertimento: Tato Lupo è un lupo pasticcione ma soprattutto vegetariano, che cerca nei porcellini degli improbabili compagni di gioco. Dopo molte incomprensioni, i tre fratelli accetteranno questo nuovo amico e insieme puliranno il bosco dai rifiuti.
Domenica 28 gennaio 2024 ore 11.00
IL GIRO DEL MONDO IN 80 GIORNI (dai 4 anni)
Spettacolo carico di tematiche e di suggestioni, non privo di comicità, in cui grande rilevanza viene data alla virtù dell’amicizia, alle invenzioni, alla storia e alla geografia, fino ad arrivare alla spiegazione del fuso orario. Le videoproiezioni accompagnano attori e spettatori su treni, navi, e persino elefanti. Grazie a questi espedienti il pubblico si emoziona e impara divertendosi.
Domenica 11 febbraio 2024 ore 11.00
BIANCANEVE E I SETTE NANI (dai 3 anni)
Tra le favole più famose dei fratelli Grimm, questo classico conserva un fascino intramontabile per i più piccoli e viene qui reinterpretato con ironia, dando vita a uno spettacolo ricco di paradossi, in cui Biancaneve insegna che l’umiltà vince sempre, anche sulla cattiveria delle persone più spietate. La messinscena utilizza una tecnica di animazione di disegni dal vivo che interagiscono con gli attori.
Sabato 2 marzo 2024 ore 15.00
PETER PAN E WENDY (dai 3 anni)
La compagnia propone una trama che mescola fantasia, azione e avventura, coinvolgendo il pubblico nelle vicissitudini del ragazzo che non vuole crescere mai e della sua amica Wendy sull’Isola che non c’è. Le canzoni originali, le coreografie e le esilaranti gesta dei pirati rendono unico e imperdibile questo spettacolo.
FANTATEATRO PER LE SCUOLE
La programmazione didattica di Fantateatro spazia da titoli adatti ai bambini della scuola dell’infanzia e primaria a proposte più impegnative rivolte agli allievi della scuola media inferiore.
Date e titoli saranno resi noti prossimamente su www.teatrocarcano.com insieme al resto del cartellone di Carcano Scuole 2023/24.
Crowdfunding El Nost Milan: un progetto di teatro partecipato
COS’È
El nost Milan - I signori è il secondo capitolo di un progetto triennale di teatro partecipato, ideato e diretto da Serena Sinigaglia, in cui più di 160 cittadini, diversi per età, abilità, appartenenza culturale e provenienza territoriale, prendono parte a un percorso di formazione teatrale che avrà il suo esito in un grande spettacolo corale, in scena a dicembre 2023 presso il Teatro Carcano di Milano. Per farlo, abbiamo bisogno che la comunità che partecipa al progetto si allarghi ancora di più, incontrando persone che vogliono sostenerlo e così entrare a farne parte.
Il progetto è realizzato da ATIR in coproduzione con Teatro Carcano, in partnership con Cooperativa sociale Comunità Progetto e Associazione Amici di Edoardo Onlus in collaborazione con le compagnie teatrali Proxima Res, Eco di Fondo e PEM, Associazione Aiutiamoli Onlus, Associazione Aiutility Onlus, CAG CD Giambellino.
CHI SIAMO
ATIR è una compagnia teatrale attiva da 27 anni a Milano e sul territorio nazionale, che ha costruito negli anni una serie di competenze trasversali tra creatività artistica e lavoro formativo ed educativo, rafforzato dalla partnership con la cooperativa sociale Comunità Progetto con cui da anni si realizzano progetti di teatro integrato.
LA COMUNITÀ
La comunità che partecipa al progetto è ampia e trasversale: comprende anziani, adulti adolescenti, abili e diversamente abili, persone con fragilità psichiche, educatori, formatori, drammaturghi, scenografi, costumisti, studenti delle Accademie di Belle Arti della Lombardia, progettisti, tecnici e organizzatori. Questo spaccato di umanità ha l’occasione di condividere un’esperienza teatrale che valorizza le differenze, favorisce l’inclusione e la coesione sociale e offre alla città un racconto e uno specchio in cui riconoscersi. I laboratori che partecipano all’evento sono 13, condotti da diversi formatori e dislocati in vari quartieri della città, con un radicamento particolare in alcuni territori periferici come quelli di Chiesa Rossa, Gratosoglio, Barona, Giambellino, con la collaborazione di una rete di realtà del sociale e del terzo settore.
IL PROGETTO TRIENNALE
El nost Milan è un progetto triennale (ispirato all’opera di Carlo Bertolazzi) il cui primo capitolo nel 2022, La povera gente, ha coinvolto più di 150 partecipanti ai laboratori per la cittadinanza tenuti dalle compagnie ATIR, Proxima Res, PEM ed Eco di fondo in un viaggio alla scoperta della città di Milano. Lo spettacolo finale ha debuttato al Teatro Carcano lo scorso dicembre totalizzando oltre 3.000 spettatori!
Il teatro, al di là dello spettacolo serale, dell’evento mondano, della programmazione tradizionale, è strumento prezioso per la costruzione di relazioni: relazioni tra le singole persone, tra le persone e i territori, tra le lingue e le passioni, tra le necessità e i desideri. Costruisce comunità consapevoli, in quanto permette loro di riconoscersi come tali. Ecco, dunque, la genesi del progetto triennale di arte partecipata El Nost Milan: un viaggio attraverso le vie, le piazze, i luoghi di Milano, i cui protagonisti sono i cittadini stessi.
LA SECONDA PARTE: I SIGNORI
Nel 2023 stiamo preparando la seconda parte del progetto, coinvolgendo un numero ancora maggiore di cittadini, ben 180! Il titolo è El nost Milan. I signori e nel corso dell’anno - dopo l’esplorazione dei luoghi di povertà avvenuta lo scorso anno – i gruppi di cittadini guidati da formatori e drammaturghi indagano i luoghi di ricchezza della Milano di oggi. Ad accompagnare anche quest’anno i cittadini in scena la presenza straordinaria di Lella Costa. Il progetto, proprio per le sue dimensioni e il numero di persone coinvolte, ha bisogno di ingenti risorse per la sua realizzazione, per questo vi chiediamo di sostenerci e unirvi a noi: vogliamo raccogliere almeno € 20.000 che possano coprire una parte dei costi di realizzazione di scene e costumi.
UNISCITI A NOI! ENTRA A FAR PARTE DELLA COMUNITÀ DE EL NOST MILAN. DONA ANCHE TU!
Per donare basterà andare sulla pagina web www.produzionidalbasso.com e cercare il progetto El Nost Milan oppure cliccare questo link
https://www.produzionidalbasso.com/project/el-nost-milan-un-progetto-di-teatro-partecipato/
Non è soltanto quello che mi sento innanzitutto di dire a tutte le persone che in questi due anni si sono fidate di noi, ci hanno seguite, sono tornate a teatro (e non è stato un passaggio semplice né scontato, dopo la pandemia, il distanziamento sociale, la paura dei luoghi chiusi e affollati).
È anche quello che mi sono sentita dire ogni volta che sono venuta al Carcano per vedere qualche spettacolo o per partecipare a qualche evento: grazie.
Non potete immaginare la sorpresa, la gioia, l’orgoglio che ho provato: grazie per quello che fate. Grazie perché avete ridato vita a questo teatro senza snaturarlo. Grazie perché posso portarci anche mio figlio senza puntargli una pistola alla tempia e alla fine anche lui è contento. Grazie perché ho scoperto spettacoli che mai avrei immaginato mi potessero interessare. Grazie per gli incontri, grazie per le sorprese.
Non era scontato che succedesse, anzi. E non potrebbe esserci conferma migliore, stimolo più efficace per noi impavide direttrici innamorate del Teatro, e non solo del nostro.
C’è una frase del Pranzo di Babette di Karen Blixen che amo moltissimo: “In tutto il mondo risuona un grido che nasce dal cuore dell’artista: consentitemi di fare il meglio che posso”.
È precisamente il nostro progetto, il nostro sentimento, e faremo di tutto perché diventi anche il vostro.
Intanto, grazie.
Lella Costa
Direttrice artistica Teatro Carcano
Eccoci di fronte ad una nuova stagione.
La terza per noi.
Ancora troppo presto per trarre conclusioni ma sufficienti per condividere con voi e con la città le molte soddisfazioni che il Carcano ci ha regalato in questi primi due anni della nuova direzione artistica.
Lo sappiamo, il teatro oggi è una faccenda complessa. Se voglio ascoltare una storia, farmi due risate, approfondire un tema, svagarmi o aggiornarmi, posso farlo in mille modi, di fatto più semplici e più rapidi e talvolta più economici dell’andare a teatro. Dunque non di “storie” si occupa il teatro, le racconta, certo, ma non è più questo il punto.
È il modo unico di raccontarle le storie, questo è il teatro. Un modo unico, che suona paradossalmente inedito nella nostra società. È l’esercizio all’esserci, alla presenza, al profondo radicamento dei vissuti. È riappropriarsi di una dimensione spirituale, talvolta è persino rito. È storia che si fa carne nell’incontro dell’istante condiviso.
Sinceramente amo il teatro per questo e credo che sia quanto mai necessario di fronte all’analfabetismo relazionale dilagante. Un antidoto, un bell’antidoto agli effetti conosciuti e ancora (e sono molti) sconosciuti della digitocrazia. Non voglio sembrarvi fanatica ma una parte di me, in certe giornate di preoccupazione e spavento, si risolleva pensando: finchè c’è teatro, c’è speranza!
Ed è alla speranza che dedichiamo questa nuova stagione. Alla speranza che si possa insieme ritornare ad immaginare un futuro, senza paura, senza quei dubbi angosciosi che affliggono così pesantemente il nostro tempo.
Le cose buone, quelle che lasciano una traccia e che impattano positivamente sulla realtà, richiedono tempo, tenacia, perseveranza. Così questa nostra terza stagione si colloca in assoluta continuità con le due precedenti, cercando di consolidare quanto costruito e svelando quanto ancora si ha da costruire. Saremo ancora trasversali, incrociando generi e forme diverse, avremo ancora quella particolare attenzione allo sguardo femminile, lavoreremo ancora per e sul territorio costruendo reti di collaborazione con istituzioni e realtà associative. E incroceremo ancora una volta le questioni più urgenti di attualità con i pensieri e le azioni che il passato ci ha lasciato in eredità, in quel dialogo costante tra classico e contemporaneo così prezioso per definire i contorni del presente.
Vogliamo che questo teatro di 1000 posti divenga giorno dopo giorno un luogo o meglio ancora una polis dove la città si racconta alla città.
E quindi sì, questa sera ti porto al Carcano perché voglio guardare al mondo con occhi meno soli.
Serena Sinigaglia
Direttrice artistica Teatro Carcano
Dopo due anni i tempi sono maturi per un primissimo, timido, bilancio.
Il Teatro Carcano è stato rilevato nel 2021, con la pandemia ancora in corso. Abbiamo gettato tutti il cuore oltre l’ostacolo e cominciato a ripensarlo, a riempirlo delle nostre visioni e delle nostre passioni, cercando già per la prima nuova stagione spettacoli che ci assomigliassero. Era una sfida impegnativa, mi ha fatto tremare le vene ai polsi avere la responsabilità di coordinare il cambiamento.
Oggi possiamo affermare con orgoglio che in così poco tempo il Teatro Carcano si è riposizionato in città con un progetto diverso: naturalmente orientato al femminile, più inclusivo, attento a quanto accade nella società civile e nel sociale, sensibile alle contaminazioni coi nuovi media, alle connessioni intergenerazionali e ai modi nuovi di fruire lo spettacolo.
Accanto alla stagione di prosa sono nati i Follow the Monday, gli incontri del lunedì, più interattivi, dedicati all’approfondimento, alla divulgazione, allo scambio di vedute: un’iniziativa che ci ha portato moltissimi giovani ed è diventata un appuntamento imprescindibile.
Abbiamo cominciato a frequentare con occhi attenti i luoghi milanesi, a dialogare con gli artisti, gli operatori, le istituzioni e sono cominciate a fiorire belle collaborazioni.
Con ATIR, sorelle e fratelli che ci accompagnano dall’inizio e che ci piace pensare ci vivano un po’ come una casa; con l’Università degli Studi di Milano, di cui ospitiamo il progetto teatrale La Repubblica curato da Omar Nedjari; con il Piccolo Teatro che, nel periodo natalizio, ospiterà il debutto della nostra produzione L’asino e il bue di e con Ascanio Celestini (repliche al Carcano); con il Conservatorio G. Verdi, che ci ha consentito di riallestire La tragédie de Carmen di Peter Brook diretta da Serena Sinigaglia; con il centro Humanitas per lei dell’ospedale San Pio X per il progetto Svelarsi di Silvia Gallerano e con la NABA - Nuova Accademia di Belle Arti, i cui studenti ci hanno regalato lo slogan di questa terza stagione.
Ci pare di essere sulla strada giusta.
Tanta esperienza e quello che si suole definire intuito femminile ci guidano.
Mariangela Pitturru
Responsabile dei progetti live del Gruppo Sosia & Pistoia e della programmazione del Teatro Carcano
BPER Banca si conferma anche quest’anno Main Sponsor del Teatro Carcano; Federico Furlotti, Area Manager Milano, commenta così il rinnovato sostegno: “La forte crescita dimensionale degli ultimi anni di BPER, che la vede oggi posizionata tra le prime banche nazionali e molto presente anche a Milano, non le ha fatto perdere uno dei valori fondanti, ovvero la vicinanza ai territori e alle persone. L’Istituto, infatti, ha sempre affiancato progetti in ambito culturale e il sostegno al Teatro Carcano è frutto di una precisa scelta di
“Responsabilità sociale d’impresa”, che considera la promozione della cultura come un fattore decisivo di sviluppo economico e sociale”.
Federico Furlotti
Area Manager Milano BPER Banca
Anche quest’anno ATM è Partner Tecnico del Teatro Carcano per la stagione 2023/2024, una rinnovata collaborazione che si inserisce all’interno di una strategia più ampia per promuovere le eccellenze della città. Grazie a questa partnership gli abbonati annuali Atm potranno acquistare i biglietti per la stagione teatrale a prezzi agevolati. Un’iniziativa che ha l’obiettivo di favorire l’accesso alla cultura e che vuole contestualmente promuovere il trasporto pubblico come forma di mobilità sostenibile, determinante per lo sviluppo della città.
Atm S.p.A
Stasera ti porto al Carcano
Il claim della nuova stagione del Teatro Carcano nasce grazie alla collaborazione con NABA - Nuova Accademia di Belle Arti. Circa 100 studenti del Biennio Specialistico in Visual Design e Integrated Marketing Communication hanno svolto un’esercitazione didattica lavorando alla progettazione di una nuova brand identity del teatro. Dopo aver indagato la storia, l’identità, gli aspetti architettonici e gli elementi di comunicazione del Teatro Carcano, ci hanno sottoposto molti progetti interessanti dai quali abbiamo tratto svariate suggestioni e accolto uno dei claim suggeriti, fresco e immediato: STASERA TI PORTO AL CARCANO!
L’immagine grafica coordinata della nuova stagione teatrale, realizzata da F205 Design Studio (che ci accompagna per il secondo anno), allude, reinterpretando ancora una volta il fregio che compare sul frontone dell’ingresso del Carcano, a un simbolico abbraccio. Il teatro è luogo di socializzazione, occasione per incontrarsi e consolidare i legami. L’invito rivolto al pubblico è di tornare a scoprire il piacere di stare insieme, vicini, partecipi di un’esperienza che, pur replicata, resta ogni volta unica.
Stagione 2023/24
Il cartellone di questa nuova stagione, che comincia l’11 ottobre, si compone di 28 titoli in cui trova ampio spazio la drammaturgia contemporanea, oltre ai classici rivisitati in chiave attuale, spettacoli al femminile per interpretazione e tematica, incursioni musicali, un’opera d’arte partecipata dai cittadini e un’opera lirica con orchestra dal vivo. Tutte occasioni accomunate dalla qualità e dal richiamo di protagonisti e registi.
Proseguono i Follow the Monday, i talk del lunedì dedicati all’ascolto critico, al pensiero, alla discussione, in compagnia di personaggi carismatici; la programmazione dedicata alle scuole, per la quale il Carcano detiene un bel primato di affluenza da molti anni; i Fantaweekend a cura di Fantateatro.
Le produzioni
Torna ad essere importante l’impegno produttivo del Teatro Carcano che nella stagione 2023/2024 si declina in ben undici titoli, tra produzioni e coproduzioni.
L’inizio di stagione è affidato all’inedito riallestimento de La tragédie de Carmen (coproduzione Teatro Carcano, Conservatorio G. Verdi di Milano in collaborazione con NABA - Nuova Accademia di Belle Arti) di Peter Brook, Jean-Claude Carrière, Marius Constant a cura di Serena Sinigaglia. L’orchestra, i cantanti, il direttore d’orchestra, i maestri accompagnatori, tutte le figure artistiche sono giovani diplomandi del Conservatorio G. Verdi di Milano, istituzione con la quale è stato avviato negli scorsi mesi un percorso di formazione teatrale, attoriale e musicale per gli allievi che saranno coinvolti in quest’opera. Un allestimento site specific per omaggiare la forte vocazione musicale del Carcano che, già dall’800, era solito ospitare sul palcoscenico le opere di Donizetti, Bellini e molti altri (non dimentichiamo che il teatro fu realizzato da Luigi Canonica su modello del Teatro alla Scala). Un’apertura di stagione che annuncia subito i temi cari alla direzione artistica: centralità dello sguardo femminile, trasversalità di generi e forme artistiche, partecipazione, formazione, esercizio e stimolo della libertà di pensiero.
Il programma prosegue infatti con l’interpretazione di Lella Costa di Giovanna: la pulzella, la fanciulla, l’allodola, testo scritto da Gabriele Scotti con Lella Costa, realizzato lo scorso anno per il Festival Verdiano (coproduzione Teatro Carcano / Società dei Concerti di Parma). Un lavoro di tessitura delle tante biografie, anche molto discordanti tra loro, che hanno ritratto Giovanna d’Arco, per arrivare alla sintesi più inconsueta, anche dal punto di vista musicale, delle partiture verdiane, affidata a una coppia di virtuosi del piano, il Faccini Piano Duo.
Inizieranno poi le prove per portare in scena in dicembre la seconda parte dell’opera partecipata El Nost Milan, progetto triennale coprodotto insieme a ATIR, ispirato all’omonima commedia di Carlo Bertolazzi, un classico del teatro milanese che debuttò nel 1893 proprio al Carcano. Lo spettacolo, ideato e diretto da Serena Sinigaglia con 160 cittadini in scena e la partecipazione di Lella Costa, diviene un’opera colossale, coraggiosa e coinvolgente, quasi una guida all’ascolto e alla scoperta di Milano. Dopo l’intensa esperienza umana vissuta lo scorso anno con La povera gente, ad essere indagati stavolta saranno I Signori.
In occasione delle celebrazioni degli ottocento anni, per iniziativa del Comitato Greccio 2023, Ascanio Celestini con L’asino e il bue (prodotto da Fabbrica srl, Fondazione Musica Per Roma, Comitato Greccio 2023, Teatro Carcano) affronta la narrazione di Francesco, il santo che nel 1223, a Greccio, creò il Presepe. In scena le parole e le gesta di Francesco incontrano quelle degli abitanti del paese umbro: storie di vita che Celestini è andato ad ascoltare per immaginare che tipo di Presepe avrebbe fatto Francesco se fosse nato ai giorni nostri.
Continua la collaborazione con LAC - Lugano Arte Cultura con una nuova coproduzione scespiriana, La dodicesima notte (o quello che volete), commedia surreale e divertente diretta dal giovane Giovanni Ortoleva, menzione speciale nel concorso “Registi under 30” della Biennale di Venezia 2018.
E a fine stagione torna Lella Costa con il debutto del nuovo spettacolo scritto con Gabriele Vacis che ne firma anche la regia, Cuore di burattino. I due affrontano ancora un grande classico, questa volta il Pinocchio di Collodi, ma con un orecchio teso a Cuore di De Amicis. Analizzando, scomponendo e ricomponendo la storia per cercarne i temi profondi che la rendono universale e paradigmatica, offriranno numerose chiavi di lettura del nostro quotidiano, a partire da quelle bugie che oggi si chiamano fake news fino a tutte le sfumature della menzogna.
La centralità dell’universo femminile, come si è detto, è un leitmotiv della direzione artistica del Teatro Carcano. Stai zitta! (co-prodotto insieme a SCARTI e LaQ-Prod), tratto dall’omonimo testo di Michela Murgia, affronta con la credibilità data dall’impegno delle attrici/attiviste Antonella Questa, Valentina Melis e Teresa Cinque, le tematiche femministe, invitando a combattere gli stereotipi di genere. Le “frasi che non vogliamo più sentirci dire” contenute nel libro offrono l’occasione di raccontare la società contemporanea attraverso una carrellata di personaggi e di situazioni surreali. Regia di Marta Dalla Via.
E sono molte altre frasi di questo stesso tipo l’oggetto della satira del format ideato e condotto da Serena Dandini Vieni avanti, cretina. Next!, dove attrici di collaudata comicità come Martina Dell’Ombra/Federica Cacciola, Annagaia Marchioro, Germana Pasquero e Rita Pelusio celebrano la “cretineria” al femminile, un’esclamazione che può sembrare audace di questi tempi ma perfettamente in linea con la lunga strada in salita dell’emancipazione delle donne.
Completa l’elenco delle produzioni Carcano Il Sen(n)o di Monica Dolan (titolo originale The b*easts) ospitato a Milano dal Teatro Menotti: un monologo intenso sulla sessualizzazione precoce cui siamo esposti e sulle sue nefaste conseguenze, interpretato da Lucia Mascino per la regia di Serena Sinigaglia.
Il Teatro Franco Parenti ospiterà The Sound Inside di Adam Rapp per la regia di Serena Sinigaglia, tradotto da Monica Capuani, con Marina Sorrenti e Alessio Zigulia (Premio Hystrio 2021), una coproduzione con il Campania Teatro Festival 2022. Si tratta di un testo americano di straordinaria forza, inedito in Italia. Una storia che racconta la magia dell’esistenza, la possibilità della salvezza, della rinascita, la forza delle parole e della letteratura.
Riprenderà in autunno anche la tournée de Le nostre anime di notte, una produzione tutta targata Carcano dedicata al capolavoro di Kent Haruf, interpretato da Lella Costa ed Elia Schilton con la regia di Serena Sinigaglia. Un romanzo delicato, profondo, che rinfranca l’anima. Un balsamo che sa di rinascita, di rigenerazione.
Le ospitalità
Anche tra le ospitalità, naturalmente, sono molti gli spettacoli che celebrano il femminile, interpretati o diretti da donne. Maria Stuarda (coproduzione di Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Torino e Centro Teatrale Bresciano) vede due mattatrici a confronto, Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni, lottare per contendersi la corona sotto la direzione di un istrione della regia come David Livermore.
Di Caryl Churchill, la drammaturga inglese nota per le sue commedie storiche e di costume non convenzionali e aliene da ogni forma di didatticismo, vedremo Top Girls (produzione Fondazione Teatro Due di Parma), con Sara Putignano, Valentina Banci, Sandra Toffolatti, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Paola De Crescenzo, Martina De Santis, Corinna Andreutti, Simona De Sarno, regia di Monica Nappo. Il testo affronta in modo strutturale l’ineludibilità del confronto con il modello maschile nell’esercizio del potere e le sue contraddizioni.
Il classico di Genet Le serve (produzione CMC-Nidodiragno / Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano) rivive nella contemporaneità valorizzando i temi del potere, del genere e della devianza psichica. Veronica Cruciani guida la sfida con l’icona transgender Eva Robin’s e le attrici Beatrice Vecchione e Matilde Vigna.
Ne La madre (Compagnia Moliere in coproduzione con Teatro di Napoli – Teatro Nazionale e Accademia Perduta Romagna Teatri) Lunetta Savino presta corpo, voce e anima al capolavoro di Florian Zeller, che indaga in forma di black comedy il tema dell’amore materno e le possibili derive patologiche a cui può condurre. Con lei Andrea Renzi. Regia di Marcello Cotugno.
Si muovono a ritmo di jazz, eseguito dal vivo da Renato Cantini e Michele Staino, gli otto ritratti di persone normali alla deriva raccontati da Arianna Porcelli Safonov in Omeophonie (Omeofonìe): favole omeopatiche per adulti in cui la morale torna di moda perché fa ridere.
Ed è un vero e proprio spettacolo-concerto Cetra…una volta, che omaggia il quartetto più celebre del palcoscenico e della televisione italiana dagli anni ’40 agli anni ’80, i Cetra. Il loro è il trio Favete Linguis: con Emanuela Fresi e Toni Fornari c’è Stefano Fresi, attore tanto appassionato di canto dal volersi dilettare, appena cinema e tv glielo consentono, con la musica, le canzoni e le parodie.
Alla luce della nostra produzione con Ascanio Celestini, abbiamo pensato di creare un piccolo progetto dedicato a San Francesco, quasi un esercizio di stile. Il professor Alessandro Barbero terrà una lectio dal titolo San Francesco: un santo scomodo. A seguire, laudi medievali e strumenti antichi accompagneranno il lavoro di Giovanni Scifoni, Frà - San Francesco, la star del Medioevo (produzione Mismaonda), che, interrogandosi sull’enorme potere persuasivo che ha generato Francesco, quasi quanto una pop star, percorre la vita del poverello di Assisi e il suo sforzo ossessivo di raccontare il mistero di Dio in ogni forma. Poi, appunto, L’Asino e il Bue di Ascanio Celestini. Tre sfaccettature del santo: dotta, religiosa, apocrifa.
Tra i titoli classici rivisitati in chiave contemporanea Arturo Cirillo firma Ferdinando (produzione Marche Teatro, Teatro Metastasio di Prato, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini), capolavoro della drammaturgia di Annibale Ruccello (1956-1986), mentre Rocco Papaleo, diretto da Leo Muscato, si confronta con Gogol ne L’ispettore generale (produzione Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale e Teatro Stabile del Veneto - Teatro Nazionale), commedia satirica fra le più divertenti e attuali della drammaturgia russa che si prende gioco della piccolezza morale di chi detiene un potere.
Si deve alla sapiente scrittura di Ugo Chiti, che firma anche la regia, Falstaff a Windsor, l’adattamento shakespeariano de Le allegre comari di Windsor, che vede protagonista Alessandro Benvenuti (produzione Arca Azzurra).
E si continua a ridere ne I maneggi per maritare una figlia di Niccolò Bacigalupo (produzione Teatro Sociale Camogli, Teatro Nazionale di Genova, CTB - Centro Teatrale Bresciano) dove ritroviamo Elisabetta Pozzi in compagnia di Tullio Solenghi (attore e regista) che restituisce a Gilberto Govi la valenza di maschera della storia del teatro comico: quasi un Arlecchino, uno Zanni, Totò.
Corrado Nuzzo e Maria di Biase, diretti da Giorgio Gallione, prestano la loro naturale bizzarria a Delirio a due (produzione AGIDI e CMC-Nidodiragno), irresistibile scherzo teatrale tipico del miglior teatro dell’assurdo di Eugène Ionesco.
Dopo la full immersion dantesca dello scorso anno, arrivano a grande richiesta Elio Germano e Teho Teardo, voce e musica che avvicinano al mistero e all’indicibile cercato da Dante nei versi del Paradiso XXXIII (produzione Infinito Produzioni e Argot Produzioni).
È un’ossessione politica invece quella che anima l’Alcide De Gasperi interpretato da Paolo Pierobon. De Gasperi: l’Europa brucia (produzione Teatro Stabile di Bolzano e LAC Lugano Arte e Cultura), scritto da Angela Demattè, restituisce la statura e la complessità dello statista, un uomo d’altri tempi che aderisce totalmente al suo compito politico.
Ancora una riflessione sulla contemporaneità è quella cui porta Le verdi colline dell’Africa (produzione Infinito Teatro e Argot Produzioni), scritto e diretto da Sabina Guzzanti e interpretato insieme a Giorgio Tirabassi. Un gioco metateatrale per uno spettacolo divertente e innovativo, che ruota intorno a un confronto sul teatro e la sua essenza.
Le collaborazioni
SVELARSI
Lo scorso anno decidemmo di fare un esperimento con il Teatro di Dioniso: proporre uno spettacolo con otto attrici in scena che si svelano, anche fisicamente, alla visione di chi le osserva. Fu un atto un po’ carbonaro, la drammaturga e regista Silvia Gallerano capì da subito che in sala non sarebbero potute entrare che donne, per non contaminare il rito del comune sentire da cui nasce la catarsi propiziata dal teatro.
L’esperimento fu un successo, un momento liberatorio necessario. Quest’anno lo riproponiamo in quattro repliche e un laboratorio condotto da Silvia Gallerano all’interno del centro Humanitas per lei dell’ospedale San Pio X che si inserisce nel progetto “La salute femminile va in scena”, attivando un parallelismo che ci è parso lampante: svelarsi per le donne prelude alla cura. Dai tabù che ammalano l’anima, dalle malattie che aggrediscono i corpi. A suggello, Silvia Gallerano riproporrà il suo spettacolo storico La merda che ha riempito per 10 anni i teatri di tutt'Italia.
La salute femminile va in scena
Laboratori teatrali ma in ospedale, dedicati ai tabù sulla salute femminile, per promuovere una maggiore consapevolezza di sé. E uno spettacolo teatrale, Svelarsi, che porta sul palco il corpo delle donne. Teatro e salute femminile si incontrano per sensibilizzare sull’importanza di stili di vita sani e prevenzione, e sul ruolo della donna nella società attuale, oltre ogni pregiudizio. Accanto alle attrici, gli specialisti di Humanitas per lei: il centro dell’ospedale Humanitas San Pio X di Milano dedicato alla salute femminile in ogni fase della vita, con team multidisciplinari e percorsi clinici personalizzati per garantire qualità e sicurezza delle cure, un’attenzione ai bisogni specifici di salute delle donne dall’adolescenza all’età fertile fino alla gravidanza e menopausa.
Centro Humanitas per lei - ospedale San Pio X
LA REPUBBLICA
In collaborazione con Università degli Studi di Milano porteremo in scena La Repubblica con la Compagnia Università degli Studi - ARCUS e in collaborazione con ATIR. Una commedia moderna che prende ispirazione dai testi di Platone, Aristofane, Eschilo e Euripide, fatta di momenti coreografici e sonori dove il conflitto si svolgerà prima di tutto nello spettatore.
La Repubblica è un progetto artistico e formativo che coinvolge lavoratori dello spettacolo, studenti, professori e dipendenti dell’Università Statale di Milano. Centro del progetto è lo spettacolo a partire dall’opera di Platone Repubblica, dove sei attori professionisti, guidati dal regista Omar Nedjari, condurranno il dialogo, circondati da dodici allievi attori, studenti dell’Università degli Studi di Milano che, da studiosi delle parole di Platone, attraverso un percorso laboratoriale lungo più di un anno, presteranno il loro corpo e la loro voce al pensiero del grande filosofo.
Lo spettacolo, che già nel taglio drammaturgico vede un approccio critico originale all’opera di Platone, vuole essere pensato anche come strumento e occasione di dialogo sulle molte tematiche sollevate dall’opera filosofica. Pertanto sarà organizzato un ciclo di conferenze (gratuite e aperte al pubblico) in cui interverranno professori esperti del pensiero platonico e artisti.
Eventi e Family Show
Il 9 ottobre il Teatro Carcano parteciperà a VajontS23, un evento di teatro civile corale voluto da Marco Paolini per ricordare, a distanza di 60 anni, quel disastro purtroppo ancora così attuale che fu il crollo della diga del Vajont. Sarà con noi il geologo Mario Tozzi che ne ripercorrerà le dinamiche in modo scientifico prefigurando gli scenari prossimi.
Il Capodanno del Teatro Carcano è affidato quest’anno al mattatore Enrico Bertolino, che nella triplice veste di comico, narratore ed esperto di comunicazione racconterà i paradossi e le contraddizioni dell’anno che ci lasciamo alle spalle. Il suo format Instant Theatre, che si rinnova a ogni edizione, condurrà al ripasso delle notizie più curiose che hanno caratterizzato l’anno che ci lasceremo alle spalle. Con lui i due musicisti polistrumentisti Roberto Antonio Dibitonto e Tiziano Cannas Aghedu.
Il 6 dicembre il comico, scrittore, attore e cantautore Dario Vergassola approda per la prima volta al teatro ragazzi in Malefici di Fondazione Aida, un inedito Family Show con I Muffins che svelerà come erano, da bambini, i cattivi delle fiabe.
Nelle feste di Natale arriva invece il musical Pippi Calzelunghe, un’edizione “dal vivo” vivace ed esuberante della favola dedicata alla celebre eroina ribelle e anticonformista. Lo spettacolo nasce da un’idea di Gigi Proietti, quella di trasformare la celebre favola di Astrid Lindgren in uno spettacolo dai tratti unici, grazie alla versione italiana di Sagitta Alter e Carlotta Proietti e alla regia di Fabrizio Angelini con un cast di attori, cantanti, ballerini-acrobati per raccontare sul palco la storia di un’icona senza tempo.
Fantateatro
Testi e regia Sandra Bertuzzi
Scene Federico Zuntini
Costumi Atelier Fantateatro
Di casa al Teatro Carcano dal 2015, dove ha raccolto crescenti successi, anche in questa stagione torna Fantateatro con gli ormai abituali appuntamenti del fine settimana per le famiglie, uno dei quali in collaborazione con il Conservatorio G. Verdi di Milano per avvicinare nuovo pubblico al linguaggio dell’opera lirica.
La Compagnia Fantateatro, nata a Bologna nel 2008 dall’incontro di registi, pedagogisti, attori ed educatori, si è guadagnata una posizione di primaria importanza a livello nazionale nell’ambito del teatro ragazzi grazie ai suoi spettacoli coloratissimi, vivaci e pieni di passione che attingono a piene mani ai più disparati linguaggi artistici (arti figurative, musica, teatro di figura, cinema di animazione, lirica). Di rilievo anche la sua attività in campo discografico (Fantafavole, realizzato in collaborazione con Daniele Silvestri, Max Gazzè e Niccolò Fabi; Un mondo fantastico; Insegui i tuoi sogni) ed editoriale (si segnalano gli audiolibri L’Orco Puzza, La regina Carciofona, Tato Lupo e i fumetti tratti dagli spettacoli Peter Pan, La spada nella roccia e Il Canto di Natale).
I FANTAWEEKEND
Sabato 21 ottobre 2023 ore 15.00
I TRE MOSCHETTIERI (dai 4 anni)
Tratto dal romanzo ottocentesco di Alexandre Dumas padre, lo spettacolo ripropone in forma ridotta la complessità della storia e delle sue sottotrame. Il romanzo d’avventura viene così rappresentato per una fruizione dinamica con una messa in scena fastosa, impreziosita dalle videoproiezioni animate e dai duelli di fioretto.
Sabato 25 novembre 2023 ore 15.00
In collaborazione con Conservatorio G. Verdi di Milano
L’ELISIR D’AMORE (dai 6 anni)
Cantanti, attori e un pianista per un divertente adattamento dell’opera buffa composta da Gaetano Donizetti su libretto di Felice Romani. Uno spettacolo pieno di sorprese e colpi di scena, in grado di coinvolgere il giovane pubblico attraverso un linguaggio semplice e comprensibile, conservando le arie più significative dell’opera e trasformando il resto del libretto in parti recitate.
Sabato 13 gennaio 2024 ore 15.00
I TRE PORCELLINI (dai 3 anni)
Una rivisitazione del grande classico, passando dal tema dell’ecologia a quello dell’amicizia in un’ora di puro divertimento: Tato Lupo è un lupo pasticcione ma soprattutto vegetariano, che cerca nei porcellini degli improbabili compagni di gioco. Dopo molte incomprensioni, i tre fratelli accetteranno questo nuovo amico e insieme puliranno il bosco dai rifiuti.
Domenica 28 gennaio 2024 ore 11.00
IL GIRO DEL MONDO IN 80 GIORNI (dai 4 anni)
Spettacolo carico di tematiche e di suggestioni, non privo di comicità, in cui grande rilevanza viene data alla virtù dell’amicizia, alle invenzioni, alla storia e alla geografia, fino ad arrivare alla spiegazione del fuso orario. Le videoproiezioni accompagnano attori e spettatori su treni, navi, e persino elefanti. Grazie a questi espedienti il pubblico si emoziona e impara divertendosi.
Domenica 11 febbraio 2024 ore 11.00
BIANCANEVE E I SETTE NANI (dai 3 anni)
Tra le favole più famose dei fratelli Grimm, questo classico conserva un fascino intramontabile per i più piccoli e viene qui reinterpretato con ironia, dando vita a uno spettacolo ricco di paradossi, in cui Biancaneve insegna che l’umiltà vince sempre, anche sulla cattiveria delle persone più spietate. La messinscena utilizza una tecnica di animazione di disegni dal vivo che interagiscono con gli attori.
Sabato 2 marzo 2024 ore 15.00
PETER PAN E WENDY (dai 3 anni)
La compagnia propone una trama che mescola fantasia, azione e avventura, coinvolgendo il pubblico nelle vicissitudini del ragazzo che non vuole crescere mai e della sua amica Wendy sull’Isola che non c’è. Le canzoni originali, le coreografie e le esilaranti gesta dei pirati rendono unico e imperdibile questo spettacolo.
FANTATEATRO PER LE SCUOLE
La programmazione didattica di Fantateatro spazia da titoli adatti ai bambini della scuola dell’infanzia e primaria a proposte più impegnative rivolte agli allievi della scuola media inferiore.
Date e titoli saranno resi noti prossimamente su www.teatrocarcano.com insieme al resto del cartellone di Carcano Scuole 2023/24.
Crowdfunding El Nost Milan: un progetto di teatro partecipato
COS’È
El nost Milan - I signori è il secondo capitolo di un progetto triennale di teatro partecipato, ideato e diretto da Serena Sinigaglia, in cui più di 160 cittadini, diversi per età, abilità, appartenenza culturale e provenienza territoriale, prendono parte a un percorso di formazione teatrale che avrà il suo esito in un grande spettacolo corale, in scena a dicembre 2023 presso il Teatro Carcano di Milano. Per farlo, abbiamo bisogno che la comunità che partecipa al progetto si allarghi ancora di più, incontrando persone che vogliono sostenerlo e così entrare a farne parte.
Il progetto è realizzato da ATIR in coproduzione con Teatro Carcano, in partnership con Cooperativa sociale Comunità Progetto e Associazione Amici di Edoardo Onlus in collaborazione con le compagnie teatrali Proxima Res, Eco di Fondo e PEM, Associazione Aiutiamoli Onlus, Associazione Aiutility Onlus, CAG CD Giambellino.
CHI SIAMO
ATIR è una compagnia teatrale attiva da 27 anni a Milano e sul territorio nazionale, che ha costruito negli anni una serie di competenze trasversali tra creatività artistica e lavoro formativo ed educativo, rafforzato dalla partnership con la cooperativa sociale Comunità Progetto con cui da anni si realizzano progetti di teatro integrato.
LA COMUNITÀ
La comunità che partecipa al progetto è ampia e trasversale: comprende anziani, adulti adolescenti, abili e diversamente abili, persone con fragilità psichiche, educatori, formatori, drammaturghi, scenografi, costumisti, studenti delle Accademie di Belle Arti della Lombardia, progettisti, tecnici e organizzatori. Questo spaccato di umanità ha l’occasione di condividere un’esperienza teatrale che valorizza le differenze, favorisce l’inclusione e la coesione sociale e offre alla città un racconto e uno specchio in cui riconoscersi. I laboratori che partecipano all’evento sono 13, condotti da diversi formatori e dislocati in vari quartieri della città, con un radicamento particolare in alcuni territori periferici come quelli di Chiesa Rossa, Gratosoglio, Barona, Giambellino, con la collaborazione di una rete di realtà del sociale e del terzo settore.
IL PROGETTO TRIENNALE
El nost Milan è un progetto triennale (ispirato all’opera di Carlo Bertolazzi) il cui primo capitolo nel 2022, La povera gente, ha coinvolto più di 150 partecipanti ai laboratori per la cittadinanza tenuti dalle compagnie ATIR, Proxima Res, PEM ed Eco di fondo in un viaggio alla scoperta della città di Milano. Lo spettacolo finale ha debuttato al Teatro Carcano lo scorso dicembre totalizzando oltre 3.000 spettatori!
Il teatro, al di là dello spettacolo serale, dell’evento mondano, della programmazione tradizionale, è strumento prezioso per la costruzione di relazioni: relazioni tra le singole persone, tra le persone e i territori, tra le lingue e le passioni, tra le necessità e i desideri. Costruisce comunità consapevoli, in quanto permette loro di riconoscersi come tali. Ecco, dunque, la genesi del progetto triennale di arte partecipata El Nost Milan: un viaggio attraverso le vie, le piazze, i luoghi di Milano, i cui protagonisti sono i cittadini stessi.
LA SECONDA PARTE: I SIGNORI
Nel 2023 stiamo preparando la seconda parte del progetto, coinvolgendo un numero ancora maggiore di cittadini, ben 180! Il titolo è El nost Milan. I signori e nel corso dell’anno - dopo l’esplorazione dei luoghi di povertà avvenuta lo scorso anno – i gruppi di cittadini guidati da formatori e drammaturghi indagano i luoghi di ricchezza della Milano di oggi. Ad accompagnare anche quest’anno i cittadini in scena la presenza straordinaria di Lella Costa. Il progetto, proprio per le sue dimensioni e il numero di persone coinvolte, ha bisogno di ingenti risorse per la sua realizzazione, per questo vi chiediamo di sostenerci e unirvi a noi: vogliamo raccogliere almeno € 20.000 che possano coprire una parte dei costi di realizzazione di scene e costumi.
UNISCITI A NOI! ENTRA A FAR PARTE DELLA COMUNITÀ DE EL NOST MILAN. DONA ANCHE TU!
Per donare basterà andare sulla pagina web www.produzionidalbasso.com e cercare il progetto El Nost Milan oppure cliccare questo link
https://www.produzionidalbasso.com/project/el-nost-milan-un-progetto-di-teatro-partecipato/
Dall’11 al 18 ottobre 2023
LA TRAGÉDIE DE CARMEN
adattamento da Carmen di Georges Bizet
di Peter Brook, Jean - Claude Carrière e Marius Constant
regia Serena Sinigaglia
Orchestra del Conservatorio G. Verdi di Milano
direttore Takahiro Maruyama
assistente alla regia Omar Nedjari
scene e costumi Silvia Civran / Paola Grandi
sound design Giorgio Galliano
light design Christian Laface
Personaggi e interpreti
Carmen, Dandan Qin
Don José, Lee Seungho
Micaëla, Yi Xiang
Escamillo, Koo Joaho
Zuniga e Garcia, Leonardo Castellani
Lillas Pastia e Un brigadiere, David Remondini
Amica di Carmen e Vecchia Zingara, Ludovica Tinghi
Coproduzione Teatro Carcano, Conservatorio G. Verdi di Milano
in collaborazione con NABA - Nuova Accademia di Belle Arti
si ringraziano Katarina Vukcevic e Maria Spazzi
Musica, canto e parola risuonano con la forza dell’epica in questo spettacolo allestito site specific per il Teatro Carcano, elevando Carmen alla grandezza delle eroine classiche.
Dalle note di regia di Serena Sinigaglia
“Ogni adattamento presuppone che le condizioni che hanno circondato la nascita di un'opera siano cambiate e che continuino a cambiare. Da Mérimée all'opera lirica, non erano più la stessa cosa. Dalle opere liriche ai giorni nostri, è passato più di un secolo. Possiamo ignorarlo?”
Jean Claude Carrière
L’adattamento della Carmen che Carrère (scrittore), Brook (regista) e Constant (compositore) fecero negli anni ’80 del secolo breve è semplicemente fantastico. Più di 300 repliche, triplo cast, tre film tv per Antenne 2. Numeri incredibili se paragonati alle teniture e al destino delle opere prodotte oggi.
Credo che la maggior parte dei registi quando si confrontano con il grande repertorio d’opera sognino in cuor loro di poter “osare”, di poter adattare la partitura e il libretto. Accanto alle edizioni originali e integrali, necessarie e sempre vive, è forte il desiderio di poter “giocare”, proponendo sperimentazioni musicali e narrative, tagli e nuovi montaggi, insomma dando corpo a quel tipo di lavoro che è concesso, nonché abituale e spesso auspicabile, su tutto il patrimonio della prosa.
Brook, Constant e Carrère decisero di togliere dalla Carmen di Bizet tutto il folklore e la “grandeur” alla ricerca del nocciolo profondo e assoluto dell’opera. Lo fecero con anni di studio e tornando alla fonte stessa del compositore francese, l’omonimo racconto di Mérimée. Il loro fu un lavoro di assoluto rispetto della fonte verso una teatralità forse più netta, sicuramente più antica: quella delle tragedie greche.
I personaggi sono ridotti all’osso: Carmen, José, Escamillo, Micaela. Accanto a loro, tre attori che recitano i personaggi previsti dall’opera come figure minori, eppure fondamentali per la sequenza degli eventi: Lillas Pastia, Garcia, una vecchia zingara. Carrère, Brook e Constant, ognuno secondo le proprie competenze, cercarono di estrarre “il midollo sostanziale” (così racconta lo stesso Constant) dall’opera di Bizet.
Ogni personaggio richiama un archetipo e le grandi questioni della storia dell’umanità ovvero la libertà, l’ineluttabilità del destino, il binomio “amore e morte”, il femminicidio, l’eterno ritorno del tempo della violenza. Nell’ora e venti di musica canto e parola risuonano con la forza tipica dell’epica classica. Carmen assurge alla grandezza delle eroine quali Antigone o Medea o Ecuba: un assoluto in cui si specchiano tutti i relativi. Ci sono le arie più famose dell’opera: l’habanera, la seguidilla, Toreador, l’aria delle carte, le fleur, le due arie di Micaela ma attraverso la lente di un organico orchestrale ridotto a 16 elementi arriviamo a riconoscere le linee melodiche di ciascuno strumento, andiamo a fondo, ne godiamo le sfumature, raggiungendo così una percezione distinta e profondamente toccante delle contraddizioni ivi descritte. La genesi di quel mistero chiamato “essere umano” che solo l’arte più alta può dispiegare davanti ai nostri occhi.
Ho avuto l’occasione di dirigere Tragédie de Carmen per il Teatro Comunale di Livorno nell’autunno 2021. Ho sentito presto il bisogno di proseguire il percorso, di riproporlo nel teatro che dirigo insieme a Lella Costa. Di “riproporlo” non è esatto perché in questo caso l’operazione registica sarà decisamente diversa, più preciso dire che ho sentito la necessità di affrontarlo con accresciuta consapevolezza e in una forma completamente nuova, forse ancora più consona della classica messa in scena di un’opera.
La tragédie de Carmen presenta caratteristiche tali da indurci a decidere di presentarla come apertura di stagione. Un’apertura di stagione inedita e significativa perché contiene in sé i principi culturali che perseguiamo e in cui crediamo: centralità dell’universo e dello sguardo femminile, trasversalità assoluta di generi e di forme artistiche, formazione, partecipazione, esercizio e stimolo della libertà di pensiero.
Alla sua nascita, ancora a fine ‘800, il Carcano aveva una forte vocazione musicale: Donizetti, Puccini e molti altri portarono le loro opere sulle assi del nostro palcoscenico. Recuperare quelle origini, ribadendo la natura trasversale e multidisciplinare del teatro che gestiamo, ci è, dunque, sembrato del tutto naturale.
A questo si aggiunge la particolare attenzione all’aspetto sociale e formativo che da sempre accompagna il mio lavoro, nei 25 anni passati con ATIR e ora qui, in questo immenso teatro del centro di Milano. Un teatro che sia al servizio della città, calato nel tessuto urbano, in contatto con le principali istituzioni cittadine. Non solo lo spettacolo serale, dunque, ma una serie di attività laboratoriali e comunitarie capaci di costruire quella base di riferimenti e di relazioni umane che definiscono l’identità di un luogo di cultura. Qui l’idea di collegare La tragédie de Carmen, proprio perché un adattamento, proprio perché una sintesi, proprio perché pensata dagli autori stessi come un’opera di poco più di un’ora dove si canta e si parla, qui l’idea, dicevo, di farne un progetto poderoso di formazione in collaborazione con il Conservatorio G. Verdi di Milano.
L’orchestra, i cantanti, il direttore d’orchestra, i maestri accompagnatori, tutte le figure artistiche sono giovani diplomandi del Conservatorio. Con la prestigiosa istituzione musicale abbiamo costruito un percorso laboratoriale di avvicinamento che è durato 8 mesi. Un percorso di formazione teatrale e attoriale e musicale per tutti gli allievi coinvolti.
L’allestimento sarà anch’esso all’interno di un concetto estetico di sintesi assoluta: l’orchestra in scena sarà di fatto la nostra sola scenografia, pochi simbolici elementi di costume staranno ad indicare i personaggi. La dimensione evocativa, lo spazio vuoto che la permette, elementi tipici del teatro di Brook, verranno qui utilizzati come opportunità di formazione e di crescita per i giovani artisti, per la prima volta di fronte ad un pubblico. Tutto lo sforzo della regia è rivolto a loro, alla possibilità di prepararli al mestiere con una consapevolezza nuova e naturalmente al pubblico perché possa godere senza filtri della straordinaria versione musicale e drammaturgica voluta da tre fra i più grandi artisti del secolo scorso.
Dal 19 al 22 ottobre 2023
adattamento da Carmen di Georges Bizet
di Peter Brook, Jean - Claude Carrière e Marius Constant
regia Serena Sinigaglia
Orchestra del Conservatorio G. Verdi di Milano
direttore Takahiro Maruyama
assistente alla regia Omar Nedjari
scene e costumi Silvia Civran / Paola Grandi
sound design Giorgio Galliano
light design Christian Laface
Personaggi e interpreti
Carmen, Dandan Qin
Don José, Lee Seungho
Micaëla, Yi Xiang
Escamillo, Koo Joaho
Zuniga e Garcia, Leonardo Castellani
Lillas Pastia e Un brigadiere, David Remondini
Amica di Carmen e Vecchia Zingara, Ludovica Tinghi
Coproduzione Teatro Carcano, Conservatorio G. Verdi di Milano
in collaborazione con NABA - Nuova Accademia di Belle Arti
si ringraziano Katarina Vukcevic e Maria Spazzi
Musica, canto e parola risuonano con la forza dell’epica in questo spettacolo allestito site specific per il Teatro Carcano, elevando Carmen alla grandezza delle eroine classiche.
Dalle note di regia di Serena Sinigaglia
“Ogni adattamento presuppone che le condizioni che hanno circondato la nascita di un'opera siano cambiate e che continuino a cambiare. Da Mérimée all'opera lirica, non erano più la stessa cosa. Dalle opere liriche ai giorni nostri, è passato più di un secolo. Possiamo ignorarlo?”
Jean Claude Carrière
L’adattamento della Carmen che Carrère (scrittore), Brook (regista) e Constant (compositore) fecero negli anni ’80 del secolo breve è semplicemente fantastico. Più di 300 repliche, triplo cast, tre film tv per Antenne 2. Numeri incredibili se paragonati alle teniture e al destino delle opere prodotte oggi.
Credo che la maggior parte dei registi quando si confrontano con il grande repertorio d’opera sognino in cuor loro di poter “osare”, di poter adattare la partitura e il libretto. Accanto alle edizioni originali e integrali, necessarie e sempre vive, è forte il desiderio di poter “giocare”, proponendo sperimentazioni musicali e narrative, tagli e nuovi montaggi, insomma dando corpo a quel tipo di lavoro che è concesso, nonché abituale e spesso auspicabile, su tutto il patrimonio della prosa.
Brook, Constant e Carrère decisero di togliere dalla Carmen di Bizet tutto il folklore e la “grandeur” alla ricerca del nocciolo profondo e assoluto dell’opera. Lo fecero con anni di studio e tornando alla fonte stessa del compositore francese, l’omonimo racconto di Mérimée. Il loro fu un lavoro di assoluto rispetto della fonte verso una teatralità forse più netta, sicuramente più antica: quella delle tragedie greche.
I personaggi sono ridotti all’osso: Carmen, José, Escamillo, Micaela. Accanto a loro, tre attori che recitano i personaggi previsti dall’opera come figure minori, eppure fondamentali per la sequenza degli eventi: Lillas Pastia, Garcia, una vecchia zingara. Carrère, Brook e Constant, ognuno secondo le proprie competenze, cercarono di estrarre “il midollo sostanziale” (così racconta lo stesso Constant) dall’opera di Bizet.
Ogni personaggio richiama un archetipo e le grandi questioni della storia dell’umanità ovvero la libertà, l’ineluttabilità del destino, il binomio “amore e morte”, il femminicidio, l’eterno ritorno del tempo della violenza. Nell’ora e venti di musica canto e parola risuonano con la forza tipica dell’epica classica. Carmen assurge alla grandezza delle eroine quali Antigone o Medea o Ecuba: un assoluto in cui si specchiano tutti i relativi. Ci sono le arie più famose dell’opera: l’habanera, la seguidilla, Toreador, l’aria delle carte, le fleur, le due arie di Micaela ma attraverso la lente di un organico orchestrale ridotto a 16 elementi arriviamo a riconoscere le linee melodiche di ciascuno strumento, andiamo a fondo, ne godiamo le sfumature, raggiungendo così una percezione distinta e profondamente toccante delle contraddizioni ivi descritte. La genesi di quel mistero chiamato “essere umano” che solo l’arte più alta può dispiegare davanti ai nostri occhi.
Ho avuto l’occasione di dirigere Tragédie de Carmen per il Teatro Comunale di Livorno nell’autunno 2021. Ho sentito presto il bisogno di proseguire il percorso, di riproporlo nel teatro che dirigo insieme a Lella Costa. Di “riproporlo” non è esatto perché in questo caso l’operazione registica sarà decisamente diversa, più preciso dire che ho sentito la necessità di affrontarlo con accresciuta consapevolezza e in una forma completamente nuova, forse ancora più consona della classica messa in scena di un’opera.
La tragédie de Carmen presenta caratteristiche tali da indurci a decidere di presentarla come apertura di stagione. Un’apertura di stagione inedita e significativa perché contiene in sé i principi culturali che perseguiamo e in cui crediamo: centralità dell’universo e dello sguardo femminile, trasversalità assoluta di generi e di forme artistiche, formazione, partecipazione, esercizio e stimolo della libertà di pensiero.
Alla sua nascita, ancora a fine ‘800, il Carcano aveva una forte vocazione musicale: Donizetti, Puccini e molti altri portarono le loro opere sulle assi del nostro palcoscenico. Recuperare quelle origini, ribadendo la natura trasversale e multidisciplinare del teatro che gestiamo, ci è, dunque, sembrato del tutto naturale.
A questo si aggiunge la particolare attenzione all’aspetto sociale e formativo che da sempre accompagna il mio lavoro, nei 25 anni passati con ATIR e ora qui, in questo immenso teatro del centro di Milano. Un teatro che sia al servizio della città, calato nel tessuto urbano, in contatto con le principali istituzioni cittadine. Non solo lo spettacolo serale, dunque, ma una serie di attività laboratoriali e comunitarie capaci di costruire quella base di riferimenti e di relazioni umane che definiscono l’identità di un luogo di cultura. Qui l’idea di collegare La tragédie de Carmen, proprio perché un adattamento, proprio perché una sintesi, proprio perché pensata dagli autori stessi come un’opera di poco più di un’ora dove si canta e si parla, qui l’idea, dicevo, di farne un progetto poderoso di formazione in collaborazione con il Conservatorio G. Verdi di Milano.
L’orchestra, i cantanti, il direttore d’orchestra, i maestri accompagnatori, tutte le figure artistiche sono giovani diplomandi del Conservatorio. Con la prestigiosa istituzione musicale abbiamo costruito un percorso laboratoriale di avvicinamento che è durato 8 mesi. Un percorso di formazione teatrale e attoriale e musicale per tutti gli allievi coinvolti.
L’allestimento sarà anch’esso all’interno di un concetto estetico di sintesi assoluta: l’orchestra in scena sarà di fatto la nostra sola scenografia, pochi simbolici elementi di costume staranno ad indicare i personaggi. La dimensione evocativa, lo spazio vuoto che la permette, elementi tipici del teatro di Brook, verranno qui utilizzati come opportunità di formazione e di crescita per i giovani artisti, per la prima volta di fronte ad un pubblico. Tutto lo sforzo della regia è rivolto a loro, alla possibilità di prepararli al mestiere con una consapevolezza nuova e naturalmente al pubblico perché possa godere senza filtri della straordinaria versione musicale e drammaturgica voluta da tre fra i più grandi artisti del secolo scorso.
Dal 19 al 22 ottobre 2023
GIOVANNA: LA PULZELLA, LA FANCIULLA, L’ALLODOLA
con Lella Costa
scritto da Gabriele Scotti, Lella Costa
musiche di Giuseppe Verdi
trascritte per pianoforte a quattro mani da Faccini Piano Duo
pianoforte Elia Faccini, Betsabea Faccini
produzione Società dei Concerti di Parma in coproduzione con Teatro Carcano
distribuzione a cura di Mismaonda
Un lavoro di tessitura delle tante biografie che hanno ritratto la valorosa Giovanna d’Arco per arrivare alla sintesi più inconsueta.
Cosa si può dire di Giovanna d’Arco che non sia già stato detto, scritto, cantato, filmato? E’ con questa domanda, ironicamente provocatoria, che inizia lo spettacolo. Giovanna d’Arco, o meglio Jeanette, come amava essere chiamata, è stata infatti oggetto di mille narrazioni, nelle differenti arti, fin da quando era in vita. Facendo tesoro di questo, lo spettacolo intende restituire, in parole e musica, un ritratto vario, dinamico, curioso per quanto fedele agli studi scientifici più rigorosi, di questa ragazza che, pur giovanissima e analfabeta, è riuscita a influenzare il corso della Grande Storia.
Il tutto è restituito dalla maestria di Lella Costa, grande narratrice e interprete dei giorni nostri, in una continua alternanza di toni, con la collaborazione di Gabriele Scotti per la drammaturgia. Il testo è interamente trapuntato dagli affascinanti brani tratti dall’opera verdiana, eseguiti al pianoforte a quattro mani dai giovani compositori e pianisti Betsabea ed Elia Faccini.
Gabriele Scotti
“L’arcangelo San Michele mi diceva: ‘Giovanna corri in soccorso del re di Francia, devi fargli riavere il suo regno.’ Pietà mio signore, io sono solo una bambina! Sono piccola, ignorante, non sono affatto forte.
Ci sono molti grandi capitani vicini al re, loro sono forti, loro sono abituati a fare la guerra. E poi, anche se perdono uomini in battaglia, dormono in pace lo stesso… Non fanno che cancellarli dagli elenchi. Io invece mi tormenterei troppo. Pietà mio Signore.
Eh no, nessuna pietà. L’Arcangelo era già scomparso, e io avevo il peso della Francia su di me.
“Giovanna d’Arco è una delle 99 donne valorose che canto nel mio spettacolo Se non posso ballare…non è la mia rivoluzione!. Lì ho scelto di immaginare in poche frasi il suo spavento di bambina. In questo lavoro con Gabriele Scotti abbiamo invece fatto un lavoro di tessitura delle tante biografie che l’hanno ritratta, anche molto differenti e discordanti tra loro. Tra queste l’Allodola del drammaturgo Jean Anouilh.”
Lella Costa
Dal 24 al 29 ottobre 2023
con Lella Costa
scritto da Gabriele Scotti, Lella Costa
musiche di Giuseppe Verdi
trascritte per pianoforte a quattro mani da Faccini Piano Duo
pianoforte Elia Faccini, Betsabea Faccini
produzione Società dei Concerti di Parma in coproduzione con Teatro Carcano
distribuzione a cura di Mismaonda
Un lavoro di tessitura delle tante biografie che hanno ritratto la valorosa Giovanna d’Arco per arrivare alla sintesi più inconsueta.
Cosa si può dire di Giovanna d’Arco che non sia già stato detto, scritto, cantato, filmato? E’ con questa domanda, ironicamente provocatoria, che inizia lo spettacolo. Giovanna d’Arco, o meglio Jeanette, come amava essere chiamata, è stata infatti oggetto di mille narrazioni, nelle differenti arti, fin da quando era in vita. Facendo tesoro di questo, lo spettacolo intende restituire, in parole e musica, un ritratto vario, dinamico, curioso per quanto fedele agli studi scientifici più rigorosi, di questa ragazza che, pur giovanissima e analfabeta, è riuscita a influenzare il corso della Grande Storia.
Il tutto è restituito dalla maestria di Lella Costa, grande narratrice e interprete dei giorni nostri, in una continua alternanza di toni, con la collaborazione di Gabriele Scotti per la drammaturgia. Il testo è interamente trapuntato dagli affascinanti brani tratti dall’opera verdiana, eseguiti al pianoforte a quattro mani dai giovani compositori e pianisti Betsabea ed Elia Faccini.
Gabriele Scotti
“L’arcangelo San Michele mi diceva: ‘Giovanna corri in soccorso del re di Francia, devi fargli riavere il suo regno.’ Pietà mio signore, io sono solo una bambina! Sono piccola, ignorante, non sono affatto forte.
Ci sono molti grandi capitani vicini al re, loro sono forti, loro sono abituati a fare la guerra. E poi, anche se perdono uomini in battaglia, dormono in pace lo stesso… Non fanno che cancellarli dagli elenchi. Io invece mi tormenterei troppo. Pietà mio Signore.
Eh no, nessuna pietà. L’Arcangelo era già scomparso, e io avevo il peso della Francia su di me.
“Giovanna d’Arco è una delle 99 donne valorose che canto nel mio spettacolo Se non posso ballare…non è la mia rivoluzione!. Lì ho scelto di immaginare in poche frasi il suo spavento di bambina. In questo lavoro con Gabriele Scotti abbiamo invece fatto un lavoro di tessitura delle tante biografie che l’hanno ritratta, anche molto differenti e discordanti tra loro. Tra queste l’Allodola del drammaturgo Jean Anouilh.”
Lella Costa
Dal 24 al 29 ottobre 2023
CETRA… UNA VOLTA
live trio Favete Linguis
(Stefano Fresi, Emanuela Fresi, Toni Fornari)
di Toni Fornari
regia Augusto Fornari
scene di Alessandro Chiti
Produzione DI A.T.P.R.
La musica, le canzoni, le parodie dell’indimenticabile Quartetto Cetra, un gruppo che ha fatto la storia della televisione e del teatro italiano.
“Cetra...una volta” scritto da Toni Fornari e per la regia di Augusto Fornari è un concerto spettacolo che vuole essere un tributo al quartetto più celebre del palcoscenico e della televisione italiana dagli anni ’40 agli anni ’80: il quartetto Cetra.
La musica, le canzoni, le parodie memorabili dell’indimenticabile Quartetto Cetra sono riproposti in questo spettacolo da tre interpreti eccezionali che costituiscono un concentrato esplosivo di bravura, simpatia, bel canto e trascinano il pubblico nell’epoca splendente dei grandi varietà televisivi.
Un omaggio al mitico quartetto che, dopo la morte di Lucia Mannucci, chiude la meravigliosa parentesi di un gruppo che ha fatto veramente la storia della televisione e del teatro italiano.
Per questo ancora una volta si sono riuniti i Favete Linguis, il trio vocale composto da Stefano Fresi, Toni Fornari ed Emanuela Fresi i quali, fin dall’inizio della loro carriera, si sono ispirati al Quartetto Cetra, ricalcando il loro peculiare stile comico-parodistico.
In questo spettacolo interpretano tutte le canzoni di maggior successo dei Cetra e si esibiscono altresì in esilaranti parodie musicali, sempre ricalcando lo stile raffinato ed elegante del quartetto.
Con Cetra... una volta si assiste ad uno show in cui si alternano e mescolano divertimento scenico e virtuosismo vocale. Il Trio sarà accompagnato dalla saxofonista e vocalist Cristiana Polegri.
Il trio si costituisce nel 1995. Partecipa a numerose trasmissioni televisive. Sono nel cast fisso delle trasmissioni “Domenica In...”, Rai Uno, condotta da Magalli e Solenghi nel 1998; “Casa, amore e ...fantasia” condotta da Ilaria Moscato su TMC.
In Radio nel 1996 fanno parte del cast fisso della trasmissione “Oggi è Domenica” condotta da Paolo Bonolis.
Note di regia
“Conosci il Quartetto Cetra?” se lo chiedi ad un ventenne scuoterà la testa mettendo la boccuccia a emoticon dispiaciuto. Ma basta canticchiare “Nella vecchia fattoria...” che lui con gli occhi accesi di chi torna all’infanzia risponderà “ia... ia... ò!”
Questa è tutta la magia dei Cetra, fanno parte della tua vita anche se tu non lo sai. La loro eredità musicale non ha bisogno di essere riconosciuta; c’è e basta.
Entrati nel dna di un popolo, hanno accompagnato generazione dopo generazione a suon di canzoni indimenticabili. Con loro si respira aria di famiglia.
Ed è proprio in famiglia che è nato il nostro amore per loro. Io, mio fratello Toni, Stefano, sua sorella Emanuela, molti anni fa, ascoltavamo le loro canzoni. Poi Stefano, Toni ed Emanuela iniziarono a cantarle, prima, poi a modificarle, a riscriverle, a reinventarle.
Ed eccoci al senso di CETRA UNA VOLTA: non un racconto filologico, non solo la storia di un gruppo che ha fatto la storia, ma un atto d’amore per ciò che ci ha ispirato; canzoni, sketch, parodie musicali, gag e soprattutto leggerezza, divertimento e amore per questo nostro mestiere. Ho voluto, insieme allo scenografo Alessandro Chiti, creare una scena che abbracciasse gli interpreti, li contenesse e che potesse essere, di volta in volta, radio, studio televisivo, album di ricordi, teatro. Un viaggio tra passato e presente, tra malinconia e risate, sulla scia magica di un quartetto diventato leggenda.
Dall’8 al 12 novembre 2023
live trio Favete Linguis
(Stefano Fresi, Emanuela Fresi, Toni Fornari)
di Toni Fornari
regia Augusto Fornari
scene di Alessandro Chiti
Produzione DI A.T.P.R.
La musica, le canzoni, le parodie dell’indimenticabile Quartetto Cetra, un gruppo che ha fatto la storia della televisione e del teatro italiano.
“Cetra...una volta” scritto da Toni Fornari e per la regia di Augusto Fornari è un concerto spettacolo che vuole essere un tributo al quartetto più celebre del palcoscenico e della televisione italiana dagli anni ’40 agli anni ’80: il quartetto Cetra.
La musica, le canzoni, le parodie memorabili dell’indimenticabile Quartetto Cetra sono riproposti in questo spettacolo da tre interpreti eccezionali che costituiscono un concentrato esplosivo di bravura, simpatia, bel canto e trascinano il pubblico nell’epoca splendente dei grandi varietà televisivi.
Un omaggio al mitico quartetto che, dopo la morte di Lucia Mannucci, chiude la meravigliosa parentesi di un gruppo che ha fatto veramente la storia della televisione e del teatro italiano.
Per questo ancora una volta si sono riuniti i Favete Linguis, il trio vocale composto da Stefano Fresi, Toni Fornari ed Emanuela Fresi i quali, fin dall’inizio della loro carriera, si sono ispirati al Quartetto Cetra, ricalcando il loro peculiare stile comico-parodistico.
In questo spettacolo interpretano tutte le canzoni di maggior successo dei Cetra e si esibiscono altresì in esilaranti parodie musicali, sempre ricalcando lo stile raffinato ed elegante del quartetto.
Con Cetra... una volta si assiste ad uno show in cui si alternano e mescolano divertimento scenico e virtuosismo vocale. Il Trio sarà accompagnato dalla saxofonista e vocalist Cristiana Polegri.
Il trio si costituisce nel 1995. Partecipa a numerose trasmissioni televisive. Sono nel cast fisso delle trasmissioni “Domenica In...”, Rai Uno, condotta da Magalli e Solenghi nel 1998; “Casa, amore e ...fantasia” condotta da Ilaria Moscato su TMC.
In Radio nel 1996 fanno parte del cast fisso della trasmissione “Oggi è Domenica” condotta da Paolo Bonolis.
Note di regia
“Conosci il Quartetto Cetra?” se lo chiedi ad un ventenne scuoterà la testa mettendo la boccuccia a emoticon dispiaciuto. Ma basta canticchiare “Nella vecchia fattoria...” che lui con gli occhi accesi di chi torna all’infanzia risponderà “ia... ia... ò!”
Questa è tutta la magia dei Cetra, fanno parte della tua vita anche se tu non lo sai. La loro eredità musicale non ha bisogno di essere riconosciuta; c’è e basta.
Entrati nel dna di un popolo, hanno accompagnato generazione dopo generazione a suon di canzoni indimenticabili. Con loro si respira aria di famiglia.
Ed è proprio in famiglia che è nato il nostro amore per loro. Io, mio fratello Toni, Stefano, sua sorella Emanuela, molti anni fa, ascoltavamo le loro canzoni. Poi Stefano, Toni ed Emanuela iniziarono a cantarle, prima, poi a modificarle, a riscriverle, a reinventarle.
Ed eccoci al senso di CETRA UNA VOLTA: non un racconto filologico, non solo la storia di un gruppo che ha fatto la storia, ma un atto d’amore per ciò che ci ha ispirato; canzoni, sketch, parodie musicali, gag e soprattutto leggerezza, divertimento e amore per questo nostro mestiere. Ho voluto, insieme allo scenografo Alessandro Chiti, creare una scena che abbracciasse gli interpreti, li contenesse e che potesse essere, di volta in volta, radio, studio televisivo, album di ricordi, teatro. Un viaggio tra passato e presente, tra malinconia e risate, sulla scia magica di un quartetto diventato leggenda.
Dall’8 al 12 novembre 2023
MARIA STUARDA
con Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni
di Friedrich Schiller
traduzione Carlo Sciaccaluga
regia Davide Livermore
interpreti Laura Marinoni, Elisabetta Pozzi
e con Gaia Aprea, Linda Gennari, Giancarlo Judica Cordiglia, Olivia Manescalchi, Sax Nicosia
Giua chitarra e voce
costumi delle regine Dolce & Gabbana
costumi Anna Missaglia
allestimento scenico Lorenzo Russo Rainaldi
musiche Mario Conte e Giua
disegno luci Aldo Mantovani
produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Torino, Centro Teatrale Bresciano
La lotta per la corona tra due regine si trasforma in un confronto appassionato tra due attrici straordinarie
Maria Stuarda, capolavoro di Friedrich Schiller del 1800, racconta il confronto serrato e tragico tra Maria Stuart, cattolica regina di Scozia, e la protestante Elisabetta I. In gioco c’è la corona d’Inghilterra e lo scontro sarà implacabile: politica, religione, potere, intrighi e passioni si mescolano in questo violento affresco storico, che Davide Livermore ambienta in una scena astratta, dominata da una grande scalinata: sarà corte, prigione, parco, lo spazio in cui i due opposti si specchiano e si fondono.
Al cuore della pièce c’è il rapporto tra donne e potere: Elisabetta è costretta a mascolinizzarsi per governare e per non perdere la sfida con la sua rivale, che invece fa una scelta opposta.
Due regine del teatro italiano come Laura Marinoni ed Elisabetta Pozzi (in rigoroso ordine alfabetico), vestite con splendidi abiti di Dolce & Gabbana, scoprono sul palco sera per sera chi interpreterà il lupo e chi l’agnello, chi sarà destinata a regnare e chi a perire. Gaia Aprea, Linda Gennari, Giancarlo Judica Cordiglia, Olivia Manescalchi, e Sax Nicosia interpretano tutti gli altri personaggi - funzionari di corte, spie, amanti, fedeli servitori o doppiogiochisti – sostenuti dalla partitura musicale creata da Mario Conte e Giua, che canta e suona la chitarra elettrica dal vivo, accompagnando l’intero spettacolo.
«Nella mia ricerca in prosa – spiega Livermore – mi interessa sempre più scandagliare quello che per me è il fondamento storico del teatro italiano, ossia il “recitar cantando”. Il metodo è sempre lo stesso: “Armonia al servizio della poesia”. La musica sarà una delle colonne portanti della nostra storia». Così per mettere in scena il dramma storico sono stati coinvolti due musicisti diversissimi tra loro, Mario Conte, compositore e sound designer, e Giua, cantautrice e chitarrista, che sarà sul palco insieme agli attori. Dal loro incontro è emersa una scrittura musicale profondamente epica, che ci porta da Purcell a Dowland (musicista che ha scritto per Elisabetta I) e a Davide Rizzio, amante di Maria Stuarda e compositore di song bellissime, ma il tutto rivisto con l’uso della chitarra elettrica, creando un ambiente sonoro dark e contemporaneo.
Dal 16 al 19 novembre 2023
con Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni
di Friedrich Schiller
traduzione Carlo Sciaccaluga
regia Davide Livermore
interpreti Laura Marinoni, Elisabetta Pozzi
e con Gaia Aprea, Linda Gennari, Giancarlo Judica Cordiglia, Olivia Manescalchi, Sax Nicosia
Giua chitarra e voce
costumi delle regine Dolce & Gabbana
costumi Anna Missaglia
allestimento scenico Lorenzo Russo Rainaldi
musiche Mario Conte e Giua
disegno luci Aldo Mantovani
produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Torino, Centro Teatrale Bresciano
La lotta per la corona tra due regine si trasforma in un confronto appassionato tra due attrici straordinarie
Maria Stuarda, capolavoro di Friedrich Schiller del 1800, racconta il confronto serrato e tragico tra Maria Stuart, cattolica regina di Scozia, e la protestante Elisabetta I. In gioco c’è la corona d’Inghilterra e lo scontro sarà implacabile: politica, religione, potere, intrighi e passioni si mescolano in questo violento affresco storico, che Davide Livermore ambienta in una scena astratta, dominata da una grande scalinata: sarà corte, prigione, parco, lo spazio in cui i due opposti si specchiano e si fondono.
Al cuore della pièce c’è il rapporto tra donne e potere: Elisabetta è costretta a mascolinizzarsi per governare e per non perdere la sfida con la sua rivale, che invece fa una scelta opposta.
Due regine del teatro italiano come Laura Marinoni ed Elisabetta Pozzi (in rigoroso ordine alfabetico), vestite con splendidi abiti di Dolce & Gabbana, scoprono sul palco sera per sera chi interpreterà il lupo e chi l’agnello, chi sarà destinata a regnare e chi a perire. Gaia Aprea, Linda Gennari, Giancarlo Judica Cordiglia, Olivia Manescalchi, e Sax Nicosia interpretano tutti gli altri personaggi - funzionari di corte, spie, amanti, fedeli servitori o doppiogiochisti – sostenuti dalla partitura musicale creata da Mario Conte e Giua, che canta e suona la chitarra elettrica dal vivo, accompagnando l’intero spettacolo.
«Nella mia ricerca in prosa – spiega Livermore – mi interessa sempre più scandagliare quello che per me è il fondamento storico del teatro italiano, ossia il “recitar cantando”. Il metodo è sempre lo stesso: “Armonia al servizio della poesia”. La musica sarà una delle colonne portanti della nostra storia». Così per mettere in scena il dramma storico sono stati coinvolti due musicisti diversissimi tra loro, Mario Conte, compositore e sound designer, e Giua, cantautrice e chitarrista, che sarà sul palco insieme agli attori. Dal loro incontro è emersa una scrittura musicale profondamente epica, che ci porta da Purcell a Dowland (musicista che ha scritto per Elisabetta I) e a Davide Rizzio, amante di Maria Stuarda e compositore di song bellissime, ma il tutto rivisto con l’uso della chitarra elettrica, creando un ambiente sonoro dark e contemporaneo.
Dal 16 al 19 novembre 2023
FERDINANDO
di Annibale Ruccello
con Arturo Cirillo, Sabrina Scuccimarra, Anna Rita Vitolo, Riccardo Ciccarelli
scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
musiche Francesco De Melis
regia Arturo Cirillo
regista collaboratore Roberto Capasso
produzione Marche Teatro, Teatro Metastasio di Prato, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
La vita della baronessa Donna Clotilde è sconvolta dall’arrivo di un sedicenne dalla bellezza efebica. Sarà lui a riaccendere passioni sopite e smascherare vecchi delitti
Arturo Cirillo riporta in scena FERDINANDO, capolavoro della drammaturgia di Annibale Ruccello (1956-1986). Con questo allestimento, Arturo Cirillo, dopo le fortunate prove dello stesso autore Le cinque rose di Jennifer e L’ereditiera (Premio Ubu), firma un altro classico e allo stesso tempo contemporaneo capolavoro.
Agosto 1870: il Regno delle Due Sicilie è caduto e la baronessa borbonica Donna Clotilde nella sua villa vesuviana si è “ammalata” di disprezzo per il re sabaudo e per l’Italia piccolo-borghese nata dalla recente unificazione. A fare da infermiera all’ipocondriaca nobildonna è Gesualda, cugina povera e inacidita dal nubilato, ma segreta amante di Don Catellino, prete di famiglia corrotto e vizioso. I giorni passano tutti uguali, tra pasticche, decotti, rancori e bugie. A sconvolgere lo stagnante equilibrio domestico è l’arrivo di un sedicenne dalla bellezza efebica che, rimasto orfano, viene mandato a vivere da Donna Clotilde, di cui risulta essere un lontano nipote. Sarà lui a gettare lo scompiglio nella casa, riaccendendo passioni sopite e smascherando vecchi delitti. Ma chi è davvero Ferdinando?
Dalle note di regia di Arturo Cirillo
Logica ed inconsueta, allo stesso tempo, mi appare la mia decisione di portare in scena Ferdinando di Annibale Ruccello. Logica perché riconosco in Ruccello un mio autore, un autore sul quale sono tornato più volte, e con spettacoli per me importanti. Ma la scelta mi appare anche inconsueta, poiché per me Ferdinando è sempre stato legato allo spettacolo che curò l'autore stesso (nonché primo interprete del ruolo di Don Catellino), che ha girato per molti anni tutta l'Italia avvalendosi della grande interpretazione di Isa Danieli.
Inoltre per me il testo è sempre apparso molto diverso da tutti gli altri di Ruccello, un testo più realistico, storico, un dramma con una struttura classica. Il desiderio per un inafferrabile adolescente, nato da un inconsolabile bisogno d'amore, matura nella mente di tre personaggi disperati (Donna Clotilde, Donna Gesualda e Don Catello), prigionieri della propria solitudine, esacerbati dall'abitudine. Allora tutto l'aspetto storico mi è apparso una finzione, un teatro della crudeltà mascherato da dramma borghese, in cui anche la lingua, il fantomatico napoletano in cui si sostanzia Donna Clotilde, è esso stesso lingua di scena, lingua di rappresentazione, non meno del tanto "schifato" italiano.
Una scena composta da un unico grande drappo che scende dall'alto e contiene il luogo dell'azione, un luogo claustrofobico in cui convivono tutti i personaggi, che vediamo spogliarsi, rivestirsi, incontrarsi (come in un film di Luis Bunuel). Personaggi rinchiusi in abiti scuri, monacali e preteschi, per devozione o lutto, ma forse solo per difesa. Illuminati da luci rivelatrici, come in un miracolo pagano, dove l'intimità delle note di un pianoforte convivono con quelle sontuose e barocche di un organo.
Poi c'è Ferdinando, ragazzino normale di un tempo presente, portatore solo del proprio corpo giovane sul quale gli altri tre personaggi, di questo quartetto, disegnano le proprie visioni e i propri desideri. Trascendendo dalla persona in sé, come spesso avviene nell'innamoramento, si ingannano e si lasciano ingannare. Dopo gli resta solo la constatazione del proprio fallimento e della propria folle e disperata solitudine, in un luogo spettrale abitato dai morti e dai ricordi.
Mi pare che con Ferdinando, ancora una volta e ancora di più, Ruccello faccia fuori i generi, sessuali e spettacolari, per mettere in scena l’ambiguo e il sortilegio -.
Arturo Cirillo
Dal 24 al 26 novembre 2023
di Annibale Ruccello
con Arturo Cirillo, Sabrina Scuccimarra, Anna Rita Vitolo, Riccardo Ciccarelli
scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
musiche Francesco De Melis
regia Arturo Cirillo
regista collaboratore Roberto Capasso
produzione Marche Teatro, Teatro Metastasio di Prato, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
La vita della baronessa Donna Clotilde è sconvolta dall’arrivo di un sedicenne dalla bellezza efebica. Sarà lui a riaccendere passioni sopite e smascherare vecchi delitti
Arturo Cirillo riporta in scena FERDINANDO, capolavoro della drammaturgia di Annibale Ruccello (1956-1986). Con questo allestimento, Arturo Cirillo, dopo le fortunate prove dello stesso autore Le cinque rose di Jennifer e L’ereditiera (Premio Ubu), firma un altro classico e allo stesso tempo contemporaneo capolavoro.
Agosto 1870: il Regno delle Due Sicilie è caduto e la baronessa borbonica Donna Clotilde nella sua villa vesuviana si è “ammalata” di disprezzo per il re sabaudo e per l’Italia piccolo-borghese nata dalla recente unificazione. A fare da infermiera all’ipocondriaca nobildonna è Gesualda, cugina povera e inacidita dal nubilato, ma segreta amante di Don Catellino, prete di famiglia corrotto e vizioso. I giorni passano tutti uguali, tra pasticche, decotti, rancori e bugie. A sconvolgere lo stagnante equilibrio domestico è l’arrivo di un sedicenne dalla bellezza efebica che, rimasto orfano, viene mandato a vivere da Donna Clotilde, di cui risulta essere un lontano nipote. Sarà lui a gettare lo scompiglio nella casa, riaccendendo passioni sopite e smascherando vecchi delitti. Ma chi è davvero Ferdinando?
Dalle note di regia di Arturo Cirillo
Logica ed inconsueta, allo stesso tempo, mi appare la mia decisione di portare in scena Ferdinando di Annibale Ruccello. Logica perché riconosco in Ruccello un mio autore, un autore sul quale sono tornato più volte, e con spettacoli per me importanti. Ma la scelta mi appare anche inconsueta, poiché per me Ferdinando è sempre stato legato allo spettacolo che curò l'autore stesso (nonché primo interprete del ruolo di Don Catellino), che ha girato per molti anni tutta l'Italia avvalendosi della grande interpretazione di Isa Danieli.
Inoltre per me il testo è sempre apparso molto diverso da tutti gli altri di Ruccello, un testo più realistico, storico, un dramma con una struttura classica. Il desiderio per un inafferrabile adolescente, nato da un inconsolabile bisogno d'amore, matura nella mente di tre personaggi disperati (Donna Clotilde, Donna Gesualda e Don Catello), prigionieri della propria solitudine, esacerbati dall'abitudine. Allora tutto l'aspetto storico mi è apparso una finzione, un teatro della crudeltà mascherato da dramma borghese, in cui anche la lingua, il fantomatico napoletano in cui si sostanzia Donna Clotilde, è esso stesso lingua di scena, lingua di rappresentazione, non meno del tanto "schifato" italiano.
Una scena composta da un unico grande drappo che scende dall'alto e contiene il luogo dell'azione, un luogo claustrofobico in cui convivono tutti i personaggi, che vediamo spogliarsi, rivestirsi, incontrarsi (come in un film di Luis Bunuel). Personaggi rinchiusi in abiti scuri, monacali e preteschi, per devozione o lutto, ma forse solo per difesa. Illuminati da luci rivelatrici, come in un miracolo pagano, dove l'intimità delle note di un pianoforte convivono con quelle sontuose e barocche di un organo.
Poi c'è Ferdinando, ragazzino normale di un tempo presente, portatore solo del proprio corpo giovane sul quale gli altri tre personaggi, di questo quartetto, disegnano le proprie visioni e i propri desideri. Trascendendo dalla persona in sé, come spesso avviene nell'innamoramento, si ingannano e si lasciano ingannare. Dopo gli resta solo la constatazione del proprio fallimento e della propria folle e disperata solitudine, in un luogo spettrale abitato dai morti e dai ricordi.
Mi pare che con Ferdinando, ancora una volta e ancora di più, Ruccello faccia fuori i generi, sessuali e spettacolari, per mettere in scena l’ambiguo e il sortilegio -.
Arturo Cirillo
Dal 24 al 26 novembre 2023
OMEOPHONIE (OMEOFONÌE)
Favole omeopatiche per adulti
di e con Arianna Porcelli Safonov
musiche Michele Staino, Renato Cantini
produzione Mismaonda
Otto ritratti ironici di persone normali alla deriva, otto mini-film da immaginare al ritmo del jazz
Otto favole desiderose di curare dalla decadenza contemporanea.
Otto microcosmi ricchi di sensazioni che più umane non si può.
Otto gabinetti delle meraviglie, otto piccole storie che disegnano caratteri quotidiani potenti e psicotici: l’ossessione per l’approvazione altrui di All that Jazz, la cattiveria sfrontata con cui la società si accanisce contro gli studenti preparandoli al supplizio sempiterno che spetta ai creativi di tutto il mondo di Così muore un giovane designer.
E poi il culto morboso che ancora oggi accompagna i defunti nelle province italiane celebrato da Benito e il gusto per le esequie, l’amara rivelazione che si venga pagati col niente di La nuova moneta, il gusto al fiele dell’opportunismo in amore di Furesta, la telecronaca di un atto criminale bulimico di Strabel e la sinfonia consolatoria per tutti gli adulti che, come Richi si trovano ogni giorno a dover combattere eroicamente contro i bambini, perdendo miseramente.
Otto sfoghi quotidiani scritti ed interpretati da Arianna Porcelli Safonov, impreziositi dalle musiche di Renato Cantini e Michele Staino.
Come tanto tempo fa, quando le fiabe venivano cantate e le streghe bruciate, Omeophonie è un piccolo scrigno consegnato a chi ascolta, un forziere musicale denso di voci e di pulsioni febbricitanti, di cinismi e morali profonde che oggi suonano come ingiurie alla modernità ma che un tempo, alla fine delle fiabe insegnavano qualcosa di grande ed imperituro.
La morale torna ad insegnare facendo ridere e così si dimostra curativa.
Come le fiabe.
Come il Jazz.
Dal 28 novembre al 3 dicembre 2023
Favole omeopatiche per adulti
di e con Arianna Porcelli Safonov
musiche Michele Staino, Renato Cantini
produzione Mismaonda
Otto ritratti ironici di persone normali alla deriva, otto mini-film da immaginare al ritmo del jazz
Otto favole desiderose di curare dalla decadenza contemporanea.
Otto microcosmi ricchi di sensazioni che più umane non si può.
Otto gabinetti delle meraviglie, otto piccole storie che disegnano caratteri quotidiani potenti e psicotici: l’ossessione per l’approvazione altrui di All that Jazz, la cattiveria sfrontata con cui la società si accanisce contro gli studenti preparandoli al supplizio sempiterno che spetta ai creativi di tutto il mondo di Così muore un giovane designer.
E poi il culto morboso che ancora oggi accompagna i defunti nelle province italiane celebrato da Benito e il gusto per le esequie, l’amara rivelazione che si venga pagati col niente di La nuova moneta, il gusto al fiele dell’opportunismo in amore di Furesta, la telecronaca di un atto criminale bulimico di Strabel e la sinfonia consolatoria per tutti gli adulti che, come Richi si trovano ogni giorno a dover combattere eroicamente contro i bambini, perdendo miseramente.
Otto sfoghi quotidiani scritti ed interpretati da Arianna Porcelli Safonov, impreziositi dalle musiche di Renato Cantini e Michele Staino.
Come tanto tempo fa, quando le fiabe venivano cantate e le streghe bruciate, Omeophonie è un piccolo scrigno consegnato a chi ascolta, un forziere musicale denso di voci e di pulsioni febbricitanti, di cinismi e morali profonde che oggi suonano come ingiurie alla modernità ma che un tempo, alla fine delle fiabe insegnavano qualcosa di grande ed imperituro.
La morale torna ad insegnare facendo ridere e così si dimostra curativa.
Come le fiabe.
Come il Jazz.
Dal 28 novembre al 3 dicembre 2023
L’ISPETTORE GENERALE
di Nikolaj Gogol
regia Leo Muscato
con Rocco Papaleo e cast in via di definizione
scene Andrea Belli
costumi Margherita Baldoni
luci Alessandro Verazzi
coreografia Nicole Kehrberger
produzione Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale e Teatro Stabile del Veneto - Teatro Nazionale
Commedia satirica fra le più divertenti e attuali della drammaturgia russa che si prende gioco della piccolezza morale di chi detiene un potere
Rocco Papaleo è protagonista de “L’ispettore generale” di Nikolaj Gogol, uno dei più grandi capolavori della drammaturgia russa. Commedia satirica fra le più divertenti che sia mai stata scritta, “L’ispettore generale” si prende gioco della piccolezza morale di chi detiene un potere e si ritiene intoccabile.
Scritta nel 1836, ma tragicamente più attuale di quanto si possa immaginare, rivive oggi grazie alla regia di Leo Muscato.
Corrotti, approfittatori, affaristi, sfruttatori, gli abitanti della cittadina della Russia zarista sono presi al laccio dei loro stessi inganni. Una commedia in cui emergono la mascalzonaggine, l’imbroglio e l’assenza di buona fede da parte del protagonista e degli altri personaggi.
“L’ispettore generale” è un’espressione emblematica del teatro gogoliano e del suo tentativo di denunciare, attraverso riso e comicità la burocrazia corrotta della Russia zarista e l’ingiustizia e il sopruso che dominano l’esistenza. Non è l’uomo a essere malvagio… è la società che lo rende tale.
6 dicembre 2023
MALEFICI - Family Show
testo Dario Vergassola
regia Manuel Renga
con I Muffins
aiuto regia Lucia Messina
voce dell’ascensore Dario Vergassola
illustrazione Daniel Cuello
musiche, liriche e vocal coach Eleonora Beddini
adattamento e dialoghi Elisabetta Tulli e Manuel Renga
ideazione scenografica Luca Altamura realizzata da Claudia Stefani in collaborazione con Gloria Gandini, dipinta da Paolino Libralato e Ilenia Da Ros
coreografie Giuseppe Brancato
costumi Antonia Munaretti in collaborazione con Gilda Li Rosi
light designer Manuel Garzetta
tour manager Federico Visintainer
tecnici: Gino Bisignano, Federico Balestro, Enrico Bellaro, Filippo Bonvicini, Gilda Li Rosi
produzione Associazione ATTI, Fondazione AIDA, Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento con la collaborazione del Coordinamento Teatrale Trentino e il sostegno della Fondazione Caritro
Com’erano, da bambini, i cattivi delle fiabe? E perché sono diventati così? Un inedito Vergassola drammaturgo svela l’arcano.
Il comico, scrittore, attore e cantautore Dario Vergassola approda per la prima volta al teatro ragazzi, ponendosi queste domande: nasce così “Malefici”, musical per famiglie, dai 5 anni, uno spettacolo prodotto da Associazione Atti, Fondazione Aida e il Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento, in collaborazione con il Coordinamento Teatrale Trentino e il sostegno della Fondazione Caritro, per riflettere perché gli antagonisti delle fiabe sono diventati così, senza giustificare le loro azioni, ma nemmeno darle per scontate.
La regia è di Manuel Renga, già autore, regista e curatore di progetti didattici legati alle opere liriche, andate in scena su palcoscenici internazionali, come le Théâtre des Champs Elysées a Parigi, l'Opéra de Rouen e la Royal Opera House di Muscat. È sua anche l'elaborazione drammaturgica, scritta a quattro mani con l'autrice teatrale Elisabetta Tulli. Le musiche originali sono della pianista e compositrice Eleonora Beddini e le coreografie di Giuseppe Brancato.
Adatto a bambini da 5 anni in su, lo spettacolo non vuole giustificare i celebri antagonisti delle fiabe per le loro azioni, ma nemmeno darle per scontate. I protagonisti sono la Regina cattiva, il Gran visir, La strega del Mare e il Lupo delle fiabe. Tutti personaggi che si rifanno all’immaginario collettivo dei cattivi più celebri delle fiabe. La Regina cattiva è ossessionata dall'idea di essere bella: se un tempo c'era lo specchio a testimoniare la sua bellezza, oggi si fa direttamente i selfie con lo smartphone. Il Gran visir è il personaggio più antipatico e scorbutico di tutti, ma non c'è spigolo caratteriale che non possa essere smussato e accettato. La strega del Mare finalmente può fare a meno di avere una voce potente, perché oggi ci sono i microfoni a dare manforte. Approfittando della sua presenza, si riflette anche sull'inquinamento dei mari, deturpati dalla plastica e dai rifiuti. Infine c'è il Lupo delle fiabe, storicamente cattivo, che in realtà è vegano, ma si vergogna ad ammetterlo in pubblico. Ognuno racconta il suo disagio nel sentirsi cattivo o addirittura nel fingersi più cattivo di quello che è». I quattro anti-eroi si trovano nell'ascensore di un palazzo, senza sapere di essere diretti tutti nello stesso posto, ovvero dall'analista.
Interpreti d'eccezione sono I Muffins, quartetto artistico formato dal cantautore Stefano Colli (finalista della 58° edizione del Festival di Castrocaro su RaiUno e concorrente della 6ª edizione di The Voice of Italy nel team Gigi D’Alessio) e dai tre performer Maddalena Luppi, Giulia Mattarucco e Riccardo Sarti. La compagnia si è formata nel 2015 e da quest'anno lavora stabilmente con Fondazione Aida.
Note di Dario Vergassola
«Ogni piano svela le difficoltà e i problemi che si porta dietro ognuno di loro – spiega l'artista spezzino –. L'amicizia che s'instaura diventa una terapia di gruppo. I miei amici di oggi sono gli stessi che venivano con me alle elementari e alle medie, perché con gli amici di vecchia data non si deve far finta di essere qualcun altro: è una fatica in meno, che trovo terapeutica. Quando si diventa grandi, si ha voglia di capire quello che c'è dietro le cose, anche dietro un comportamento strano, frutto magari di un disagio che non è stato espresso e trattato, di qualcosa che non è andato nel verso giusto. Probabilmente se fossero stati sorvegliati e guidati meglio, i cattivi delle fiabe sarebbero cresciuti bene e oggi vivrebbero anche loro felici e contenti».
Eppure nessuna etichetta è per sempre e, in fin dei conti, non è mai troppo tardi per interrogarsi, conoscersi, saltare dalla realtà virtuale a quella concreta, salutare i social network e abbracciare gli amici, ed essere felici davvero.
Dal 13 al 17 dicembre 2023
testo Dario Vergassola
regia Manuel Renga
con I Muffins
aiuto regia Lucia Messina
voce dell’ascensore Dario Vergassola
illustrazione Daniel Cuello
musiche, liriche e vocal coach Eleonora Beddini
adattamento e dialoghi Elisabetta Tulli e Manuel Renga
ideazione scenografica Luca Altamura realizzata da Claudia Stefani in collaborazione con Gloria Gandini, dipinta da Paolino Libralato e Ilenia Da Ros
coreografie Giuseppe Brancato
costumi Antonia Munaretti in collaborazione con Gilda Li Rosi
light designer Manuel Garzetta
tour manager Federico Visintainer
tecnici: Gino Bisignano, Federico Balestro, Enrico Bellaro, Filippo Bonvicini, Gilda Li Rosi
produzione Associazione ATTI, Fondazione AIDA, Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento con la collaborazione del Coordinamento Teatrale Trentino e il sostegno della Fondazione Caritro
Com’erano, da bambini, i cattivi delle fiabe? E perché sono diventati così? Un inedito Vergassola drammaturgo svela l’arcano.
Il comico, scrittore, attore e cantautore Dario Vergassola approda per la prima volta al teatro ragazzi, ponendosi queste domande: nasce così “Malefici”, musical per famiglie, dai 5 anni, uno spettacolo prodotto da Associazione Atti, Fondazione Aida e il Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento, in collaborazione con il Coordinamento Teatrale Trentino e il sostegno della Fondazione Caritro, per riflettere perché gli antagonisti delle fiabe sono diventati così, senza giustificare le loro azioni, ma nemmeno darle per scontate.
La regia è di Manuel Renga, già autore, regista e curatore di progetti didattici legati alle opere liriche, andate in scena su palcoscenici internazionali, come le Théâtre des Champs Elysées a Parigi, l'Opéra de Rouen e la Royal Opera House di Muscat. È sua anche l'elaborazione drammaturgica, scritta a quattro mani con l'autrice teatrale Elisabetta Tulli. Le musiche originali sono della pianista e compositrice Eleonora Beddini e le coreografie di Giuseppe Brancato.
Adatto a bambini da 5 anni in su, lo spettacolo non vuole giustificare i celebri antagonisti delle fiabe per le loro azioni, ma nemmeno darle per scontate. I protagonisti sono la Regina cattiva, il Gran visir, La strega del Mare e il Lupo delle fiabe. Tutti personaggi che si rifanno all’immaginario collettivo dei cattivi più celebri delle fiabe. La Regina cattiva è ossessionata dall'idea di essere bella: se un tempo c'era lo specchio a testimoniare la sua bellezza, oggi si fa direttamente i selfie con lo smartphone. Il Gran visir è il personaggio più antipatico e scorbutico di tutti, ma non c'è spigolo caratteriale che non possa essere smussato e accettato. La strega del Mare finalmente può fare a meno di avere una voce potente, perché oggi ci sono i microfoni a dare manforte. Approfittando della sua presenza, si riflette anche sull'inquinamento dei mari, deturpati dalla plastica e dai rifiuti. Infine c'è il Lupo delle fiabe, storicamente cattivo, che in realtà è vegano, ma si vergogna ad ammetterlo in pubblico. Ognuno racconta il suo disagio nel sentirsi cattivo o addirittura nel fingersi più cattivo di quello che è». I quattro anti-eroi si trovano nell'ascensore di un palazzo, senza sapere di essere diretti tutti nello stesso posto, ovvero dall'analista.
Interpreti d'eccezione sono I Muffins, quartetto artistico formato dal cantautore Stefano Colli (finalista della 58° edizione del Festival di Castrocaro su RaiUno e concorrente della 6ª edizione di The Voice of Italy nel team Gigi D’Alessio) e dai tre performer Maddalena Luppi, Giulia Mattarucco e Riccardo Sarti. La compagnia si è formata nel 2015 e da quest'anno lavora stabilmente con Fondazione Aida.
Note di Dario Vergassola
«Ogni piano svela le difficoltà e i problemi che si porta dietro ognuno di loro – spiega l'artista spezzino –. L'amicizia che s'instaura diventa una terapia di gruppo. I miei amici di oggi sono gli stessi che venivano con me alle elementari e alle medie, perché con gli amici di vecchia data non si deve far finta di essere qualcun altro: è una fatica in meno, che trovo terapeutica. Quando si diventa grandi, si ha voglia di capire quello che c'è dietro le cose, anche dietro un comportamento strano, frutto magari di un disagio che non è stato espresso e trattato, di qualcosa che non è andato nel verso giusto. Probabilmente se fossero stati sorvegliati e guidati meglio, i cattivi delle fiabe sarebbero cresciuti bene e oggi vivrebbero anche loro felici e contenti».
Eppure nessuna etichetta è per sempre e, in fin dei conti, non è mai troppo tardi per interrogarsi, conoscersi, saltare dalla realtà virtuale a quella concreta, salutare i social network e abbracciare gli amici, ed essere felici davvero.
Dal 13 al 17 dicembre 2023
EL NOST MILAN
Seconda parte: I signori
Secondo capitolo del progetto triennale di arte partecipata
Ispirato all’omonima commedia di Carlo Bertolazzi
Ideato e diretto da Serena Sinigaglia
Con 160 cittadini partecipanti a 13 laboratori di teatro sul territorio
E la partecipazione straordinaria di Lella Costa
Coordinamento drammaturgico Tindaro Granata
Drammaturgia a cura di Simone Faloppa, Giulia Tollis, Domenico Ferrari, Giulia Donelli, Elena Patacchini, Lorenzo Piccolo, Gabriele Scotti e Tindaro Granata
Scene Maria Spazzi
Costumi Claudia Botta
Attrezzeria Marianna Cavallotti e Chiara Modolo
Luci Alessandro Verazzi e Roberta Faiolo
Consulente musiche Sandra Zoccolan
Coordinamento sociale Nadia Fulco
Coproduzione ATIR e Teatro Carcano
In partnership con Cooperativa sociale Comunità Progetto, Associazione Amici di Edoardo Onlus
In collaborazione con Proxima Res, Eco di Fondo e PEM
E con Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia e NABA Nuova Accademia Belle Arti
Progetto realizzato con il contributo del Comune di Milano e con il contributo di Fondazione AEM selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile
Un’esperienza umana collettiva, un’opera colossale, coraggiosa e coinvolgente che ritraendo Milano ritrae la società contemporanea
Ispirato all’omonima opera di Carlo Bertolazzi divisa in due atti (La povera gent e I sciori), che debuttò proprio al Teatro Carcano nel 1893, EL NOST MILAN è un progetto triennale di arte partecipata che nasce da un’idea di Serena Sinigaglia e coinvolge trasversalmente i partecipanti ai laboratori per la cittadinanza - tenuti dalle compagnie ATIR, Proxima Res, PEM ed Eco di fondo in diversi municipi della città - che confluiscono in 3 distinti eventi di impatto cittadino, diretti dalla stessa Sinigaglia, nel 2022, 2023 e 2025.
Sono i cittadini stessi a raccontare Milano, quella di fine ‘800 in cui debuttò l’opera e quella dei giorni nostri, alla riscoperta dei luoghi di povertà e di ricchezza e delle origini linguistiche della città.
La cornice narrativa del secondo anno di progetto è I signori, cui è dedicato il secondo atto della commedia di Bertolazzi: questa volta (dopo “la povera gente” del primo capitolo) i gruppi esploreranno luoghi di ricchezza della nostra città oggi particolarmente significativi. L’elaborazione drammaturgica sarà a cura dei formatori e dei drammaturghi dei diversi gruppi laboratoriali.
Note di regia
“Il capolavoro del Bertolazzi andò in scena al Teatro Carcano di Milano nel 1893: raccontava la Milano di allora, le sue contraddizioni, la sua lingua, la sua gente. Ricordiamo poi l’edizione di Giorgio Strehler, nel 1953, al Piccolo Teatro. Una Milano cambiata, una Milano che riemergeva dalle macerie della guerra, una Milano che si specchiava in quella del Bertolazzi, per scoprirsi uguale e diversa.
El Nost Milan è un’opera che ti travolge. Il dialetto milanese ti porta all’interno di un’identità, quella meneghina, che è parte costitutiva della città: un dialetto oggi quasi completamente scomparso ma che ha la forza, come tutti i dialetti, di restituirti i corpi e gli umori della città. I luoghi descritti dal Bertolazzi esistevano allora ed esistono oggi. Si sono trasformati nel tempo, certo, ma è proprio quella trasformazione il punto. Un gioco di specchi tra passato, presente e futuro in cui la città si specchia nella città per riscoprirsi diversa, per conoscersi. El Nost Milan è come una guida all’ascolto e alla scoperta di Milano. È dunque l’ispirazione perfetta per un progetto di arte partecipata: cittadini milanesi che raccontano la città ad altri cittadini milanesi in uno spazio teatrale: ancora una volta un gioco di specchi, un incrocio di sguardi, uno scambio di esperienze sulla metropoli, le sue forme, le sue lingue, la sua gente. Ecco dunque la genesi di questo nostro viaggio lungo tre anni che attraversa le vie, le piazze, i luoghi, la gente di Milano. Saranno gli abitanti stessi della città a percorrere quel viaggio e a restituircelo poi sulle assi del palcoscenico.
La città si fa teatro di fronte alla città, ancora una volta un gioco di specchi, capace di illuminarci la via. Tutti i nostri allievi - bambini, adolescenti, diversamente abili, anziani, adulti - i nostri artisti professionisti, i nostri educatori, i nostri drammaturghi viaggeranno, ispirati e guidati dagli spunti del Bertolazzi, attraverso Milano e i suoi quartieri. Una scoperta, un’esperienza di cittadinanza fatta sul campo. Da quel viaggio, capitolo dopo capitolo, emergeranno frammenti, storie, nuove drammaturgie che poi verranno cucite da me e Tindaro Granata in un’unica narrazione che vedrà ogni anno più di 150 cittadini - affiancati da Lella Costa - farsi attori sul palcoscenico del Carcano per raccontarci la nostra città.”
Serena Sinigaglia
Dal 28 dicembre 2023 al 7 gennaio 2024
Seconda parte: I signori
Secondo capitolo del progetto triennale di arte partecipata
Ispirato all’omonima commedia di Carlo Bertolazzi
Ideato e diretto da Serena Sinigaglia
Con 160 cittadini partecipanti a 13 laboratori di teatro sul territorio
E la partecipazione straordinaria di Lella Costa
Coordinamento drammaturgico Tindaro Granata
Drammaturgia a cura di Simone Faloppa, Giulia Tollis, Domenico Ferrari, Giulia Donelli, Elena Patacchini, Lorenzo Piccolo, Gabriele Scotti e Tindaro Granata
Scene Maria Spazzi
Costumi Claudia Botta
Attrezzeria Marianna Cavallotti e Chiara Modolo
Luci Alessandro Verazzi e Roberta Faiolo
Consulente musiche Sandra Zoccolan
Coordinamento sociale Nadia Fulco
Coproduzione ATIR e Teatro Carcano
In partnership con Cooperativa sociale Comunità Progetto, Associazione Amici di Edoardo Onlus
In collaborazione con Proxima Res, Eco di Fondo e PEM
E con Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia e NABA Nuova Accademia Belle Arti
Progetto realizzato con il contributo del Comune di Milano e con il contributo di Fondazione AEM selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile
Un’esperienza umana collettiva, un’opera colossale, coraggiosa e coinvolgente che ritraendo Milano ritrae la società contemporanea
Ispirato all’omonima opera di Carlo Bertolazzi divisa in due atti (La povera gent e I sciori), che debuttò proprio al Teatro Carcano nel 1893, EL NOST MILAN è un progetto triennale di arte partecipata che nasce da un’idea di Serena Sinigaglia e coinvolge trasversalmente i partecipanti ai laboratori per la cittadinanza - tenuti dalle compagnie ATIR, Proxima Res, PEM ed Eco di fondo in diversi municipi della città - che confluiscono in 3 distinti eventi di impatto cittadino, diretti dalla stessa Sinigaglia, nel 2022, 2023 e 2025.
Sono i cittadini stessi a raccontare Milano, quella di fine ‘800 in cui debuttò l’opera e quella dei giorni nostri, alla riscoperta dei luoghi di povertà e di ricchezza e delle origini linguistiche della città.
La cornice narrativa del secondo anno di progetto è I signori, cui è dedicato il secondo atto della commedia di Bertolazzi: questa volta (dopo “la povera gente” del primo capitolo) i gruppi esploreranno luoghi di ricchezza della nostra città oggi particolarmente significativi. L’elaborazione drammaturgica sarà a cura dei formatori e dei drammaturghi dei diversi gruppi laboratoriali.
Note di regia
“Il capolavoro del Bertolazzi andò in scena al Teatro Carcano di Milano nel 1893: raccontava la Milano di allora, le sue contraddizioni, la sua lingua, la sua gente. Ricordiamo poi l’edizione di Giorgio Strehler, nel 1953, al Piccolo Teatro. Una Milano cambiata, una Milano che riemergeva dalle macerie della guerra, una Milano che si specchiava in quella del Bertolazzi, per scoprirsi uguale e diversa.
El Nost Milan è un’opera che ti travolge. Il dialetto milanese ti porta all’interno di un’identità, quella meneghina, che è parte costitutiva della città: un dialetto oggi quasi completamente scomparso ma che ha la forza, come tutti i dialetti, di restituirti i corpi e gli umori della città. I luoghi descritti dal Bertolazzi esistevano allora ed esistono oggi. Si sono trasformati nel tempo, certo, ma è proprio quella trasformazione il punto. Un gioco di specchi tra passato, presente e futuro in cui la città si specchia nella città per riscoprirsi diversa, per conoscersi. El Nost Milan è come una guida all’ascolto e alla scoperta di Milano. È dunque l’ispirazione perfetta per un progetto di arte partecipata: cittadini milanesi che raccontano la città ad altri cittadini milanesi in uno spazio teatrale: ancora una volta un gioco di specchi, un incrocio di sguardi, uno scambio di esperienze sulla metropoli, le sue forme, le sue lingue, la sua gente. Ecco dunque la genesi di questo nostro viaggio lungo tre anni che attraversa le vie, le piazze, i luoghi, la gente di Milano. Saranno gli abitanti stessi della città a percorrere quel viaggio e a restituircelo poi sulle assi del palcoscenico.
La città si fa teatro di fronte alla città, ancora una volta un gioco di specchi, capace di illuminarci la via. Tutti i nostri allievi - bambini, adolescenti, diversamente abili, anziani, adulti - i nostri artisti professionisti, i nostri educatori, i nostri drammaturghi viaggeranno, ispirati e guidati dagli spunti del Bertolazzi, attraverso Milano e i suoi quartieri. Una scoperta, un’esperienza di cittadinanza fatta sul campo. Da quel viaggio, capitolo dopo capitolo, emergeranno frammenti, storie, nuove drammaturgie che poi verranno cucite da me e Tindaro Granata in un’unica narrazione che vedrà ogni anno più di 150 cittadini - affiancati da Lella Costa - farsi attori sul palcoscenico del Carcano per raccontarci la nostra città.”
Serena Sinigaglia
Dal 28 dicembre 2023 al 7 gennaio 2024
PIPPI CALZELUNGHE - Il Musical
di Astrid Lindgren
adattamento teatrale Staffan Gotestam
musiche Georg Riedel e Anders Berglund
regia e coreografie Fabrizio Angelini
versione italiana Sagitta Alter e Carlotta Proietti
rielaborazione scenica e costumi Susanna Proietti
regista collaboratore Gianfranco Vergoni
direzione musicale Giovanni Monti
light designer Umile Vainieri
progetto fonico Daniele Patriarca
direzione tecnica Stefano Cianfichi
scenografo collaboratore Fabiana di Marco
organizzazione generale Alessandro Fioroni
produzione Politeama s.r.l.
direzione artistica Nicola Piovani
Un cast di tredici attori, ballerini, acrobati e cantanti interpretano i personaggi dello spettacolo
Un’edizione “dal vivo” vivace ed esuberante della favola dedicata alla celebre eroina ribelle e anticonformista
Pippi Calzelunghe il Musical nasce da un’idea di Gigi Proietti, più che un’idea, un’intuizione: regalare al pubblico un’edizione “dal vivo” di una delle eroine più amate di tutti i tempi. Quella intuizione diventa realtà.
Nata dalla penna di Astrid Lindgren, la celebre favola si trasforma in uno spettacolo dai tratti unici, grazie alla versione italiana di Sagitta Alter e Carlotta Proietti e alla regia di Fabrizio Angelini.
Un cast di attori, cantanti, ballerini-acrobati racconterà sul palco la storia di Pippi, un’icona senza tempo. Ritroveremo le sue inconfondibili treccine rosse, le lentiggini e i coloratissimi look che hanno fatto sognare intere generazioni. Non mancheranno in scena i suoi fedeli
compagni di viaggio: l’adorabile cavallo a pois chiamato Zietto e Nilsson una stravagante scimmietta.
Ribelle, anticonformista e allergica alle regole, Pippi regalerà a tutti una lezione che suona più o meno così: l’indipendenza, il potere di sognare ad occhi aperti, la capacità di dare al denaro un’importanza relativa e il valore dell’amicizia rendono bella la vita, assai più dei vestiti eleganti e del galateo da salotto. Uno spettacolo vivace e esuberante: acrobazie, colpi di scena, tanta tanta musica; i costumi accuratissimi e raffinati e l’elegante allestimento sono firmati da Susanna Proietti.
Ma Pippi Calzelunghe il Musical è anche qualcosa di più. È il sentimento delicato che vi porterete nel cuore alla fine dello spettacolo: quella tenerezza che in fondo non è l’unica arma veramente potente per vivere felici?
31 dicembre 2023
di Astrid Lindgren
adattamento teatrale Staffan Gotestam
musiche Georg Riedel e Anders Berglund
regia e coreografie Fabrizio Angelini
versione italiana Sagitta Alter e Carlotta Proietti
rielaborazione scenica e costumi Susanna Proietti
regista collaboratore Gianfranco Vergoni
direzione musicale Giovanni Monti
light designer Umile Vainieri
progetto fonico Daniele Patriarca
direzione tecnica Stefano Cianfichi
scenografo collaboratore Fabiana di Marco
organizzazione generale Alessandro Fioroni
produzione Politeama s.r.l.
direzione artistica Nicola Piovani
Un cast di tredici attori, ballerini, acrobati e cantanti interpretano i personaggi dello spettacolo
Un’edizione “dal vivo” vivace ed esuberante della favola dedicata alla celebre eroina ribelle e anticonformista
Pippi Calzelunghe il Musical nasce da un’idea di Gigi Proietti, più che un’idea, un’intuizione: regalare al pubblico un’edizione “dal vivo” di una delle eroine più amate di tutti i tempi. Quella intuizione diventa realtà.
Nata dalla penna di Astrid Lindgren, la celebre favola si trasforma in uno spettacolo dai tratti unici, grazie alla versione italiana di Sagitta Alter e Carlotta Proietti e alla regia di Fabrizio Angelini.
Un cast di attori, cantanti, ballerini-acrobati racconterà sul palco la storia di Pippi, un’icona senza tempo. Ritroveremo le sue inconfondibili treccine rosse, le lentiggini e i coloratissimi look che hanno fatto sognare intere generazioni. Non mancheranno in scena i suoi fedeli
compagni di viaggio: l’adorabile cavallo a pois chiamato Zietto e Nilsson una stravagante scimmietta.
Ribelle, anticonformista e allergica alle regole, Pippi regalerà a tutti una lezione che suona più o meno così: l’indipendenza, il potere di sognare ad occhi aperti, la capacità di dare al denaro un’importanza relativa e il valore dell’amicizia rendono bella la vita, assai più dei vestiti eleganti e del galateo da salotto. Uno spettacolo vivace e esuberante: acrobazie, colpi di scena, tanta tanta musica; i costumi accuratissimi e raffinati e l’elegante allestimento sono firmati da Susanna Proietti.
Ma Pippi Calzelunghe il Musical è anche qualcosa di più. È il sentimento delicato che vi porterete nel cuore alla fine dello spettacolo: quella tenerezza che in fondo non è l’unica arma veramente potente per vivere felici?
31 dicembre 2023
ENRICO BERTOLINO
Le notizie più pazze dell’anno
Instant Theatre con live band
di e con Enrico Bertolino
produzione itc2000
Enrico Bertolino, nella triplice veste di comico, narratore ed esperto di comunicazione, racconta i paradossi e le contraddizioni dell’anno che ci lasciamo alle spalle
L’instant theatre, è una formula di teatro incentrato sull’attualità, che cambia ogni sera, inventata da Enrico Bertolino e Luca Bottura e sviluppata con Massimo Navone. Questo format ha dato vita negli anni a spettacoli sempre diversi, che si interfacciano con l’attualità: elezioni, referendum, pandemie... adottando sottotitoli nuovi come nel caso del ‘distant’ theatre durante i mesi difficili del lockdown. Enrico Bertolino è in scena nella triplice veste di comico, narratore ed esperto di comunicazione. Racconta i paradossi e le contraddizioni della realtà che ci circonda cucendoli con un filo narrativo che si rinnova ad ogni edizione, adeguandosi ai temi dominanti del momento e spaziando dalla cronaca, alla politica, all’osservazione dei nuovi fenomeni sociali, con riferimenti alla storia passata e recente. Un uomo solo in scena per 75 minuti di narrazione umoristica, insieme a due musicisti polistrumentisti che lo accompagnano colorando il racconto di sonorità suggestive e rivisitando in chiave ironicamente attuale motivi famosi. Se già è difficile avere certezze sul presente figuriamoci riguardo al domani ma, non volendo fare le cassandre, ci riaggiorneremo fiduciosi e con un’unica certezza: che il futuro lo ‘scopriremo solo ridendo’.
Dal 12 al 14 gennaio 2024
Le notizie più pazze dell’anno
Instant Theatre con live band
di e con Enrico Bertolino
produzione itc2000
Enrico Bertolino, nella triplice veste di comico, narratore ed esperto di comunicazione, racconta i paradossi e le contraddizioni dell’anno che ci lasciamo alle spalle
L’instant theatre, è una formula di teatro incentrato sull’attualità, che cambia ogni sera, inventata da Enrico Bertolino e Luca Bottura e sviluppata con Massimo Navone. Questo format ha dato vita negli anni a spettacoli sempre diversi, che si interfacciano con l’attualità: elezioni, referendum, pandemie... adottando sottotitoli nuovi come nel caso del ‘distant’ theatre durante i mesi difficili del lockdown. Enrico Bertolino è in scena nella triplice veste di comico, narratore ed esperto di comunicazione. Racconta i paradossi e le contraddizioni della realtà che ci circonda cucendoli con un filo narrativo che si rinnova ad ogni edizione, adeguandosi ai temi dominanti del momento e spaziando dalla cronaca, alla politica, all’osservazione dei nuovi fenomeni sociali, con riferimenti alla storia passata e recente. Un uomo solo in scena per 75 minuti di narrazione umoristica, insieme a due musicisti polistrumentisti che lo accompagnano colorando il racconto di sonorità suggestive e rivisitando in chiave ironicamente attuale motivi famosi. Se già è difficile avere certezze sul presente figuriamoci riguardo al domani ma, non volendo fare le cassandre, ci riaggiorneremo fiduciosi e con un’unica certezza: che il futuro lo ‘scopriremo solo ridendo’.
Dal 12 al 14 gennaio 2024
PARADISO XXXIII
di e con Elio Germano e Teho Teardo
drammaturgia Elio Germano
drammaturgia sonora Teho Teardo
con Laura Bisceglia (violoncello) e Ambra Chiara Michelangeli (viola)
regia Simone Ferrari & Lulu Helbaek
disegno luci Pasquale Mari
video artists Sergio Pappalettera e Marino Capitanio
scene design Matteo Oioli
costumi Marina Roberti
produzione Infinito Produzioni e Argot Produzioni
in coproduzione con Pierfrancesco Pisani per Infinito Produzioni, Fondazione Teatro della Toscana, Teatro Franco Parenti, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara Claudio Abbado,
Teatro Amintore Galli di Rimini
Voce e musica per avvicinarsi al mistero, all'immenso ricercato da Dante nel XXXIII canto del Paradiso
Uno spettacolo divulgativo senza che niente sia spiegato.
Dante Alighieri, nel 33esimo canto del Paradiso, si trova nell'impaccio dell'essere umano che prova a descrivere l'immenso, l'indicibile, prova a raccontare l'irraccontabile.
Questo scarto rispetto alla “somma meraviglia” sarà messo in scena creando un’esperienza unica, quasi fisica per lo spettatore al cospetto dell’immensità.
Elio Germano e Teho Teardo sono voce e musica per dire la bellezza e avvicinarsi al mistero, l'immenso, l'indicibile ricercato da Dante nei versi del XXXIII canto del Paradiso.
Dal suono avvincente ed “etterno” germoglia la musica inaudita e imprevedibile del compositore d'avanguardia e scaturisce la regia visionaria e impalpabile di Simone Ferrari e Lulu Helbaek, poeti dello sguardo, capaci di muoversi tra cerimonie olimpiche, teatro e show portando sempre con loro una stilla di magia del Cirque du Soleil. Grazie alla loro esperienza crossmediale, accadrà qualcosa di magico e meraviglioso di inspiegabile, trascendendo qualsiasi concetto di teatro, concerto o rappresentazione dantesca attraverso una contaminazione di linguaggi tecnologici e teatrali.
Dal 16 al 21 gennaio 2024
di e con Elio Germano e Teho Teardo
drammaturgia Elio Germano
drammaturgia sonora Teho Teardo
con Laura Bisceglia (violoncello) e Ambra Chiara Michelangeli (viola)
regia Simone Ferrari & Lulu Helbaek
disegno luci Pasquale Mari
video artists Sergio Pappalettera e Marino Capitanio
scene design Matteo Oioli
costumi Marina Roberti
produzione Infinito Produzioni e Argot Produzioni
in coproduzione con Pierfrancesco Pisani per Infinito Produzioni, Fondazione Teatro della Toscana, Teatro Franco Parenti, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara Claudio Abbado,
Teatro Amintore Galli di Rimini
Voce e musica per avvicinarsi al mistero, all'immenso ricercato da Dante nel XXXIII canto del Paradiso
Uno spettacolo divulgativo senza che niente sia spiegato.
Dante Alighieri, nel 33esimo canto del Paradiso, si trova nell'impaccio dell'essere umano che prova a descrivere l'immenso, l'indicibile, prova a raccontare l'irraccontabile.
Questo scarto rispetto alla “somma meraviglia” sarà messo in scena creando un’esperienza unica, quasi fisica per lo spettatore al cospetto dell’immensità.
Elio Germano e Teho Teardo sono voce e musica per dire la bellezza e avvicinarsi al mistero, l'immenso, l'indicibile ricercato da Dante nei versi del XXXIII canto del Paradiso.
Dal suono avvincente ed “etterno” germoglia la musica inaudita e imprevedibile del compositore d'avanguardia e scaturisce la regia visionaria e impalpabile di Simone Ferrari e Lulu Helbaek, poeti dello sguardo, capaci di muoversi tra cerimonie olimpiche, teatro e show portando sempre con loro una stilla di magia del Cirque du Soleil. Grazie alla loro esperienza crossmediale, accadrà qualcosa di magico e meraviglioso di inspiegabile, trascendendo qualsiasi concetto di teatro, concerto o rappresentazione dantesca attraverso una contaminazione di linguaggi tecnologici e teatrali.
Dal 16 al 21 gennaio 2024
FRA'
San Francesco, la star del Medioevo
di e con Giovanni Scifoni
strumenti antichi Luciano Di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli
produzione Mismaonda
Tutti conoscono san Francesco. Perché è così irresistibile? Era un artista, forse il più grande della storia: nessuno ha mai raccontato Dio con tanta creatività. In un monologo orchestrato con laudi medioevali, Scifoni si interroga sulla figura del santo più pop che ci sia.
Come si fa a parlare di San Francesco D’Assisi senza essere mostruosamente banali? Come farò a mettere in scena questo spettacolo senza che sembri una canzone di Jovanotti?
Se chiedo a un ateo anticlericale “dimmi un santo che ti piace” lui dirà: Francesco. Perché tutti conoscono San Francesco? Perché sono stati scritti decine di migliaia di testi su di lui? Perché è così irresistibile? E perché proprio lui? Non era l’unico a praticare il pauperismo. In quell’epoca era pieno di santi e movimenti eretici che avevano fatto la stessa scelta estrema, che aveva di speciale questo coatto di periferia piccolo borghese mezzo frikkettone che lascia tutto per diventare straccione?
Aveva di speciale che era un artista. Forse il più grande della storia. Le sue prediche erano capolavori folli e visionari. Erano performance di teatro contemporaneo. Giocava con gli elementi della natura, improvvisava in francese, citando a memoria brani dalle chanson de geste, stravolgendone il senso, utilizzava il corpo, il nudo, perfino la propria malattia, il dolore fisico e il mutismo.
Il 24 dicembre celebreremo gli 800 anni del presepe di Greccio, la più geniale (e più copiata) invenzione di Francesco. Ma all’epoca non c’era la Siae.
Il monologo, orchestrato con le laudi medievali e gli strumenti antichi di Luciano di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli, si interroga sull’enorme potere persuasivo che genera su noi contemporanei la figura pop di Francesco, e percorre la vita del poverello di Assisi e il suo sforzo ossessivo di raccontare il mistero di Dio in ogni forma, fino al logoramento fisico che lo porterà alla morte, dalla predica ai porci fino alla composizione del cantico delle creature, il primo componimento lirico in volgare italiano della storia, Francesco canta la bellezza di frate sole dal buio della sua cella, cieco e devastato dalla malattia. Nessuno nella storia ha raccontato Dio con tanta geniale creatività. Francesco sapeva incantare il pubblico, folle sterminate, sapeva far ridere, piangere, sapeva cantare, ballare. Il vero problema con cui mi sono dovuto scontrare preparando questo spettacolo è che Francesco era un attore molto più bravo di me.
E poi il gran finale, la morte, il rapporto di fratellanza, quasi di amore carnale che aveva Francesco con Sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare. E neanche il pubblico potrà scappare da questo finale, incatenati sulle poltrone del teatro saranno costretti anche loro ad affrontare il vero, l’ultimo, grande tabù della nostra contemporaneità: non siamo immortali.
Giovanni Scifoni
Dal 24 al 28 gennaio 2024
San Francesco, la star del Medioevo
di e con Giovanni Scifoni
strumenti antichi Luciano Di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli
produzione Mismaonda
Tutti conoscono san Francesco. Perché è così irresistibile? Era un artista, forse il più grande della storia: nessuno ha mai raccontato Dio con tanta creatività. In un monologo orchestrato con laudi medioevali, Scifoni si interroga sulla figura del santo più pop che ci sia.
Come si fa a parlare di San Francesco D’Assisi senza essere mostruosamente banali? Come farò a mettere in scena questo spettacolo senza che sembri una canzone di Jovanotti?
Se chiedo a un ateo anticlericale “dimmi un santo che ti piace” lui dirà: Francesco. Perché tutti conoscono San Francesco? Perché sono stati scritti decine di migliaia di testi su di lui? Perché è così irresistibile? E perché proprio lui? Non era l’unico a praticare il pauperismo. In quell’epoca era pieno di santi e movimenti eretici che avevano fatto la stessa scelta estrema, che aveva di speciale questo coatto di periferia piccolo borghese mezzo frikkettone che lascia tutto per diventare straccione?
Aveva di speciale che era un artista. Forse il più grande della storia. Le sue prediche erano capolavori folli e visionari. Erano performance di teatro contemporaneo. Giocava con gli elementi della natura, improvvisava in francese, citando a memoria brani dalle chanson de geste, stravolgendone il senso, utilizzava il corpo, il nudo, perfino la propria malattia, il dolore fisico e il mutismo.
Il 24 dicembre celebreremo gli 800 anni del presepe di Greccio, la più geniale (e più copiata) invenzione di Francesco. Ma all’epoca non c’era la Siae.
Il monologo, orchestrato con le laudi medievali e gli strumenti antichi di Luciano di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli, si interroga sull’enorme potere persuasivo che genera su noi contemporanei la figura pop di Francesco, e percorre la vita del poverello di Assisi e il suo sforzo ossessivo di raccontare il mistero di Dio in ogni forma, fino al logoramento fisico che lo porterà alla morte, dalla predica ai porci fino alla composizione del cantico delle creature, il primo componimento lirico in volgare italiano della storia, Francesco canta la bellezza di frate sole dal buio della sua cella, cieco e devastato dalla malattia. Nessuno nella storia ha raccontato Dio con tanta geniale creatività. Francesco sapeva incantare il pubblico, folle sterminate, sapeva far ridere, piangere, sapeva cantare, ballare. Il vero problema con cui mi sono dovuto scontrare preparando questo spettacolo è che Francesco era un attore molto più bravo di me.
E poi il gran finale, la morte, il rapporto di fratellanza, quasi di amore carnale che aveva Francesco con Sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare. E neanche il pubblico potrà scappare da questo finale, incatenati sulle poltrone del teatro saranno costretti anche loro ad affrontare il vero, l’ultimo, grande tabù della nostra contemporaneità: non siamo immortali.
Giovanni Scifoni
Dal 24 al 28 gennaio 2024
L'ASINO E IL BUE
di e con Ascanio Celestini
musica di Gianluca Casadei
in occasione di Greccio 2023 nell'ottavo centenario della prima rappresentazione del presepe di San Francesco
produzione Fabbrica srl, Fondazione Musica Per Roma, Comitato Greccio 2023, Teatro Carcano Milano in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano
distribuzione a cura di Mismaonda
Francesco si chiama Giovanni.
Nasce da una madre francese quando il padre sta in Francia a vendere stoffe pregiate. Così lo chiamano “francesco”, insomma un figlio francese che si legge tanti libri della letteratura cavalleresca. Diventa cavaliere o vorrebbe diventarlo, va in guerra, ma finisce in galera. Quando esce dal carcere deve ricostruire le case dei nobili che il popolo ha cacciato da Assisi e impara a fare il muratore. Così diventa il santo che impara a ricostruire la Chiesa di Dio in terra.
Ma perché Francesco ci affascina ancora dopo otto secoli? E dove lo troveremmo oggi? Tra i barboni che chiedono l’elemosina nel parcheggio di un supermercato? Tra i facchini africani che spostano pacchi in qualche grande magazzino della logistica?
Quante sono le stelle nel cielo? Così tante che non si possono contare. Quante sono le stelle nel cielo? Comincia a contarle. Una, due, tre. Arrivi a cento, centocinquanta. Poi perdi il conto. Non si possono contare perché sono tante e stanno tutte sparpagliate.
1. I PERSONAGGI
Il personaggio-narratore dello spettacolo entra in scena pronunciando queste parole.
Cosa sono le stelle per lui? Sono la scienza e la conoscenza dell’universo? La fede? La fascinazione per la natura? O l’intuizione di un giullare, così si definiva Francesco, che ha cantato tutte le creature dal sole all’acqua, dalla cicala alla sorella morte corporale?
Ma dov’è che cerca i suoi personaggi? Guarda in basso, nel parcheggio davanti alla finestra della sua casa popolare. I personaggi sono tanti e condividono lo stesso asfalto, la stessa condizione umana. Giobbe, magazziniere analfabeta che ha organizzato il magazzino senza
nemmeno una parola scritta. La Signora delle Slot, rumena arrivata in Italia come prostituta che s’è ricomprata la propria libertà. Lo zingaro che ha cominciato a fumare a otto anni e sta ancora lì che fuma, accanto alla fontanella, davanti al bar. Nella bellissima pagina del “Sacro patto con Madonna Povertà”, alla richiesta della bella dama di avere un coltello per il pranzo i frati rispondono: «Non abbiamo il fabbro che ci faccia spade». Perché Francesco non sceglie di essere soltanto povero, ma servo dei poveri sapendo che i poveri non cercano servi, ma fratelli. Frati insomma.
E poi perché Francesco nasce, vive e muore in un tempo di guerre sante che non finiscono mai. I preti chiedevano l’obolo per la guerra alla fine della messa. Invece Francesco se ne va in Terra Santa a parlare coi crociati che non lo ascoltano. Poi parla coi musulmani. Lo ascoltano un po’ di più. Stupiti di un cristiano che arriva senza armi e cavallo, senza nemmeno le scarpe. E quando Francesco tornerà nella sua terra scriverà nella regola per i suoi frati che bisogna servire tutte le creature. Anche i musulmani. Chiederà a un frate che canti ogni sera dalla torre campanaria come ha imparato dai muezzin.
Quante sono le stelle nel cielo? Così tante che non si possono contare. E poi ci sono quelle che non riesci a vedere. Quelle non le puoi contare. Per quelle ci vuole il cannocchiale. Allora le stelle nel cielo sono ancora di più. Così tante che non si possono contare e neanche vedere tutte quante.
2. GRECCIO
Nella notte di Natale del 1223 Francesco ha fatto in quel piccolo paese il suo primo presepe. Un bue, un asino e una mangiatoia. Niente altro. Serviva mostrare che Gesù era nato povero. In un paese povero, un posto di poveri.
Celestini sta incontrando gli abitanti di Greccio e delle sue frazioni, per raccogliere storie di vita. Un po’ registra e trascrive, un po’ tiene un diario. Perché?
Perché dalla trascrizione delle interviste e dalla memoria possiamo trovare una qualità che serve a scrivere un testo che abbia il calore della biografia.
Dal 31 gennaio al 4 febbraio 2024
di e con Ascanio Celestini
musica di Gianluca Casadei
in occasione di Greccio 2023 nell'ottavo centenario della prima rappresentazione del presepe di San Francesco
produzione Fabbrica srl, Fondazione Musica Per Roma, Comitato Greccio 2023, Teatro Carcano Milano in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano
distribuzione a cura di Mismaonda
Francesco si chiama Giovanni.
Nasce da una madre francese quando il padre sta in Francia a vendere stoffe pregiate. Così lo chiamano “francesco”, insomma un figlio francese che si legge tanti libri della letteratura cavalleresca. Diventa cavaliere o vorrebbe diventarlo, va in guerra, ma finisce in galera. Quando esce dal carcere deve ricostruire le case dei nobili che il popolo ha cacciato da Assisi e impara a fare il muratore. Così diventa il santo che impara a ricostruire la Chiesa di Dio in terra.
Ma perché Francesco ci affascina ancora dopo otto secoli? E dove lo troveremmo oggi? Tra i barboni che chiedono l’elemosina nel parcheggio di un supermercato? Tra i facchini africani che spostano pacchi in qualche grande magazzino della logistica?
Quante sono le stelle nel cielo? Così tante che non si possono contare. Quante sono le stelle nel cielo? Comincia a contarle. Una, due, tre. Arrivi a cento, centocinquanta. Poi perdi il conto. Non si possono contare perché sono tante e stanno tutte sparpagliate.
1. I PERSONAGGI
Il personaggio-narratore dello spettacolo entra in scena pronunciando queste parole.
Cosa sono le stelle per lui? Sono la scienza e la conoscenza dell’universo? La fede? La fascinazione per la natura? O l’intuizione di un giullare, così si definiva Francesco, che ha cantato tutte le creature dal sole all’acqua, dalla cicala alla sorella morte corporale?
Ma dov’è che cerca i suoi personaggi? Guarda in basso, nel parcheggio davanti alla finestra della sua casa popolare. I personaggi sono tanti e condividono lo stesso asfalto, la stessa condizione umana. Giobbe, magazziniere analfabeta che ha organizzato il magazzino senza
nemmeno una parola scritta. La Signora delle Slot, rumena arrivata in Italia come prostituta che s’è ricomprata la propria libertà. Lo zingaro che ha cominciato a fumare a otto anni e sta ancora lì che fuma, accanto alla fontanella, davanti al bar. Nella bellissima pagina del “Sacro patto con Madonna Povertà”, alla richiesta della bella dama di avere un coltello per il pranzo i frati rispondono: «Non abbiamo il fabbro che ci faccia spade». Perché Francesco non sceglie di essere soltanto povero, ma servo dei poveri sapendo che i poveri non cercano servi, ma fratelli. Frati insomma.
E poi perché Francesco nasce, vive e muore in un tempo di guerre sante che non finiscono mai. I preti chiedevano l’obolo per la guerra alla fine della messa. Invece Francesco se ne va in Terra Santa a parlare coi crociati che non lo ascoltano. Poi parla coi musulmani. Lo ascoltano un po’ di più. Stupiti di un cristiano che arriva senza armi e cavallo, senza nemmeno le scarpe. E quando Francesco tornerà nella sua terra scriverà nella regola per i suoi frati che bisogna servire tutte le creature. Anche i musulmani. Chiederà a un frate che canti ogni sera dalla torre campanaria come ha imparato dai muezzin.
Quante sono le stelle nel cielo? Così tante che non si possono contare. E poi ci sono quelle che non riesci a vedere. Quelle non le puoi contare. Per quelle ci vuole il cannocchiale. Allora le stelle nel cielo sono ancora di più. Così tante che non si possono contare e neanche vedere tutte quante.
2. GRECCIO
Nella notte di Natale del 1223 Francesco ha fatto in quel piccolo paese il suo primo presepe. Un bue, un asino e una mangiatoia. Niente altro. Serviva mostrare che Gesù era nato povero. In un paese povero, un posto di poveri.
Celestini sta incontrando gli abitanti di Greccio e delle sue frazioni, per raccogliere storie di vita. Un po’ registra e trascrive, un po’ tiene un diario. Perché?
Perché dalla trascrizione delle interviste e dalla memoria possiamo trovare una qualità che serve a scrivere un testo che abbia il calore della biografia.
Dal 31 gennaio al 4 febbraio 2024
TOP GIRLS
di Caryl Churchill
traduzione Maggie Rose
con Corinna Andreutti Valentina Banci, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Paola De Crescenzo, Martina De Santis, Simona De Sarno, Sara Putignano
regia Monica Nappo
scene Barbara Bessi
costumi Daniela Ciancio
luci Luca Bronzo
produzione Fondazione Teatro Due
Top Girls affronta in modo strutturale e teatrale molti temi diversi, fra cui l’ineludibilità del confronto con il modello maschile nell’esercizio del potere e le sue contraddizioni
Quale sia la relazione della donna con il potere e quanto sia possibile avere una posizione di comando senza perdere il proprio femminile sono due domande cruciali di Top Girls.
Le stesse domande che possiamo farci noi, avendo per la prima volta una donna a capo del nostro governo, come l’ha avuta l’Inghilterra più di 40 anni fa con la Thatcher, quando questo testo fu scritto.
Le domande restano le stesse e il testo è ancora attuale, perché non sembriamo uscire facilmente da questi circuiti.
Maternità o carriera? Indipendenza o famiglia? E a che costo l’una prevale sull’altra?
Ma soprattutto: quanto ci aiuta la società nel caso volessimo entrambe le cose e le reclamassimo quali nostri diritti naturali? Perché lo sono. O almeno dovrebbero esserlo per tutte.
In Top Girls non ci sono volutamente personaggi maschili. Gli uomini e i loro comportamenti sono o raccontati dai personaggi femminili, oppure assenti perché mandano le loro mogli a risolvere i problemi.
Ma lo sguardo della Churchill è troppo compassionevole, crudo, ironico e lucido per far prevalere un sesso su un altro o per darci delle facili risposte. La Churchill ha l’onestà di mostrare i rapporti per quello che sono, pubblici e privati, e di lasciare chi guarda a farsi le stesse domande che si fa anche lei.
Non ci sono buoni e cattivi, ma persone che per emergere devono snaturarsi; è una società senza equilibrio perché se soffre una parte inevitabilmente accadrà anche alla sua controparte.
Alla fine non si salva nessuno, perché il prezzo della propria libertà o emancipazione, è sempre a discapito di qualcun altro.
Perché abbiamo associato la parola Madre a quella di Natura, ma non è detto che le due parole insieme abbiano sempre un senso.
Monica Nappo
Dal 5 al 7 febbraio 2024
di Caryl Churchill
traduzione Maggie Rose
con Corinna Andreutti Valentina Banci, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Paola De Crescenzo, Martina De Santis, Simona De Sarno, Sara Putignano
regia Monica Nappo
scene Barbara Bessi
costumi Daniela Ciancio
luci Luca Bronzo
produzione Fondazione Teatro Due
Top Girls affronta in modo strutturale e teatrale molti temi diversi, fra cui l’ineludibilità del confronto con il modello maschile nell’esercizio del potere e le sue contraddizioni
Quale sia la relazione della donna con il potere e quanto sia possibile avere una posizione di comando senza perdere il proprio femminile sono due domande cruciali di Top Girls.
Le stesse domande che possiamo farci noi, avendo per la prima volta una donna a capo del nostro governo, come l’ha avuta l’Inghilterra più di 40 anni fa con la Thatcher, quando questo testo fu scritto.
Le domande restano le stesse e il testo è ancora attuale, perché non sembriamo uscire facilmente da questi circuiti.
Maternità o carriera? Indipendenza o famiglia? E a che costo l’una prevale sull’altra?
Ma soprattutto: quanto ci aiuta la società nel caso volessimo entrambe le cose e le reclamassimo quali nostri diritti naturali? Perché lo sono. O almeno dovrebbero esserlo per tutte.
In Top Girls non ci sono volutamente personaggi maschili. Gli uomini e i loro comportamenti sono o raccontati dai personaggi femminili, oppure assenti perché mandano le loro mogli a risolvere i problemi.
Ma lo sguardo della Churchill è troppo compassionevole, crudo, ironico e lucido per far prevalere un sesso su un altro o per darci delle facili risposte. La Churchill ha l’onestà di mostrare i rapporti per quello che sono, pubblici e privati, e di lasciare chi guarda a farsi le stesse domande che si fa anche lei.
Non ci sono buoni e cattivi, ma persone che per emergere devono snaturarsi; è una società senza equilibrio perché se soffre una parte inevitabilmente accadrà anche alla sua controparte.
Alla fine non si salva nessuno, perché il prezzo della propria libertà o emancipazione, è sempre a discapito di qualcun altro.
Perché abbiamo associato la parola Madre a quella di Natura, ma non è detto che le due parole insieme abbiano sempre un senso.
Monica Nappo
Dal 5 al 7 febbraio 2024
Spettacolo in collaborazione con Università degli Studi di Milano
LA REPUBBLICA
da Platone e Aristofane, Euripide, Eschilo
Regia e drammaturgia Omar Nedjari
Traduzione dei testi Andrea Capra, Giuseppe Zanetto e collettivo di studenti Università Statale di Milano
Cast (in ordine alfabetico): Enrico Ballardini, Sergio Longo, Stefano Orlandi, Marika Pensa, Giuseppe Sartori, e (attrice in via di definizione)
Coro composto da studenti di Università degli Studi, allievi attori del laboratorio “La Repubblica”: Giacomo Angioletti, Anna Benedetta Battaia, Michele Vucci, Vito Ciluffo, Jacopo Militello, Leonardo Matera, Allegra Micaglio, Sofia Costanzo, Patrizia Salis, Sofia Genovese, Giulia Garozzo, Francesco Marchesi, Tommaso di Bernardo
Assistente alla regia Michele Iuculano
Scene e Costumi Ortiche Studio
Disegno luci Roberta Faiolo
Produzione Compagnia Università degli Studi - ARCUS in collaborazione con ATIR – Teatro Ringhiera e il sostegno di Teatro Carcano Milano
Una commedia moderna, fatta di momenti coreografici e sonori dove il conflitto si svolgerà prima di tutto nello spettatore
“Alcune cose stimolano la riflessione, altre no; quelle che generano nei sensi due impressioni contrarie nello stesso tempo le definisco stimolanti, mentre le altre non risvegliano secondo me la conoscenza intellettiva”
Platone, Repubblica (Libro VII)
L’opera di Platone è alla base del pensiero occidentale ma, mentre il suo intento è conoscere la radice del “bene” e di conseguenza del “buon governo”, molte delle soluzioni che immagina come “buone” ci lasciano attoniti, sbalorditi e confusi. Il buon governo, il governo “giusto”, può forse convivere con la forte censura che Platone impone? Può forse convivere la costruzione di uno stato ideale con la soppressione dei più deboli? La sua idea di democrazia sfocia, fin troppo spesso, in un’immagine che ci ricorda la peggiore dittatura. Eppure, nel suo pensiero limpido e assoluto, trasuda uno sguardo crudelmente lucido che non può lasciare indifferenti. In questo momento storico, così ricco di contraddizioni, dove una società democratica come quella europea preme per il riconoscimento dei diritti di tutte le minoranze e al contempo accetta fra i suoi membri stati guidati da principi sovranisti e dove il faro della democrazia, l’America degli Stati Uniti, dice di far guerre per “esportarla”, credo sia utile e necessario tornare all’origine della nostra idea di etica, per scoprire che, forse, tutte queste contraddizioni erano già presenti nelle fondamenta.
Sinossi e note
Socrate, invitato a cena dall’amico Polemarco, si diverte a cercare, assieme agli invitati, l’origine della giustizia. Stanno giocando e scherzando su cosa sia giusto, su chi sia l’uomo migliore, quando Trasimaco, furibondo, decide di intervenire: “Smettetela di farvi complimenti a vicenda! State farneticando, perché è evidente che il giusto è l’interesse del più forte!”. La furia di Trasimaco genera uno dei dialoghi più interessanti sull’etica e sulla politica. A differenza dell’opera originale, sulla scena sarà Platone a rispondere alla provocazione di Trasimaco, zittendo Socrate, per rivelare le intenzioni di un autore che ha sempre nascosto le proprie idee nella bocca del maestro. Platone ci condurrà in un viaggio alla scoperta della sua città ideale, dove, forse, pochi di noi vorrebbero davvero vivere.
Esaltando l’ironia che pervade alcune pagine del testo platonico, mostrando i contrasti interni (la censura di Omero nei primi libri e la sua esaltazione negli ultimi), giocando coi forti rimandi che risuonano in testi dei suoi contemporanei (Aristofane, Eschilo, Euripide) e dei nostri contemporanei, si immagina una commedia moderna, fatta di momenti coreografici e sonori, di canzoni, squarci comici e lirici, dove il conflitto si svolgerà prima di tutto nello spettatore, messo di fronte alla proposta di una città dai contorni mostruosi che ci affascina con la bellezza della sua inattaccabile logica.
Il progetto
“La Repubblica” è un progetto artistico e formativo che coinvolge i lavoratori dello spettacolo, studenti, professori e dipendenti dell’Università Statale di Milano.
Centro del progetto è lo spettacolo a partire dall’opera di Platone “Repubblica”, dove 6 attori professionisti, guidati dal regista Omar Nedjari, condurranno il dialogo, circondati da 12 allievi attori, studenti dell’Università Statale che, da studiosi delle parole di Platone, attraverso un percorso laboratoriale lungo più di un anno, presteranno il loro corpo e la loro voce al pensiero del grande filosofo.
Lo spettacolo, che già nel taglio drammaturgico vede un approccio critico originale all’opera di Platone, vuole essere pensato anche come strumento e occasione di dialogo sulle molte tematiche sollevate dall’opera filosofica. Pertanto sarà organizzato un ciclo di conferenze (gratuite e aperte al pubblico) in cui interverranno professori esperti del pensiero platonico e artisti.
La comunità accademica dell’Università Statale di Milano è coinvolta in quattro diversi momenti che costituiscono i pilastri del progetto:
Laboratorio di Regia condotto da Omar Nedjari.
Laboratorio Attori (che si svolge presso il teatro Carcano) condotto settimanalmente da Marika Pensa, Enrico Ballardini, Giulia D’Imperio e 2 workshop di approfondimento con Sandra Zoccolan e Mattia Fabris.
Laboratorio di Illuminotecnica e sound design, condotto da Roberta Faiolo.
Gruppo di traduzione del testo ad opera di studenti coordinati dal professor Andrea Capra e Giuseppe Zanetto.
Il progetto è stato approvato dalla Direzione Innovazione e Valorizzazione delle Conoscenze della Statale e si inserisce nell'ambito delle celebrazioni del centenario di Ateneo e il gruppo di lavoro comprende docenti e studenti dell’Università Statale in particolare il dipartimento di Studi Letterari Filologici e Linguistici e Scienze dei Beni culturali. È prodotto dalla compagnia Università degli Studi ARCUS in collaborazione con la compagnia ATIR con il sostegno del Teatro Carcano di Milano.
Lo spettacolo è una co-produzione Compagnia Università degli Studi Arcus e Atir Teatro Ringhiera, con il sostegno di Teatro Carcano.
Dall’8 all’11 febbraio 2024
LA REPUBBLICA
da Platone e Aristofane, Euripide, Eschilo
Regia e drammaturgia Omar Nedjari
Traduzione dei testi Andrea Capra, Giuseppe Zanetto e collettivo di studenti Università Statale di Milano
Cast (in ordine alfabetico): Enrico Ballardini, Sergio Longo, Stefano Orlandi, Marika Pensa, Giuseppe Sartori, e (attrice in via di definizione)
Coro composto da studenti di Università degli Studi, allievi attori del laboratorio “La Repubblica”: Giacomo Angioletti, Anna Benedetta Battaia, Michele Vucci, Vito Ciluffo, Jacopo Militello, Leonardo Matera, Allegra Micaglio, Sofia Costanzo, Patrizia Salis, Sofia Genovese, Giulia Garozzo, Francesco Marchesi, Tommaso di Bernardo
Assistente alla regia Michele Iuculano
Scene e Costumi Ortiche Studio
Disegno luci Roberta Faiolo
Produzione Compagnia Università degli Studi - ARCUS in collaborazione con ATIR – Teatro Ringhiera e il sostegno di Teatro Carcano Milano
Una commedia moderna, fatta di momenti coreografici e sonori dove il conflitto si svolgerà prima di tutto nello spettatore
“Alcune cose stimolano la riflessione, altre no; quelle che generano nei sensi due impressioni contrarie nello stesso tempo le definisco stimolanti, mentre le altre non risvegliano secondo me la conoscenza intellettiva”
Platone, Repubblica (Libro VII)
L’opera di Platone è alla base del pensiero occidentale ma, mentre il suo intento è conoscere la radice del “bene” e di conseguenza del “buon governo”, molte delle soluzioni che immagina come “buone” ci lasciano attoniti, sbalorditi e confusi. Il buon governo, il governo “giusto”, può forse convivere con la forte censura che Platone impone? Può forse convivere la costruzione di uno stato ideale con la soppressione dei più deboli? La sua idea di democrazia sfocia, fin troppo spesso, in un’immagine che ci ricorda la peggiore dittatura. Eppure, nel suo pensiero limpido e assoluto, trasuda uno sguardo crudelmente lucido che non può lasciare indifferenti. In questo momento storico, così ricco di contraddizioni, dove una società democratica come quella europea preme per il riconoscimento dei diritti di tutte le minoranze e al contempo accetta fra i suoi membri stati guidati da principi sovranisti e dove il faro della democrazia, l’America degli Stati Uniti, dice di far guerre per “esportarla”, credo sia utile e necessario tornare all’origine della nostra idea di etica, per scoprire che, forse, tutte queste contraddizioni erano già presenti nelle fondamenta.
Sinossi e note
Socrate, invitato a cena dall’amico Polemarco, si diverte a cercare, assieme agli invitati, l’origine della giustizia. Stanno giocando e scherzando su cosa sia giusto, su chi sia l’uomo migliore, quando Trasimaco, furibondo, decide di intervenire: “Smettetela di farvi complimenti a vicenda! State farneticando, perché è evidente che il giusto è l’interesse del più forte!”. La furia di Trasimaco genera uno dei dialoghi più interessanti sull’etica e sulla politica. A differenza dell’opera originale, sulla scena sarà Platone a rispondere alla provocazione di Trasimaco, zittendo Socrate, per rivelare le intenzioni di un autore che ha sempre nascosto le proprie idee nella bocca del maestro. Platone ci condurrà in un viaggio alla scoperta della sua città ideale, dove, forse, pochi di noi vorrebbero davvero vivere.
Esaltando l’ironia che pervade alcune pagine del testo platonico, mostrando i contrasti interni (la censura di Omero nei primi libri e la sua esaltazione negli ultimi), giocando coi forti rimandi che risuonano in testi dei suoi contemporanei (Aristofane, Eschilo, Euripide) e dei nostri contemporanei, si immagina una commedia moderna, fatta di momenti coreografici e sonori, di canzoni, squarci comici e lirici, dove il conflitto si svolgerà prima di tutto nello spettatore, messo di fronte alla proposta di una città dai contorni mostruosi che ci affascina con la bellezza della sua inattaccabile logica.
Il progetto
“La Repubblica” è un progetto artistico e formativo che coinvolge i lavoratori dello spettacolo, studenti, professori e dipendenti dell’Università Statale di Milano.
Centro del progetto è lo spettacolo a partire dall’opera di Platone “Repubblica”, dove 6 attori professionisti, guidati dal regista Omar Nedjari, condurranno il dialogo, circondati da 12 allievi attori, studenti dell’Università Statale che, da studiosi delle parole di Platone, attraverso un percorso laboratoriale lungo più di un anno, presteranno il loro corpo e la loro voce al pensiero del grande filosofo.
Lo spettacolo, che già nel taglio drammaturgico vede un approccio critico originale all’opera di Platone, vuole essere pensato anche come strumento e occasione di dialogo sulle molte tematiche sollevate dall’opera filosofica. Pertanto sarà organizzato un ciclo di conferenze (gratuite e aperte al pubblico) in cui interverranno professori esperti del pensiero platonico e artisti.
La comunità accademica dell’Università Statale di Milano è coinvolta in quattro diversi momenti che costituiscono i pilastri del progetto:
Laboratorio di Regia condotto da Omar Nedjari.
Laboratorio Attori (che si svolge presso il teatro Carcano) condotto settimanalmente da Marika Pensa, Enrico Ballardini, Giulia D’Imperio e 2 workshop di approfondimento con Sandra Zoccolan e Mattia Fabris.
Laboratorio di Illuminotecnica e sound design, condotto da Roberta Faiolo.
Gruppo di traduzione del testo ad opera di studenti coordinati dal professor Andrea Capra e Giuseppe Zanetto.
Il progetto è stato approvato dalla Direzione Innovazione e Valorizzazione delle Conoscenze della Statale e si inserisce nell'ambito delle celebrazioni del centenario di Ateneo e il gruppo di lavoro comprende docenti e studenti dell’Università Statale in particolare il dipartimento di Studi Letterari Filologici e Linguistici e Scienze dei Beni culturali. È prodotto dalla compagnia Università degli Studi ARCUS in collaborazione con la compagnia ATIR con il sostegno del Teatro Carcano di Milano.
Lo spettacolo è una co-produzione Compagnia Università degli Studi Arcus e Atir Teatro Ringhiera, con il sostegno di Teatro Carcano.
Dall’8 all’11 febbraio 2024
SVELARSI
Drammaturgia e regia di Silvia Gallerano
Di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio,
Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini, Silvia Gallerano
Con la voce di Greta Marzano e il contributo di Serena Dibiase
Allestimento luci Camila Chiozza
Consulenza costumi Emanuela Dall’Aglio
Una produzione Teatro di Dioniso e in collaborazione con PAV nell’ambito di
Fabulamundi Playwriting Europe
In collaborazione con SIAE
con il contributo di MiC – Ministero della Cultura e Regione Lazio
Si ringraziano per il sostegno e l’ospitalità Lottounico, Fortezza Est e Fivizzano27
Spettacolo in collaborazione con il centro Humanitas per Lei dell’ospedale Humanitas San Pio X
Solo corpi femminili: è questo l’esperimento.
Si tratta di una chiamata. Risponde chi se la sente. Non è per tutti. È per chi ha voglia di incontrarci. Non ci mostriamo come animali di uno zoo. Accogliamo chi è interessata a rispecchiarsi.
Ci sono parole. Tante. Che coprono, che proteggono i corpi. E poi ci sono i corpi. Così come li guardiamo allo specchio quando ci svegliamo. Prima di camuffarli per camminare in mezzo agli altri. Sai quando si dice: immagina una persona che ti fa paura mentre è nuda. Per smontarla. Per vedere che è composta dagli stessi pezzi che compongono te. Ecco, noi ci spogliamo proprio. I nostri pezzi li mostriamo tutti.
E come i nostri corpi mostrati a pezzi, così si presenta il lavoro. Una composizione di quadri, fatti di immagini e parole. Una successione di tappe, per arrivare ad assemblare i giusti pezzi, per trovargli collocazione. Per trovargli visione.
Svelarsi è un’altalena tra un senso di invasione, una mancanza di spazio, una compressione, da una parte; la potenza, lo strabordare, la risata travolgente, dall’altra.
La cultura patriarcale che ancora ci circonda, insegna alle donne, sin da piccole, a limitare i propri desideri di potenza, ad accettare invasioni di campo da parte dell’altro sesso (dove il campo è il corpo), a mettersi in disparte e per senso di costrizione spesso a esplodere.
Si parte da vissuti diversi che hanno una nota comune: di umiliazione, di mutilazione, di invisibilità. Messi insieme, tutti questi vissuti, si mostrano per quel che sono: semplici soprusi, spesso meschini. Se ne vedono i contorni tragicomici, si impara a riderci su e a rispondere con una potenza che non è stata sopita.
Il lavoro di scrittura è un lavoro condiviso: ogni attrice ha scritto con le parole o con il proprio corpo la sua presenza in questo lavoro. La scrittura non è solo di parole, anzi è soprattutto una scrittura di corpi. Le parole a volte sono gli inganni, il rumore dell’abituale: i corpi, in questi momenti di svelamento rivelano la vera essenza, il discorso non articolato ma presente.
Svelarsi è un percorso di ricerca. Per questo si rivolge a un pubblico esclusivamente di donne (cis, trans e non binarie). Tutte quelle che si sentono e definiscono donne. Non si tratta di creare uno spazio sicuro per chi è sul palco, ma di indagare che cosa succede ai corpi simili di chi assiste, domandarsi se il proprio corpo risuona più profondamente con quello che vede, nudo, in scena.
Lo spettacolo è proposto in quattro repliche al Carcano e un laboratorio condotto da Silvia Gallerano all’interno del centro Humanitas per lei dell’ospedale San Pio X, che si inserisce nel progetto “La salute femminile va in scena”, attivando un parallelismo che ci è parso lampante: svelarsi per le donne prelude alla cura. Dai tabù che ammalano l’anima, dalle malattie che aggrediscono i corpi.
Dal 13 al 18 febbraio 2024
Drammaturgia e regia di Silvia Gallerano
Di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio,
Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini, Silvia Gallerano
Con la voce di Greta Marzano e il contributo di Serena Dibiase
Allestimento luci Camila Chiozza
Consulenza costumi Emanuela Dall’Aglio
Una produzione Teatro di Dioniso e in collaborazione con PAV nell’ambito di
Fabulamundi Playwriting Europe
In collaborazione con SIAE
con il contributo di MiC – Ministero della Cultura e Regione Lazio
Si ringraziano per il sostegno e l’ospitalità Lottounico, Fortezza Est e Fivizzano27
Spettacolo in collaborazione con il centro Humanitas per Lei dell’ospedale Humanitas San Pio X
Solo corpi femminili: è questo l’esperimento.
Si tratta di una chiamata. Risponde chi se la sente. Non è per tutti. È per chi ha voglia di incontrarci. Non ci mostriamo come animali di uno zoo. Accogliamo chi è interessata a rispecchiarsi.
Ci sono parole. Tante. Che coprono, che proteggono i corpi. E poi ci sono i corpi. Così come li guardiamo allo specchio quando ci svegliamo. Prima di camuffarli per camminare in mezzo agli altri. Sai quando si dice: immagina una persona che ti fa paura mentre è nuda. Per smontarla. Per vedere che è composta dagli stessi pezzi che compongono te. Ecco, noi ci spogliamo proprio. I nostri pezzi li mostriamo tutti.
E come i nostri corpi mostrati a pezzi, così si presenta il lavoro. Una composizione di quadri, fatti di immagini e parole. Una successione di tappe, per arrivare ad assemblare i giusti pezzi, per trovargli collocazione. Per trovargli visione.
Svelarsi è un’altalena tra un senso di invasione, una mancanza di spazio, una compressione, da una parte; la potenza, lo strabordare, la risata travolgente, dall’altra.
La cultura patriarcale che ancora ci circonda, insegna alle donne, sin da piccole, a limitare i propri desideri di potenza, ad accettare invasioni di campo da parte dell’altro sesso (dove il campo è il corpo), a mettersi in disparte e per senso di costrizione spesso a esplodere.
Si parte da vissuti diversi che hanno una nota comune: di umiliazione, di mutilazione, di invisibilità. Messi insieme, tutti questi vissuti, si mostrano per quel che sono: semplici soprusi, spesso meschini. Se ne vedono i contorni tragicomici, si impara a riderci su e a rispondere con una potenza che non è stata sopita.
Il lavoro di scrittura è un lavoro condiviso: ogni attrice ha scritto con le parole o con il proprio corpo la sua presenza in questo lavoro. La scrittura non è solo di parole, anzi è soprattutto una scrittura di corpi. Le parole a volte sono gli inganni, il rumore dell’abituale: i corpi, in questi momenti di svelamento rivelano la vera essenza, il discorso non articolato ma presente.
Svelarsi è un percorso di ricerca. Per questo si rivolge a un pubblico esclusivamente di donne (cis, trans e non binarie). Tutte quelle che si sentono e definiscono donne. Non si tratta di creare uno spazio sicuro per chi è sul palco, ma di indagare che cosa succede ai corpi simili di chi assiste, domandarsi se il proprio corpo risuona più profondamente con quello che vede, nudo, in scena.
Lo spettacolo è proposto in quattro repliche al Carcano e un laboratorio condotto da Silvia Gallerano all’interno del centro Humanitas per lei dell’ospedale San Pio X, che si inserisce nel progetto “La salute femminile va in scena”, attivando un parallelismo che ci è parso lampante: svelarsi per le donne prelude alla cura. Dai tabù che ammalano l’anima, dalle malattie che aggrediscono i corpi.
Dal 13 al 18 febbraio 2024
FALSTAFF A WINDSOR
liberamente tratto da Le allegre comari di Windsor
di William Shakespeare
con Alessandro Benvenuti
e con con Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Paolo Cioni, Paolo Ciotti, Elisa Proietti
adattamento e regia Ugo Chiti
scene Sergio Mariotti
produzione Associazione Culturale Arca Azzurra
Il ritratto beffardo e sardonico del Falstaff shakespeariano in uno spettacolo che sfuma dal lirismo alla farsa
Dopo i successi di Nero Cardinale e L’avaro, si rinnova la collaborazione tra Ugo Chiti, Alessandro Benvenuti e gli attori di Arca Azzurra per un lavoro dedicato a uno dei grandi personaggi scespiriani, Falstaff. Il Dramaturg tratteggia un profilo perfetto per il grande attore, attingendo tanto ai drammi storici Enrico IV e Enrico V quanto alla figura farsesca che emerge dalle Allegre comari di Windsor.
In questo adattamento l’eroe e antieroe “resuscita” a Windsor esprimendo, gigione e irridente, la natura del suo personaggio: un’arroganza aristocratica, con un sangue plebeo, popolaresco, che muta dalla rabbia al sarcasmo ma rimane disarmante, quasi patetico, perché non conosce, o non sa, darsi le regole e la consapevolezza dell’età che “indossa”.
Questo Falstaff, per molti aspetti, resta fedele al testo originale delle Comari di Windsor, ne rispetta gli appuntamenti farseschi; si lascia beffare, esce avvilito e percosso dai travestimenti, sembra quasi masochisticamente rimpicciolito, anche se dietro queste mutazioni ribolle la rabbia del personaggio che sembra ancora pretendere il rispetto dovuto all’antico ruolo del cavaliere.
Solo l’ultima beffa, l’ennesimo inganno di un’attesa punitiva nel parco, cambia struttura e andamento narrativo. Il mutamento arriva grazie all’intervento di Semola, un personaggio che fin dall’inizio ha fiancheggiato Falstaff facendosi assumere come paggio: servizievole, irridente, mutevole, inquietante, occupa allusivamente la funzione di un fool che solo alla fine (allucinazione o sogno?) assume le vesti e le sembianze del principe Enrico, tornato a bandire Falstaff dal consorzio umano. Niente fate, folletti, fastidi e pizzicotti, ma l’asprezza di una condanna che ribadisce come nell’ordine prestabilito del potere non si trovi posto dove collocare un corpo tanto grande quanto irrazionale e magico.
Dal 20 al 25 febbraio 2024
liberamente tratto da Le allegre comari di Windsor
di William Shakespeare
con Alessandro Benvenuti
e con con Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Paolo Cioni, Paolo Ciotti, Elisa Proietti
adattamento e regia Ugo Chiti
scene Sergio Mariotti
produzione Associazione Culturale Arca Azzurra
Il ritratto beffardo e sardonico del Falstaff shakespeariano in uno spettacolo che sfuma dal lirismo alla farsa
Dopo i successi di Nero Cardinale e L’avaro, si rinnova la collaborazione tra Ugo Chiti, Alessandro Benvenuti e gli attori di Arca Azzurra per un lavoro dedicato a uno dei grandi personaggi scespiriani, Falstaff. Il Dramaturg tratteggia un profilo perfetto per il grande attore, attingendo tanto ai drammi storici Enrico IV e Enrico V quanto alla figura farsesca che emerge dalle Allegre comari di Windsor.
In questo adattamento l’eroe e antieroe “resuscita” a Windsor esprimendo, gigione e irridente, la natura del suo personaggio: un’arroganza aristocratica, con un sangue plebeo, popolaresco, che muta dalla rabbia al sarcasmo ma rimane disarmante, quasi patetico, perché non conosce, o non sa, darsi le regole e la consapevolezza dell’età che “indossa”.
Questo Falstaff, per molti aspetti, resta fedele al testo originale delle Comari di Windsor, ne rispetta gli appuntamenti farseschi; si lascia beffare, esce avvilito e percosso dai travestimenti, sembra quasi masochisticamente rimpicciolito, anche se dietro queste mutazioni ribolle la rabbia del personaggio che sembra ancora pretendere il rispetto dovuto all’antico ruolo del cavaliere.
Solo l’ultima beffa, l’ennesimo inganno di un’attesa punitiva nel parco, cambia struttura e andamento narrativo. Il mutamento arriva grazie all’intervento di Semola, un personaggio che fin dall’inizio ha fiancheggiato Falstaff facendosi assumere come paggio: servizievole, irridente, mutevole, inquietante, occupa allusivamente la funzione di un fool che solo alla fine (allucinazione o sogno?) assume le vesti e le sembianze del principe Enrico, tornato a bandire Falstaff dal consorzio umano. Niente fate, folletti, fastidi e pizzicotti, ma l’asprezza di una condanna che ribadisce come nell’ordine prestabilito del potere non si trovi posto dove collocare un corpo tanto grande quanto irrazionale e magico.
Dal 20 al 25 febbraio 2024
DE GASPERI: L'EUROPA BRUCIA
di Angela Demattè
regia Carmelo Rifici
con Paolo Pierobon e cast in via di definizione
produzione Teatro Stabile di Bolzano e LAC Lugano Arte e Cultura
in collaborazione con Fondazione Alcide De Gasperi e CTB - Centro Teatrale Bresciano
Statura e complessità, luci e ombre di un uomo d’altri tempi che aderisce totalmente al suo compito politico tanto da non vedere più i confini tra sé e la nazione
«Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me». Queste le parole che Alcide De Gasperi pronuncia alla Conferenza di pace di Parigi il 10 agosto 1946. «Signori ministri, signori delegati: per mesi e mesi ho atteso invano di potervi esprimere in una sintesi generale il pensiero dell’Italia sulle condizioni di pace, ed oggi ancora, comparendo qui nella veste di ex-nemico, veste che non fu mai quella del popolo italiano, dinanzi a voi affaticati da lungo travaglio o anelanti alla conclusione ho fatto uno sforzo per contenere il risentimento e dominare la parola, onde sia palese che siamo lungi dal voler intralciare, ma intendiamo costruttivamente favorire la vostra opera in quanto contribuisca ad un assetto più giusto del mondo. Chi si fa interprete oggi del popolo italiano è combattuto da doveri apertamente contrastanti. Da una parte egli deve esprimere l’ansia, il dolore, l’angosciosa preoccupazione per le conseguenze del trattato, dall’altra riaffermare la fede della nuova democrazia italiana nel superamento della crisi della guerra e nel rinnovamento del mondo operato con validi strumenti di pace.»
L’uomo che era ed è antifascista – imprigionato per due anni a Regina Coeli - si carica di tutto il peso della storia fascista italiana per poterla traghettare verso altre possibilità, per poterla riscattare. Il suo linguaggio appare schietto, solido ed emotivo, più che politico o, in ogni modo, pieno di una retorica positiva e umile molto diversa da quella di oggi. Lo spettacolo “De Gasperi: l’Europa brucia” di Angela Demattè, indaga l’uomo in cerca di soluzioni razionali, concrete, pragmatiche che ha assorbito dalla sua terra, dalla sua lingua materna. Interessandosi al suo sguardo oggettivo e il suo linguaggio che non sa trovare parole di menzogna. “De Gasperi: l’Europa brucia” intende approfondire questo frammento di storia italiana nella stretta e radicata prospettiva della vita dell’uomo/statista Alcide in rapporto con i suoi collaboratori e con la sua vita intima. Si propone di mettere in scena la statura e la complessità, le luce e le ombre di un uomo d’altri tempi che aderisce totalmente al suo compito politico tanto da non vedere più i confini tra sé e la nazione, tanto da caricarsene il peso, diventandone poi, inevitabilmente, artefice e vittima.
Dal 27 febbraio al 3 marzo 2024
di Angela Demattè
regia Carmelo Rifici
con Paolo Pierobon e cast in via di definizione
produzione Teatro Stabile di Bolzano e LAC Lugano Arte e Cultura
in collaborazione con Fondazione Alcide De Gasperi e CTB - Centro Teatrale Bresciano
Statura e complessità, luci e ombre di un uomo d’altri tempi che aderisce totalmente al suo compito politico tanto da non vedere più i confini tra sé e la nazione
«Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me». Queste le parole che Alcide De Gasperi pronuncia alla Conferenza di pace di Parigi il 10 agosto 1946. «Signori ministri, signori delegati: per mesi e mesi ho atteso invano di potervi esprimere in una sintesi generale il pensiero dell’Italia sulle condizioni di pace, ed oggi ancora, comparendo qui nella veste di ex-nemico, veste che non fu mai quella del popolo italiano, dinanzi a voi affaticati da lungo travaglio o anelanti alla conclusione ho fatto uno sforzo per contenere il risentimento e dominare la parola, onde sia palese che siamo lungi dal voler intralciare, ma intendiamo costruttivamente favorire la vostra opera in quanto contribuisca ad un assetto più giusto del mondo. Chi si fa interprete oggi del popolo italiano è combattuto da doveri apertamente contrastanti. Da una parte egli deve esprimere l’ansia, il dolore, l’angosciosa preoccupazione per le conseguenze del trattato, dall’altra riaffermare la fede della nuova democrazia italiana nel superamento della crisi della guerra e nel rinnovamento del mondo operato con validi strumenti di pace.»
L’uomo che era ed è antifascista – imprigionato per due anni a Regina Coeli - si carica di tutto il peso della storia fascista italiana per poterla traghettare verso altre possibilità, per poterla riscattare. Il suo linguaggio appare schietto, solido ed emotivo, più che politico o, in ogni modo, pieno di una retorica positiva e umile molto diversa da quella di oggi. Lo spettacolo “De Gasperi: l’Europa brucia” di Angela Demattè, indaga l’uomo in cerca di soluzioni razionali, concrete, pragmatiche che ha assorbito dalla sua terra, dalla sua lingua materna. Interessandosi al suo sguardo oggettivo e il suo linguaggio che non sa trovare parole di menzogna. “De Gasperi: l’Europa brucia” intende approfondire questo frammento di storia italiana nella stretta e radicata prospettiva della vita dell’uomo/statista Alcide in rapporto con i suoi collaboratori e con la sua vita intima. Si propone di mettere in scena la statura e la complessità, le luce e le ombre di un uomo d’altri tempi che aderisce totalmente al suo compito politico tanto da non vedere più i confini tra sé e la nazione, tanto da caricarsene il peso, diventandone poi, inevitabilmente, artefice e vittima.
Dal 27 febbraio al 3 marzo 2024
LE VERDI COLLINE DELL'AFRICA
con Sabina Guzzanti e Giorgio Tirabassi
scritto e diretto da Sabina Guzzanti
aiuto regia Gabriele Paolocà
sound design Gianluca Meda
light design Giovanni Garbo
macchinista di scena Raffaele Basile
produzione Infinito Teatro e Argot Produzioni
con il contributo della Regione Toscana
in collaborazione con ATCL e AMAT
È difficile parlare de Le verdi colline dell’Africa senza rovinare la sorpresa per gli spettatori. Si può dire che di sicuro non è quello che ci si aspetta. Il pubblico è coinvolto in modo inedito grazie a un dispositivo molto originale, che crea occasioni comiche esilaranti.
Attraverso un gioco metateatrale Sabina Guzzanti e Giorgio Tirabassi ci regalano uno spettacolo divertente e innovativo, pieno di spunti satirici sulla contemporaneità, che ruota intorno a un confronto sul teatro e la sua essenza.
Dall’8 al 10 marzo 2024
STAI ZITTA!
dal libro di Michela Murgia – Einaudi Editore
di e con Antonella Questa, Valentina Melis e Teresa Cinque
regia Marta Dalla Via
disegno luci Daniele Passeri
scene Alessandro Ratti
fonica Marco Oligeri
produzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d'Innovazione in co-produzione con LaQ-Prod e Teatro Carcano
Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora la più sovversiva. Lo spettacolo evidenzia il legame tra le ingiustizie da loro subite e le favole che le giustificano
Scrive Murgia: “I tentativi di ammutolimento di una donna verificatisi sui media italiani negli ultimi anni sono numerosi … la pratica dello “Stai zitta” non è solo maleducata, ma soprattutto sessista perché unilaterale … Che cosa c'è dietro questa frase? … Per quale motivo tutti coloro che la ascoltano pensano si tratti di una reazione normale nella dialettica con persone di sesso femminile?”
Antonella Questa, Valentina Melis e Teresa Cinque hanno sempre avuto qualche difficoltà a stare zitte e lo dimostrano in questi anni i loro tanti spettacoli, video e libri, che affrontano, con ironia e intelligenza, tematiche sociali e anche femministe. Inevitabile quindi si incontrassero un giorno per dare vita a uno spettacolo comico e dissacrante su quanto la discriminazione di genere passi spesso proprio dal linguaggio.
Le “frasi che non vogliamo più sentirci dire!” contenute nel libro, offrono così l'occasione di raccontare la società contemporanea attraverso una carrellata di personaggi e di situazioni surreali. Dal mansplaining all'uso indiscriminato del nome proprio per le donne, passando per la celebrazione della figura “mamma e moglie di”, Questa, Melis e Cinque, guidate dalla sapiente regia di Marta Dalla Via, coinvolgono lo spettatore con leggerezza e sapienza nella lotta contro gli stereotipi di genere, annullando già di fatto, con questo spettacolo, quello secondo cui “le donne sono le peggiori nemiche delle donne”
«Celebre scrittrice, e tra le figure intellettuali di riferimento nel mondo della cultura italiana, Michela Murgia affronta con eleganza, brio e intelligenza quel legame sottile e mortificante che da sempre esiste, per le donne, tra le ingiustizie che vivono e le parole che le descrivono o con le quali ci si rivolge loro. In un universo in cui sono quasi sempre i maschi che hanno la possibilità di esprimersi in televisione, alla radio o sui giornali – come se solo i filosofi, gli scrittori, i giornalisti e i politici fossero in grado di avere risposte di fronte alle complessità del mondo – le filosofe, le scrittrici, le giornaliste e le politiche che si azzardano a prendere la parola vengono sistematicamente trattate come saccenti, maestrine, isteriche, talvolta persino galline. E se c'è chi, forse più educato di altri, riesce a trattenersi, è raro, anzi rarissimo, che una professoressa ordinaria non sia definita "dottoressa" o che un'avvocata non sia ridotta a "signorina" o "signora"» (Michela Marzano, «La Stampa»).
Note allo spettacolo
“STAI ZITTA e altre nove frasi che non vogliamo sentire più” è uno strumento che evidenzia il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo. Murgia ha come obiettivo che tra dieci anni una ragazza, leggendolo, lo trovi antiquato; noi vorremmo contribuire ad accorciare questo tempo, attraverso il linguaggio teatrale.Questo per noi non è solo uno spettacolo, è l’occasione di lavorare in un modo nuovo e su un tema dichiaratamente femminista. Bell hooks - scrittrice, attivista e femminista statunitense - spiega bene che se non impariamo a usare le parole giuste, in particolare quelle che definiscono il sistema discriminatorio nel quale viviamo, nulla potrà cambiare davvero. Questo spettacolo è femminista e parlerà di patriarcato. Inoltre sarò attrice, autrice e co-produttrice. Sono diverse responsabilità, lo so, ma non sono sola, ci sono delle sorelle con me. E questo significa tantissimo! Con Teresa Cinque avevamo già lavorato insieme creando le pillole video Dress Code, sul victim blaming, mentre con Valentina Melis stavamo già pensando ad uno spettacolo teatrale che avrei scritto e diretto per lei. Quando Valentina ha visto i nostri video ha subito proposto di fare una cosa insieme. Complice la sua amicizia con Michela Murgia e parlando di cosa avremmo potuto portare in scena, ho proposto Stai zitta!. L’idea di portare in scena il libro di Murgia ci ha esaltate immediatamente. Marta dalla Via è arrivata nei miei pensieri quando Teresa ha suggerito la necessità di avere una regia. Erano anni che io e Marta ci “guardavamo da lontano”, espressione che racconta stima reciproca e desiderio di trovare un progetto comune sul quale lavorare. SCARTI Centro di Produzione teatrale di Innovazione, con sede a Spezia e diretto da Andrea Cerri, mio nuovo co-produttore, ha accolto da subito, entusiasta, il progetto al quale si è aggiunta anche Armunia Teatro, mia casa artistica dal 2017 oltre al Teatro Carcano, sempre attento ai temi trattati da Murgia.
Antonella Questa
Dal 13 al 17 marzo 2024
con Sabina Guzzanti e Giorgio Tirabassi
scritto e diretto da Sabina Guzzanti
aiuto regia Gabriele Paolocà
sound design Gianluca Meda
light design Giovanni Garbo
macchinista di scena Raffaele Basile
produzione Infinito Teatro e Argot Produzioni
con il contributo della Regione Toscana
in collaborazione con ATCL e AMAT
È difficile parlare de Le verdi colline dell’Africa senza rovinare la sorpresa per gli spettatori. Si può dire che di sicuro non è quello che ci si aspetta. Il pubblico è coinvolto in modo inedito grazie a un dispositivo molto originale, che crea occasioni comiche esilaranti.
Attraverso un gioco metateatrale Sabina Guzzanti e Giorgio Tirabassi ci regalano uno spettacolo divertente e innovativo, pieno di spunti satirici sulla contemporaneità, che ruota intorno a un confronto sul teatro e la sua essenza.
Dall’8 al 10 marzo 2024
STAI ZITTA!
dal libro di Michela Murgia – Einaudi Editore
di e con Antonella Questa, Valentina Melis e Teresa Cinque
regia Marta Dalla Via
disegno luci Daniele Passeri
scene Alessandro Ratti
fonica Marco Oligeri
produzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d'Innovazione in co-produzione con LaQ-Prod e Teatro Carcano
Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora la più sovversiva. Lo spettacolo evidenzia il legame tra le ingiustizie da loro subite e le favole che le giustificano
Scrive Murgia: “I tentativi di ammutolimento di una donna verificatisi sui media italiani negli ultimi anni sono numerosi … la pratica dello “Stai zitta” non è solo maleducata, ma soprattutto sessista perché unilaterale … Che cosa c'è dietro questa frase? … Per quale motivo tutti coloro che la ascoltano pensano si tratti di una reazione normale nella dialettica con persone di sesso femminile?”
Antonella Questa, Valentina Melis e Teresa Cinque hanno sempre avuto qualche difficoltà a stare zitte e lo dimostrano in questi anni i loro tanti spettacoli, video e libri, che affrontano, con ironia e intelligenza, tematiche sociali e anche femministe. Inevitabile quindi si incontrassero un giorno per dare vita a uno spettacolo comico e dissacrante su quanto la discriminazione di genere passi spesso proprio dal linguaggio.
Le “frasi che non vogliamo più sentirci dire!” contenute nel libro, offrono così l'occasione di raccontare la società contemporanea attraverso una carrellata di personaggi e di situazioni surreali. Dal mansplaining all'uso indiscriminato del nome proprio per le donne, passando per la celebrazione della figura “mamma e moglie di”, Questa, Melis e Cinque, guidate dalla sapiente regia di Marta Dalla Via, coinvolgono lo spettatore con leggerezza e sapienza nella lotta contro gli stereotipi di genere, annullando già di fatto, con questo spettacolo, quello secondo cui “le donne sono le peggiori nemiche delle donne”
«Celebre scrittrice, e tra le figure intellettuali di riferimento nel mondo della cultura italiana, Michela Murgia affronta con eleganza, brio e intelligenza quel legame sottile e mortificante che da sempre esiste, per le donne, tra le ingiustizie che vivono e le parole che le descrivono o con le quali ci si rivolge loro. In un universo in cui sono quasi sempre i maschi che hanno la possibilità di esprimersi in televisione, alla radio o sui giornali – come se solo i filosofi, gli scrittori, i giornalisti e i politici fossero in grado di avere risposte di fronte alle complessità del mondo – le filosofe, le scrittrici, le giornaliste e le politiche che si azzardano a prendere la parola vengono sistematicamente trattate come saccenti, maestrine, isteriche, talvolta persino galline. E se c'è chi, forse più educato di altri, riesce a trattenersi, è raro, anzi rarissimo, che una professoressa ordinaria non sia definita "dottoressa" o che un'avvocata non sia ridotta a "signorina" o "signora"» (Michela Marzano, «La Stampa»).
Note allo spettacolo
“STAI ZITTA e altre nove frasi che non vogliamo sentire più” è uno strumento che evidenzia il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo. Murgia ha come obiettivo che tra dieci anni una ragazza, leggendolo, lo trovi antiquato; noi vorremmo contribuire ad accorciare questo tempo, attraverso il linguaggio teatrale.Questo per noi non è solo uno spettacolo, è l’occasione di lavorare in un modo nuovo e su un tema dichiaratamente femminista. Bell hooks - scrittrice, attivista e femminista statunitense - spiega bene che se non impariamo a usare le parole giuste, in particolare quelle che definiscono il sistema discriminatorio nel quale viviamo, nulla potrà cambiare davvero. Questo spettacolo è femminista e parlerà di patriarcato. Inoltre sarò attrice, autrice e co-produttrice. Sono diverse responsabilità, lo so, ma non sono sola, ci sono delle sorelle con me. E questo significa tantissimo! Con Teresa Cinque avevamo già lavorato insieme creando le pillole video Dress Code, sul victim blaming, mentre con Valentina Melis stavamo già pensando ad uno spettacolo teatrale che avrei scritto e diretto per lei. Quando Valentina ha visto i nostri video ha subito proposto di fare una cosa insieme. Complice la sua amicizia con Michela Murgia e parlando di cosa avremmo potuto portare in scena, ho proposto Stai zitta!. L’idea di portare in scena il libro di Murgia ci ha esaltate immediatamente. Marta dalla Via è arrivata nei miei pensieri quando Teresa ha suggerito la necessità di avere una regia. Erano anni che io e Marta ci “guardavamo da lontano”, espressione che racconta stima reciproca e desiderio di trovare un progetto comune sul quale lavorare. SCARTI Centro di Produzione teatrale di Innovazione, con sede a Spezia e diretto da Andrea Cerri, mio nuovo co-produttore, ha accolto da subito, entusiasta, il progetto al quale si è aggiunta anche Armunia Teatro, mia casa artistica dal 2017 oltre al Teatro Carcano, sempre attento ai temi trattati da Murgia.
Antonella Questa
Dal 13 al 17 marzo 2024
LA DODICESIMA NOTTE (o quello che volete)
di William Shakespeare
traduzione Federico Bellini
adattamento e regia Giovanni Ortoleva
con (in ordine alfabetico) Giuseppe Aceto, Alessandro Bandini, Michelangelo Dalisi, Giovanni Drago, Anna Manella, Alberto Marcello, Francesca Osso, Edoardo Sorgente, Aurora Spreafico
scene Paolo Di Benedetto
costumi Margherita Baldoni
luci Fabio Bozzetta
progetto sonoro Franco Visioli
assistente alla regia Alice Sinigaglia
assistente scenografo Andrea Colombo
direttore di scena e capo macchinista Stefano Orsini
capo elettricista e datore luci Fabio Bozzetta
fonico Nicola Sannino
sarta realizzatrice e di scena Margherita Platé
scene realizzate da Allestimenti Arianese srl
produzione LAC Lugano Arte e Cultura in coproduzione con Fondazione Luzzati Teatro della Tosse, Centro D’arte Contemporanea Teatro Carcano, Associazione Culturale Arca Azzurra
partner di ricerca Clinica Luganese Moncucco
Una commedia del Bardo sorprendente, amara ma lieve, surreale ma terrena, profondamente malinconica e irresistibilmente divertente
Il giovane fiorentino Giovanni Ortoleva, menzione speciale nel concorso “Registi under 30” della Biennale di Venezia 2018, firma adattamento e regia de La dodicesima notte (o quello che volete), considerata da molti critici la migliore commedia di Shakespeare. Composta intorno al 1600, è l’ultima commedia giocosa del Bardo prima della stagione delle grandi tragedie e delle commedie nere.
Sulle coste dell’Illiria, l’amore si diffonde a ritmo endemico. Il duca Orsino è innamorato di Olivia, ricca contessa che si nega alla sua vista per onorare il ricordo del fratello scomparso. Quando nel paese arriva Viola, una giovane reduce da un naufragio che prende servizio dal duca travestendosi da uomo col nome di Cesario, la ragazza si innamora perdutamente di Orsino e fa innamorare di sé la contessa Olivia, creando un triangolo irrisolvibile. Nel frattempo, presso la corte di Olivia, il maggiordomo Malvolio viene beffato dagli altri cortigiani – il fool Feste, la cameriera Maria, Sir Tobia e Sir Andrea (amico di Sir Tobia e pretendente di Olivia) –, i quali gli fanno credere di essere amato dalla padrona. A complicare ulteriormente la situazione arriverà in Illiria anche il gemello creduto morto di Viola, Sebastiano; dopo una lunga serie di fraintendimenti e imprevisti, la storia troverà finalmente il suo “lieto” fine. Una commedia sorprendente, amara ma lieve, surreale ma terrena, profondamente malinconica e irresistibilmente divertente.
di William Shakespeare
traduzione Federico Bellini
adattamento e regia Giovanni Ortoleva
con (in ordine alfabetico) Giuseppe Aceto, Alessandro Bandini, Michelangelo Dalisi, Giovanni Drago, Anna Manella, Alberto Marcello, Francesca Osso, Edoardo Sorgente, Aurora Spreafico
scene Paolo Di Benedetto
costumi Margherita Baldoni
luci Fabio Bozzetta
progetto sonoro Franco Visioli
assistente alla regia Alice Sinigaglia
assistente scenografo Andrea Colombo
direttore di scena e capo macchinista Stefano Orsini
capo elettricista e datore luci Fabio Bozzetta
fonico Nicola Sannino
sarta realizzatrice e di scena Margherita Platé
scene realizzate da Allestimenti Arianese srl
produzione LAC Lugano Arte e Cultura in coproduzione con Fondazione Luzzati Teatro della Tosse, Centro D’arte Contemporanea Teatro Carcano, Associazione Culturale Arca Azzurra
partner di ricerca Clinica Luganese Moncucco
Una commedia del Bardo sorprendente, amara ma lieve, surreale ma terrena, profondamente malinconica e irresistibilmente divertente
Il giovane fiorentino Giovanni Ortoleva, menzione speciale nel concorso “Registi under 30” della Biennale di Venezia 2018, firma adattamento e regia de La dodicesima notte (o quello che volete), considerata da molti critici la migliore commedia di Shakespeare. Composta intorno al 1600, è l’ultima commedia giocosa del Bardo prima della stagione delle grandi tragedie e delle commedie nere.
Sulle coste dell’Illiria, l’amore si diffonde a ritmo endemico. Il duca Orsino è innamorato di Olivia, ricca contessa che si nega alla sua vista per onorare il ricordo del fratello scomparso. Quando nel paese arriva Viola, una giovane reduce da un naufragio che prende servizio dal duca travestendosi da uomo col nome di Cesario, la ragazza si innamora perdutamente di Orsino e fa innamorare di sé la contessa Olivia, creando un triangolo irrisolvibile. Nel frattempo, presso la corte di Olivia, il maggiordomo Malvolio viene beffato dagli altri cortigiani – il fool Feste, la cameriera Maria, Sir Tobia e Sir Andrea (amico di Sir Tobia e pretendente di Olivia) –, i quali gli fanno credere di essere amato dalla padrona. A complicare ulteriormente la situazione arriverà in Illiria anche il gemello creduto morto di Viola, Sebastiano; dopo una lunga serie di fraintendimenti e imprevisti, la storia troverà finalmente il suo “lieto” fine. Una commedia sorprendente, amara ma lieve, surreale ma terrena, profondamente malinconica e irresistibilmente divertente.
Dal 19 al 24 marzo 2024
DELIRIO A DUE
di Eugène Ionesco
con Corrado Nuzzo e Maria di Biase
regia Giorgio Gallione
produzione AGIDI e NIDOdiRAGNO
Corrado Nuzzo e Maria di Biase prestano a questo irresistibile scherzo teatrale tipico del miglior teatro dell’assurdo la loro naturale bizzarria, il loro talento imprevedibile e mai convenzionale
Delirio a due è un piccolo capolavoro del Teatro dell'Assurdo, un irresistibile scherzo teatrale tipico del miglior Ionesco, dove la cornice comica e beffarda e il funambolismo verbale fanno comunque trasparire una società che affoga nella tragedia quotidiana e nella sconcertante gratuità dei comportamenti, e dove il linguaggio, invece di essere strumento di comunicazione, è un ostacolo che allontana e divide. Nella commedia domina il paradosso e il grottesco e la perenne, futile, incessante lite tra Lui e Lei, ridicole marionette umane imprigionate nella ragnatela di un ménage familiare annoiato e ripetitivo.
Il tema del contendere è sempre e solo un pretesto: la chiocciola e la tartaruga sono o non sono la stessa bestia? Un grimaldello assurdo (ma che i due vivono come fondamentale) che fa da trampolino a un dialogo sempre più serrato, funambolico e bellicoso che presto raggiunge le vette di un nonsense da comica finale, di un tragicomico Helzapoppin domestico. E tutto ciò mentre all'esterno della casa infuria una misteriosa guerra civile che i due, sordi e ciechi alla realtà, quasi non percepiscono, impermeabili alle bombe che esplodono, alle sparatorie che echeggiano nella via, alle stragi, ai muri e ai soffitti che crollano. La potenza comica ed eversiva di Ionesco arriva in questa pièce a risultati geniali e tragicomici, e la naturalezza surreale con la quale l'autore costruisce dialoghi e situazioni di questo cinico gioco al massacro diventa a poco a poco un formidabile strumento di analisi e critica di una società ottusa e urlante, troppo spesso incapace di afferrare il senso di ciò che le accade intorno, addirittura compiaciuta dalla propria grettezza. In scena Corrado Nuzzo e Maria di Biase prestano a “Delirio a due” la loro naturale bizzarria, il loro talento imprevedibile e mai convenzionale, il loro gusto per il capovolgimento improvviso che disegna una situazione che è la perfetta, amara metafora dell'oggi, dove riso e sorriso evidenziano ancor più la banalità quotidiana, il conformismo, le paure di una società inaridita e patologicamente insoddisfatta di sé.
Dal 4 al 7 aprile 2024
di Eugène Ionesco
con Corrado Nuzzo e Maria di Biase
regia Giorgio Gallione
produzione AGIDI e NIDOdiRAGNO
Corrado Nuzzo e Maria di Biase prestano a questo irresistibile scherzo teatrale tipico del miglior teatro dell’assurdo la loro naturale bizzarria, il loro talento imprevedibile e mai convenzionale
Delirio a due è un piccolo capolavoro del Teatro dell'Assurdo, un irresistibile scherzo teatrale tipico del miglior Ionesco, dove la cornice comica e beffarda e il funambolismo verbale fanno comunque trasparire una società che affoga nella tragedia quotidiana e nella sconcertante gratuità dei comportamenti, e dove il linguaggio, invece di essere strumento di comunicazione, è un ostacolo che allontana e divide. Nella commedia domina il paradosso e il grottesco e la perenne, futile, incessante lite tra Lui e Lei, ridicole marionette umane imprigionate nella ragnatela di un ménage familiare annoiato e ripetitivo.
Il tema del contendere è sempre e solo un pretesto: la chiocciola e la tartaruga sono o non sono la stessa bestia? Un grimaldello assurdo (ma che i due vivono come fondamentale) che fa da trampolino a un dialogo sempre più serrato, funambolico e bellicoso che presto raggiunge le vette di un nonsense da comica finale, di un tragicomico Helzapoppin domestico. E tutto ciò mentre all'esterno della casa infuria una misteriosa guerra civile che i due, sordi e ciechi alla realtà, quasi non percepiscono, impermeabili alle bombe che esplodono, alle sparatorie che echeggiano nella via, alle stragi, ai muri e ai soffitti che crollano. La potenza comica ed eversiva di Ionesco arriva in questa pièce a risultati geniali e tragicomici, e la naturalezza surreale con la quale l'autore costruisce dialoghi e situazioni di questo cinico gioco al massacro diventa a poco a poco un formidabile strumento di analisi e critica di una società ottusa e urlante, troppo spesso incapace di afferrare il senso di ciò che le accade intorno, addirittura compiaciuta dalla propria grettezza. In scena Corrado Nuzzo e Maria di Biase prestano a “Delirio a due” la loro naturale bizzarria, il loro talento imprevedibile e mai convenzionale, il loro gusto per il capovolgimento improvviso che disegna una situazione che è la perfetta, amara metafora dell'oggi, dove riso e sorriso evidenziano ancor più la banalità quotidiana, il conformismo, le paure di una società inaridita e patologicamente insoddisfatta di sé.
Dal 4 al 7 aprile 2024
LE SERVE
di Jean Genet
con Eva Robin’s - Madame
Beatrice Vecchione-Claire
Matilde Vigna- Solange
regia Veronica Cruciani
Traduzione Monica Capuani
Adattamento Veronica Cruciani
Scene Paola Villani
Costumi Erika Carretta
Drammaturgia sonora John Cascone
co-produzione CMC-Nidodiragno / Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano
Il classico di Genet rivive nella contemporaneità valorizzando i temi del potere, del genere, della devianza psichica...Veronica Cruciani guida la sfida con l’icona transgender Eva Robin’s e due talentuose attrici
La storia scritta da Genet – ispirata da un reale fatto di cronaca realmente accaduto nel febbraio del 1933 a Le Mans in Francia.– è quella di due cameriere che allo stesso tempo amano e odiano la loro padrona, Madame. Le serve hanno denunciato il suo amante scrivendo lettere anonime. Venendo a sapere che l’amante sarà rilasciato per mancanza di prove, e che il loro tradimento sarà scoperto, tentano di assassinare Madame...
Genet presenta le due sorelle, Solange e Claire, nella loro vita quotidiana, nell’alternarsi fra fantasia e realtà, fra gioco del delirio e delirio reale. A turno le due cameriere recitano la parte di Madame, esprimendo così il loro desiderio di essere “La Signora” ed ognuna di loro, a turno, recita la parte dell’altra cameriera, cambiando lentamente atteggiamento, dall’adorazione al servilismo, dagli insulti alla violenza. La rivolta delle serve contro la padrona non è un gesto sociale, un’azione rivoluzionaria: è un rituale. Questo rituale è l’incarnazione della frustrazione, l’azione di uccidere l’oggetto amato ed invidiato non potrà essere portata a compimento nella vita di tutti i giorni, viene ripetuta all’infinito come un gioco. Tuttavia questo gioco non raggiunge mai il suo apice, la messa in scena che le due sorelle compiono viene continuamente interrotta dall’arrivo della padrona.
Secondo Sartre questo fallimento è inconsciamente insito nel cerimoniale stesso che le serve mettono in scena; il tempo sprecato nei preliminari non porterà al compimento del rituale. La liturgia diventa un atto assurdo, è il desiderio di compiere un’azione che non potrà mai superare la distanza che separa il sogno dalla realtà. Una fallimentare ripetizione magica, il riflesso deformato del mondo dei padroni, che le serve adorano, imitano, disprezzano.
Veronica Cruciani (Premio della Critica e Hystrio), ambienta la vicenda in una città contemporanea, valorizzando dunque i temi, attualissimi, del potere e del genere.
Il ruolo di Madame è affidato a Eva Robin’s, icona pop del transgender dall’originale percorso teatrale. A interpretare le bonnes, due giovani attrici cresciute alla Scuola dello Stabile di Torino: Beatrice Vecchione - già diretta da Malosti, Martone e Muscato e Matilde Vigna, Premio Ubu 2019 come Migliore attrice under 35, Premio Eleonora Duse stagione 2020/21 e finalista al Premio Ubu 2022 miglior novità drammaturgica italiana.
Dal 9 al 14 aprile 2024
di Jean Genet
con Eva Robin’s - Madame
Beatrice Vecchione-Claire
Matilde Vigna- Solange
regia Veronica Cruciani
Traduzione Monica Capuani
Adattamento Veronica Cruciani
Scene Paola Villani
Costumi Erika Carretta
Drammaturgia sonora John Cascone
co-produzione CMC-Nidodiragno / Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano
Il classico di Genet rivive nella contemporaneità valorizzando i temi del potere, del genere, della devianza psichica...Veronica Cruciani guida la sfida con l’icona transgender Eva Robin’s e due talentuose attrici
La storia scritta da Genet – ispirata da un reale fatto di cronaca realmente accaduto nel febbraio del 1933 a Le Mans in Francia.– è quella di due cameriere che allo stesso tempo amano e odiano la loro padrona, Madame. Le serve hanno denunciato il suo amante scrivendo lettere anonime. Venendo a sapere che l’amante sarà rilasciato per mancanza di prove, e che il loro tradimento sarà scoperto, tentano di assassinare Madame...
Genet presenta le due sorelle, Solange e Claire, nella loro vita quotidiana, nell’alternarsi fra fantasia e realtà, fra gioco del delirio e delirio reale. A turno le due cameriere recitano la parte di Madame, esprimendo così il loro desiderio di essere “La Signora” ed ognuna di loro, a turno, recita la parte dell’altra cameriera, cambiando lentamente atteggiamento, dall’adorazione al servilismo, dagli insulti alla violenza. La rivolta delle serve contro la padrona non è un gesto sociale, un’azione rivoluzionaria: è un rituale. Questo rituale è l’incarnazione della frustrazione, l’azione di uccidere l’oggetto amato ed invidiato non potrà essere portata a compimento nella vita di tutti i giorni, viene ripetuta all’infinito come un gioco. Tuttavia questo gioco non raggiunge mai il suo apice, la messa in scena che le due sorelle compiono viene continuamente interrotta dall’arrivo della padrona.
Secondo Sartre questo fallimento è inconsciamente insito nel cerimoniale stesso che le serve mettono in scena; il tempo sprecato nei preliminari non porterà al compimento del rituale. La liturgia diventa un atto assurdo, è il desiderio di compiere un’azione che non potrà mai superare la distanza che separa il sogno dalla realtà. Una fallimentare ripetizione magica, il riflesso deformato del mondo dei padroni, che le serve adorano, imitano, disprezzano.
Veronica Cruciani (Premio della Critica e Hystrio), ambienta la vicenda in una città contemporanea, valorizzando dunque i temi, attualissimi, del potere e del genere.
Il ruolo di Madame è affidato a Eva Robin’s, icona pop del transgender dall’originale percorso teatrale. A interpretare le bonnes, due giovani attrici cresciute alla Scuola dello Stabile di Torino: Beatrice Vecchione - già diretta da Malosti, Martone e Muscato e Matilde Vigna, Premio Ubu 2019 come Migliore attrice under 35, Premio Eleonora Duse stagione 2020/21 e finalista al Premio Ubu 2022 miglior novità drammaturgica italiana.
Dal 9 al 14 aprile 2024
LA MADRE
di Florian Zeller
con Lunetta Savino
e con Andrea Renzi, Niccolò Ferrero e Chiarastella Sorrentino
regia Marcello Cotugno
scene Luigi Ferrigno
luci Pietro Sperduti
costumi Alessandra Benaduce
produzione Compagnia Moliere in coproduzione con Teatro di Napoli – Teatro Nazionale e Accademia Perduta Romagna Teatri
Ne La Madre Zeller indaga con estrema acutezza il tema dell’amore materno e le possibili derive patologiche a cui può condurre. La partenza del figlio, ormai adulto, viene vissuta dalla donna come un vero e proprio tradimento, come abbandono del nido, a cui si aggiunge una decadenza dell’amore coniugale in atto da tempo.
Il tono da black comedy iniziale lascia scappare più di un sorriso, per le situazioni descritte e il meccanismo delle ripetizioni che Zeller instaura nel testo, si trasforma lentamente in un dramma spietato che non sembra essere né un vero sogno, né la banale realtà del presente, ma una vertigine ipnotica e crudele dalla quale risvegliarsi è impossibile.
Il mondo di Anna è un luogo in cui lei non si riconosce più, isolata da un ménage familiare che l’ha espulsa.
Ma la responsabilità di questa solitudine non sta forse anche nell’aver rinunciato alla vita? Abdicare ai sogni,
alle speranze e ai desideri unicamente per dedicarsi al proprio unico figlio maschio su cui riversare frustrazioni, rimorsi e ideali d’amore non è forse un cammino che inclina pericolosamente verso la disperazione?
Anna, la madre, è ossessionata da una realtà multipla, una sorta di multiverso della mente, in cui le realtà si sdoppiano creando un’illusione di autenticità costante in tutti i piani narrativi. Ma dai ricordi di Anna si può immaginare un risveglio? Nella sua mente di madre si affastellano ora sequenze oniriche ora situazioni iperrealistiche.
Nella società liquida e levigata di Zygmunt Baumann e Byung Chul Han il senso di colpa non basta più a tenere vicini i figli. Nel dolore del lasciarli andare, per una madre, c’è tutta l’accettazione della vita nel suo divenire, c’è del lasciar andare una parte di sé per rinascere nel distacco.
Dal 16 al 21 aprile 2024
di Florian Zeller
con Lunetta Savino
e con Andrea Renzi, Niccolò Ferrero e Chiarastella Sorrentino
regia Marcello Cotugno
scene Luigi Ferrigno
luci Pietro Sperduti
costumi Alessandra Benaduce
produzione Compagnia Moliere in coproduzione con Teatro di Napoli – Teatro Nazionale e Accademia Perduta Romagna Teatri
Ne La Madre Zeller indaga con estrema acutezza il tema dell’amore materno e le possibili derive patologiche a cui può condurre. La partenza del figlio, ormai adulto, viene vissuta dalla donna come un vero e proprio tradimento, come abbandono del nido, a cui si aggiunge una decadenza dell’amore coniugale in atto da tempo.
Il tono da black comedy iniziale lascia scappare più di un sorriso, per le situazioni descritte e il meccanismo delle ripetizioni che Zeller instaura nel testo, si trasforma lentamente in un dramma spietato che non sembra essere né un vero sogno, né la banale realtà del presente, ma una vertigine ipnotica e crudele dalla quale risvegliarsi è impossibile.
Il mondo di Anna è un luogo in cui lei non si riconosce più, isolata da un ménage familiare che l’ha espulsa.
Ma la responsabilità di questa solitudine non sta forse anche nell’aver rinunciato alla vita? Abdicare ai sogni,
alle speranze e ai desideri unicamente per dedicarsi al proprio unico figlio maschio su cui riversare frustrazioni, rimorsi e ideali d’amore non è forse un cammino che inclina pericolosamente verso la disperazione?
Anna, la madre, è ossessionata da una realtà multipla, una sorta di multiverso della mente, in cui le realtà si sdoppiano creando un’illusione di autenticità costante in tutti i piani narrativi. Ma dai ricordi di Anna si può immaginare un risveglio? Nella sua mente di madre si affastellano ora sequenze oniriche ora situazioni iperrealistiche.
Nella società liquida e levigata di Zygmunt Baumann e Byung Chul Han il senso di colpa non basta più a tenere vicini i figli. Nel dolore del lasciarli andare, per una madre, c’è tutta l’accettazione della vita nel suo divenire, c’è del lasciar andare una parte di sé per rinascere nel distacco.
Dal 16 al 21 aprile 2024
CUORE DI BURATTINO
di Lella Costa e Gabriele Vacis
con Lella Costa
ispirato al romanzo Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino di Carlo Collodi
regia Gabriele Vacis
produzione Teatro Carcano
distribuzione a cura di Mismaonda
Lella Costa e Gabriele Vacis tornano ad affrontare un grande classico con il loro consueto stile, analizzando, scomponendo e ricomponendo la storia per cercarne i temi profondi che la rendono universale e paradigmatica, offrendoci così numerose chiavi di lettura del nostro quotidiano. A partire da quelle bugie che oggi si chiamano fake news fino a tutte le sfumature della menzogna.
Chi non ha mai letto Pinocchio? Considerato uno dei capolavori della letteratura italiana, Le Avventure di Pinocchio. Storia di un Burattino, è il romanzo più conosciuto e famoso di Carlo Collodi che uscì, nella sua versione completa, nel 1883.
Nel 2023 saranno quindi 140 anni dalla nascita di questo romanzo che ha incantato generazioni di bambini.
Pinocchio è un'icona universale fra le più celebri e riconoscibili, e alcuni concetti originali del libro sono diventati parte della cultura popolare mondiale, in particolare la metafora visiva del naso lungo per rappresentare le bugie. Il piccolo burattino ci insegna la più grande delle lezioni, cioè che per la salvezza occorre la verità, la conoscenza e il rispetto, e che è necessario attraversare e coltivare la disobbedienza poiché essa ci aiuta a diventare esseri umani, autentici.
Nel 2023 Giunti Editore pubblicherà l’audiolibro di PINOCCHIO letto da Lella Costa, dando l’avvio ad una serie di reading pubblici che anticiperanno lo spettacolo.
di Lella Costa e Gabriele Vacis
con Lella Costa
ispirato al romanzo Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino di Carlo Collodi
regia Gabriele Vacis
produzione Teatro Carcano
distribuzione a cura di Mismaonda
Lella Costa e Gabriele Vacis tornano ad affrontare un grande classico con il loro consueto stile, analizzando, scomponendo e ricomponendo la storia per cercarne i temi profondi che la rendono universale e paradigmatica, offrendoci così numerose chiavi di lettura del nostro quotidiano. A partire da quelle bugie che oggi si chiamano fake news fino a tutte le sfumature della menzogna.
Chi non ha mai letto Pinocchio? Considerato uno dei capolavori della letteratura italiana, Le Avventure di Pinocchio. Storia di un Burattino, è il romanzo più conosciuto e famoso di Carlo Collodi che uscì, nella sua versione completa, nel 1883.
Nel 2023 saranno quindi 140 anni dalla nascita di questo romanzo che ha incantato generazioni di bambini.
Pinocchio è un'icona universale fra le più celebri e riconoscibili, e alcuni concetti originali del libro sono diventati parte della cultura popolare mondiale, in particolare la metafora visiva del naso lungo per rappresentare le bugie. Il piccolo burattino ci insegna la più grande delle lezioni, cioè che per la salvezza occorre la verità, la conoscenza e il rispetto, e che è necessario attraversare e coltivare la disobbedienza poiché essa ci aiuta a diventare esseri umani, autentici.
Nel 2023 Giunti Editore pubblicherà l’audiolibro di PINOCCHIO letto da Lella Costa, dando l’avvio ad una serie di reading pubblici che anticiperanno lo spettacolo.
Dal 2 al 5 maggio 2024
I MANEGGI PER MARITARE UNA FIGLIA
commedia in due atti di Niccolò Bacigalupo
regia Tullio Solenghi
con Tullio Solenghi, Elisabetta Pozzi
e con Roberto Alinghieri, Riccardo Livermore, Isabella Maria Loi, Pier Luigi Pasino, Federico Pasquali, Stefania Pepe, Laura Repetto
scene e costumi Davide Livermore
aiuto regia Roberto Alinghieri
direttore di scena Desirée Tesoro
aiuto scenografia e costumi Anna Varaldo
trucco e parrucco Bruna Calvaresi
produzione Teatro Sociale Camogli, Teatro Nazionale di Genova, CTB - Centro Teatrale Bresciano
Nella Genova del primo 900, Stefano e la moglie Giggia si convincono che il benestante Riccardo voglia sposare la loro figlia Matilde. L’equivoco si scioglierà solo alla fine, tra irresistibili battibecchi coniugali.
Atto I
commedia in due atti di Niccolò Bacigalupo
regia Tullio Solenghi
con Tullio Solenghi, Elisabetta Pozzi
e con Roberto Alinghieri, Riccardo Livermore, Isabella Maria Loi, Pier Luigi Pasino, Federico Pasquali, Stefania Pepe, Laura Repetto
scene e costumi Davide Livermore
aiuto regia Roberto Alinghieri
direttore di scena Desirée Tesoro
aiuto scenografia e costumi Anna Varaldo
trucco e parrucco Bruna Calvaresi
produzione Teatro Sociale Camogli, Teatro Nazionale di Genova, CTB - Centro Teatrale Bresciano
Nella Genova del primo 900, Stefano e la moglie Giggia si convincono che il benestante Riccardo voglia sposare la loro figlia Matilde. L’equivoco si scioglierà solo alla fine, tra irresistibili battibecchi coniugali.
Atto I
Stefano, detto Steva, un piccolo imprenditore di Genova, rientra a casa per pranzare, ma viene informato dalla domestica Colomba che le signore non ci sono e che da mangiare non c’è nulla perché era lui che avrebbe dovuto acquistare un pesce per pranzo. Infastidito dalla domestica, Steva si rintana nella sua stanza. In quel momento arrivano le donne di casa, la moglie Giggia e la figlia Matilde, piene di pacchi, e si accomodano stanche. Steva le ammonisce, ma le donne non lo ascoltano; inoltre rimprovera la moglie di non avere riguardi per il suo guardaroba, mandandolo in giro come un poveraccio. Incalzato dalla moglie, Steva capisce che gli tocca andare a pranzare in trattoria.
Giggia e Matilde si preparano per andare nella villa di campagna. Arriva la cugina Carlotta, che viene invitata da Matilde ad andare con loro in villa. In quel frangente giungono il signor Pippo e il signor Riccardo, due bravi ragazzi che vengono ritenuti dalla signora Giggia (specialmente il secondo, nobile e figlio di un senatore) come possibili pretendenti per la figlia. Per questo, anche loro vengono invitati in villa.
Atto II
Arrivati in villa, Giggia, parlando con Matilde, capisce che alla figlia piace il signor Riccardo e che anche lui sembra nutrire un certo interesse per la ragazza. Stefano, intanto, tenta di riferire a Cesare quello che suo fratello Michele (il padre di Cesare e Carlotta) gli avrebbe detto. Ma Giggia, dopo aver allontanato Cesare e Matilde con una scusa, obbliga Stefano a dirlo prima a lei: Steva risponde di aver saputo dal fratello che a Cesare piace Matilde e che il nipote vorrebbe chiedere la loro benedizione. Ma Giggia è contraria: Matilde non è interessata a Cesare, bensì a Riccardo, unendosi al quale, inoltre, la loro famiglia ne trarrebbe un notevole vantaggio economico. Stefano è allettato dall’idea, ma è anche troppo affezionato a Cesare per dirgli di no. Cesare, intanto, origliando una conversazione tra Matilde e Riccardo, scopre la verità.
Alla villa giunge il signor Venanzio, un uomo colto che, parlando con Steva e Giggia, accenna a un eventuale matrimonio che potrebbe riguardare la loro famiglia. Giggia, sempre più convinta dell’imminente unione tra Matilde e Riccardo, sparge diverse voci sulla dote (inesistente) di sua figlia.
Ma Stefano scopre, da Pippo, che Riccardo non sarebbe interessato a Matilde e che forse, dunque, le cose non stanno come credono. Giggia, però, non lo ascolta e convince Cesare che non gli daranno mai la mano della figlia. Cesare se ne va via offeso. Poco dopo, però, arriva Matilde che, in lacrime, conferma che Riccardo non è interessato a lei: Giggia va in confusione, mentre Steva si rallegra (per una volta, ha ragione lui e non la moglie). Giggia chiede chiarimenti al signor Venanzio, che rivela la verità: Riccardo vuole sposare Carlotta. Giggia lo caccia via, accusandolo di averli illusi. Giggia e Matilde si scagliano contro Riccardo e Carlotta, mentre Cesare e Riccardo, cercando spiegazioni, scoprono anche loro la verità. Non volendo fare una brutta figura, Giggia dà la colpa al marito di tutto e, alla fine, ammette che Cesare sarebbe un buon partito per la figlia.
Steva si prende la rivincita recitando la morale della vicenda: quando arriva il momento di pensare al matrimonio dei propri figli, bisogna farsi guidare dal cuore e dal cervello, non dall’avidità e dalla cupidigia.
Dal 10 al 12 maggio 2024
VIENI AVANTI CRETINA, NEXT!
varietà ideato e condotto da Serena Dandini
con Serena Dandini e Federica Cacciola, Annagaia Marchioro, Germana Pasquero, Rita Pelusio e altre attrici in corso di definizione
coordinamento artistico Paola Cannatello
Produzione Teatro Carcano
Un esplosivo format teatrale tra provocazione e comicità interamente al femminile
«Questo format teatrale vuole finalmente celebrare la “cretineria” al femminile! Un’esclamazione che può sembrare audace di questi tempi ma perfettamente in linea con la lunga strada in salita dell’emancipazione delle donne. Anche la comicità è stata da sempre un campo di battaglia in cui gli uomini hanno mantenuto ruoli privilegiati da protagonisti, relegando il sense of humour femminile a un simpatico contorno di poco valore. Virginia Woolf aveva già capito più di un secolo fa che l’umorismo era stato negato alle donne affermando che: “Le donne e i bambini sono i principali rappresentanti dello spirito comico…” quindi è arrivato il momento di riprendere in mano questo scettro. Madeleine Albright – primo segretario di stato americano – una Grande Madre che di potere se ne intende – dichiarò convinta che la vera parità sarà raggiunta solo quando una donna cretina potrà avere lo stesso incarico di responsabilità di un uomo cretino che invece è riuscito a fare comunque carriera nonostante la sua palese stupidaggine… non è un’ingiustizia? Visto che per essere accettate noi dobbiamo sempre dimostrare qualcosa, essere super-woman, laureate eccellenti, geni… con questo format teatrale vogliamo dire basta alla sindrome di Ginger Rogers che deve fare tutto quello che fa Fred Astaire ma sui tacchi e camminando all’indietro: è arrivato il momento di rivendicare la nostra stupidera.
Per secoli ci hanno dato delle cretine e finalmente possiamo deliberatamente definirci tali da sole in una serata di comicità interamente al femminile che trae ispirazione per il titolo dalla battuta del varietà “Vieni avanti, cretino!”, resa famosa dai Fratelli De Rege. È un gioco, una provocazione… perché ricordatevi dietro a una grande cretina spesso si nasconde una donna troppo intelligente per farlo vedere …».
Serena Dandini
varietà ideato e condotto da Serena Dandini
con Serena Dandini e Federica Cacciola, Annagaia Marchioro, Germana Pasquero, Rita Pelusio e altre attrici in corso di definizione
coordinamento artistico Paola Cannatello
Produzione Teatro Carcano
Un esplosivo format teatrale tra provocazione e comicità interamente al femminile
«Questo format teatrale vuole finalmente celebrare la “cretineria” al femminile! Un’esclamazione che può sembrare audace di questi tempi ma perfettamente in linea con la lunga strada in salita dell’emancipazione delle donne. Anche la comicità è stata da sempre un campo di battaglia in cui gli uomini hanno mantenuto ruoli privilegiati da protagonisti, relegando il sense of humour femminile a un simpatico contorno di poco valore. Virginia Woolf aveva già capito più di un secolo fa che l’umorismo era stato negato alle donne affermando che: “Le donne e i bambini sono i principali rappresentanti dello spirito comico…” quindi è arrivato il momento di riprendere in mano questo scettro. Madeleine Albright – primo segretario di stato americano – una Grande Madre che di potere se ne intende – dichiarò convinta che la vera parità sarà raggiunta solo quando una donna cretina potrà avere lo stesso incarico di responsabilità di un uomo cretino che invece è riuscito a fare comunque carriera nonostante la sua palese stupidaggine… non è un’ingiustizia? Visto che per essere accettate noi dobbiamo sempre dimostrare qualcosa, essere super-woman, laureate eccellenti, geni… con questo format teatrale vogliamo dire basta alla sindrome di Ginger Rogers che deve fare tutto quello che fa Fred Astaire ma sui tacchi e camminando all’indietro: è arrivato il momento di rivendicare la nostra stupidera.
Per secoli ci hanno dato delle cretine e finalmente possiamo deliberatamente definirci tali da sole in una serata di comicità interamente al femminile che trae ispirazione per il titolo dalla battuta del varietà “Vieni avanti, cretino!”, resa famosa dai Fratelli De Rege. È un gioco, una provocazione… perché ricordatevi dietro a una grande cretina spesso si nasconde una donna troppo intelligente per farlo vedere …».
Serena Dandini
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