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giovedì 30 maggio 2024

 SALA UMBERTO DI ROMA
STAGIONE TEATRALE 2024/2025

11 – 13 settembre 2024
ZOE NOCHI • ANTONIO MELISSA • STEFANIA FRATEPIETRO
LORENZO TOGNOCCHI • ILARIA DEANGELIS • PAOLO GATTI
BEATRICE CENCI Vittima esemplare di una giustizia ingiusta
dramma musicale • libretto Simone Martino e Giuseppe Cartellà
musiche e regia SIMONE MARTINO

Il copione di questo spettacolo musicale in due atti è del tutto originale. La sceneggiatura è tratta dalla vera storia di Beatrice Cenci nobildonna romana vissuta nella seconda metà del 1500 e riadattata dal Maestro Simone Martino (che ha curato anche la Regia), compositore e autore di molte Opere musical, tra le più note citiamo, “Roma Opera musical”, “San Michele l’Angelo dell’Apocalisse”, “Lo sguardo oltre il fango”, “Il Canto di Natale - La favola musicale”, “Re Artù opera musical” e “Vlad Dracula” attualmente in tour italiano.

La vicenda si svolge nella seconda metà del 1500 quando la giovane subì ripetuti abusi da parte di suo padre Francesco Cenci, un nobile di spicco della Roma papale. La giovane denunciò gli abusi scrivendo direttamente al Papa, chiedendo di farsi rinchiudere in convento, pur di condividere la propria vita con quel mostro dentro casa, ma le sue preghiere non vennero ascoltate. Queste ripetute violenze spingono Beatrice a voler eliminare suo padre, sua unica via di scampo per essere libera. Con l’aiuto della matrigna Lucrezia Petroni Velli, del fratello Giacomo e del castellano Olimpo Calvetti, Dopo due tentativi andati a vuoto riescono nel loro intento, cercando di far passare la morte del nobile come un incidente, gettando il corpo già esanime dell’uomo da un mignano del casale di Petrella Salto (proprietà dei Cenci).

Le indagini proveranno il contrario e a nulla valgono le testimonianze delle violenze subite dalla giovane che verrà processata assieme ai suoi complici e decapitata l’11 settembre 1599 nella piazza di Castel Sant’Angelo in Roma.

Beatrice Cenci può essere considerato uno dei casi di violenza casalinga più documentati nella storia antica.

La brutalità della legge romana della fine del 1500 non è certo paragonabile alla giurisdizione dei nostri giorni. Certo la violenza sulle donne era, e purtroppo rimane ancora, una gravissima piaga della nostra società.

Per lo stesso motivo all’interno dell’opera viene inserita una figura femminile dei giorni d’oggi (Claudia), donna che subisce abusi familiari e che, grazie al diario di Beatrice, consegnato dalla nostra protagonista sotto forma di spirito [legenda romana] all’inizio dello spettacolo, trova la forza di denunciare e scappare dal suo carnefice.

Beatrice Cenci opera drammatica è un musical di denuncia contro la violenza di genere.

19 – 22 settembre 2024
MASSIMO VENTURIELLO
CHICCHIGNOLA
di Ettore Petrolini
cast in via di definizione
scene Alessandro Chiti
arrangiamenti musicali Mariano Bellopede
regia MASSIMO VENTURIELLO
produzione Officina Teatrale

Centoquarant’anni fa, nel 1884, nasceva Ettore Petrolini.

Definirei “Chicchignola” una commedia contemporanea e tradizionale al tempo stesso. Non a caso il suo autore è stato spesso associato a Plauto, il più moderno drammaturgo di tutti i tempi. La grande forza di Petrolini, quella che appartiene a una ristrettissima schiera di artisti geniali, sta nel ritrovare terreno fertile in qualsiasi epoca. Avremmo potuto incontrarlo nel teatro dell’antica Roma e al contempo non è inimmaginabile pensarlo, forse addirittura con accresciuta forza innovativa, tra duemila anni accanto a chissà quali nuove forme teatrali.

La trama di questa commedia è semplice. Chicchignola, un uomo qualunque che tira avanti vendendo giocattoli da lui stesso costruiti, su un carretto, lungo le strade di Roma, è oggetto di comune derisione. Questa sua passione per palloncini e giocattoli sembra essere espressione di grande ingenuità, se non addirittura di stupidità. Con estrema facilità dunque sua moglie lo tradisce col suo migliore amico, nella convinzione che il marito non riuscirà mai a scoprirlo.

Un finale a sorpresa però ribalterà completamente la situazione e i cosiddetti furbi che ronzano attorno al poetico protagonista dovranno ricredersi e confrontarsi con la loro squallida superficialità.

27 – 29 settembre 2024
EDOARDO SYLOS LABINI
INIMITABILI
Mazzini, D’annunzio, Marinetti
drammaturgia Angelo Crespi
musiche originali Sergio Colicchio
tratto dall'omonimo programma di Rai Cultura
regia EDOARDO SYLOS LABINI
produzione Teatro della Toscana • Società per Attori s.r.l. • RG Produzioni

Tre italiani inimitabili, le loro vite straordinarie, i loro pensieri, le loro azioni.

Tutto questo racconta il nuovo spettacolo di Edoardo Sylos Labini (drammaturgia di Angelo Crespi), uno spettacolo unico, ma diviso in tre capitoli che saranno messi in scena singolarmente in tre giorni diversi. Sylos Labini accompagnato in scena dalle musiche originali del maestro Sergio Colicchio e da video e immagini di repertorio farà viaggiare gli spettatori dentro la vita di questi uomini coraggiosi e controcorrente che hanno contributo a costruire l’immaginario culturale del nostro Paese.

Si parte da Giuseppe Mazzini, eroe del Risorgimento, esule per tutta la vita, padre della Patria, ispiratore di quella agognata Repubblica che sarebbe venuta alla luce più di settanta anni dopo la sua morte. Irruente, mai domo, eppure raffinato pensatore, fu insieme a Garibaldi, il vero trascinatore del movimento che condusse all’Unità d’Italia. Dalle Cinque Giornate di Milano, passando per la Repubblica Romana e per il lungo esilio in terra straniera, fino alla morte quasi solitaria, Edoardo

Sylos Labini ne traccia il percorso umano e politico.

Secondo capitolo: Gabriele d’Annunzio. Il testo segue l’ascesa di d’Annunzio a partire dal periodo romano quando il giovane poeta sgomita per il successo, e ne passa in rassegna i fasti, l’esuberante vitalità, l’eroismo, soprattutto durante la prima Guerra mondiale e la successiva presa di Fiume, che ne fecero il riconosciuto Vate degli Italiani, fino all’ultimo periodo in cui al Vittoriale erige il museo di sé stesso.

C’è spazio per i molti amori, quelli tormentati con la moglie Maria Hardouin e con la grande Eleonora Duse, c’è spazio per la politica e in particolare per la letteratura e la poesia che sono il lascito più resistente di d’Annunzio.

Infine, la vita spericolata di Filippo Tommaso Marinetti, il creatore del Futurismo che è stata la prima grande Avanguardia a irrompere sulla scena internazionale e distruggere la quiete ottocentesca dell’arte e della letteratura. Dai giovanili turbamenti in terra d’Egitto e poi a Parigi, passando per il successo come scrittore e come impresario di artisti, poeti e musicisti, fino alla maturità piena, il racconto ripercorre l’esistenza, all’insegna della velocità e del desiderio di infrangere le regole, di uno dei più grandi intellettuali del Novecento.

Lo spettacolo Gli Inimitabili prende spunto da una trasmissione televisiva di Rai3, in onda da marzo 2024, in cui Edoardo Sylos Labini porta in video le vite di Mazzini, d’Annunzio e Marinetti. Un esperimento nuovo — in termini contemporanei si definirebbe crossmediale — in cui la scrittura televisiva diventa la sinopia di un testo teatrale che, a sua volta, non ha paura, sostenuto da un complesso gioco drammaturgico, di perlustrare le frontiere e le potenzialità narrative del video. Su tutto aleggia la parola e il desiderio di parola, che accomuna, pur nelle diversità, l’opera dei tre protagonisti.

3 – 6 ottobre 2024
FROSINI / TIMPANO
TANTI SORDI Polvere di Alberto
un progetto di Frosini / Timpano + Lorenzo Pavolini
testo Elvira Frosini • Daniele Timpano • Lorenzo Pavolini
con MARCO CAVALCOLI • BARBARA CHICHIARELLI
ELVIRA FROSINI • DANIELE TIMPANO
musiche e progetto sonoro Ivan Talarico • disegno luci Omar Scala
scene e costumi Marta Montevecchi • collaborazione alla regia Francesca Blancato
organizzazione e distribuzione Laura Belloni • progetto grafico Valentina Pastorino
regia ELVIRA FROSINI e DANIELE TIMPANO
produzione Scarti – Centro di produzione teatrale di innovazione
Viola Produzioni - Centro di Produzione teatrale
Romaeuropa Festival

In questo lavoro ci interessa toccare e intrecciare tre discorsi:

Uno. La Storia: 70 anni di storia italiana passano attraverso questi materiali trans-mediali rifiltrati e riletti da/attraverso Sordi (ed i suoi registi), insomma la storia, l'Italia, la ricostruzione storica orientata che si è fatta dell'Italia dal dopoguerra ad oggi

Due. Il dato biografico: i nostri nonni, i nostri genitori giovani di allora - il dopoguerra, il boom economico, il progresso, le speranze - mentre adesso ci siamo solo noi, miseri, senza futuro, con l'apocalisse invece del progresso come unico, mitico orizzonte.

Tre. Il nostro lavoro, il teatro: Sordi fa il nostro lavoro, parla del nostro lavoro. Epoca diversa, percorso diverso, scelte diverse, mainstream e successo contro avanguardia, noi avanguardisti finto-pentiti che stringendo il nazional-popolare in un abbraccio mortale rivendichiamo una diversa identità e la nostra storia.

In continuità con i lavori precedenti, in cui abbiamo affrontato temi che riguardano la storia e l’identità italiana, attraversandola e soffermandoci sul suo cadavere politico con testi come Dux in scatola, Risorgimento Pop e Aldo morto (che compongono la trilogia Storia cadaverica d’Italia), il colonialismo italiano e la sua eredità di razzismo nel pensiero occidentale in Acqua di colonia, la rivoluzione francese e la crisi attuale della democrazia in Ottantanove, il futurismo italiano tra misoginia e proto-femminismo in Disprezzo della donna, continuiamo la ricerca sui miti e le retoriche del nostro paese e del nostro presente e ci immergiamo adesso - in collaborazione con lo scrittore Lorenzo Pavolini - in questo materiale culturale e storico, in questa mitologia su Roma e “romanità” ma soprattutto “italianità” che è Alberto Sordi. Il mito dell'uomo medio, tutti i miti passati attraverso lui, italica spugna e italico modello che ha attraversato i decenni. Lo attraversiamo cercando le sue tracce sepolte in noi, nei nostri corpi e nel nostro lavoro, le sue stratificazioni disseminate nella nostra vita e nella vita del nostro paese. Un discorso che tenta di far esplodere le nostre retoriche e i nostri modelli culturali, un discorso sull'arte e sul teatro.
Elvira Frosini e Daniele Timpano

Da disperati per pochi, a comici per tutti. Dall’avanguardia, all’avanspettacolo.

Decenni di ricerca sulla cattiva memoria italiana hanno sfinito due non più giovani teatranti romani che credono di scorgere nella maggiore stella della nostra cultura spettacolare, nel mito dell'Albertone nazionale, un giacimento di carburante capace di rivitalizzare la loro ricerca o almeno metterli in sintonia con i correnti populismi.

Così, sospinti da sempre poco lucidi piani per “fare tanti sordi” puntano lo sguardo là dove tutti i loro connazionali si rimirano compiaciuti e disgustati. “Lo specchio” dell’Italia è davanti a loro, eroe dei difetti, virtuoso dell’errore, marchio di fabbrica di un inimitabile-intramontabile passato, monumento misogino e reazionario che a vent'anni dalla morte svetta ancora sopra ogni altra rappresentazione dell’italico trasformismo e muove pellegrinaggi biblici alle porte della sua villa mausoleo da milionario.

Sarà il corpo di Daniele Timpano e Elvira Frosini, miseri attori, a dettar loro gesti di imitazione involontaria, un catalogo inesauribile di espressioni e battute che risuonano nella testa come canzoni, per assecondare il vento che i direttori (di teatro, produttori cinema etc) fiutano e chiedono di assecondare. Saranno i loro scarti critici a farli precipitare fuori dal buco nero dell’identità italiana. Saranno scoponi scientifici e vacanze intelligenti, sceicchi bianchi, polvere di stelle, vite difficili, americani a Roma e grandi guerre a brillare nel presente delle loro vite e rifondare il nostro passato di spettatori.
Lorenzo Pavolini

Una sera parlando gli dissi che, visto quanto lavorava, aveva ormai messo sicuramente da parte un bel po’ di soldi, almeno un miliardo, un miliardo e mezzo. Sordi mi rispose: “Sei matto! Molto di più”. “Ma come mai allora non ti sposi, non ti fai una famiglia?” E lui se ne uscì con questa frase, molto spontaneamente: “E che faccio, mi metto un’estranea in casa!”.
Mario Monicelli, in Goffredo Fofi, Alberto Sordi, L’Italia in bianco e nero, Mondadori, 2004

Nel febbraio 2003 tutti i più importanti giornali italiani dedicarono pagine e pagine alla scomparsa di Alberto Sordi, il popolare attore protagonista di decine di film dell’Italia repubblicana. Quasi tutti i commentatori furono concordi nell’affermare che nei suoi film Sordi aveva rappresentato meglio di ogni altro il carattere degli italiani. Per il quotidiano cattolico Avvenire era stato “lo specchio” dell’Italia. Il Corriere della Sera salutava in lui “l’eroe di tutti i nostri difetti”, mentre per la Repubblica aveva incarnato l’“arte di essere italiani” personificando “una mescolanza di difetti” inequivocabilmente italici. Per l’Unità Sordi era stato un “piccolo grande italiano” e per il Secolo d’Italia era un simbolo nazionale che per cinquant’anni aveva dato “un volto ai vizi e alle virtù degli italiani”.
Silvana Patriarca, Italianità. La costruzione del carattere italiano, Laterza, 2010

Alberto Sordi è diventato il monumento più rappresentativo della cultura italiana. Com’è successo che un artista piuttosto reazionario e un’opera a tratti invecchiata siano ancora oggi così centrali nel nostro canone?
Christian Raimo, Oltre il mito di Alberto Sordi, internazionale.it, 8 agosto 2020

9 – 13 ottobre 2024
CONCITA DE GREGORIO
UN’ULTIMA COSA
Cinque invettive, sette donne e un funerale
di Concita De Gregorio
musica live ERICA MOU
spazio scenico e luci Vincent Longuemare • cura della produzione Sabrina Cocco
regia TERESA LUDOVICO
produzione Teatri di Bari / Rodrigo

Il femminile e la sua potenza di fuoco. La sua bellezza, la sua forza, la sua luce. Con cinque donne al centro della scena – Dora Maar, Amelia Rosselli, Carol Rama, Vivian Maier e Lisetta Carmi – che prendono parola per l’ultima volta. E dicono di sé, senza diritto di replica.

Mi sono appassionata alle parole e alle opere di alcune figure luminose del Novecento.

Donne spesso rimaste in ombra o all’ombra di qualcuno. Ho studiato il loro lessico sino a “sentire” la loro voce, quasi che le avessi di fronte e potessi parlare con loro. Ho avuto infine desiderio di rendere loro giustizia. Attraverso la scrittura, naturalmente, non conosco altro modo. A queste cinque donne è dedicata un’orazione funebre, immaginando che siano loro stesse a parlare ai propri funerali per raccontare chi sono e chi sono sempre state. Invettive, perché le parole e le intenzioni sono veementi e risarcitorie.

Ho usato per comporre i testi soltanto le loro parole – parole che hanno effettivamente pronunciato o scritto in vita – e in qualche raro caso parole che altri, chi le ha amate o odiate, hanno scritto di loro.
Concita De Gregorio

Da controcanto ai racconti, le ninne nanne e i canti interpretati dal vivo dalla cantautrice pugliese Erica Mou, sul palco insieme a Concita. Lo spazio scenico, ideato e curato da Vincent Longuemare, è un gioco di geometrie di quadri luminosi, punti di contatto tra la potenza delle parole di Concita De Gregorio e la voce pura e arcaica di Erica Mou. È così che Dora Maar, Amelia Rosselli, Carol Rama, Vivian Maier e Lisetta Carmi entrano in scena, a teatro, subito prima di uscire di scena, nella vita. Come se un momento prima di sparire potessero voltarsi verso il pubblico: “Ah. Resta da dire un’ultima cosa

15 - 20 ottobre 2024
FRANCESCO ALBERICI
BIDIBIBODIBIBOO
con FRANCESCO ALBERICI • MARIA ARIIS • SALVATORE ARONICA • ANDREA NARSI • DANIELE TURCONI
aiuto regia Ermelinda Nasuto • scene Alessandro Ratti • luci Daniele Passeri
tecnica Fabio Clemente, Eva Bruno
si ringraziano Alessandra Ventrella, Davide Sinigaglia e Ileana Frontini
drammaturgia e regia FRANCESCO ALBERICI
una coproduzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione • CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia • Ente Autonomo Teatro Stabile di Bolzano
Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa con il sostegno di La Corte Ospitale
Testo creato nel corso dell’Ecole des Maîtres 2020/21 diretta da Davide Carnevali.
Finalista alla 56° edizione del Premio Riccione per il Teatro

Con grande tenerezza e dissacrante ironia BIDIBIBODIBIBOO racconta le scelte e le rinunce, i sogni e le grandi paure di una generazione alle prese con un mondo del lavoro drammaticamente spietato.

Francesco Alberici (Premio Ubu 2021 Miglior attore/performer under 35 e protagonista della serie web Educazione Cinica) traccia un ritratto al vetriolo della disastrosa situazione in cui versa il mondo del lavoro ai giorni nostri.

BIDIBIBODIBIBOO, testo finalista alla 56a edizione del Premio Riccione per il Teatro, racconta le traversie di un giovane impiegato: assunto a tempo indeterminato da una grande azienda e forse preso di mira da un superiore, il ragazzo precipita lentamente in una spirale persecutoria che trasforma in un incubo le ore trascorse sul posto di lavoro. La giuria della 56a edizione del Premio Riccione per il Teatro ha sottolineato come «con un’efficace e misurata composizione, l’autore, racconti con asciutta verosimiglianza ed efficacia, la caduta agli inferi aziendali del protagonista: attacchi, vergogna, licenziamento, omissione, liberazione.»

NOTE DI REGIA

Il titolo è ispirato all’opera quasi omonima di Maurizio Cattelan, nella quale uno scoiattolino è riverso su un tavolo, in un interno casalingo anni ’50 e si è appena sparato un colpo alla testa. Lo squallore di questo interno – con il tavolo e le sedie moderne, in frassino chiaro e formica gialla, le stoviglie sporche buttate nel lavandino e la muffa sulla caldaia – rende alla perfezione l’atmosfera che immaginavo mentre scrivevo.

Il testo racconta di due fratelli. Uno è dipendente in una grande e nota multinazionale e, preso all’improvviso di mira da un superiore, inizia a vivere un incubo che terminerà col suo licenziamento. L’altro, che fa l’autore teatrale, decide di raccontare pubblicamente la vicenda del fratello, portandola in scena. Se da un lato volevo raccontare la vergogna e la frustrazione del fratello che ha problemi sul lavoro, dall’altro ci tenevo a ragionare sulla delicata operazione che porta a trasformare un vissuto reale in arte.

Sono tanti i temi di questo spettacolo: il modello delirante di cultura aziendale che si sta imponendo a livello globale, in cui i lavoratori sono spinti a raggiungere standard che le stesse aziende definiscono con orgoglio “irragionevolmente alti” e ai dipendenti viene spiegato che quando “si arriva al limite”, a causa dei ritmi di lavoro implacabili, non resta altra soluzione che “superare quel limite”; i percorsi di vita che portano i due fratelli a compiere scelte differenti, scelte in cui la volontà ha un ruolo più marginale di quanto non si creda. La precarietà riguarda ormai sia chi la sceglie deliberatamente, come me, sia chi cerca di costruirsi una vita più stabile. Nessuno è indenne. I nuovi colossi globali del mondo capitalista non stanno ridisegnando soltanto le dinamiche del lavoro, ma anche delle nostre vite. Termini e concetti aziendali hanno invaso il nostro linguaggio – performance, competizione, miglioramento di sé, ottimizzazione – e ridefinito la nostra idea del tempo: ormai il tempo libero non è altro che tempo perso.

FRANCESCO ALBERICI

Francesco Alberici (Milano, 1988) è attore, autore e regista di teatro, protagonista della famosa serie web Educazione Cinica. Nel 2021 vince il Premio UBU come miglior attore/performer under 35 ed è tra i cinque finalisti della 56° edizione del Premio Riccione col suo testo Bidibibodibiboo, tradotto in quattro lingue. Dopo aver lavorato per alcuni anni nella compagnia milanese Quelli di Grock, fonda assieme a Claudia Marsicano, Daniele Turconi e Salvatore Aronica la propria compagnia Frigoproduzioni. Dal 2016 lavora regolarmente con Deflorian/Tagliarini, come interprete e collaboratore alla drammaturgia – per loro nel 2020 è unico interprete dello spettacolo Chi ha ucciso mio padre, testo di Edouard Louis. Nel 2019 insieme a Silvia Gussoni traduce Realismo Globale, raccolta di scritti di Milo Rau edita da CuePress. Nel 2021 firma assieme a Enrico Baraldi la drammaturgia di Non Tre Sorelle, vincitore del Premio Nazionale della critica ANCT. Tra le ultime collaborazioni quella con Babilonia Teatri, insigniti nel 2016 del Leone d’Argento, nello spettacolo Pietre Nere, e con Liv Ferracchiati in Hedda Gabler. Come una pistola carica.

22 – 23 ottobre 2024
MATTHIAS MARTELLI
MISTERO BUFFO
di Dario Fo e Franca Rame
aiuto regia Alessia Donadio
regia EUGENIO ALLEGRI
Produzione Teatro Stabile di Torino
distribuzione Terry Chegia

Mistero Buffo è considerato il capolavoro di Dario Fo.

Eugenio Allegri dirige Matthias Martelli nella riproposizione di quest'opera straordinaria: l'attore è solo in scena, senza trucchi, con l'intento di coinvolgere il pubblico nell'azione drammatica, passando in un lampo dal lazzo comico alla poesia, fino alla tragedia umana e sociale.

Un linguaggio e un'interpretazione nuova e originale, nel segno della tradizione di un genere usato dai giullari medievali per capovolgere l'ideologia trionfante del tempo dimostrandone l’infondatezza.

Oltre 200 repliche all’attivo in Italia e nel mondo, da Roma a Londra, da Milano a Bruxelles, passando per Zurigo, Nizza, Monaco di Baviera e Los Angeles.

MATTHIAS MARTELLI

Urbino (1986) - Attore, drammaturgo, giullare

Laureato in storia presso l’Università di Bologna e diplomato alla Performing Arts University di Torino, calca i palcoscenici in Italia ed Europa con Mistero Buffo di Dario Fo e Franca Rame, con la regia di Eugenio Allegri, co-prodotto dal Teatro Stabile di Torino. Scrive e interpreta diversi monologhi per importanti Teatri Stabili italiani, fra questi: Raffaello, il figlio del vento (2020) spettacolo sulla vita del pittore Raffaello Sanzio coprodotto da Teatro Stabile dell’Umbria; e Dante, fra le fiamme e le stelle (2021), in cui il racconto della vita di Dante si interseca con frammenti della Vita nuova e della Divina Commedia. Lo spettacolo, prodotto da Teatro Stabile di Torino e Fondazione TRG Onlus, si avvale della consulenza scientifica del professor Alessandro Barbero e del Presidente dell’Accademia della Crusca, professor Claudio Marazzini.

Dal 2022 porta sul palco dei teatri italiani Fred! spettacolo sull’opera di Fred Buscaglione con la regia di Arturo Brachetti, la produzione di Enfi Teatro - Teatro Parioli e Teatro Stabile di Torino. Ha vinto i premi Alberto Sordi, Locomix e Uanmensciò con Il Mercante di Monologhi (2017) da lui scritto e interpretato, con oltre 300 repliche all'attivo.

Ha vinto il Premio Nazionale di Cultura Frontino-Montefeltro per “le qualità attoriali acclamate dal successo di pubblico e dal favorevole giudizio espresso dalla critica e per i suoi meritevoli risultati raggiunti nel campo delle arti teatrali”. È protagonista di Pierino e il Lupo di Sergej Prokofiev insieme all’orchestra del Teatro Regio di Torino.

Ha messo in scena diverse conferenze performative, fra cui The Universal language of Dario Fo, presentata a marzo 2023 alla Chapman University di Los Angeles

25 – 27 ottobre 2024
PEPPE BARRA
BUONASERA A TUTTI
dai miei disordinati appunti
al pianoforte il M° Luca Urciuolo
regia FRANCESCO ESPOSITO
produzione Tradizione e turismo – Centro di produzione teatrale • Teatro Sannazaro
Ag Spettacoli

Il modo di fare teatro di Peppe Barra è stato più volte definito “le mille e una resurrezione dell’animo partenopeo”. Attraverso la sua maschera sarcastica e ai tanti registri vocali - dai più gravi ai più acuti, unisce da sempre gli elementi colti e popolari della sua città, mescolando nei suoi spettacoli, con facilità, la tradizione e l'innovazione. Il recital “Buonasera a tutti” già dal titolo lascia intuire cosa dovrà aspettarsi il pubblico: un momento di intimità tra artista e spettatori, oltrepassando la cosiddetta quarta parete in un continuo dialogo con la platea. Un viaggio nella vita dell'uomo e dell'artista: i suoi ricordi di infanzia e adolescenza nella Procida e nella Napoli degli anni '50, la sua memoria di giovanissimo attore con Zietta Liù, fino al successo della Nuova Compagnia di Canto Popolare e agli anni di teatro insieme alla indimenticata Concetta Barra, madre e compagna di scena. Una passeggiata nei suoi oltre 60 anni di carriera, tra teatro e canzone, toccando la musica barocca e la tradizione popolare, il mondo magico di Basile, grandi autori come Petito e Viviani, il varietà, il cabaret, fino a giungere ai cantautori contemporanei.

Barra sarà unico mattatore in scena - insieme al maestro Luca Urciuolo che lo accompagnerà al pianoforte - per divertire ed emozionare, con follia e poesia. Senza mai interrompere il gioco con il pubblico, come un felice incontro tra bambini che hanno soltanto voglia di stare insieme e divertirsi ...con gioia ed ironia.
Francesco Esposito

29 – 30 ottobre 2024
STIVALACCIO TEATRO
ROMEO E GIULIETTA
L’amore è saltimbanco
con ANNA DE FRANCESCHI • MICHELE MORI • MARCO ZOPPELLO
scenografia Alberto Nonnato • costumi Antonia Munaretti • maschere di Roberto Maria Macchi
soggetto originale e regia MARCO ZOPPELLO
produzione Stivalaccio Teatro • distribuzione Terry Chegia

1574.

Venezia in subbuglio. Per calli e fondamenta circola la novella: Enrico III di Valois, diretto a Parigi per essere incoronato Re di Francia, passerà una notte nella Serenissima. Un onore immenso per il Doge e per la città lagunare.

Giulio Pasquati e Girolamo Salimbeni, coppia di ciarlatani saltimbanco dai trascorsi burrascosi, vengono incaricati di dare spettacolo in onore del principe. Mica una storia qualunque, certo che no, la più grande storia d’amore che sia mai stata scritta: Romeo e Giulietta.

Due ore di tempo per prepararsi ad andare in scena, provare lo spettacolo ma, soprattutto: dove trovare la “Giulietta” giusta, casta e pura, da far ammirare al principe Enrico?

Ed ecco comparire nel campiello la procace Veronica Franco, poetessa e “honorata cortigiana” della Repubblica, disposta a cimentarsi nell’improbabile parte dell’illibata giovinetta. Si assiste dunque ad una “prova aperta”, alla maniera dei comici del Sogno di una notte di mezza estate, dove la celeberrima storia del Bardo prende forma e si deforma nel mescolarsi di trame, di dialetti, canti, improvvisazioni, suoni, duelli e pantomime.

Shakespeare diventa, per noi, materia viva nel quale immergere le mani, per portare sul palco, attraverso il teatro popolare, le grandi passioni dell’uomo, le gelosie “Otelliane”, i pregiudizi da “Mercante”, “Tempeste” e naufragi, in una danza tra la Vita e la Morte, coltelli e veleni.

31 ottobre – 3 novembre 2024
ANTONELLA QUESTA • VALENTINA MELIS • TERESA CINQUE
STAI ZITTA!
dal libro di Michela Murgia – edizione Einaudi
scene Alessandro Ratti con la collaborazione di Alice Santini • Laura Forti • Federica Di Maria
costumi Martina Eschini • disegno luci Daniele Passeri • fonica Marco Oligeri • Francesco Menconi
regia MARTA DALLA VIA
produzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione • LaQ-Prod
Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano con il sostegno di Fondazione Armuni

Scrive Michela Murgia: “I tentativi di ammutolimento di una donna verificatisi sui media italiani negli ultimi anni sono numerosi … la pratica dello “Stai zitta” non è solo maleducata, ma soprattutto sessista perché unilaterale … Che cosa c'è dietro questa frase? … Per quale motivo tutti coloro che la ascoltano pensano si tratti di una reazione normale nella dialettica con persone di sesso femminile?”

Antonella Questa, Valentina Melis e Teresa Cinque hanno sempre avuto qualche difficoltà a stare zitte e lo dimostrano in questi anni i loro tanti spettacoli, video e libri, che affrontano, con ironia e intelligenza, tematiche sociali e anche femminis mite. Inevitabile quindi si incontrassero un giorno per dare vita a uno spettacolo comico e dissacrante su quanto la discriminazione di genere passi spesso proprio dal linguaggio.

Le “frasi che non vogliamo più sentirci dire!” contenute nel libro Stai Zitta di Michela Murgia, offrono l'occasione di raccontare la società contemporanea attraverso una carrellata di personaggi e di situazioni surreali. Dal mansplaining all'uso indiscriminato del nome proprio per le donne, passando per la celebrazione della figura “mamma e moglie di”, Questa, Melis e Cinque, guidate dalla sapiente regia di Marta Dalla Via, sapranno coinvolgervi nella lotta contro gli stereotipi di genere, annullando già di fatto, con questo spettacolo, quello secondo cui “le donne sono le peggiori nemiche delle donne”!

NOTE ALLO SPETTACOLO

“STAI ZITTA e altre nove frasi che non vogliamo sentire più” è uno strumento che evidenzia il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo. Murgia ha come obiettivo che tra dieci anni una ragazza, leggendolo, lo trovi antiquato; noi vorremmo contribuire ad accorciare questo tempo, attraverso il linguaggio teatrale.

Questo per noi non è solo uno spettacolo, è l’occasione di lavorare in un modo nuovo e su un tema dichiaratamente femminista. Bell hooks - scrittrice, attivista e femminista statunitense - spiega bene che se non impariamo a usare le parole giuste, in particolare quelle che definiscono il sistema discriminatorio nel quale viviamo, nulla potrà cambiare davvero. Questo spettacolo è femminista e parlerà di patriarcato. Inoltre sarò attrice, autrice e co-produttrice. Sono diverse responsabilità, lo so, ma non sono sola, ci sono delle sorelle con me. E questo significa tantissimo!

Con Teresa Cinque avevamo già lavorato insieme creando le pillole video Dress Code, sul victim blaming, mentre con Valentina Melis stavamo già pensando ad uno spettacolo teatrale che avrei scritto e diretto per lei.

Quando Valentina ha visto i nostri video ha subito proposto di fare una cosa insieme. Complice la sua amicizia con Michela Murgia e parlando di cosa avremmo potuto portare in scena, ho proposto Stai zitta!. L’idea di portare in scena il libro di Murgia ci ha esaltate immediatamente.

Marta dalla Via è arrivata nei miei pensieri quando Teresa ha suggerito la necessità di avere una regia. Erano anni che io e Marta ci “guardavamo da lontano”, espressione che racconta stima reciproca e desiderio di trovare un progetto comune sul quale lavorare.

SCARTI Centro di Produzione teatrale di Innovazione, con sede a Spezia e diretto da Andrea Cerri, mio nuovo co-produttore, ha accolto da subito, entusiasta, il progetto al quale si è aggiunta anche Armunia Teatro, mia casa artistica dal 2017 oltre al Teatro Carcano, sempre attento ai temi trattati da Murgia.
Antonella Questa

7 – 10 novembre 2024
LINA SASTRI
LA MIA MUSICA
con M° Adriano Pennino
produzione A.G. Spettacoli

12 – 14 novembre 2024
TINDARO GRANATA
VORREI UNA VOCE
di Tindaro Granata
con le canzoni di Mina
ispirato dall’incontro con le detenute-attrici del teatro Piccolo Shakespeare all’interno della Casa Circondariale di Messina
nell’ambito del progetto Il Teatro per Sognare di D’aRteventi diretto da Daniela Ursino
disegno luci Luigi Biondi • costumi Aurora Damanti • regista assistente Alessandro Bandini
produzione LAC Lugano Arte e Cultura
in collaborazione con Proxima Res • partner di produzione Gruppo Ospedaliero Moncucco

Scritto e interpretato da Tindaro Granata, Vorrei una voce è uno spettacolo in forma di monologo costruito attraverso le canzoni di Mina cantate in playback, fortemente ispirato dal lungo percorso teatrale che l’autore e attore siciliano ha realizzato al teatro Piccolo Shakespeare all’interno della Casa Circondariale di Messina con le detenute di alta sicurezza, nell’ambito del progetto Il Teatro per Sognare. Il fulcro della drammaturgia è il sogno: perdere la capacità di sognare significa far morire una parte di sé. Vorrei una voce è dedicato a coloro i quali hanno perso la capacità di farlo.

“Ero un giovane uomo, lavoravo, avevo una casa, una macchina e soprattutto persone che mi amavano, ma avevo smesso di provare gioia per quello che facevo, non credevo più in me stesso e in niente – dichiara Granata. Non so come sia successo. Un giorno mi sono svegliato e non mi sono sentito più felice, né di fare il mio lavoro né di progettare qualsiasi altra cosa. Quando mi arrivò la telefonata di Daniela Ursino, direttore artistico del teatro Piccolo Shakespeare all’interno della Casa Circondariale di Messina, con la proposta di fare un progetto teatrale con le detenute ‘per farle rivivere, sognare ritrovando una femminilità perduta’, capii, dopo averle incontrate, che erano come me, o forse io ero come loro: non sognavamo più. Guardandole mi sono sentito recluso, da me stesso, imbruttito da me stesso, impoverito da me stesso. Avevo dissipato, inconsapevolmente, quel bene prezioso che dovrebbe possedere ogni essere umano: la libertà. Proposi così di fare quello che facevo da ragazzo quando ascoltavo le canzoni di Mina: interpretavo le mie storie fantastiche con la sua voce.

Con le detenute abbiamo messo in scena l’ultimo concerto live di Mina, tenutosi alla Bussola il 23 agosto 1978. L’idea era quella di entrare nei propri ricordi, in un proprio spazio, dove tutto sarebbe stato possibile, recuperando una femminilità annullata, la libertà di espressione della propria anima e del proprio corpo, in un luogo che, per forza di cose, tende quotidianamente ad annullare tutto questo. Ognuna di loro aveva a disposizione due canzoni di Mina e, attraverso il canto in playback, doveva trasmettere la forza e la potenza della propria storia per liberarsi da pensieri, angosce, fallimenti di una vita. Mi sono trovato, con loro, a cercare il senso di tutto quello che avevo fatto fino ad allora.

Non voglio e non posso portare in scena le mie ragazze del Piccolo Shakespeare di Messina, perché quello che abbiamo fatto dentro quel luogo di libertà che sta dentro un carcere è giusto che rimanga con loro e per loro. In Vorrei una voce in scena ci sono solo io, delle ragazze mi porto i loro occhi, i gesti, le loro lacrime e i sorrisi. Grazie a loro racconto storie di persone che dalla vita vogliono un riscatto importante: vogliono l’amore per la vita, quella spinta forte ed irruente che ti permette di riuscire a sopportare tutto, a fare tutto affinché si possa realizzare un sogno.

NOTE SUL DISEGNO LUCI
di Luigi Biondi

Siamo nel luogo in cui si condivide il racconto di un’esperienza intima. Le storie che ascoltiamo sono forti, tese, estreme. Cinque donne, ciascuna percorrendo a suo modo il sentiero della vita, inciampano nel reato. La musica di Mina, nell’ambito di un laboratorio teatrale condotto in carcere, ne è testimone, aiuta le protagoniste a sublimare i propri desideri e, forse, ricucire qualche strappo. Il discorso diretto lascia pian piano spazio alle voci delle protagoniste e alla loro toccante interpretazione in playback di uno dei colossi della musica italiana. La luce di questo racconto teatrale è calda, accogliente, accompagna l’andamento del racconto e assume poco a poco la forma di una spettacolarizzazione da camera. Colori in controluce invadono la scena e cordoni di luminarie vibrano come anime in cerca di uno spiraglio di libertà.

NOTE SUI COSTUMI
di Aurora Damanti

“Faccio uno spettacolo su Mina, ho pensato a te per i costumi”.

Era luglio, mi trovavo in teatro a Spoleto ed era caldo. Così è iniziata la telefonata tra me e Tindaro durante la quale mi ha raccontato l’idea dello spettacolo, di Mina e le storie delle ragazze del carcere di Messina. Prima di concludere la conversazione mi ha detto: “c’è un ‘vincolo’, le ragazze mi hanno chiesto che i costumi siano di paillettes”. Siamo così partiti da questa promessa per la progettazione.

Si tratta di un’immagine né maschile né femminile, non c’è sesso e non c’è travestimento, un’immagine che riprende e si ispira al fascino ed alle movenze della Tigre di Cremona. Matita nera attorno agli occhi, una collana di metallo morbido, un pantalone neutro, una sorta di indumento ‘intimo’ dalla vita molto alta, una base sopra alla quale Tindaro, indossando o togliendo una giacca oro o una camicia di paillettes nera, ad esempio, scivola da una storia all’altra in modo sensuale ed attraente.

Guardando svariati video della cantante, tra i quali La voce del silenzio, ho preso ispirazione per la forma a zampa dei pantaloni in paillettes argento, tessuto che sotto la luce permette di ricreare l’effetto della palla stroboscopica tipica delle discoteche della fine degli anni Settanta.

Le luci di Luigi Biondi permetteranno di enfatizzare, oltre che questo gioco di lustrini, la semitrasparenza di alcuni tessuti.

Oro, nero e argento i colori scelti tra indumenti vintage e nuovi, dopo una prova costume che ci ha portato alla costruzione e definizione stessa del personaggio.

Casualità, in prova a Milano noto che Tindaro porta involontariamente una collana molto simile a quella indossata da Mina durante il concerto alla Bussola nel 1972: è diventata un accessorio di scena.

15 – 17 novembre 2024
ANTONIO CATANIA
AZZURRO
di Paola Ponti
atto unico tratto dal libro “Azzurro, stralci di vita” di Curzio Maltese
con SERGIO COLICCHIO (il pianista)
musiche Nicola Piovani
luci Danilo Facco • costumi Arabella Bettazzi
Coordinamento artistico Norma Martelli
regia CARMEN GIARDINA
produzione Viola Produzioni - Centro di produzione teatrale

NOTE DI REGIA

Un grande giornalista, travolto da una malattia importante, guarda indietro alla sua vita e ne ripercorre le tappe insieme all’amico musicista. Nel suo ultimo libro, la penna sublime e ironica di Curzio Maltese ci conduce in una cavalcata attraverso gli ultimi sessant'anni del nostro Paese, con lo stile unico che moltissimi lettori hanno imparato a conoscere e amare, cercando i suoi editoriali come una bussola preziosa per orientarsi nella magmatica vita politica italiana e non solo.

E così scorrono i ricordi di decenni di una vita incredibile, travagliata e spassosa, di cui è stato illuminato testimone grazie al suo mestiere di giornalista. A partire dalla Roma allo stadio con un padre mancato troppo presto e convinto socialista, un viaggio in Calabria con la 500, il macinino che era “la Nina, la Pinta e la Santa Maria” di un’intera generazione; e poi la fine dell’innocenza, il 12 dicembre 1969, con la bomba che scoppia a piazza Fontana. Come è stato essere bambino nell’Italia del boom, un Paese ancora ingenuo, rivolto al futuro, dove “persino i poveri potevano essere felici”. Il sabato alla Rinascente, con la mamma commessa, nel profumo di Mariangela Melato, i foulard di Carla Fracci, le vetrine di Giorgio Armani. La lotta di classe al parco Lambro, il liceo negli anni di piombo. E le fragorose risate degli anni ’70, con Beppe Viola, Dario Fo, i comici del Derby: “ridevamo come pazzi e poi con un pensoso e penoso senso di colpa passavamo alle cose serie, la politica, il giornalismo, le culture ufficiali. Pensa che scemi.”

E così avanti con l’eleganza di Torino, appena assunto alla Stampa, Mani Pulite, la discesa in campo di Berlusconi e la bellezza dirompente della città eterna alla Repubblica, dove l’attendevano la politica, lo sport, il cinema, il teatro e gli incontri della vita con Vincenzo Cerami, Nicola Piovani, Roman Polanski…

Azzurro è un racconto talmente coinvolgente da far pensare fin dalla prima lettura a un naturale approdo al palcoscenico. Antonio Catania insieme a Sergio Colicchio ci trasportano nel viaggio della vita del giornalista.

Il cinema era una delle grandi passioni di Curzio Maltese, e mentre cercavo una chiave per la messa in scena, ho pensato a una scenografia che attraverso pochi elementi rappresentasse l'idea di una sala cinematografica: uno schermo, due poltroncine e un'insegna al neon che riprende il titolo del libro, Azzurro. Questo spazio ideale viene abitato dal protagonista in molti modi, permettendogli di attraversare diverse dimensioni: il ricordo, l'evocazione, il ritrovarsi spettatore della propria vita che scorre come su uno schermo.

Ho creato una struttura composta da proiezioni video e musica, sempre al servizio dell'incalzare della storia e del protagonista, che di volta in volta tiene le fila e interpreta i vari personaggi in un moltiplicarsi di voci. In questo ambiente virtuale l'attore può interagire con le immagini, assistere a ciò che accade sullo schermo, o estraniarsi completamente grazie alla musica che a tratti entra in scena da protagonista.

Seguendo il viaggio di chi è stato uno dei più grandi giornalisti italiani, si ride e ci si emoziona, e credo che nessun attore meglio di Antonio Catania possa interpretare la disincantata ironia dello sguardo di Maltese, che è una caratteristica anche dell'arte attoriale di Catania, mai enfatica o retorica, sempre capace di ironia e umanità.

Allo stesso modo la scrittura di Maltese si sposa alla perfezione con la musica del suo grande amico Nicola Piovani. Una presenza capace di creare un contrappunto perfetto al suo sguardo sulla vita, nei suoi aspetti divertenti come in quelli più toccanti, in cui tutti possiamo ritrovarci.
Carmen Giardina

21 novembre – 1 dicembre 2024
SIMONE COLOMBARI • MAX PAIELLA
JANNACCI E DINTORNI
Una storia raccontata e cantata
e con ATTILIO DI GIOVANNI (Pianoforte e Direzione Musicale) • GINO MARINIELLO (Chitarra Classica ed Elettrica) • ALBERTO BOTTA (Batteria e percussioni) • FLAVIO CANGIALOSI (Basso e Fisarmonica) • MARIO CAPORILLI (Tromba e flicorno) • CLAUDIO GIUSTI (Sax, Tenore e Contralto)
regia di LORENZO GIOIELLI
produzione Viola Produzioni - Centro di produzione teatrale • Giando Music

Un concentrato di Jannacci in un’epoca non lontana, e di chi c’era nei dintorni Giorgio Gaber, Adriano Celentano, Dario Fo.

Ma anche i pazzi artistoidi che hanno prodotto capolavori come “El purtava i scarp del tenis” oppure “Vengo anch’io no tu no”.

L’amore per il rock, per l jazz ma soprattutto per le persone e le loro storie raccontate nelle canzoni di Jannacci, qualcosa di indefinibile, leggere come aria e allo stesso tempo spesse e profonde, definitive.

Jannacci noi lo possiamo vedere in tanti modi diversi, nei dialoghi al bar nel rigore sbagliato, nella foto di un figlio senza motorino, in Cochi e Renato, in Paolo Conte, in Walter Chiari, in Dario Fo, nel Jazz in un locale fumoso, nel cielo grigio ma anche n un prato verde in una foto in bianco e nero di una donna davanti ad una fabbrica in inverno che si chiamava vincenzina.

La storia minima di Jannacci vista da un toscano e un romano, un pò narrata, concentrata, un pò cantata da Simone Colombari e Max Paiella.

25 novembre 2024
ARIANNA PORCELLI SAFONOV
TITOLO IN VIA DI DEFINIZIONE
per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne
distribuzione Terry Chegia

9 dicembre 2024
ROBERTO MERCADINI
LITTLE BOY
Storia incredibile e vera della bomba atomica
musiche dal vivo di Dario Giovannini
scritto e diretto da ROBERTO MERCADINI
Produzione SILLABA • distribuzione Terry Chegia

“Little boy”, alla lettera “ragazzino”: questo è il nome in codice della bomba atomica sganciata su Hiroshima il 6 agosto del 1945. Con un sarcasmo atroce, si è dato un nomignolo affettuoso all’ordigno che provocherà la più grande strage di tutti i tempi: 160 000 vittime.

Questa storia è tutta così, dall’inizio alla fine: cioè dai primi risultati della fisica quantistica all’esplosione.

Così: ossia piena di estremi che si toccano: piena di ironia e di orrore, di calcoli perfetti e di casualità assurde, genio e idiozia, domande che hanno troppe risposte o che non ne hanno nessuna.

Ed è piena anche di “little boys”, di “ragazzini”: Niels Bohr che, ancorastudente, sbalordisce il suo insegnante di fisica con una risposta apparentemente sconclusionata; Werner Heisenberg che a soli 21 anni sarà già collaboratore di Bohr e che vincerà il premio Nobel a 31; Enrico Fermi che a 14 anni darà già segno di una intelligenza quasi inquietante divorando un libro apparentemente illeggibile: un testo di fisica del 1800, scritto in latino e lungo 900 pagine.

“Racconto storie (che contengono storie (che contengono altre storie)). A volte sopra un alcoscenico. A volte in video. A volte dentro un libro”.
Roberto Mercadini

3 – 22 dicembre 2024
CARLO BUCCIROSSO
L’ERBA DEL VICINO È SEMPRE PIÙ VERDE!
con (in ordine di apparizione) FABRIZIO MIANO • DONATELLA DE FELICE
PEPPE MIALE • ELVIRA ZINGONE • MARIA BOLIGNANO • FIORELLA ZULLO
scene Gilda Cerullo e Renato Lori • costumi Zaira De Vincentiis
disegno luci Luigi Della Monica • musiche Cosimo Lombardi
aiuto regia Fabrizio Miano
scritto e diretto da CARLO BUCCIROSSO
produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro • A.G. Spettacoli

Un irreprensibile funzionario di banca, da tempo in crisi matrimoniale, vive un momento di profonda insoddisfazione. In continua spasmodica ricerca di libertà e di nuove esperienze di vita, si ritroverà presto soggiogato dalla sindrome dell’erba del vicino. E se quel senso di attrazione verso colui che è diverso da te e che riesce in tutto più di te si trasformasse in un’irrefrenabile follia omicida? Uno spettacolo travolgente, carico di mistero e ironia, che ci terrà con il fiato sospeso!

Mario Martusciello, funzionario benestante di banca, da tempo in aperta burrascosa crisi matrimoniale con sua moglie, si è rifugiato da alcuni mesi in un moderno monolocale, vivendo un momento di profonda depressione, insoddisfatto del proprio tenore di vita, delle proprie ambizioni, delle proprie scelte, delle proprie amicizie, e non di meno di sua sorella, rea di preoccuparsi eccessivamente del suo inaspettato isolamento.

In continua spasmodica ricerca di libertà, di cambiamenti, di nuove esperienze di vita e di un’apertura mentale che gli è sempre stata ostacolata dai sensi di inferiorità e dalla mancanza di spregiudicatezza, Mario guarda il mondo e le persone che lo circondano alla stessa stregua di un fanciullo smanioso di cimentarsi con le attrazioni più insidiose di un immenso parco giochi, cui non ha mai avuto l’opportunità di poter accedere…

Ed è così che pervaso dall’adrenalina della novità, dall’eccitazione del rischio, nonché dalla paura dell’ignoto, si ritroverà presto soggiogato dalla sindrome dell’”Erba del vicino”, ovverosia dalla sopravvalutazione di tutto quanto non gli appartenga, di ogni essere umano diverso da sé stesso, di qualsiasi tipo di emozione possa procurargli una donna che non sia uguale a sua moglie, come “una giovane avvenente influencer” conosciuta solo per caso… il tutto accompagnato da un senso di autocommiserazione, ed da un’ammirazione spropositata verso chi nella vita ha saputo guadagnarsi, con grande fortuna, soldi e successo a sbafo, a discapito suo che mai ha avuto il fegato di osare, né di cambiare modo di essere pur di raggiungere qualcosa d’importante…

È allora che quel senso di attrazione verso chi è diverso da te, che riesce in tutto più di te, e che sa essere quello che giocoforza non sei mai stato tu, potrebbe anche trasformarsi in un’irrefrenabile follia omicida, e a quel punto... sotto a chi tocca!

In un simile spiazzante panorama, chiunque avesse la malaugurata idea di suonare alla porta di casa Martusciello per qualsivoglia motivo, come per la consegna della ordinazione del giapponese o di un pacco postale, o peggio ancora per uno sventurato errore domiciliare, si troverebbe invischiato in una situazione non facilmente gestibile, con l’arduo compito poi di tentare di uscire dall’appartamento in tempi brevi, e possibilmente nelle migliori condizioni di salute!... In definitiva, “l’erba del vicino” sarà pure più verde di quella dell’altro, ma ciò che conta è che non si macchi di rosso “sangue”…

E se invece fosse proprio il vicino di casa in carne ed ossa, a sfidare la sorte suonando alla porta dell’appartamento di Mario, magari solo per chiedere la cortesia di qualche foglia di prezzemolo, cambierebbe qualcosa al finale della nostra vicenda?...
Carlo Buccirosso

7 – 12 gennaio 2025
LUIGI DI FIORE • ANTONINO IUORIO
MARCO ROSSETTI • MATILDA LUTZ
e con GABRIEL ZAMA • PAOLO T. BRAJNIK
IL PROFESSIONISTA
Nella mente di un sicario
scritto e diretto da TOMMASO AGNESE
produzione BPresent e Gravity Creations

“Il professionista” è una “dark comedy”. Racconta la confessione di un sicario che per amore tenta di cambiare vita, allontanandosi da un mondo maschilista e violento, ma che alla fine è costretto a tornare sui suoi passi.

Aron (Luigi Di Fiore) è un sicario di professione, freddo e spietato, che lavora per la criminalità organizzata in giro per l’Europa. Oramai in crisi esistenziale a causa dello stress del proprio lavoro, si rifugia spesso nell’alcol. Una sera in un locale dei bassifondi incontra Giuli (Matilda Lutz), una giovane e attraente cantante, di cui s’innamora perdutamente. Il loro sembra essere un amore travolgente che sradica le fragilità e li porta a fuggire insieme cercando di costruire un futuro lontano dalla violenza. Ma è impossibile scappare dal proprio passato e quando Aron viene rintracciato, Giuli decide di andarsene, lasciandolo solo. Aron allora pieno di dubbi e rancore riprende la pistola in mano, ma non riesce più ad uccidere e affranto si confronta con il proprio io esistenziale (Marco Rossetti) che lo porta a commettere una serie di gravi errori. Proprio nel bel mezzo di una missione dall’esito fallimentare, l’uccisione di un predicatore (Antonino Iuorio), pieno d’incertezze e preoccupazioni, incontrerà nuovamente Giuli.

NOTE DI REGIA

Ispirato alla dark comedy, questo spettacolo racconta di un mondo dove regna il maschilismo e la violenza, un mondo di “machi”. Sono i bassifondi della società dove povertà, disperazione e criminalità viaggiano a braccetto. Solo l’amore diventa l’occasione per cercare di cambiare, e vedere il tutto da una prospettiva diversa, l’occasione per allontanarsi dalla violenza e dalla discriminazione.

Ma l’amore spesso è anche un sogno irraggiungibile, è la proiezione di semplici illusioni. E cambiare diventa sempre più difficile. Il protagonista dello spettacolo abbagliato dalla passione, ci prova a cambiare, ma il passato è dietro l’angolo, pronto a ricordargli com’era. Confrontarsi con la fine dell’illusione, con il tradimento, con la propria anima corrotta lo porteranno alla vera trasformazione e ad una scelta a senso unico. La piece teatrale, tocca diversi livelli di comunicazione: il primo è un rapporto diretto con il pubblico al quale il protagonista confida le sue paure e fragilità e la sua redenzione; il secondo riguarda tutti gli altri personaggi, ciò che rappresentano è tutto quello da cui il protagonista vuole redimersi; e l’ultimo, rappresentato dalla protagonista femminile, è quello della donna che tenta di difendersi ingenuamente da un mondo fatto di uomini predatori e false promesse. Tutti questi elementi inquadrati da una messa in scena essenziale e mutevole.

14 gennaio – 2 febbraio 2025
BIAGIO IZZO
L’ARTE DELLA TRUFFA
di Augusto Fornari • Toni Fornari • Andrea Maia • Vincenzo Sinopoli
con CARLA FERRARO • ROBERTO GIORDANO • CIRO PAUCIULLO • ARDUINO SPERANZA ADELE VITALE.
scene di Massimo Comune • disegno luci Luigi Raia
musiche di Gruppo SMP • costumi di Federica Calabrese,
produzione esecutiva di Giacomo Monda.
regia AUGUSTO FORNARI
produzione AG Spettacoli e Tradizione e Turismo

La vita di Gianmario e della moglie Stefania viene sconvolta dall'arrivo del fratello di lei, Francesco, che la coppia e costretta a prendere a casa per fargli ottenere gli arresti domiciliari. Gianmario, integerrimo uomo d'affari, e preoccupato che la presenza del cognato, noto truffatore, possa nuocergli nei rapporti che lui intrattiene con alti prelati del Vaticano per i quali lavora.

Ma un imprevisto rovescio finanziario porta Gianmario ad aver bisogno delle "arti" del cognato, accettandone in qualche misura le sue "regale" da sempre criticate, ma ora indispensabili per salvare la sua reputazione di grande uomo d'affari.

Una commedia brillante che tra momenti paradossali, comici ed emozionanti ci fara assistere in diretta alla consumazione di una "truffa ... a fin di bene" che porterà Gianmario a riconsiderare ii rapporto con ii cognato.

6 – 16 febbraio 2025
PAOLA MINACCIONI
ELENA, LA MATTA
drammaturgia di Elisabetta Fiorito
con i musicisti Valerio Guaraldi e Claudio Giusti
musiche di Valerio Guaraldi
regia di GIANCARLO NICOLETTI
produzione Altra Scena & Goldenart Production

Fra documento storico, emozione e ironia, Paola Minaccioni torna a teatro con una grande prova d’attrice, vestendo i panni di un’antieroina del Novecento: Elena Di Porto, la “matta” del ghetto ebraico di Roma. Una storia vera tutta al femminile che si trasforma in uno spettacolo coinvolgente e di grande impatto emotivo.

Il 16 Ottobre 1943 le SS Naziste rastrellano il ghetto di Roma, deportando ad Auschwitz oltre 1000 ebrei della comunità romana. Fra questi c’è una donna, Elena Di Porto, che fino alla sera prima ha provato ad avvertire gli abitanti del ghetto del pericolo imminente. Nessuno, però, le ha dato retta, perché Elena è la “pazza” del quartiere ebraico, per l’appunto detta “la matta di Piazza Giudìa”.

Paola Minaccioni presta corpo e voce alla figura di Elena Di Porto in un monologo scritto da Elisabetta Fiorito con la regia di Giancarlo Nicoletti e con le musiche dal vivo originali di Valerio Guaraldi. A ottant’anni da quella triste ricorrenza, lo spettacolo è un emozionante viaggio nell’Italia della seconda guerra mondiale, delle leggi razziali, della paura ma anche della speranza e della solidarietà. Una straordinaria prova d’attrice fra dramma e comicità di una della più apprezzate interpreti del panorama italiano.

Elena Di Porto era un’abitante del ghetto di Roma dal carattere particolare: dichiarata pazza dal regime, non lo era affatto. Nata nel 1912 da un'umile famiglia ebraica, Elena era una donna dal carattere singolare e ribelle, profondamente anticonformista. Separata dal marito, indipendente, antifascista convinta e temeraria, poco disposta ad accettare passivamente ogni forma di sopruso,soprattutto nei confronti degli altri. Lo spettacolo, scritto dalla giornalista di Radio 24 Elisabetta Fiorito, trae spunto dal libro storico del ricercatore archivista Gaetano Petraglia, La Matta di Piazza Giudìa, edito dalla Giuntina, che, attraverso documenti d'archivio inediti e testimonianze orali, ricostruisce con precisione la vita di questa donna straordinaria.

Tra brani di repertorio e musiche originali suonate dal vivo, il racconto scenico degli itinerari interiori di Elena passa attraverso la battaglia contro le angherie del regime, la persecuzione razziale, i reiterati ricoveri nell'Ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà, gli scontri con le squadracce fasciste, il confino in Basilicata, il ritorno a Roma, il vano tentativo di resistenza durante l'occupazione nazista della Capitale fino al rastrellamento del 16 ottobre 1943 e la deportazione ad Auschwitz. Il tutto in un crescendo di emozioni dove la protagonista racconta, in un romanesco addolcito, la sua vita e i suoi scatti d’ira che la mettevano nei guai quando non ce la faceva più di subire le angherie e per dirla con le parole sue “je partiva er chicchero”.

Teatro di narrazione, monologo d’autore, rievocazione storica e grande performance attoriale: questi gli ingredienti per raccontare una storia che merita di non essere dimenticata. Tenendo presente che il teatro, quello buono, si gioca sempre ed essenzialmente su due cose: un grande testo e un grande interprete al servizio di una bella storia da raccontare. Ricordandosi della necessità, intesa come necessità – in un momento storico come quello attuale – di fare della memoria storica la bussola per le nostre scelte e la lente per capire la contemporaneità. Necessità, e urgenza, anche artistiche, perché Paola Minaccioni vuole essere Elena Di Porto e ha profondamente nelle vene tutta la veracità e la potenza per raccontare una femminilità decisa, forte, fuori dagli stilemi e provata dalle angherie del regime e del periodo storico. Non un reading e nemmeno un monologo classico, quindi: ma uno spettacolo evocativo, e soprattutto emozionante. Con la volontà di raccontare un mondo, un’epoca, una figura di donna e, con esse, tutta una società.

17 – 18 febbraio 2025
MARIO INCUDINE
PARLAMI D’AMORE
Quando la radio cantava la vita
di Costanza DiQuattro
e con ANTONIO VASTA pianoforte e fisarmonica
suono Pino Ricosta • scene Paolo Previti
regia PINO STRABIOLI
produzione Centro Teatrale Bresciano in collaborazione con ASC Production • Teatro Donnafugata

Tra il 1918 e il 1940 la produzione musicale italiana ebbe una straordinaria evoluzione. La nascita delle radio, che divenne ii mezzo principale della propaganda fascista, contribuì anche ad ampliare il pubblico degli ascoltatori e a diffondere sensibilmente la musica all'interno delle case italiane rendendola un "affare" comune e condiviso. Se da un lato si ramificava la musica fomentata dal fascismo, megafono di sentimenti patriottici, famigliari e lacrimosi; dall'altro si diffondeva, in rotta con le direttive dittatoriali, una musica d'oltreoceano, brillante e ironica.

Sottobanco, come bische clandestine, nascevano lo swing e il jazz che ben presto entrarono a far parte di una realtà italiana che remava controcorrente attraverso la musica.

Con questo spettacolo, e attraverso alcuni dei pezzi più belli dj quegli anni, si vuole raccontare non soltanto uno spaccato di storia della musica italiana ma soprattutto uno spaccato di storia patria. Poiché la musica, da sempre, diventa ii paradigma di una nazione e di un pensiero.

L'ltalia canticchiò vent'anni "giovinezza" ma all'alba del 45 tuonò convinta "bella ciao".

Mario lncudine, accompagnato dal maestro Antonio Vasta, ci porta dentro questo viaggio fatto di musica e parole, di tenerezza e di ironia, di amarcord e di aneddoti che raccontano un pezzo della nostra storia. Sotto la Guida di Pino Strabioli, do sempre sensibile al teatro canzone, la verve e la capacità istrionica di Mario lncudine è al servizio di uno spettacolo che vuole essere anche un omaggio alla canzone d'autore di quegli anni, un repertorio poco battuto, ma ricco di fascino e di bellezza, con testi modernissimi, melodie indimenticabili ed armonie ardite. Un "materiale" da riportare a galla e da incorniciare. II pubblico uscirà fischiettando.

20 febbraio – 2 marzo 2025
MASSIMILIANO GALLO
AMANTI
con FABRIZIA SACCHI
ORSETTA DE ROSSI • ELENORA RUSSO • DIEGO D’ELIA
scene di Monica Sironi • costumi di Alberto Moretti • luci di Gianfilippo Corticelli
una commedia scritta e diretta da IVAN COTRONEO
produzione Diana Ori.s. Produzioni

NOTE DELL'AUTORE
E’ settembre.

Claudia e Giulio si incontrano per la prima volta davanti a un ascensore, nell'atrio di un palazzo borghese. Le porte si aprono. Lei sta andando via, lui deve salire. Ma Claudia si accorge di avere dimenticato un fazzoletto su, e risale con Giulio. L'appartamento al quale sono diretti e lo stesso: scoprono infatti solo ora che entrambi frequentano lo stesso analista, la dottoressa Gilda Cioffi, psicoterapeuta specializzata in problemi di coppia.

Hanno I' appuntamento settimanale con la dottoressa ogni mercoledì: alle 15 lei, alle 16 lui. Si presentano stringendosi la mano. E ii loro primo contatto fisico.

Due mesi dopo ritroviamo Claudia e Giulio in una stanza d'albergo. Stanno facendo l'amore. Sono diventati amanti. Entrambi sposati, Giulio con moglie e tre figli, Claudia con un marito più giovane di lei con il quale sta cercando di avere un bambino, si vedono regolarmente e clandestinamente per stare insieme. E si dicono che è solo sesso, avventura, evasione. Che non fanno male a nessuno. Che quello spazio non c'entra davvero con le loro vite reali. Ma può essere davvero così quando due persone si incontrano ripetutamente e pretendono di controllare sesso e amore?

Amanti segue la storia della relazione di Giulio e Claudia, intervallando i loro incontri in albergo con i dialoghi che ciascuno di due ha con la dottoressa Cioffi, la quale ovviamente ignora che i suoi due problematici pazienti hanno una relazione tra di loro. Così la loro storia si dipana fra gli incontri a letto, e le verità o le menzogne che contemporaneamen­te raccontano alla dottoressa, dalla quale vanno da soli o insieme ai rispettivi partner, Laura e Roberto.

Una progressione temporale fatta di equivoci, imbrogli, passi falsi, finte presentazioni, menzogne, incasinamenti, prudenza, e anche guai evitati per miracolo.

Fino a quando qualcosa stravolge tutti gli equilibri.

Amanti e una nuova commedia in due atti sull'amore, sul sesso, sul tradimento e sul matrimonio, sulle relazioni di lunga durata e sulle avventure a termine, sul maschile e sul femminile, e in definitiva sulla ricerca della felicita che prende sempre strade diverse da quelle previste. Una commedia brillante e divertente, con situazioni e dialoghi che strappano risate, ma anche un'esplorazione dei sentimenti di una coppia che nella clandestinità trova rifugio, conforto, divertimento, ma anche affanno, preoccupazione, e forse pericolo.

“I temi di Amanti mi appartengono da sempre. Nei miei romanzi, nei film, nelle serie televisive che ho scritto e diretto, il confronto tra il maschile e il femminile, la rottura degli stereotipi di genere, la prepotente forza del sesso e quella ancora più devastante dell'amore, hanno sempre avuto grande spazio, nel tentativo continua di raccontare l'evoluzione della società e del costume e attraverso le relazioni amorose. Nella commedia questi temi prendono forma in un racconto moderno ed estremamente divertente, ma anche pieno di tenerezza e verità, come sempre succede nella commedia della vita".

4 – 16 marzo 2025
NICOLA PANNELLI • ANDREA DI CASA
ELISA DI EUSANIO • ELISABETTA MAZZULLO
L'UOMO DEI SOGNI
scene Laura Benzi • luci Gianluca Cappelletti • musiche Massimo Cordovani
scritto e diretto da GIAMPIERO RAPPA
una produzione Viola Produzioni – Centro di Produzione Teatrale • TSV – Teatro Stabile del Veneto

L'uomo dei sogni: una commedia divertente e surreale che sfida l'incubo della vita reale.

Giovanni, conosciuto nel mondo dei fumetti come Joe Black, è un disegnatore di grande talento ed esperienza. La sua vita, però, è stata sconvolta da un evento che lo ha fatto precipitare in un abisso così profondo da spingerlo a ritirarsi dal mondo, cercando rifugio nella solitudine della sua casa-studio, lontano dalle persone e dagli impegni di lavoro. La commedia prende vita nell'oscurità della notte, trasformando la sua casa in un teatro di sogni inquietanti e visioni surreali.

Ogni notte, la sua casa si anima di incubi che sembrano reali: gli eroi che aveva scartato dai suoi fumetti, gli amici e i familiari della vita quotidiana lo tormentano incessantemente, creando un vortice di illusioni e realtà.

Il ritorno di sua figlia dalla Nuova Zelanda segna un punto di svolta: Viola, una montatrice emergente nel mondo del cinema internazionale, cerca di sostenere il padre ma porta con sé una notizia che lo scuote ulteriormente.

Come evolverà il rapporto tra padre e figlia in questo momento di tormento e scoperta? Riuscirà Joe Black a emergere dal baratro della depressione e a fare pace con i suoi demoni interiori? Ma soprattutto, il pubblico saprà distinguere tra la realtà e il frutto delle visioni di Joe, scena dopo scena?

Questa commedia trascina lo spettatore nel mondo onirico del protagonista, a sentire la sua angoscia, ma anche a ridere dei suoi incontri bizzarri e a riflettere sulla sottile linea che separa i sogni dalla realtà.

NOTE DELL’AUTORE

Ci sono persone che non ricordano i sogni, altre che vivono notti piene di visioni intense, e poi ci sono coloro che sono intrappolati in un tormento chiamato parasonnia. Immaginate di chiudere gli occhi e, poco dopo, di vedere figure minacciose nella vostra stanza, di sentire voci che vi parlano, di assistere a scene di violenza così realistiche da farvi svegliare urlando o alzarvi di scatto. Questo è il tormento quotidiano di Giovanni, un disegnatore di fumetti che si trova in uno dei momenti più bui della sua vita.

Nonostante le visite mediche e le cure, il nostro protagonista non trova sollievo: ogni notte, il suo cervello lo catapulta in una battaglia contro personaggi che, con sarcasmo e cinismo, cercano di scuoterlo dalla sua apatia. Questi personaggi mutano sembianze, cambiano voce, si travestono, ma l'obiettivo rimane immutato: risvegliare Giovanni dall'incubo della sua vita reale, fatto di rassegnazione e di rinuncia a vivere, la peggiore delle condanne che un uomo possa autoimporsi.

“L’uomo dei sogni” è più di una commedia surreale: è una dedica appassionata al mondo del teatro e, soprattutto, al suo pubblico. Gli attori, con generosità, si muovono sul palco, parlano, si commuovono, cercando di smuovere qualcosa dentro di noi. Se la rappresentazione ci colpisce, applaudiamo con calore, e il nostro inconscio lavora per noi, in silenzio. Ogni sera, con l'apertura e la chiusura del sipario, gli attori rivivono la stessa storia, sperando di aver offerto un servizio importante alla comunità, sia che abbiano raccontato una tragedia, un dramma o una commedia.

Come autore e regista di questa commedia, il mio sogno è il medesimo: regalare, insieme a una compagnia di attori formidabili, sensibili e affiatati, un viaggio speciale. Un viaggio in cui ogni spettatore possa sorprendersi, divertirsi, riflettere e, soprattutto, sognare. Perché, in fondo, il teatro è questo: un luogo dove la realtà e l'immaginazione si fondono, dove gli incubi possono essere sconfitti e i sogni possono diventare possibili.

18 – 30 marzo 2025
NINNI BRUSCHETTA
A MIRROR
uno spettacolo falso e NON autorizzato
di Sam Holcroft
con altri 5 attori e attrici
scene Alessandro Chiti • musiche Mario Incudine
regia di GIANCARLO NICOLETTI
produzione Altra Scena • Viola Produzioni – Centro di Produzione Teatrale

In uno stato totalitario in cui il Ministero della Cultura deve approvare tutte le opere d’arte, il pubblico è accolto in quella che sembra essere una sala eventi addobbata per un matrimonio, per poi scoprire di essere coinvolto in una performance clandestina e senza autorizzazione. Cosa sia la verità è continuamente in discussione, i ruoli sono pronti a capovolgersi e le forze dell’ordine attendono in agguato. Ce la farà il gruppo di attori ribelli a portare lo spettacolo fino alla fine?

E riuscirà il pubblico a evitare l’arresto per questo gesto di insubordinazione?

Con un meccanismo geniale, esilarante e imprevedibile di teatro-nelteatro-nel-teatro - a metà fra Pirandello, i grandi autori distopici e Rumori fuori scena - A Mirror / Uno spettacolo falso e NON autorizzato è il nuovo testo di Sam Holcroft che ha avuto un enorme successo nel West End londinese. Affrontando temi come la libertà di parola, l’autoritarismo e la censura, è un elettrizzante thriller dark ad alto tasso di ironia e adrenalina.

Qual è il confine fra politica, potere e arte? Siamo veramente liberi da qualsiasi forma di censura? I politici possono condizionare la libertà di espressione? E il pubblico ha bisogno di sentirsi dire la verità o una bugia?

Uno spettacolo di teatro totale, ambiguo e sfuggente, in cui nulla è come sembra e che chiede al pubblico di essere continuamente parte attiva della messinscena.

La versione italiana di A Mirror vede come protagonisti Ninni Bruschetta e altri 5 attori e attrici (in via di definizione). La regia e la traduzione italiana sono di Giancarlo Nicoletti, le scene di Alessandro Chiti, le musiche originali di Mario Incudine, i costumi di Giulia Pagliarulo e la produzione è firmata da Viola Produzioni e Altra Scena.

1 – 13 aprile 2025
CARLO BUCCIROSSO
IL VEDOVO ALLEGRO
con GINO MONTELEONE • MASSIMO ANDREI • ELVIRA ZINGONE • DAVIDE MAROTTA DONATELLA DE FELICE • STEFANIA DE FRANCESCO • MATTEO TUGNOLI
scene Gilda Cerullo e Renato Lori • costumi Zaira de Vincentiis • musiche Cosimo Lombardi
disegno luci Luigi Della Monica • aiuto regia Fabrizio Miano
scritto e diretto da CARLO BUCCIROSSO
produzione Ente Teatro Cronaca • A.G. Spettacoli Tradizione e Turismo

Tre anni dopo la pandemia, la vita di Cosimo Cannavacciuolo non è più la stessa. Rimasto vedovo, ha visto la sua attività di antiquariato fallire e rischia di perdere l’appartamento in cui vive. Alle sue preoccupazioni e alla solitudine, si aggiungono i vicini, depositari di un drammatico segreto. Riuscirà ad uscire dal baratro e a risollevare la sua esistenza? La nuova commedia di Carlo Buccirosso ci regala, ancora una volta, risate e riflessioni.

NOTE DI REGIA

Tre anni dopo la fine della pandemia, Cosimo Cannavacciuolo, vedovo ipocondriaco, stabilmente affetto da ansie e paure, inquilino del terzo piano di un antico palazzone situato nel centro di Napoli, persa la sua amata moglie a causa del virus, si ritrova a combattere la solitudine e gli stenti dovuti al fallimento della propria attività di antiquariato, che lo ha costretto a riempirsi casa della merce invenduta del suo negozio, e a dover lottare contro l’ombra incombente della banca concessionaria del mutuo che, a causa dei reiterati mancati pagamenti, minaccia l’esproprio e la confisca del suo appartamento…

La vita di Cosimo sarebbe stata molto più vuota e monotona senza la presenza di Salvatore, bizzarro custode del palazzo, e dei suoi due figli Ninuccio e Angelina, il primo in costante combutta con lo stesso, e la seconda votata al matrimonio e alla pulizia del suo appartamento. Ed è anche per fronteggiare le difficoltà economiche del momento che Cosimo ha concesso l’uso di una camera dell’appartamento a Virginia, giovane trasformista di cinema e teatro che gli porta una ventata di spensieratezza che non guasta…

Ma la vera angoscia del vedovo antiquario è rappresentata dai coniugi Tomacelli, vicini di casa depositari di un drammatico segreto, che da mesi contribuiscono a rendere ancora più complessa la sua quotidiana e strenua lotta per la sopravvivenza!

Per tale motivo Cosimo si vedrà costretto a chiedere il parere del dottor De Angelis, ginecologo del quarto piano, entrato nelle grazie di Angelina in disperata ricerca di un buon partito, ma l’incontro con lo stesso non servirà a schiarirgli le idee… Riuscirà l’inquilino del terzo piano ad uscire dal baratro nel quale è sprofondato da anni, senza apparente via di scampo?!

Lo scoprirete solo venendo a teatro…
Carlo Buccirosso

14 aprile 2025
PAOLO CAIAZZO
QUELLA VISITA INASPETTATA
con CARLO CARACCIOLO • DANIELE CINIGLIO • CINZA CORDELLA
FRANCESCA MORGANTE
e la partecipazione di MARIA BOLIGNANO
scenografie Francesco Felaco • costumi federica calabrese • disegno luci Luigi Della Monaca
aiuto regia Sofia Ardito • foto e grafica FrancescoFiengoStudios
scritto e diretto da PAOLO CAIAZZO
produzione A.G. Spettacoli • Tradizione e Turismo

La linea di confine che divide un comportamento etico da uno immorale non ha sempre un andamento lineare ed è funzione di opportunità e situazioni. Il protagonista Ferruccio, imprenditore del Sud, è orgoglioso della sua moralità. Una sola pecca si riconosce: la passione per Diabolik, che in fondo era un ladro. Una moglie arrivista, una sorella vittima di un shock post traumatico infantile, un figlio bamboccione e un commercialista fin troppo amico completano il quadro della vicenda.

Gli equilibri familiari, anche se precari e monotoni, sembrano reggere, ma una visita inaspettata mette in discussione la loro integrità facendo affiorare vecchi scheletri nell’armadio. L’imprenditore deve rispondere in particolare di alcuni fondi sospetti transitati, a sua insaputa, su un conto corrente bancario. Incapace di reggere il peso delle accuse e spinto dalla disperazione di chi non ha più nulla da perdere, Ferruccio andrà oltre le aspettative decidendo di fare una follia e liberare il suo lato oscuro. Questo suo nuovo aspetto spregiudicato, ispirato comicamente a film e serie “crime” che invadono tv e streaming, conquista gli abitanti della casa inconsapevoli vittime del “Fascino del male”

Un fascino, che molte sceneggiature sfruttano, e che è frutto di un difetto di fabbrica del genere umano. Spesso siamo attratti dai cattivi! E allora così come la sua generazione aveva tifato per Diabolik, Lupin, Sandokan, corsari etc… ora i figli seguono nuovi protagonisti “scuri" usciti da Scarface, Gomorra, Romanzo criminale, Mare fuori… più crudi e violenti ma conseguenza dello stesso aspetto affascinante nei confronti di uno spettatore. Non è cambiato nulla? Forse!

Un argomento insolito per una commedia che genera un maldestro thriller tutto da ridere!

Tra gag, manie, fobie, grandi risate e riflessioni, vincerà la parte criminosa che è nascosta in ognuno di noi? Venite a scoprirlo a teatro.

23 – 27 aprile 2025
FRANCESCO DI LEVA • ADRIANO PANTALEO • GIUSEPPE GAUDINO
PREMIATA PASTICCERIA BELLAVISTA
una commedia di Vincenzo Salemme
e con (in o.a.) VIVIANA CANGIANO • CRISTE! CHECCA • DOLORES GIANOLI
ALESSANDRA MANTICE • STEFANO MIGLIO
scene Luigi Ferrigno • Disegno luci Paco Summonte • Costumi Chiara Aversano
aiuto regia Marcello Manzella • Assistente alle scene Rosita Vallefuoco
datrice luci Desideria Angeloni • Assistente regia Matteo D' Anto
grafica e foto di scena Carmine Luino • oprganizzazione Carla Borrelli
ufficio stampa Gennaro Bianco/ Diana OR.LS. Claudia Mirra
regia GIUSEPPE MIALE DI MAURO
produzione Nest Napoli est Teatro • Diana OR.I.S.

Ermanno e Giuditta Bellavista sono i proprietari di una pasticceria annessa alla loro casa. Con loro vive la madre, sofferente di diabete e pressione alta. Ermanno ha una relazione in segreto con Romina, la quale e stanca di dover parlare con lui di nascosto e vuole che si decida a parlarne con la famiglia. Anche Giuditta ha una relazione segreta con Aldo, pasticcere alle dipendenze dei Bellavista, che però non ama la non bella Giuditta ma mira alla sua ricchezza. Intanto si scopre che Ermanno tre mesi prima, ha subito un intervento di trapianto agli occhi, questi vennero prelevati da Carmine, un senzatetto che dopa un incidente automobilistico entra in coma. Creduto però morto, venne deciso di prelevargli gli occhi e trapiantarli ad Ermanno. Casi, una volta svegliato dal coma, Carmine si ritrova cieco. Carmine riesce a raggiungere la pasticceria di Ermanno, rivelandogli che sono 3 mesi che non possiede più gli occhi, e che il Prof. Rubelli, che ha eseguito l'intervento, e implicato nel gioco d'azzardo e nel traffico illecito di organi. Carmine decide di rimanere nella pasticceria di Ermanno, dicendo che ora egli dovrà guardare la vita per lui. lntanto nascono due proble­mi: la mamma di Ermanno e Giuditta, convinta che i figli la vogliano far morire per impossessarsi dell'eredità, vuole tagliarli fuori dal testamento. Di conseguenza, Aldo non e più tanto sicuro di sposare Giuditta, sapendo che ella forse non potrà più ereditare. Carmine coglie l'occasione per ideare un piano con il quale potranno essere risolti i problemi di Ermanno, Giuditta e anche i suoi. Convince Ermanno e Giuditta a uccidere la madre. La madre infatti, sofferente di diabete, e pur sempre desiderosa di dolci; viene così deciso di prepararle una torta caprese sulla quale va lo zucchero a vela, ma anziché zucchero, la torta viene cosparsa di cocaina ed ammoniaca.

Preparata la torta, viene portata nella stanza della madre, la quale dopa aver mangiato una fetta, muore soffocata dal "veleno". Mesi dopa la pasticceria viene aperta di nuovo, essendo stata chiusa tempo addietro. Carmine, con la morte della madre di Ermanno, decide di farsi trapiantare gli occhi della signora, in modo da pater riacquistare la vista. Tomato dall'intervento, decide di andare a trovare Ermanno nella pasticceria. Una volta entrato, inizia a parlare con la voce della vecchia madre, come se il trapianto degli occhi, avesse portato ad una reincarnazione dell'anima.

NOTE DI REGIA

"Ciechi, siete poveri ciechi'' (Vincenzo Salemme)

Ci bastano gli occhi per guardare la vita?

Premiata Pasticceria Bellavista racconta la differenza tra guardare e vedere.

Una storia di cecità, di uomini e donne incapaci di osservare la vita e il mondo che Ii circonda. Il racconto di una condizione sociale e culturale in cui ogni personaggio della commedia e incapace di affrontare il percorso che la vita gli ha messo di fronte e agisce fingendo di non vedere. Non a caso arriverà proprio un cieco ad aprire gli occhi di tutti e metterli al cospetto della verità che nessuno di loro ha il coraggio di dire e dirsi. Paradosso Kafkiano che Salemme dipana lungo tutta la commedia con la sua penna ispirata fatta di battute fulminanti e tirate esistenziali che mettono in risalto un mondo ipocrita e vigliacco, guidato da una voce che viene dall'alto, la voce di una madre, figura creatrice come quella di Dio. Una commedia in cui si ride a crepapelle anche se non ci sarebbe molto da ridere. Questa e spesso la forza della scrittura di Salemme: riuscire a raccontare le crepe dell'essere umano attraverso la risata, quella risata che ancora non ci ha seppellito e chissà se mai lo fara.

E proprio come faceva Eduardo De Filippo, Salemme riesce a raccontare attraverso le vicende di una famiglia il mondo inter, un'umanità che cammina con i paraocchi, che ha difficolta nelle relazioni, che mira solo al profitto personale, che mente spudoratamente e non guarda mai in faccia la realtà.

Una storia amara ambientata nel regno del dolce: un laboratorio di pasticceria. E proprio una torta alla fine risolverà tutti i loro problemi e addolcirà quelle vite insipide, liberandole dal fardello di chi le aveva messe al mondo e condizionava ogni loro scelta. Anche se, forse, di chi ci ha creati così come siamo, non ci libereremo mai.

Per la Compagnia Nest continua il percorso nel mondo dei classici, dopo Shakespeare, Pirandello, Eduardo, Age e Scarpelli, abbiamo deciso di confrontarci con questo testo che consideriamo a tutti gli effetti un classico contemporaneo.

6 – 11 maggio 2025
EDOARDO SIRAVO • FEDERICA DE BENEDITTIS • MIMMO MIGNEM
IL BIRRAIO DI PRESTON
Tratto dal romanzo di Andrea Camilleri - Pubblicato da Sellerio editore
riduzione teatrale di A. Camilleri – G. Dipasquale
con e altri 8 attori
regia di GIUSEPPE DI PASQUALE
produzione Teatro Al Massimo di Palermo

DRAMMATURGO DI ME STESSO
di Andrea Camilleri

Il primo rapporto con il teatro data, nella mia vita, all’incirca dal 1949. Da questo momento in poi, si può dire, non ci siamo mai lasciati. Il movente fu un sentimento tipico di certa gio- ventù inquieta, tra la noia e la curiosità.

Del teatro già da subito mi attraeva lo sperimentalismo linguistico, più che quello teatrale. Per primo, possodire, ho sperimentato nei teatri cosiddetti minori autori come Beckett e Adamov. Le altre mie regie teatrali, circa un centinaio, hanno spaziato su repertori diversi per prospettiva e storia.

Non ho scritto di teatro, come sarebbe sembrato normale, ma nel ‘67, volendo aprire un capitolo nuovo della mia creatività, scrissi II corso delle cose, che venne puntualmente rifiuta- to da dieci editori.

Oggi posso assistere a come il pubblico reagisce di fronte ad un drammaturgo di se stesso che ha già conosciuto come scrittore.

Prima di accettare l’ipotesi di una riduzione per il teatro di questa mia opera letteraria ho resistito un bel po’. Non capivo come fosse possibile (e ragionavo, è ovvio, da autore) trovare un contenitore spaziale, una griglia che supportasse, senza tradirlo, il racconto. Il colloquio avuto con Giuseppe Dipasquale ci ha fatto trovare la soluzione: una struttura drammaturgica che salvaguardasse la scomposizione temporale del romanzo, ma condotta in modo da loca- lizzare scenicamente il tutto in un luogo che fosse ad un tempo un teatro (quello, per esempio, dove poteva essere avvenuto l’incendio) e il luogo dell’azione del racconto.

Sono stato per lungo tempo un regista per non capire quante insidie si nascondono nella trasposizione scenica di un’opera letteraria. Ci sembra, questa volta, di avere fatto il possibile affinché l’opera, lo spirito, l’ironia del romanzo siano state conservate.

Per il resto non posso che essere d’accordo con quell’altro mio illustre conterraneo, quando diceva che l’opera dello scrittore finisce quando comincia quella del regista.
Andrea Camilleri

“Il birraio di Preston” tratto dal romanzo di Andrea Camilleri è uno spettacolo messo in scena con la regia di Giuseppe Dipasquale, che firma insieme all’autore la riduzione teatrale. Lo spettacolo è andato in scena per la prima volta nella stagione 1998/1999 ed è stato ripreso nelle stagioni 2008/2009 e 2009/2010 con una tourné nazionale che ha toccato le maggiori città italiane, tra cui Milano, Roma, Torino, Genova, Padova, Bologna, Bolzano, Verona, Palermo.

TRAMA

Ci troviamo in un piccolo paese siciliano, che nella topografia camilleriana è il solito Vigàta, durante la seconda metà dell’Ottocento. L’occasione è data dal fatto che è necessario inaugurare il nuovo teatro civico “Re d’Italia”.

Il prefetto di Montelusa, paese distante qualche chilometro, ma odiato dagli abitanti di Vigàta perché più importante e perché sede della Prefettura, si intestardisce di inaugurare la stagione lirica del suddetto teatro con un’opera di Ricci. Nessuno vuole la rappresentazione di quel lavoro, tra l’altro realmente scadente.

Il Prefetto obbliga addirittura a dimettersi ben due consigli di amministrazione del teatro pur di far passare quella che lui considera una doverosa educazione dei igatesi all’Arte, per seguirli paternamente nei primi passi verso il Sublime.

Si arriva quasi a una guerra civile tra le due fazioni: da un lato i vigatesi che, con quel naturale e tutto siciliano senso di insofferenza verso tutto quello che sappia di “forestiero” (e il Prefetto Bortuzzi lo è!), decidono di boicottare l’ordine prefettizio; e dall’altra il prefetto Bortuzzi con Don Memè Ferraguto, al secolo Emanuele, cinquantino, sicco di giusto peso, noto uomo d’onore del luogo, sempre alleato al potere per atavica e pura convenienza. Da ciò si diparte una storia divertentissima e al tempo stesso tragica, che culmina nell’incendio del teatro.

Una narrazione interessante per il suo intreccio e intricata nello sviluppo specie quando compaiono sulla scena i dinamitardi che hanno il compito di dare al boicottaggio di quell’inaugurazione la fisionomia di un messaggio a livello nazionale: dovranno infatti far esplodere il teatro per convincere il governo che anche la Sicilia è allineata, contro lo Stato, a favore dei Carbonari.

La turbolenta vicenda si incastra con quella del Delegato Puglisi e della sua amante, la cui sorella ha trovato atroce morte proprio in seguito all’incendio del teatro, della cantante Maddalena Paolazzi vittima una delle più clamorose “stecche” nella storia del bel canto, del Dottor Giammacurta, dell’avvocato Fiannaca, dell’ingegnere Hoffer e di tanti altri.

La vicenda narrata è una vicenda esemplare per raccontare oggi la Sicilia. L’eterna vacuità dell’azione siciliana, che spesso si traduce in un esasperato dispendio di energie per la futilità di un movente, è la metafora più evidente del testo. In un esempio sublime e divertito di narrazione dei caratteri, la Sicilia, il suo mondo, i suoi personaggi vengono ammantati, attraverso la lingua camilleriana, da una luce solare, vivida di colori e ricca di sfumature.

Questa Sicilia, che non dimentica i morti, non dimentica i mali letali che cercano di consumarla inesorabilmente dal di dentro, che non dimentica il tradimento verso valori appartenuti a se stessa quando era culla di una civiltà, questa Sicilia oggi può senza timore ricominciare a parlare di se stessa con la necessaria ironia e distacco, affinché l’autocompiacimento delle virtù come dei vizi e dei dolori, non costituisca lo stagno dal quale diviene difficile uscire.

13 – 25 maggio 2025
UN TRAM CHIAMATO DESIDERIO
CAST IN VIA DI DEFINIZIONE
di Tennessee Williams
regia GIANLUCA MEROLLI
produzione Viola Produzioni – Centro di Produzione Teatrale

Marlon Brando che grida il nome di Stella nel film di Kazan è una delle scene più iconiche del cinema di ogni tempo. Negli occhi dell’attore sono tangibili la rabbia e la disperazione di una generazione tradita. Quel gridare purtroppo oggi è stato soffocato, ma da qualche parte ne risuona ancora un’eco: quanti immigrati giocano all’inclusione, a sentirsi cittadini di una nazione che in realtà non li accetta e li sfrutta, li sottopaga, li deride. Quanti Stanley Kowalski sul posto di lavoro vengono trattati come ultimi tra gli ultimi e poi fanno la voce grossa dentro casa. E quanto risulta felice la non coincidenza del nome Stella con un astro del cielo, che racchiude in quel grido disperato una richiesta d’aiuto non solo alla donna amata, Stella, perché lo comprenda in un abbraccio di vita, ma allo spirito dell’universo intero che, da dietro una stella, riveli tutto il suo conforto.

Condizione femminile, violenza maschile, integrazione degli extracomunitari, follia, omosessualità, fallimento della famiglia borghese… quanti temi si possono trattare in un testo senza mai farlo pesare allo spettatore, senza mai spostare l’attenzione dal respiro e dai turbamenti di queste persone/animali? Scimmie, falene, cani, usati come maschere della commedia dell’arte, per raccontare un’umanità allo sbando, che si attacca con le unghie e i denti a quel soffio di vita che ancora può afferrare.

Blanche e Stella, sorelle eppure estranee l’una all’altra, raccontano universi femminili possibili, quasi detestabili. La società si libera con estrema facilità di chi non sta in riga e vacilla con la testa. Di chi non segue la morale e mette in discussione la norma(lità) stabilita. Probabilmente proprio il fallire di tutti i personaggi, di Blanche soprattutto, li avvicina così tanto a noi da renderli eterni, da rendere questo trionfo teatrale un capolavoro del cinema di sempre.
Gianluca Merolli

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