SPAZIO TEATRO 89 DI MILANO
"SOTTO LA STRADA"
IN OCCASIONE DELL'USCITA DELL'ALBUM
PAOLO BARILLARI LIVE
Mercoledì 14 Maggio, alle ore 21.00 allo “Spazio Teatro 89” di via Fratelli Zoia, a Milano, Paolo Barillari terrà una serata concerto, quindi, con band dal vivo, per presentare il suo album dal titolo “Sotto la Strada”, un album di musica Pop, o forse è meglio dire un album di chiara ispirazione “Cantautorale”, che “si vuole regalare” e proporre al pubblico, dopo tanti anni di musica e… di musical!
Quarantacinque anni il prossimo 8 Agosto, alle spalle una carriera ventennale nel mondo dello spettacolo, prima come autore (nel 2003 insieme a Dino Stewart e Goffredo Orlandi firma l’intramontabile “Pazza Inter”, l’inno calcistico di maggior successo in Italia), poi sempre e comunque votato al mondo del Teatro e del Musical, Barillari è tra gli autori di alcuni dei musical “Made in Italy” di maggior rilievo degli ultimi vent’anni, tra cui “Rapunzel il Musical”, “La regina di Ghiaccio”, “Aladin il Musical Geniale”, “Diglielo a Tutti – Il musical”.
Si è preso solo due piccole pause in chiave “Pop”, per andare a vincere il concorso Area Sanremo nel 2014 con il brano “La crisi” (BMG) e per firmare il testo del brano “Fine” di Elodie (Sempre BMG) nel 2017.
Per il resto la vita di Paolo Barillari è un affermato percorso da performer e attore teatrale; sempre sul palco dei Musical e dei Recital italiani.
Cinque stagioni e due ruoli diversi nel bellissimo “We Will Rock You” firmato Queen, due nella “Regina di Ghiaccio” con Lorella Cuccarini, e poi “Pirates” con Luisa Corna, “Georgie il Musical”, “Gli Sposi Promessi Show”, “Europa Che passione” che lo porta in giro per il continente, fino all’apprezzatissimo “Casanova OperaPop” di Red Canzian, replicato anche in Cina, e al più recente “Sapore di Mare”, versione teatrale del celeberrimo film dei fratelli Vanzina.Perché un album di musica Pop e, soprattutto, perché ora?
“Perché queste follie o le fai a quarantacinque anni, oppure non le fai più!”Tutti a vent’anni vogliono fare i cantanti. O riesci, o smetti, oppure c’è la terza via: farlo senza essere “mainstream”, senza aspirare al mercato, continuando a fare il tuo lavoro, sui palchi, ma lontano dai grandi numeri della discografia.Ci vuole qualche sacrificio, e la capacità di sapersi riciclare all’occorrenza, una cento, mille volte.Poi però arrivi a un’età in cui hai bisogno di stimoli, e quello principale in questo periodo era provare a creare qualcosa che fosse molto distante dai miei standard, dalla mia “comfort zone”.
La discografia (o quel che ne resta) è un mondo di compromessi. Bisogna seguire le tendenze del mercato e, non dico scrivere ciò che vogliono loro, ma sicuramente adeguarsi a determinate tendenze.
Questo non mi va di farlo; non mi andava a vent’anni, figuriamoci adesso”.
“Sotto la Strada” è un insieme di dodici canzoni in cui Paolo dice quel che pensa e nel modo in cui gli piace dirlo, a prescindere dai generi musicali che oggi vanno per la maggiore, e assolutamente lontano da qualsiasi velleità di “commercialità”.
Dice l’autore:
“Il 15 Maggio esco sulle principali piattaforme e la sera prima vi faccio sentire i pezzi che ho scritto. Così…a titolo di test.Ho fatto tutto da solo.
Ho scritto i brani, li ho arrangiati, li ho in gran parte eseguiti.Devo ringraziare l’amico Fabrizio Palermo che ha suonato divinamente il basso e il bravissimo Gabriele Neotti che ha curato l’esecuzione di tutte le batterie, oltre al Mixaggio e al Mastering del prodotto.Per il resto ringrazio i miei allievi, i miei amici più stretti, i miei familiari che da vent’anni mi chiedono: “Ma quando fai un concerto di roba tua?”.Insomma, questa serata è un regalo! Un regalo che faccio a chi mi ha voluto bene, a chi negli anni mi ha seguito sui palchi dei musical, sia quelli che ho scritto, sia quelli che ho solo interpretato e, soprattutto, è un regalo che faccio a me stesso”.
L’appuntamento è Mercoledì 14 Maggio, alle ore 21.00 allo “Spazio Teatro 89” di via Fratelli Zoia, a Milano. Nel costo del biglietto, sarà compreso in omaggio il CD fisico, mentre, dal giorno successivo, lo si potrà trovare anche sulle principali piattaforme digitali.
Qualche canzone estrapolata dal repertorio Musical e di Autore di Barillari, e soprattutto la presentazione cantata, suonata e raccontata dei dodici brani che compongono l’album.NOTE DI PAOLO BARILLARI
“In realtà ho provato a scrivere canzoni d’autore, fin da ragazzo. Semplicemente non ho mai sentito di poter avere il mio spazio in quell’ambiente.Così i pezzi restavano nel cassetto. A impolverarsi.La discografia di venticinque anni fa era improntata su un genere decisamente più leggero. Anche il “cantautorato” era cambiato: nascevano i vari Pezzali, Cremonini, Tiziano Ferro e poi dopo un po’ anche Mengoni.Io ascoltavo Gaber, Jannacci, De Gregori, De Andrè, Rino Gaetano, Vasco Rossi, tutta gente della generazione precedente. Non c’entravo nulla con quello che il mercato proponeva e in qualche modo voleva quando avevo l’età giusta per provare a “sfondare”. L’imprinting è stato quello e il mio genere ha continuato ad essere quello.
Le case discografiche, giustamente, m’ignoravano ed io non avevo il coraggio di autoprodurre un genere che comunque volente o nolente non aveva mercato.
Così mi sono dedicato alla scrittura teatrale e al Musical che erano l’altra mia grande passione, riprendendo il “filo” dei rapporti con la discografia solo quando capitava l’occasione. Sono usciti così l’Inno dell’Inter, il brano per Elodie, o la mia partecipazione a Area Sanremo. Episodi sporadici che non ho mai coltivato.Perché ora mi va di farlo? Perché forse è il momento in cui la musica italiana è più lontana da questo mio stile.Perché forse prima sarebbe stato scambiato per un tentativo di “accattivarsi il mercato” con un genere un po’ più “intellettuale”, adesso no…assolutamente! Siamo al di sopra di ogni sospetto!”
EVENTO 14 MAGGIO
Foto e grafica: Giulia Pagano
Prevendita attiva da Martedì 8 aprile ore 12
Link evento MailTicket: https://www.mailticket.it/evento/46931/paolo-barillari-live
ALBUM "SOTTO LA STRADA"
Uscita su piattaforme digitali: 15 maggio
- sito web https://www.paolobarillari.com/
- instagram https://www.instagram.com/paolobarillariofficial/
- mail paolobarillariofficial@gmail.com
- Spotify: link profilo artista
TRACKLIST:
01. SOTTO LA STRADA
Sotto la strada… Sotto l’asfalto.Quante strade ci sono in Italia? Non so se qualcuno le ha mai calcolate. Forse è addirittura impossibile.Ognuna porta a una delle nostre meraviglie paesaggistiche: il fiume, il mare, il monte… Il lago.E poi, sotto il velo incantato di queste meraviglie, c’è la realtà.Ci sono il politico, o l’intellettuale che si atteggiano a vecchi saggi e ti accoltellano alle spalle recitando una preghiera, o l’esercito infinito di adolescenti senza una meta e senza uno scopo che vuole vincere una battaglia e per vincerla resta fermo dov’è, perché assuefatto all’assenza di ogni tentativo e di ogni speranza.Sotto la strada ci sono le “fake news”, il “giornalettismo” imperante che la gente deride, ma poi prende anche troppo drammaticamente sul serio;
E poi c’è lo “show business”, il mondo dello spettacolo sempre più in crisi che crea dei giovani guru e dei miti poco più che adolescenti, basandosi proprio sui loro traumi e le loro debolezze. “Così insicuri… Sicuri solo di riempire uno stadio”.E in tutto questo ci sono io, che comincio ad avere i miei anni e che ci ho provato in tutti i modi a camminare per queste strade, andando dritto, sperando, pregando che le cose cambiassero in meglio.E ora che non sono più un ragazzino, mi sorprendo a dire alle nuove generazioni quelle stesse frasi che alla loro età mi facevano arrabbiare.Aiutami… Aiutami a capirti! Oppure… Lasciati aiutare, che qui le cose si stanno mettendo male.E’ l’introduzione dell’album ed è la premessa di ciò che voglio raccontare.L’enorme collezione di piccole realtà che covano sotto le ceneri; a volte meravigliose, a volte inquietanti, a volte piene di speranza, ma sempre e comunque nascoste sotto la strada, sotto l’asfalto, sotto questa calma apparente.
02. MICHELE
Sotto la strada, i dubbi, le incertezze e i sogni.
Michele è mio nonno. È morto nel 2002 ma lo nomino sempre al presente.Mi dicevano tutti che gli somigliavo, fisicamente e caratterialmente, e ora mi dicono, scherzando, ma fino a un certo punto, che io sono lui reincarnato.
Questa canzone parla di un sogno, di una volta in cui è venuto a raccontarmi la sua vita, il suo passato, e tutto quello che ha dovuto affrontare durante gli anni della guerra, quando disertò il campo volo tedesco in cui lavorava, e si rifugiò a Parigi con documenti falsi, aiutato dai Gitani. Sì, proprio gli eredi di quelli di “Notre Dame de Paris” che prima gli trovarono un appartamento e poi lo protessero in alcune grotte in campagna.Perché è venuto a raccontarmi questo? Perché forse viene un momento della vita in cui tutti perdono l’entusiasmo e le forze.Lui non ha mai raccontato queste cose ai suoi figli. Le ha raccontate solo a me. Con i figli non ce la faceva, era troppo preoccupato di non essere adatto a raccontare sé stesso e le proprie esperienze.Ecco, io mi sentivo così qualche tempo fa: pieno di dubbi sul mio lavoro.Riesco ancora a mandare messaggi alle persone che vengono a vedermi a Teatro? Ha ancora senso quello che faccio, sia come uomo di spettacolo, sia come insegnante?
Michele è venuto a dirmi: “In ogni epoca storica e per ogni vita ci sono dei momenti in cui si perde la fiducia in tutto, ma, anche quando ti crolla il mondo addosso, sappi che tu hai la possibilità di restare in piedi.In nome di quelle persone che ti vogliono bene e che credono in te, a cominciare proprio da te stesso.Lascia che cada il tempio, se resta la colonna! Lascia pure che ti crolli tutto addosso, se tu riesci a restare su!”E se è vero, come è vero, che io sono un po’ la sua reincarnazione, allora c’è il caso che in quel sogno sia stato io stesso a dirmi tutte queste cose!
03. IL POETA DELLA NOTTE
Sotto la strada, la gente della strada.
Eh sì, perché a vent’anni sei per la strada tutte le sere, a quarantacinque, sono di più le volte in cui te ne resti comodamente a casa, magari davanti a un buon libro, oppure a perderti nei meandri del web.Poi però, ogni tanto capita che ti torni la voglia di fare un giretto, magari in una sera di fine estate, di guardarti intorno e di accorgerti di come la “gente della notte”, tutto sommato è più o meno la stessa di un quarto di secolo fa.Scritte sui palazzi del centro, grida dei ragazzi, prostitute (di mestiere e non), discoteche colorate e buttafuori dalla dubbia fedina penale; Gente che esce di casa per scappare da qualcosa, gente che dopo due ore non vede l’ora di ritornare a casa.Il tutto si riassume in una cosa: “la paura del tempo… O il tempo di avere paura”, la paura che la vita ti scivoli addosso, che va a braccetto con questo strano desiderio di godersela ogni istante, anche semplicemente sentendosi obbligati a vivere una notte qualunque, come se fosse la più bella della tua vita.La paura che nulla di ciò che abbiamo intorno sia definitivo, e che possa sfuggirci di mano all’improvviso. Persino una storia d’amore.E allora il pensiero va a una delle tante ragazzine adolescenti che magari a quest’ora sono già a letto a pensare alla loro prima storia importante, appena iniziata, con la paura e l’incertezza che contraddistingue questa generazione.La paura di essere felici.
Ed io che ormai ho troppi anni per instaurare con loro un qualsiasi canale di comunicazione, non riesco a spiegarle che è tutto vero. Perché a volte non sono in grado di capirlo più nemmeno io.L’unica cosa che posso fare è augurarle buona notte e un buon viaggio nella sua vita futura.
04. MILLE LUCI
Sotto la strada i pensieri, le fragilità, la mente che è il tuo più grande alleato e a volte diventa il tuo peggior nemico.Leggi “Mille luci” e pensi alla ribalta, alle stelle, a una grande festa.Non sempre è così.Le luci possono essere anche quelle più fioche di una stanza di ospedale, le luci al neon di un corridoio del reparto psichiatria, le luci delle auto fuori dalla finestra che ti fanno compagnia mentre sei assalito dai tuoi pensieri.Le luci dello schermo della televisione, col volume azzerato, che vomita immagini che neppure riesci a vedere.Questa canzone non è altro che il racconto di un’amica, di una persona a cui voglio un bene infinito e che in un centro per disturbi autolesionistici ci ha passato quasi due anni.Le sue notti spesso erano così, una serie interminabile di pensieri, di dubbi, di buio e soprattutto di luci; mille luci, così diverse da quelle della ribalta, ma così penetranti nel cuore e nella mente; il dolore che si ripresenta e che cerchi di lenire con un dolore ancora più forte: la lucetta di emergenza sul comodino, come si fa con i bimbi più fragili, e poi quella lucciola che danza, quel piccolo scrupolo di coscienza che ti dice: “È l’ultimo bicchiere”, e poi ti dice: ”Ma non smetterai di bere nemmeno questa volta”.E così mentre ti srotoli la vita e le bende sulle braccia, “come fosse carta straccia”, cerchi nella tua eterna incertezza di arrivare a un altro mattino, magari cercando l’unica luce che può darti un po’ di conforto: quella del sorriso di qualcuno, un fidanzato, un amico, un parente che ancora credi che possa volerti bene.
E allora, rieccole le luci del mattino, il giorno dopo, per dire, chissà se con soddisfazione o con delusione: “Anche questa notte non mi ha ucciso”.
05. BLACKOUT
Sotto la strada, il teatrino… Il circo… La tragicommedia.
È andata via la luce! Sparita all’improvviso.
Che succederebbe al mondo se ci fosse un enorme blackout, uno di quelli che tolgono corrente all’intero pianeta?Uno di quelli inattesi, di quelli che nemmeno la scienza, sempre più evoluta, sempre più “sul pezzo” avrebbe potuto prevedere?
Beh… Forse all’inizio si negherebbe il problema, si proverebbe ad andare a festeggiare pensando che ben presto finirà la tempesta, poi magari qualcuno comincerebbe ad avere paura e a riempirsi la dispensa di generi alimentari svuotando i supermercati.E poi qualche esperto comincerebbe a teorizzare, a dare spiegazioni, a proporre soluzioni, e contestualmente qualcuno comincerebbe a parlare di complotti, di poteri forti, di una scienza che cerca di distruggerci, invece di aiutarci.E forse alcuni giornalisti si confonderebbero con gli sciacalli, e forse alcuni sciacalli comincerebbero a mangiarci sopra.E poi arriverebbero i primi rimedi! Manca la luce? Usiamo le torce!Ma le torce sono sicure? Sono state sperimentate abbastanza?
Sono una manovra di oscuri poteri per tenerci all’oscuro di tutto?E in questo calderone d’incertezza, paura e opinioni del tutto improvvisate, le vittime saremmo noi, privati del nostro tempo, dei nostri affetti, della possibilità di stringere in un abbraccio i nostri amici e perché no, anche la nostra vita.E poi a un certo punto la luce tornerebbe da sola, così come se n’era andata.All’inizio saremmo tutti pieni di buoni propositi per il futuro.Dobbiamo impegnarci perché non capiti mai più; sovvenzionare la ricerca perché episodi del genere non debbano più ripetersi.Ma poi, si dimenticherebbe in fretta, al punto tale da tagliare un po’ di fondi a quella stessa ricerca che ha come unico scopo quello di migliorarci la vita.Per fortuna è solo una canzone eh? Meno male che non è ancora mai successa una cosa del genere.
06. MEET AND GREET
Sotto la strada un cuore; sotto la maschera dell’attore, di nuovo la fragilità.
“Meet and Greet” è un termine americano. Letteralmente: “Incontra e ringrazia”.Si usa farlo negli Stati Uniti e nel Nord Europa ed è stato importato in Italia per la prima volta da Jango Edwards.Indica la consuetudine degli attori di uno spettacolo di uscire nel foyer a salutare il proprio pubblico, a firmare autografi e programmi di sala, a fare fotografie.
Ed è proprio del pubblico che si parla in questo brano.
In particolare del pubblico delle sale teatrali e dei musical, che in fondo è l’unico che conosco approfonditamente.
Un pubblico diverso da quello delle grandi star della canzone, della televisione o del cinema; un pubblico che non ti riconosce per strada, ma in quelle due ore sul palco ti ama inspiegabilmente alla follia.Non perché tu sia un divo, o un personaggio particolarmente famoso, ma soltanto per il fatto di avergli regalato due ore di serenità.È un enorme tributo al pubblico che preferisco, quello che viene a teatro a fruire di questo servizio troppo spesso sottovalutato.
E cosa ti dà in cambio questa gente straordinaria?Beh… Proprio quegli sguardi intimiditi alla “stage door”, quei programmi di sala stropicciati nelle mani pieni di firme di persone sconosciute, quegli abbracci, quei regali, quei fiori… Quelle parole all’orecchio un po’intimidite… Chissà poi perché? Che soggezione potrà mai mettere uno come me?Quelle manifestazioni di gratitudine e gioia che durano un momento ma che ti fanno tornare a casa, o al tuo albergo, o comunque alla tua vita, con la strana e piacevole sensazione di servire a qualche cosa.
07. CINQUE STELLE
Sotto la strada il mondo degli “invisibili”, sotto i sorrisi e le frasi di circostanza, la più terribile e inquietante indifferenza.
No. Niente a che fare con la politica. O almeno, non con quella che il titolo potrebbe, seppure involontariamente, richiamare.Qui si parla di alberghi! E che alberghi!Massimo lusso e comfort. Tende colorate, soffitto di stelle, sole che si affaccia anche dal tetto. Un albergo davvero all’ultima moda.Ci portano tante persone con la stessa premura, cura e dedizione con cui si radunano gli animali nei loro recinti, salvo poi celebrare l’operazione come accoglienza e ospitalità.Questo è, apparentemente, un brano già obsoleto, ancora prima di essere pubblicato, perché il posto di cui parla non esiste più.
Originariamente, la canzone si chiamava “Silos”, perché era ispirata ai racconti di un’amica sull’omonimo centro di accoglienza vicino alla stazione di Trieste:
un posto in cui i migranti, provenienti principalmente dalla cosiddetta “rotta balcanica”, venivano ammassati… Ehm… Volevo dire “accolti” nella nostra nazione.Niente elettricità, niente acqua, tende da campeggio per dormire, fornelletti, niente tetto e tanta… Tanta dignità!Un posto dove però non dimenticavano mai di offrirti un tè, o un pacchetto di biscotti, o una birra o una sigaretta. Un posto dove si riusciva persino a trovare la forza di cantare, di ballare, di innamorarsi, di cercare di riprovare a vivere.Raccogliendo da terra l’accoglienza e l’ospitalità: quella che la nostra nazione (come tante altre, a onore del vero) ha lasciato cadere come carta straccia.Ora il “Silos” è stato sfollato e i migranti “ridistribuiti” in altre “locations”, in altri “alberghi a cinque stelle”, in altri luoghi dove raccogliere la propria verità e continuare a portarla avanti, a prescindere dal trattamento che ti riservano l’uomo e la vita.A prescindere da chi ti sorride fingendosi buono; a prescindere dal “criminale per bene”, e dal “bene criminale”.
E allora ecco che, nonostante tutto, il brano resta attuale… Anche se non vorrei.
08. PER UN’AMICA
Sotto la strada l’inadeguatezza… Altro segno della fragilità dei tempi.Il brano si chiama “Per un’amica”, ed è effettivamente per un’amica, ma potrebbe essere per tante altre persone, amiche e non.Il non sentirsi abbastanza, il pensare di non meritarsi nulla, il sentirsi sempre un passo indietro rispetto al prossimo è una malattia del nostro tempo e fa parte della fragilità imperante che quest’album racconta in tante diverse sfaccettature.Leggo nelle generazioni successive alla mia, un’inquietante amplificazione di questo fenomeno.Ho allievi di meno di vent’anni che ringraziano compulsivamente tutti e per qualunque cosa. È un fenomeno in crescita, ma non è per educazione: è perché qualunque favore, qualunque cortesia, qualunque gesto di gentilezza a loro tributato, sembra loro qualcosa di enorme.Sotto quest’apparente immagine di enorme umiltà e deferenza si nasconde un complesso di inferiorità ormai radicato, forse retaggio di una società che non ti fa mai sentire “perfetto a sufficienza” per appartenervi: standard sempre nuovi e sempre diversi, e noi, a corrergli dietro compulsivamente, senza mai sentirci a nostro agio in mezzo alla gente.E allora ti convinci che sei tu che sei sbagliato, e cominci a non piacerti più!E quindi… “Se si potesse togliere quel pezzo di pensiero, se si potesse scegliere di non vedere il nero… Se si potesse vincere anche perdendo bene”. Se si imparasse di nuovo a vedersi per il valore che si ha e non per quello che vorrebbero farci avere, allora forse riusciremmo a vederci come ci vede il mondo, il mondo quello vero, il mondo delle persone e non dei media, dei social, della multimedialità, dei giornali, ossia come persone assolutamente speciali, perché assolutamente normali.E allora dico a questa mia amica: io ti farei vedere che quella luna in fondo al secchio che cerchi da una vita, somiglia proprio a quei tuoi occhi unici.
Il tuo “essere speciale” e il tuo “essere accettata” ce li hai già dentro.Ti farei decidere di uscire per la strada, dicendo “Adesso basta! È giusto ovunque vada!”
09. ALL’AMORE
Sotto la strada, il sentimento, o meglio ancora la paura del sentimento.Anche quello lo abbiamo nascosto sotto spessi strati di sabbia, terra e asfalto.Io per primo.
Quando ho scritto questa canzone, volevo fare una dedica proprio a quel sentimento (l’amore, appunto), con cui per tutta la mia vita ho avuto un rapporto così complesso e travagliato.E invece ne è uscito un “Je accuse” fatto a me stesso.
Credo che tra tutte quelle che ho scritto, “All’Amore” sia la canzone in cui maggiormente traspare tutto il mio disagio interiore, e il mio rimpianto per non essere stato, a conti fatti, mai in grado di apprezzare a pieno questa meravigliosa alchimia. “Amore che sei scappato”, gli dico “Tutte le volte che ti ho detto ti amo”.Parlo di un amore buttato via; nascosto in scatole di ricordi, addirittura celato tra le note di qualche canzone. Un amore disperso in guerra, o vissuto troppo in fretta, un amore che a volte mi ha fatto bene e a volte mi ha devastato, come quello di tutti, ma che io non sono mai stato in grado di apprezzare proprio in tutta questa sua complessità.E in tutto questo una grande richiesta di perdono, non a me stesso, e non all’amore in sé, ma a tutte le persone che sono state in qualche modo vittime di questo mio stranissimo modo di amare, o forse di non amare.Una parola “scusa”, grande come una canzone a chi ho deluso, a chi ho fatto soffrire, a chi, volontariamente o meno ho privato delle giuste attenzioni che meritava.Ma al fondo del brano resta l’amara constatazione, o forse addirittura la rassegnazione al fatto di essere così: ormai troppo vecchio, o forse semplicemente troppo “seduto” sui miei stessi comportamenti per dare una svolta a tutto questo.“Continua a non perdonare nessuna colpa e nessun peccato… E non mi credere neanche un momento quando ti dico che sono cambiato!”
10. FEDERICA
E sopra la strada? Cosa c’è?Beh…sicuramente gente che ci cammina!
Questa canzone è nata da un gioco, o meglio da una sfida.Ho un’allieva, che da anni studia canto con me, che ormai è diventata anche un’amica, e a cui spesso faccio sentire i miei nuovi brani, per avere da lei un primissimo feedback.Ebbene, ognuno ha le sue fobie: lei detesta i piedi!
Tutti i piedi del mondo e in particolare i suoi!Sì lo so! Fa ridere! Però le paranoie sono la cosa più democratica del mondo, ognuno ha le sue ed è libero di averle, anche quelle più strane e divertenti.Così... Per ridere un giorno mi dice: “Guarda, detesto i piedi talmente tanto che se anche facessi una canzone che ne parla, li odierei lo stesso!”
“Ah sì, Federica? Mi sfidi? Proviamo!”
Ovvio che non potevo fare una canzone che parlava di piedi: Sarebbe stato un po’ strano, o quanto meno, scambiabile per qualcosa di fetish.Non era decisamente la mia intenzione. Però i piedi rappresentano qualcosa: sono il nostro sostegno, quelli che ci portano in giro per il mondo, quelli che ci danno la forza di fare un passo in più in ogni situazione anche quando le asperità del terreno li affaticano fin quasi a distruggerli.E non è forse Federica una ragazza di vent’anni, alla ricerca di sé stessa e di un suo posto nel mondo?E allora, sai quante strade dovrà percorrere per arrivare a una propria identità o presa di coscienza dei propri limiti e delle proprie qualità?
E quindi, “Federica a piedi neri dove vendono il carbone”… “Federica a piedi freddi sul sentiero di montagna”… “Federica a piedi uniti mentre salta sulla vita”… Federica che alla fine si trova scalza nella sua stanza a dire “grazie” a quei piedi che l’hanno portata in giro per il mondo a cercare dentro di sé e a trovare la strada migliore.Finisco con una promessa a questa persona cui voglio così tanto bene.Le dico: “Ti racconto il mio modo di sbagliare”, così… Per far sì che impari anche dai miei errori e per evitare che prenda strade che ho già percorso prima di lei, accorgendomi che sono senza uscita.E per quel poco che posso fare, le do quello che ho: la mia competenza artistica che piano piano sto insegnandole. “Federica ti prometto che t’insegnerò a provare, Federica ti prometto che t’insegnerò a cantare!”
Scommessa vinta! Federica Fregata! La canzone le è piaciuta!
11. PASSA LA STORIA
Sotto la strada passa anche la storia.Passa il tempo e va, passando inosservato. Appena arriva, la storia se n’è già andata, ti passa accanto con i suoi momenti di pianto sommesso o di grasse risate, ti saluta, ti sorride, a volte sembra prenderti in giro maleducatamente; e anche quando canta una canzone, o tuona come i cannoni di una guerra, è sempre silenziosa e inesorabile.E noi siamo lì! Spettatori delle cose che accadono, con l’illusione di esserne protagonisti, pur non essendolo quasi mai.E allora ti viene il sospetto che in fondo non siano il tempo e la storia a passare, ma piuttosto noi stessi.Passiamo sotto gli occhi degli altri, a volte con le mani bianche, senza colpe e senza peccato, a volte con le mani nere, di rimorsi e di errori, a volte con le mani giunte, pregando che le cose vadano come vogliamo noi.E nel frattempo ci diamo da fare, portando sulle spalle i vecchi, senza accorgerci di invecchiare, o compiangendo chi è più indietro di noi, senza accorgerci di rallentare a nostra volta, ma sempre e comunque pronti a combattere la nostra battaglia quotidiana.Una battaglia fatta di vittorie, di sconfitte, di grandi illusioni e di grosse cadute, ma con un solo pensiero fisso:“Sogneremo fino all’ultimo sogno Senza farci svegliare;E sbaglieremo fino all’ultimo sbaglio Senza farci cambiare”.
12. INSONNIA
Sotto la strada, anche qualche notte in bianco.
È il brano conclusivo dell’album ed è il primo di questi dodici a essere stato scritto e composto.Sono i pensieri di chi non riesce ad addormentarsi.Quei maledetti, o forse benedetti momenti in cui la tua mente comincia a fare riflessioni, bilanci… A tirare le somme di una vita… E del tempo che passa.
Lasciamo allora che la notte se ne vada per la propria strada, e continuiamo a rigirarci nel letto, abbracciando quella parte di matrimoniale rimasta sempre colpevolmente vuota. (Vedi il discorso già affrontato nel brano “All’Amore”).
E contano per quel che contano i pensieri, i ricordi, i rimpianti… Il momento contingente.La verità è una sola: “Batte il tempo! Mi batte sulla schiena”… E mi travolge con le sue incertezze.Che cos’è la carriera, la realizzazione nella vita, il “farsi strada”, se a volte quello che manca è una stabilità affettiva vera con cui condividere una notte ed un letto?E allora esce quel “Più mi faccio strada e più mi faccio pena”, esce quel “Dico non adesso volendo dire ora, e dico basta e intanto penso che ne voglio ancora”, a simboleggiare la mia più lucida constatazione di incoerenza.Per fortuna alla fine di questo infinito salto mortale nel mondo dei ricordi e dei pensieri, lungo una notte intera, si fa strada l’unico pensiero in grado di rilassarmi e farmi addormentare.Quello rivolto a chi non è qui a dividere il letto con me, ma ha trovato il suo mondo e la sua serenità, e almeno a casa sua, con la persona che ama e con la vita che voleva, sta sorridendo.E allora pensando al sorriso di questa persona a cui voglio bene, trovo la forza di addormentarmi ed accettare anche la mia fragilità più grande…
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