SPAZIO DIAMANTE DI ROMA
GLI APPUNTAMENTI DEL WEEKEND
3 ▪︎ 4 ottobre 2024
Martina è una bambina. Ha un costume intero da piscina e la maschera che le tiene sui capelli bagnati. Corre fuori dall’acqua e vede la cupola di una medusa morta. Valentino, anche lui bambino, le si avvicina. Ha i pantaloncini a pinocchietto e uno zainetto. I due si incontrano, per la prima volta, a dieci anni, l’ultimo giorno d’estate, su una spiaggia del litorale laziale, e l’ultima volta a diciannove, sempre su quella spiaggia. Due bambini, che davanti a una medusa morta si interrogano su cosa c’è dopo, dandosi molte più risposte di quelle che noi adulti abbiamo il coraggio di azzardare.
Anno dopo anno, si ritrovano in questa bolla che è Cincinnato, una frazione di Anzio fuori dal tempo. Martina vive lì anche durante l’anno, incastrata in una giostra di sogni e violenze che è la sua casa. Valentino viene dalla città e la raggiunge l’estate, accompagnato da una madre ansiosa che tenta di proteggerlo da tutto, impedendogli anche di crescere. Tutti gli anni li ritroviamo, l’ultimo giorno dell’estate, sulla spiaggia di Cincinnato: sempre più grandi, sempre più amici.
Affrontano con quella leggerezza disarmante, che solo i bambini posseggono, le questioni che cerchiamo di valicare noi grandi. Ma cosa li accomuna? Cosa tiene insieme questi due piccoli adulti?
Valentino non è mai entrato in acqua, schiacciato dalla paura, più della madre che sua, di annegare come è successo al padre. Martina vuole volare, scoprire le strade del cielo, così diverse dalle vie di Cincinnato.
Cosa li unisce? Prima il coraggio, poi l’amore.
Martina è una bambina. Ha un costume intero da piscina e la maschera che le tiene sui capelli bagnati. Corre fuori dall’acqua e vede la cupola di una medusa morta. Valentino, anche lui bambino, le si avvicina. Ha i pantaloncini a pinocchietto e uno zainetto. I due si incontrano, per la prima volta, a dieci anni, l’ultimo giorno d’estate, su una spiaggia del litorale laziale, e l’ultima volta a diciannove, sempre su quella spiaggia. Due bambini, che davanti a una medusa morta si interrogano su cosa c’è dopo, dandosi molte più risposte di quelle che noi adulti abbiamo il coraggio di azzardare.
Anno dopo anno, si ritrovano in questa bolla che è Cincinnato, una frazione di Anzio fuori dal tempo. Martina vive lì anche durante l’anno, incastrata in una giostra di sogni e violenze che è la sua casa. Valentino viene dalla città e la raggiunge l’estate, accompagnato da una madre ansiosa che tenta di proteggerlo da tutto, impedendogli anche di crescere. Tutti gli anni li ritroviamo, l’ultimo giorno dell’estate, sulla spiaggia di Cincinnato: sempre più grandi, sempre più amici.
Affrontano con quella leggerezza disarmante, che solo i bambini posseggono, le questioni che cerchiamo di valicare noi grandi. Ma cosa li accomuna? Cosa tiene insieme questi due piccoli adulti?
Valentino non è mai entrato in acqua, schiacciato dalla paura, più della madre che sua, di annegare come è successo al padre. Martina vuole volare, scoprire le strade del cielo, così diverse dalle vie di Cincinnato.
Cosa li unisce? Prima il coraggio, poi l’amore.
Scritto da Iulia Bonagura
Aiuto regia Valerio Castriziani
Voce off di Filippo Gili
produzione Tresette Teatro
regia EMANUELE BARONI
MATTIA LAURO | CLAUDIA NICOLAZZO
DUE - CANTO DI BALENE PER PINGUINI SOLI di Mattia Lauro
Aiuto regia Valerio Castriziani
Voce off di Filippo Gili
produzione Tresette Teatro
regia EMANUELE BARONI
MATTIA LAURO | CLAUDIA NICOLAZZO
DUE - CANTO DI BALENE PER PINGUINI SOLI di Mattia Lauro
SPAZIO DIAMANTE SALA BLACK
5 ▪︎ 6 ottobre 2024
Due ragazzi attorno ai trenta. Dalila e Umberto. Si sono amati per alcuni anni, condividendo gioie e dolori della vita quotidiana. Aspirazioni, sogni e speranze. Lamentele, delusioni e frustrazioni.
E sono proprio loro che, ora per accusa, ora per ripicca, ora per nostalgia, prendono il pubblico per mano e lo accompagnano in un viaggio all’interno della loro storia.
Storia che però non è finita bene per un motivo ben preciso: i figli.
Che non hanno, ma di cui s’inizia a parlare. Perché entrambi… non vogliono averne. Nella maniera più assoluta! Per i più disparati motivi…
Finché lui non cambia idea.
Lei, però, è sterile. E lui questo non lo sa.
Come dicevano i greci, la tragedia arriva con l’atto della conoscenza. Portando con sé un rancore sconosciuto fino ad allora, e spazzando via ogni residuo della loro complicità.
I due si lasciano. Lei, spinta dal non avere più nulla che la tenga in un paese che non le offre possibilità, decide di accettare il lavoro dei suoi sogni e trasferirsi in Norvegia.
Ma chi ha cambiato idea una volta è destinato a farlo ancora, e il ritorno di Umberto potrebbe cambiare nuovamente le carte in tavola…
NOTE DI REGIA
Ciò che mi ha mosso sin da subito a voler mettere in scena questa storia, era la volontà di raccontare l’amore di due ragazzi normali, di questo tempo. Di aprire, attraverso la loro storia d’amore, una porta sul mondo di un’intera generazione. Perché troppe sono le cose che sono cambiate nel corso degli ultimi trent’anni.
Se per la generazione dei nostri genitori era assolutamente normale a venticinque anni essere già stabili e sistemati, con lavori ben retribuiti e uno sguardo ottimista verso il futuro, questo è divenuto quasi impossibile per noi trentenni di oggi. Ed è proprio questo che mi ha portato a riflettere sulla genitorialità.
Si potrebbe infatti dire, quasi ironicamente, che questo spettacolo sia ‘figlio’ di tante domande che, negli ultimi anni, mi pongo su questo tema.
In un’Italia sempre più anagraficamente vecchia e sempre meno a misura di giovane, e - allargando il campo - in un mondo sempre più inospitale alla vita umana… si può davvero pensare, in termini biologici – tanto cari a Dalila, aspirante biologa marina che si ritrova, precaria, ad allestire le vetrine di un Museo di Storia Naturale – di portare avanti la specie?
E quanto sono reali le motivazioni che spesso io e tanti altri miei coetanei adottiamo a sostegno del nostro non volerlo fare?
È davvero una mancanza di volontà la motivazione profonda, o invece più il riflesso di una sensazione cronica d’inadeguatezza data dalla difficoltà di trovare il proprio posto nel mondo, che ci spinge in questa direzione?
Nel portare avanti la storia ho – forse inconsciamente – optato per questa seconda ipotesi.
Perché, quando le cose iniziano ad andare meglio dal punto di vista economico e lavorativo, Umberto cambia idea. (Mosso anche dalla nascita di suo nipote, che gli darà modo – tramite sua sorella - di vedere anche tutti gli aspetti meravigliosi dell’essere genitore).
Ma cambiare idea è un lusso che solo lui può concedersi. Perché Dalila, invece, è sterile. Fisicamente inadatta ad accogliere la vita. E sebbene dichiari anche lei, inizialmente, di non avere alcuna voglia di mettere al mondo un bambino, cova in realtà da sempre un grande desiderio di maternità, probabilmente anche influenzata da una società che troppo facilmente – almeno fino a qualche anno fa – relegava le donne al ruolo di madri.
La sofferenza in lei è troppa, seppur apparentemente sopita. Ed è tale da alimentare il suo mostro interiore: la paura che dicendo la verità ad Umberto, potrebbe perderlo per sempre.
Decide quindi di tenergli nascosta la sua sterilità, forse nella speranza che Umberto cambi nuovamente idea. E, per un anno, i due provano ad avere un bambino.
Fino al punto di non ritorno. Il ritrovamento, da parte di Dalila, di un paio di scarpine da bebè acquistate da Umberto in previsione del lieto evento. E’ questo a farle capire che le cose non cambieranno tanto facilmente, e decide che non può più tenersi tutto per sé, che è arrivato il momento di uscire allo scoperto. Per cercare di affrontare la cosa insieme.
Ma i danni sono irreparabili. A ferire Umberto non è la sterilità di Dalila, ma il suo silenzio, la sua omissione. Il non-detto. È questo che fa perdere la fiducia, ed è questo che causa la rottura tra i due. Che, infatti, non si sono mai più visti… fino al presente. Al momento dello spettacolo. Dove, dopo aver rievocato il loro passato, avranno finalmente modo di riguardarsi negli occhi, parlarsi e capire cosa vogliono essere l’uno per l’altra.
Alcune doverose considerazioni: la sterilità è un argomento ingombrante. Già moltissimi artisti e artiste si sono confrontati con questo tema, sviscerandolo ed analizzandolo da diversi punti di vista. La mia intenzione non è mai stata quella di rendere quest’argomento il tema dello spettacolo. “DUE” non parla di una donna sterile, ma - come il titolo stesso suggerisce - parla appunto di una coppia. Di due anime fragili che trovano, l’una nell’altra, fonte di sostegno e di conforto. Dell’amore che li unisce, sentimento universale eppure così sfuggente ed incomprensibile. E anche della mutevolezza dell’animo umano. Di come sia possibile essere convinti di qualcosa fin dentro le ossa, per ritrovarsi poi a cambiare completamente idea solo un paio d’anni più tardi.
Insomma, “DUE – Canto di balene per pinguini soli” è una storia che mi premeva raccontare. Che nasce da un’esigenza profonda di indagare chi sono e chi voglio essere, come individuo e come artista. Ed è una storia che, in diversi momenti, preme per essere raccontata anche in scena, impedendo ai due protagonisti di tergiversare in momenti piacevoli del passato, per costringerli ad affrontare quei punti critici che spesso non vogliamo vedere e ignoriamo. Per spingerli a confrontarsi su ciò che è necessario.
Mattia Lauro
Disegno luci Luca Giacomini
testo e regia GRETA BENDINELLI | MATTIA LAURO
Spettacolo Finalista Premio Scenario 2023
SPAZIO DIAMANTE
Via Prenestina 230B 00176, Roma – www.spaziodiamante.it
Sabato h 21:00 – Domenica h 17:00
prezzo biglietto 14,00 € disponibili su www.ticketone.it o negli orari di apertura del BOTTEGHINO della SALA UMBERTO e del TEATRO BRANCACCIO
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