"LA FAMIGLIA REMBRANDT
SCONFITTA DAI TULIPANI"
TEATRO DEI CONCIATORI DI ROMA
REGIA DI GIUSEPPE MANFRIDI

Dopo un inizio di carriera folgorante,
Rembrandt, nella seconda metà della sua vita, conobbe un tristissimo
declino economico, oltre che una serie di lutti personali. Queste
tristi vicissitudini lo costrinsero dapprima ad abbandonare la
splendida casa dove aveva a lungo alloggiato, nell’elegante
quartiere ebraico di Amsterdam, e quindi a tentare di ricostruirsi un
nuovo nucleo familiare con Hendrjeke, la donna che era nel frattempo
divenuta la sua nuova e fedelissima compagna dopo la morte di Saskja,
la prima moglie.
La crisi finanziaria di Rembrandt è da
addebitarsi alla perdita delle commissioni che per oltre un ventennio
lo avevano visto protagonista assoluto della ritrattistica olandese
(e a rubargli il lavoro furono, in gran parte, i suoi ex allievi),
all’eccesso di capitali profusi nell’acquisto di oggetti d’arte
destinati ad arricchire una pregevolissima collezione privata (poi
messa interamente all’asta), infine, ad alcuni gravi investimenti
sbagliati. Per l’esattezza, investimenti fatti nel mercato dei
tulipani; né più né meno come potrebbe avvenire oggi a chi
investisse in borsa puntando tutto su un titolo che, dopo crescite
repentine, dovesse poi rivelarsi fallimentare.
Ed è qui il nodo messo in luce dal
nostro racconto in una vicenda a tre che vede protagonisti, oltre al
Maestro e alla sua seconda compagna, una sorta di agente finanziario
‘ante litteram’ a cui Rembrandt si era affidato mani e piedi per
ridare un po’ di ossigeno alle proprie finanze già tanto smagrite
ma ancora non del tutto esaurite.
E’ sera tardi e siamo
nell’abitazione-studio del grande pittore. Hendrjeke, con una
ciotola tra le ginocchia, sembra stia cucinando qualcosa. Scopriremo
invece che la donna sta preparando delle tinture per il lavoro del
marito. Rembrandt, sulla soglia, è di ritorno con aria gongolante da
un incontro con un banchiere che lo ha rassicurato circa un contratto
che il pittore ha appena firmato. Si tratta di un acquisto in titoli.
Rembrandt cercherà di spiegare alla sua compagna di cosa si tratti,
ma lui sembra saperne meno di lei e il dialogo si svilupperà denso
di risvolti comici. A questo entrerà in scena il terzo personaggio
della storia: lo sciagurato ‘broker’ (un ragazzino, in verità)
che ha consigliato a Rembrandt quell’investimento dagli esiti
catastrofici.
Si chiama Pitius. Lo vedremo
sopraggiungere provvisto di una dialettica professionale che, per
certi versi, potrebbe ricordare quella dei medici di Molière. Parla
di flessioni momentanee, di notizie da verificare, di speculazioni
senza futuro, della necessità di non farsi prendere dal panico.
Proprio quella notte, infatti, il mercato dei tulipani è destinato a
un tracollo che anticipa di secoli quello del ’29.
Si tratta, dunque, di una vicenda
raccontata in presa diretta, tutta racchiusa nell’arco di una
nottata durante la quale alcuni poveri diavoli (e poco importa che
uno di essi si chiami Rembrandt) sono costretti a barcamenarsi tra i
rovesci della realtà che già allora, come oggi, potevano coincidere
con quelli del mercato azionario.
Per inciso, proprio in quel tempo (e la
nostra commedia ne renderà conto) Rembrandt è impegnato a portare
termine il più straordinario dei suoi autoritratti.
Scene Antonella Rebecchini
Costumi Clara Surro
Musiche Originali Antonio Di Pofi
Luci Rika Barresi
Foto Elio Leonardo Carchidi
Aiuto regia Paola Conte
Organizzazione Antonella Lepore
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